1973
A proposito della catechesi familiare… - “DIO È CON NOI”
Dopo alcuni iniziali malcontenti sembra che l’esperimento di catechesi in atto stia per coinvolgere seriamente la maggioranza delle nostre famiglie. Ogni settimana circa 550 ragazzi da seconda elementare a terza media, divisi in 56 gruppi, si riuniscono per la catechesi, quasi tutti nelle famiglie. Pretendere che subito il primo anno si riesca a fare una catechesi perfetta penso che sia un po' troppo; tenendo presente a cos’era ridotta la catechesi. Già il creare attorno al ragazzo un clima di ospitalità e di ascolto penso che sia un buon inizio per creare un clima di comunità. Moltissime delle nostre famiglie stanno uscendo dal loro isolamento e stanno riscoprendo la gioia di vedere negli altri non più esseri anonimi. ma amici e fratelli. E se davvero e così, come tante mamme vanno dicendo, dobbiamo rendere grazie al Signore, perché ci sta mostrando il suo amore. Sì, dobbiamo proprio dire che il Signore è con noi, perché la catechesi che abbiamo iniziato non pensavamo che ci portasse a tanto. È il Signore che opera là dove ci sono persone disposte ad amare come Cristo ci ha amato. È questa la certezza che fonda la nostra speranza di continuare anche se è un cammino difficile. E proprio perché è un cammino difficile la nostra esperienza di quest'anno voglio qui manifestare la mia gratitudine e la mia ammirazione per tutte quelle persone che si sono rese disponibili per questo servizio alla comunità. Sono persone che dobbiamo accompagnare con la nostra preghiera, la nostra collaborazione e fiducia, non con la critica negativa, come qualche cattolico fervente va facendo. Se cercheremo di darci tutti una mano, veramente il Signore sarà con noi, perché Cristo ci ha promesso che: «dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sotto con loro». Camminiamo insieme con questa speranza.
don Giancarlo Bresciani
don Giancarlo Bresciani
PROGRAMMA PER LA PRIMA CONFESSIONE
• La preparazione alla Prima Confessione è iniziata nell’ottobre scorso per i ragazzi di quarta elementare con il solito incontro settimanale di catechesi e con due celebrazioni penitenziali.
• In quaresima è prevista una celebrazione penitenziale sabato 10 marzo e un incontro settimanale di preghiera per tutti i gruppi di ragazzi .
• La celebrazione del sacramento della penitenza sarà il giorno 15 aprile, vigilia della domenica delle palme.
• Per i genitori si tiene un incontro mensile per rivedere insieme il valore di questo sacramento nella attuale vita del cristiano.
• In quaresima è prevista una celebrazione penitenziale sabato 10 marzo e un incontro settimanale di preghiera per tutti i gruppi di ragazzi .
• La celebrazione del sacramento della penitenza sarà il giorno 15 aprile, vigilia della domenica delle palme.
• Per i genitori si tiene un incontro mensile per rivedere insieme il valore di questo sacramento nella attuale vita del cristiano.
PROGRAMMA PER LA PRIMA COMUNIONE
• Già dal novembre scorso si è iniziata la catechesi settimanale ai ragazzi di terza elementare che saranno ammessi alla Prima Comunione.
• Per i genitori si tiene un incontro mensile: è un’occasione per rivedere insieme la nostra fede nell'Eucaristia.
• In quaresima: ogni settimana si terrà un incontro di preghiera per i ragazzi, perché anche attraverso la preghiera insieme abbiano a capire e vivere meglio questo particolare momento della loro vita cristiana.
• Per i genitori si tiene un incontro mensile: è un’occasione per rivedere insieme la nostra fede nell'Eucaristia.
• In quaresima: ogni settimana si terrà un incontro di preghiera per i ragazzi, perché anche attraverso la preghiera insieme abbiano a capire e vivere meglio questo particolare momento della loro vita cristiana.
COSA FANNO I NOSTRI PRETI PER I GIOVANI?
È questa una domanda che alcuni dei nostri genitori si pongono. Sembra che i preti di oggi se la prendano comoda e non si preoccupino tanto: lasciano andare le cose come vanno. Al massimo se fanno qualcosa la fanno soltanto per qualcuno. All’Oratorio non si fa più niente: più nessuno si preoccupa dei nostri figli. Queste e altre considerazioni sono all’ordine del giorno, anche nella nostra comunità Sì, è vero che la maggior parte dei nostri giovani è assente da una vita di comunità, ma non soltanto loro: è la situazione di tutti. Perciò il problema non lo si risolve aspettando che qualche « messia » faccia qualcosa per loro. Occorre una presa di coscienza da parte di tutti dei motivi di questa situazione. Stiamo passando da un certo tipo di Parrocchia, che vedeva ruotare tutto attorno a sé, a un tipo di Chiesa che non attira più a sé, come centro di potere, ma va dagli uomini. La Parrocchia un tempo aver monopolio di tutto: Parola di sacramenti, catechesi, posti di ì ro, divertimenti ecc.: tutto do: avere la benedizione, il benestare del prete. Oggi, grazie a Dio, una Chiesa del genere è caduta e stiamo scoprendo il nostro vero compito di credenti che non è quello di obbligare le persone a entrare nei nostri schemi, nelle nostre organizzazioni, ma quello di immergerci nella vita degli uomini, di vivere con loro, di amarli così come sono, anche se non sono come li vorremmo noi. La Parrocchia non può essere una «gabbia»: è un insieme di persone, che dopo aver scoperto il Cristo si mettono al servizio dei loro fratelli, senza creare delle «gabbie», senza imporre dei nuovi pesi. È senz’altro un momento importante di purificazione quello che stiamo vivendo: non dobbiamo avere paura o rimpiangere i tempi passati. Occorre che tutti ci aiutiamo, ci mettiamo insieme in ascolto di ciò che Dio vuole da noi oggi, ricordando che Dio non ama le nostre organizzazioni, ma ama l’uomo nella sua povertà. Quando perciò le nostre organizzazioni non servano più l’uomo non si possono più sostenere. Oggi siamo in situazione di povertà, perché non possiamo più controllare o imporre niente come un tempo: ma forse non è così povera che Cristo ha voluto la sua Chiesa? Ecco perché non vogliamo più creare dei pre-fabbricati da buttare addosso ai giovani, alle nostre famiglie, ma prima di proposte nuove vogliamo metterci in ascolto di tutti, rivolgere la nostra attenzione alla vita delle persone, per scoprire Dio in questa nostra vita. Allora nasceranno anche delle iniziative concrete, che non saranno più pre-fab-bricate da preti o altri, ma nasceranno dalla vita di tutti noi: e allora Cristo tornerà a essere per noi il liberatore, non l’oppressore. Non dobbiamo quindi avere paura della nostra povertà attuale, perché stiamo scoprendo che la Parrocchia non deve essere servita, ma servire, e il nostro servizio attuale sembra proprio quello di incominciare ad a-scoltarci, senza scomunicarci: incontrare gli altri per comprendere la loro vita, non per giudicarla. Ecco allora che non possono più essere solo i preti che si preoccupano dei giovani, ma tutti coloro che, come credenti, sentono l’ansia della liberazione del Cristo. Quindi dobbiamo tutti metterci in ascolto della vita dei nostri giovani non per scomunicarli: camminare con loro, senza imporre i nostri schemi, i nostri progetti, ma aiutarci a scoprire i progetti di Dio nei nostri confronti. I nostri Vescovi italiani nel Documento Base sulla catechesi così si esprimono: «Fare posto a Dio, a Cristo, alla Chiesa, significa anche sapersi ritirare al momento opportuno, saper attendere, rispettare l’azione dello Spirito Santo. In molte occasioni, il catechista deve essere più abile a tacere che a parlare. Il metodo della catechesi non porta all’invadenza e alla presunzione...: è un’ arte che nasce dalla profonda docilità a Dio e ha grande rispetto per la libertà personale dei fedeli... Il metodo della catechesi è attento alle esigenze singolari dell’individuo. La natura umana è comune in tutti, ma ciascuno è inconfondibile, per le sue caratterizzazioni originarie e il ritmo di sviluppo; per i condizionamenti che lo avvolgono e le attitudini che sa sviluppare; per le sofferenze e le gioie che continuamente lo plasmano e per la originalità della chiamata che Dio gli rivolge. Con trepidazione e fiducia, il catechista deve entrare in questo mondo interiore... ». Quanto qui è detto per la catechesi lo si può estendere alla vita cristiana, perchè tutta la vita del credente dovrebbe essere una catechesi.
don Giancarlo Bresciani
don Giancarlo Bresciani
FESTEGGIAMO CON GIOIA LA PRIMA CONFESSIONE
Una nuova festa? Perchè?
1. Finora la confessione è sempre stata vista un po’ come il «passaporto » per l’Eucarestia, come una cosa da fare per poter fare la Comunione: una cosa un po’ antipatica, ma la si doveva fare.
2. Si finiva perfino di presentare il sacramento della penitenza come un castigo o quasi e quindi visto dai ragazzi con paura, perchè poi il prete li avrebbe sgridati. Qualche mamma ancora oggi dice al bambino: «Andrai a confessarti e vedrai...».
3. Non con la paura dobbiamo preparare i ragazzi alla prima Confessione, ma con gioia: è una festa. Ricordiamo tutti la parabola del figlio prodigo: il padre accoglie con gioia il figlio che ritorna a casa.
4. Ogni autentico perdono è motivo di gioia: il figlio che si sente perdonato dal padre e il padre che vede il figlio accogliere il suo perdono fanno capire un po’ il clima del sacramento della penitenza: un clima di festa, di comunione. La vera festa dell’uomo consiste nell’amare e nell’essere amato; la vera festa del credente consiste nell’essere amato da Dio e dai fratelli: il paradiso sarà una festa in questo senso.
5. Questa festa invita perciò tutte le nostre famiglie, specialmente quelle direttamente interessate, a fare in modo che il ragazzo possa capire qualcosa di questo sacramento e per far questo occorre che in famiglia si vivano questi momenti di perdono reciproco. Sarebbe importante che ogni tanto la famiglia si riunisse per rivedere insieme la propria vita, per saper riconoscere in semplicità i nostri sbagli e quindi capirci e amarci di più. Dopo queste esperienze la famiglia è pronta anche a celebrare insieme il sacramento della penitenza, non più come scadenza fissa, ma come espressione della propria conversione a Cristo e di maggior comunione tra i suoi membri. Allora anche i ragazzi non faranno più fatica a vivere con gioia il sacramento della penitenza, perchè non sarà che il momento culminante di una realtà che già vivono.
Questa festa chiama perciò tutti a conversione: come credenti dobbiamo sentirci un po’ tutti impegnati a creare una comunità, dove non valga la legge della prepotenza, ma dell’amore e del perdono.
don Giancarlo Bresciani
1. Finora la confessione è sempre stata vista un po’ come il «passaporto » per l’Eucarestia, come una cosa da fare per poter fare la Comunione: una cosa un po’ antipatica, ma la si doveva fare.
2. Si finiva perfino di presentare il sacramento della penitenza come un castigo o quasi e quindi visto dai ragazzi con paura, perchè poi il prete li avrebbe sgridati. Qualche mamma ancora oggi dice al bambino: «Andrai a confessarti e vedrai...».
3. Non con la paura dobbiamo preparare i ragazzi alla prima Confessione, ma con gioia: è una festa. Ricordiamo tutti la parabola del figlio prodigo: il padre accoglie con gioia il figlio che ritorna a casa.
4. Ogni autentico perdono è motivo di gioia: il figlio che si sente perdonato dal padre e il padre che vede il figlio accogliere il suo perdono fanno capire un po’ il clima del sacramento della penitenza: un clima di festa, di comunione. La vera festa dell’uomo consiste nell’amare e nell’essere amato; la vera festa del credente consiste nell’essere amato da Dio e dai fratelli: il paradiso sarà una festa in questo senso.
5. Questa festa invita perciò tutte le nostre famiglie, specialmente quelle direttamente interessate, a fare in modo che il ragazzo possa capire qualcosa di questo sacramento e per far questo occorre che in famiglia si vivano questi momenti di perdono reciproco. Sarebbe importante che ogni tanto la famiglia si riunisse per rivedere insieme la propria vita, per saper riconoscere in semplicità i nostri sbagli e quindi capirci e amarci di più. Dopo queste esperienze la famiglia è pronta anche a celebrare insieme il sacramento della penitenza, non più come scadenza fissa, ma come espressione della propria conversione a Cristo e di maggior comunione tra i suoi membri. Allora anche i ragazzi non faranno più fatica a vivere con gioia il sacramento della penitenza, perchè non sarà che il momento culminante di una realtà che già vivono.
Questa festa chiama perciò tutti a conversione: come credenti dobbiamo sentirci un po’ tutti impegnati a creare una comunità, dove non valga la legge della prepotenza, ma dell’amore e del perdono.
don Giancarlo Bresciani
“IL CATECHISMO DEI BAMBINI”
É stato pubblicato in questi mesi il primo testo di catechismo proposto dai nostri Vescovi italiani: «Il catechismo dei bambini», che sarà presto seguito da altri quattro catechismi: per i fanciulli, per i pre-adolescenti, per i giovani, per gli adulti. Questo testo serve per i bambini fino ai sei anni: non si rivolge direttamente ai bambini, ma ai loro educatori. Non è quindi un catechismo che i bambini devono imparare: vuol essere piuttosto una proposta per gli educatori. Sentiamo cosa dicono i Vescovi nella presentazione di questo testo: «Ma che cosa può servire un catechismo dei bambini fino ai sei anni? Ogni catechismo è un libro stampato che non ha vita propria. Vive invece per le persone e per le comunità che lo accolgono come libro della fede. Il catechismo dei bambini coinvolge direttamente sacerdoti, genitori, educatori, parrocchie, gruppi ecclesiali che hanno responsabilità di fronte ai bambini e che sono disposti a crescere insieme con loro. Il catechismo vivo siamo noi, soprattutto per i bambini che non sanno leggere. Il testo scritto parla prima di tutto ai genitori uniti dal sacramento del Matrimonio, perché siano i primi, autorevoli e gioiosi annunciatori del mistero di Cristo ai bambini: in ogni pagina è riconosciuta la loro vocazione. Tuttavia, il catechismo non vuole isolare le famiglie, ma vuole metterle in relazione con le scuole, con la Chiesa e con il mondo. Invita a rivedere coraggiosamente la tendenza delle parrocchie e delle scuole a sostituirsi alle famiglie, ma anche la mentalità dei genitori abituati a delegare catechisti e maestri per l'educazione cristiana dei loro bambini. Riconosce la missione originale della famiglia, ma ripudia l’ideale di una famiglia chiusa in se stessa, che limiti e rifiuti per i bambini i rapporti di vita con la Chiesa e con la comunità... É certo che un catechismo scritto può avere molti pregi, ma non può soddisfare tutte le esigenze vive dell’educazione della fede. Difatti, prima del catechismo sono i catechisti; anzi, prima è la comunità cristiana con i suoi Vescovi. Solo nella Chiesa viva, nell’ascolto della parola del Signore, nella celebrazione dell’Eucaristia, nella testimonianza della carità, nella speranza, un catechismo scritto diventa catechismo vivo. Per questa convinzione, presentiamo il testo con fiducia». Ci auguriamo che i nostri genitori ed educatori di Zogno facciano oggetto di riflessione e di vita quanto viene proposto in questo testo dai nostri Vescovi italiani.
A tale proposito nei giorni 2-3-4 ottobre alle ore 20,30 presso il Cinema Trieste si presenteranno ai catechisti e genitori della nostra zona pastorale il nuovo testo e le prospettive concrete di vita che ne derivano.
LA CATECHESI: UNA PRECISA SCELTA
Tra poco daremo inizio agli incontri di catechesi ed è quindi importante che riprendiamo il nostro colloquio su questo momento della nostra vita cristiana. Lo scorso anno abbiamo fatto un certo lavoro che ci ha dato la possibilità di incominciare a conoscerci di più: gli incontri in famiglia ci hanno reso meno anonimi e han fatto nascere in noi la volontà di incontrarci di più. In questi incontri in famiglia anche i genitori hanno avuto la possibilità di conoscere il nuovo stile di catechesi che i nostri Vescovi ci propongono. Si è notato in parecchi genitori la volontà di entrare in questo nuovo stile: hanno partecipato alle riunioni di catechesi dei loro figli; hanno pregato insieme con i loro figli, hanno celebrato insieme la Prima Confessione e la Prima Comunione. Da questi brevi accenni penso che dobbiamo dire che è stato un lavoro positivo anche perché abbiamo scoperto che ci resta ancora un lungo cammino da fare. La catechesi, come ogni momento della vita cristiana, non è ripetizione sempre delle stesse cose, ma è un cammino sempre diverso, perché ha come scopo la nostra conversione e quindi, cambiando noi, sentiamo l’esigenza di trovare nuovi mezzi per costruire il cammino della nostra vita. Se quest’anno ripetessimo automaticamente le cose fatte lo scorso anno, pensando di aver trovato la formuletta magica, entreremmo ancora in una vita stagnante e quindi non cristiana. Quali sono le prospettive di quest’anno? Vorremmo tentare di rendere la catechesi un vero momento di conversione e il nostro impegno sarà quello di fare meno discorsi prefabbricati ed essere attenti a cogliere la Parola di Dio nella realtà quotidiana che ci troviamo a vivere.
1) Soprattutto per i ragazzi delle medie, che stanno aprendosi a tutti i problemi della vita, il nostro impegno sarà di aiutarli a entrare in questa vita con speranza, nonostante tutte le schifezze sociali, morali, politiche, che scoprono. E ciò vuol dire aiutarli a scoprire il loro posto in questa società, che fino a oggi li ha costretti al silenzio e alla passività. E’ un compito arduo, ma pensiamo sia l’unica strada che può dare ancora un senso alla catechesi, che deve iniziare a una vita e non far imparare storielle. I ragazzi sono stanchi di storielle: vogliono partecipare alla vita degli adulti e ne hanno tutto il diritto.
2) Altra mèta importante a cui vorremmo arrivare sono gli incontri di famiglie o genitori, disposti a scoprire insieme la loro presenza cristiana nel mondo in cui vivono: un lavoro questo che dovrebbe essere portato avanti con una certa continuità. Se ci sono quindi genitori o famiglie che desiderano trovarsi insieme per iniziare questo tipo di lavoro si facciano avanti.
Forse qualcuno leggendo queste prospettive ci definirà «sognatori»: lo saremmo se fondassimo su di noi soli questo lavoro, ma noi crediamo che prima di noi è già all’opera Cristo e se noi saremo disponibili a questa sua opera, qualcosa di importante faremo. Soltanto vorremmo dire a coloro cui interessa la catechesi propria e dei figli che per renderla viva e reale devono darle il primo posto nella loro vita. La catechesi, come momento di conversione, non può essere messa dopo i corsi di nuoto, di sci, di ginnastica ecc., se no, rischia il fallimento. In parecchie famiglie, purtroppo oggi, è lasciata all’ ultimo posto: se c’è tempo, si fa! Così facendo, si fa capire al ragazzo che non è importante e la si rende un momento inutile Perciò è chiara la conclusione che ne deriva: la catechesi non può essere una delle tante cose che si fanno, ma deve essere una precisa scelta individuale e familiare. Chi non è disposto a viverla così non gli conviene nemmeno addentrarsi, perché si crea dei pesi inutili nella sua vita. Infine ricordo che la domenica 16 settembre si terrà all’Asilo una giornata di studio per catechisti e genitori per impostare la catechesi del prossimo anno.
don Giancarlo Bresciani
A tale proposito nei giorni 2-3-4 ottobre alle ore 20,30 presso il Cinema Trieste si presenteranno ai catechisti e genitori della nostra zona pastorale il nuovo testo e le prospettive concrete di vita che ne derivano.
LA CATECHESI: UNA PRECISA SCELTA
Tra poco daremo inizio agli incontri di catechesi ed è quindi importante che riprendiamo il nostro colloquio su questo momento della nostra vita cristiana. Lo scorso anno abbiamo fatto un certo lavoro che ci ha dato la possibilità di incominciare a conoscerci di più: gli incontri in famiglia ci hanno reso meno anonimi e han fatto nascere in noi la volontà di incontrarci di più. In questi incontri in famiglia anche i genitori hanno avuto la possibilità di conoscere il nuovo stile di catechesi che i nostri Vescovi ci propongono. Si è notato in parecchi genitori la volontà di entrare in questo nuovo stile: hanno partecipato alle riunioni di catechesi dei loro figli; hanno pregato insieme con i loro figli, hanno celebrato insieme la Prima Confessione e la Prima Comunione. Da questi brevi accenni penso che dobbiamo dire che è stato un lavoro positivo anche perché abbiamo scoperto che ci resta ancora un lungo cammino da fare. La catechesi, come ogni momento della vita cristiana, non è ripetizione sempre delle stesse cose, ma è un cammino sempre diverso, perché ha come scopo la nostra conversione e quindi, cambiando noi, sentiamo l’esigenza di trovare nuovi mezzi per costruire il cammino della nostra vita. Se quest’anno ripetessimo automaticamente le cose fatte lo scorso anno, pensando di aver trovato la formuletta magica, entreremmo ancora in una vita stagnante e quindi non cristiana. Quali sono le prospettive di quest’anno? Vorremmo tentare di rendere la catechesi un vero momento di conversione e il nostro impegno sarà quello di fare meno discorsi prefabbricati ed essere attenti a cogliere la Parola di Dio nella realtà quotidiana che ci troviamo a vivere.
1) Soprattutto per i ragazzi delle medie, che stanno aprendosi a tutti i problemi della vita, il nostro impegno sarà di aiutarli a entrare in questa vita con speranza, nonostante tutte le schifezze sociali, morali, politiche, che scoprono. E ciò vuol dire aiutarli a scoprire il loro posto in questa società, che fino a oggi li ha costretti al silenzio e alla passività. E’ un compito arduo, ma pensiamo sia l’unica strada che può dare ancora un senso alla catechesi, che deve iniziare a una vita e non far imparare storielle. I ragazzi sono stanchi di storielle: vogliono partecipare alla vita degli adulti e ne hanno tutto il diritto.
2) Altra mèta importante a cui vorremmo arrivare sono gli incontri di famiglie o genitori, disposti a scoprire insieme la loro presenza cristiana nel mondo in cui vivono: un lavoro questo che dovrebbe essere portato avanti con una certa continuità. Se ci sono quindi genitori o famiglie che desiderano trovarsi insieme per iniziare questo tipo di lavoro si facciano avanti.
Forse qualcuno leggendo queste prospettive ci definirà «sognatori»: lo saremmo se fondassimo su di noi soli questo lavoro, ma noi crediamo che prima di noi è già all’opera Cristo e se noi saremo disponibili a questa sua opera, qualcosa di importante faremo. Soltanto vorremmo dire a coloro cui interessa la catechesi propria e dei figli che per renderla viva e reale devono darle il primo posto nella loro vita. La catechesi, come momento di conversione, non può essere messa dopo i corsi di nuoto, di sci, di ginnastica ecc., se no, rischia il fallimento. In parecchie famiglie, purtroppo oggi, è lasciata all’ ultimo posto: se c’è tempo, si fa! Così facendo, si fa capire al ragazzo che non è importante e la si rende un momento inutile Perciò è chiara la conclusione che ne deriva: la catechesi non può essere una delle tante cose che si fanno, ma deve essere una precisa scelta individuale e familiare. Chi non è disposto a viverla così non gli conviene nemmeno addentrarsi, perché si crea dei pesi inutili nella sua vita. Infine ricordo che la domenica 16 settembre si terrà all’Asilo una giornata di studio per catechisti e genitori per impostare la catechesi del prossimo anno.
don Giancarlo Bresciani
“ANCORA A PROPOSITO DEL CATECHISMO PER BAMBINI”
Il Catechismo dei bambini richiama ogni genitore alle sue gravi responsabilità nei confronti del figlio, ricordandogli che questo figlio è una creatura da amare, educare, ma soprattutto accettare, e non da sopportare soltanto, concedendogli ogni cosa purché stia buono e non disturbi. La prima parte del Catechismo è una riflessione sulle necessità ed esigenze dei bambini nell’ ambito delle comunità umane e ricorda ad ogni educatore che ogni bambino ha bisogno di amore, di sicurezza, di una famiglia che lo sappia guidare, di un ambiente che gli permetta di giocare, di avere amici, di esplicare le sue capacità, di crescere. Il genitore responsabile è chiamato a compiere tutta una serie di scelte che garantiscono il realizzarsi delle condizioni che permetteranno al bambino uno sviluppo adeguato. Questa parte del catechismo è molto interessante perché sottolinea le esigenze naturali insopprimibili del bambino, delle quali però purtroppo oggi non si tiene più molto conto, e ne sono la prova le nostre case senza spazio per giocare, ed i paesi che crescono a dismisura in modo antiumano tale che ostacola il rapporto con i nostri simili, le nostre famiglie ripiegate su loro stesse, chiuse al mondo esterno e dalla sua problematica. Il catechismo invita i genitori a non accettare passivamente questa loro situazione, ma a mettersi in cammino insieme per cambiare quello che non va: le scienze umane dell’educazione (pedagogia, sociologia, psicologia), sono a disposizione per comprendere ciò che si deve rifiutare e ciò che si può accettare. Bisogna solo avere un po’ di coraggio e prepararsi seriamente al largo compito dei genitori. Il fatto che un catechismo si occupi di questi problemi e non della sola tematica religiosa serve a farci capire che non si può fare una separazione tra la vita di ogni giorno e cristianesimo: quest’ultimo; consiste proprio nel vivere la vita di tutti i giorni in una luce di fede secondo un determinato stile; non si può vivere cristianamente se non si vive umanamente non c’è cristiano se non c’è l’uomo. Ricordando agli educatori quanto sia importante; creare intorno al bambino l’ambiente affettuoso adeguato alla sua crescita, il catechismo vuol richiamare l’attenzione sul fatto che se non si garantisce uno sviluppo armonico al bambino di oggi, si compromette la sua formazione umana di domani e, in definitiva, anche il suo impegno cristiano.
Z.
Siamo un gruppo di ragazze; ci incontriamo tutti i sabati per cercare di risolvere i nostri problemi e confrontare la nostra vita con quella che ci ha proposto il Cristo. Ci siamo accorte che questo ci mette di fronte a molte difficoltà; spesso non abbiamo il coraggio di toglierci quella « maschera » che ci portiamo dietro da anni, non riusciamo a dire, quello che sentiamo dentro per paura che le altre non ci capiscano o ci giudichino superficialmente. Questo dà una parziale visione della nostra situazione, ma pensiamo che sia utile incontrarci e scambiarci le nostre opinioni, anzi quest’anno vorremmo organizzare qualcosa di più significativo per noi e per tutte quelle che vorranno parteciparvi. Inviteremo persone che hanno vissuto e vivono i nostri problemi (in famiglia, in fabbrica, nella scuola...); potremo aprire cosi un dialogo su qualcosa di veramente vissuto e non solo su ragionamenti astratti che ci possono portare fuori strada o a gareggiare fra chi ne sa di più, eliminando così ogni proponimento di reciproco aiuto. Il far intervenire persone che hanno più esperienza di noi non significa che dovremo assistere a « conferenze » più o meno lunghe, ma ci sarà ampio spazio per portare le nostre esperienze e presentare le nostre difficoltà. Uno, forse, dei nostri problemi più grandi e proprio questo: ci sono giovani a Zogno cui interessano questi problemi? A volte ci chiediamo se la gioventù dorma, pensando che per ora è meglio eludere i problemi che affrontarli, lasciando fare, purché lasciati in pace; dimenticando che fra qualche anno saranno persone che avranno su di sè molte responsabilità. Il nostro è solo un tentativo per riscoprire persone, con gli stessi problemi e le stesse possibilità e con la speranza di poter realizzare qualcosa di positivo nel nostro ambiente. Se qualcuno ci vuole aiutare a realizzare queste proposte saremo felicissime di ricevere il vostro aiuto. Noi ci incontriamo tutti i sabati alle ore 19,30 presso l’Asilo. Come attività pratica quest’anno stiamo preparando dei lavori per un banco di vendite, il cui guadagno sarà utilizzato per i bambini poveri di Zogno. Sperando nella vostra collaborazione vi ringraziamo.
per il gruppo:
R. Volpi
P.S. C’è una scuola di canto che desidererebbe ampliare il coro delle voci femminili. Se sei una ragazza e hai voce discreta, sarà graditissima la tua presenza ogni martedì e venerdì all’asilo alle ore 20.
Z.
Siamo un gruppo di ragazze; ci incontriamo tutti i sabati per cercare di risolvere i nostri problemi e confrontare la nostra vita con quella che ci ha proposto il Cristo. Ci siamo accorte che questo ci mette di fronte a molte difficoltà; spesso non abbiamo il coraggio di toglierci quella « maschera » che ci portiamo dietro da anni, non riusciamo a dire, quello che sentiamo dentro per paura che le altre non ci capiscano o ci giudichino superficialmente. Questo dà una parziale visione della nostra situazione, ma pensiamo che sia utile incontrarci e scambiarci le nostre opinioni, anzi quest’anno vorremmo organizzare qualcosa di più significativo per noi e per tutte quelle che vorranno parteciparvi. Inviteremo persone che hanno vissuto e vivono i nostri problemi (in famiglia, in fabbrica, nella scuola...); potremo aprire cosi un dialogo su qualcosa di veramente vissuto e non solo su ragionamenti astratti che ci possono portare fuori strada o a gareggiare fra chi ne sa di più, eliminando così ogni proponimento di reciproco aiuto. Il far intervenire persone che hanno più esperienza di noi non significa che dovremo assistere a « conferenze » più o meno lunghe, ma ci sarà ampio spazio per portare le nostre esperienze e presentare le nostre difficoltà. Uno, forse, dei nostri problemi più grandi e proprio questo: ci sono giovani a Zogno cui interessano questi problemi? A volte ci chiediamo se la gioventù dorma, pensando che per ora è meglio eludere i problemi che affrontarli, lasciando fare, purché lasciati in pace; dimenticando che fra qualche anno saranno persone che avranno su di sè molte responsabilità. Il nostro è solo un tentativo per riscoprire persone, con gli stessi problemi e le stesse possibilità e con la speranza di poter realizzare qualcosa di positivo nel nostro ambiente. Se qualcuno ci vuole aiutare a realizzare queste proposte saremo felicissime di ricevere il vostro aiuto. Noi ci incontriamo tutti i sabati alle ore 19,30 presso l’Asilo. Come attività pratica quest’anno stiamo preparando dei lavori per un banco di vendite, il cui guadagno sarà utilizzato per i bambini poveri di Zogno. Sperando nella vostra collaborazione vi ringraziamo.
per il gruppo:
R. Volpi
P.S. C’è una scuola di canto che desidererebbe ampliare il coro delle voci femminili. Se sei una ragazza e hai voce discreta, sarà graditissima la tua presenza ogni martedì e venerdì all’asilo alle ore 20.
LA COLONIA ESTIVA ALL’ORATORIO
Il mese di luglio ha visto una vita piuttosto intensa all’oratorio: si è svolta la tradizionale colonia con la partecipazione di circa 130 ragazzi. Il fatto nuovo di quest’anno è stata la piscina, che ha sostituito in parte l'assenza del campo sportivo. Per la maggioranza dei ragazzi presenti il fatto importante della colonia è stato la possibilità di stare insieme tra di loro da amici nella distensione del gioco e nella riflessione. Per alcuni invece (per fortuna pochi) la colonia è stata ridotta alla piscina, di modo che quando si prevedeva di non andare in piscina se ne stavano a casa tranquillamente. L’atteggiamento di questi ragazzi è stato un po’ la nota stonata di questa colonia e hanno disturbato parecchio la loro malavoglia per qualsiasi impegno e la loro presenza discontinua. Su questo punto saremo più esigenti il prossimo anno anche con le famiglie: accetteremo la presenza di chi garantisce un impegno a venire con continuità e non di chi pensa di poter fare i propri comodi senza un minimo di attenzione verso gli altri. Per il resto preferisco cedere la parola ad alcuni ragazzi.
Testimonianze dei ragazzi
La colonia di quest’anno è stata un’ iniziativa lodevole per noi ragazzi, perché ci ha permesso di passare il tempo in modo utile. Infatti quest’anno abbiamo scelto un argomento e precisamente la «Pubblicità» e l’abbiamo trattato ampiamente per mezzo di discussioni, lettura e commento di articoli di giornale, inchieste e collages. Inoltre il tempo era distribuito fra il lavoro e il divertimento per fare in modo di non stancarsi per l’uno e annoiarsi per l’altro. Per quanto riguarda il confronto con le colonie precedenti il 1972 non posso dire niente perché non ci ero mai venuta. Comunque dall'anno scorso a quest’anno è migliorata perché il problema posto è stato discusso e trattato più ampiamente e con maggior impegno. In conclusione questa colonia mi è piaciuta e spero che l’anno prossimo venga ripetuta.
Anna Sonzogni
Rispetto agli altri anni la colonia è cambiata quasi completamente. Ora bisogna dividersi in gruppi per discutere su di un dato problema. L’unica cosa che manca alla colonia non è il tempo libero per giocare, ma la partecipazione di tutti i ragazzi del gruppo a costruire i vari momenti da vivere insieme: non si può venire alla colonia solo quando c’è il sole per andare in piscina.
Lorenzo Zambelli
La colonia di quest’anno è migliorata nella parte culturale: infatti questo anno a differenza dello scorso, alcuni degli argomenti proposti sono stati approfonditi e trattati dal nostro gruppo in modo abbastanza ampio. Una delle cose negative della colonia di quest’ultimo anno è la scarsa organizzazione nei giochi. Ad esempio non si sono organizzati tornei di ping pong, calciobalilla ecc. Insomma tutti quest’anno più che negli scorsi, tranne che nel tempo impiegato in discussioni, facevano ciò che avevano voglia e la organizzazione era veramente scarsa.
Carlo Zilioli
Se confrontiamo il metodo seguito negli anni precedenti il 1971 con il metodo seguito in colonia negli anni seguenti il 1971 notiamo un profondo e radicale cambiamento. Infatti mentre prima: estate = svago + divertimento, ora abbiamo estate — divertimento + riflessione. Perciò la colonia mi pare sia stata molto utile e positiva. Anche dallo scorso anno a oggi la colonia si è riformata in meglio, poiché, mentre l’anno passato il discorso iniziato non era stato terminato, quest'anno è stato abbastanza completato: indice di maturazione.
Maurizio Colleoni
La colonia dell'anno scorso non mi è parsa molto riuscita, perché, nonostante l’innovazione portata (il fatto di dividersi in gruppetti) non si è combinato molto, poiché nessuno del nostro gruppo per mancanza di volontà voleva impegnarsi: il solo desiderio era di andare a giocare. Invece la colonia di quest’anno mi è parsa più riuscita poiché l'argomento che ci eravamo prefissi di trattare (la pubblicità) è stato, non proprio a fondo, ma abbondantemente discusso. Il fatto però più positivo di questa colonia per me è stato che finalmente ho capito che l’estate non è solo il tempo per dedicare al gioco.
Giorgio Marconi
Durante le discussioni abbiamo sentito parlare di cose nuove, cose che ci hanno interessato, abbiamo imparato qualcosa di nuovo. Quest’ora di discussione ci è servita s conoscere meglio gli altri. In fondo anche se ci sono stati vari intoppi pensiamo che quest’ora sia servita Tra i giochi molto rilievo ha avuto la piscina, che ha diverti: molto e tutti. Anche le gite hanno avuto molte rilievo: si fanno più amici e quando si è in difficoltà si trova chi c: aiuta. Quest’anno sono manca: -vere possibilità per i giochi e i giochi come il calciobalilla servono scio a creare divisioni. In fondo la colonia ci è piaciuta: pensiamo che si debba fare ancora.
Un gruppo di V elem.
Oggi si è conclusa la colonie Cosa posso dire? Non voglio ceto stilare il bilancio di questo mese di questa esperienza, impronta: alla vigente «tecnica» consumistica: dato per tanto, ottenuto per tanto; questa colonia non è stata un mercato. Che cosa abbiamo fatto dunque in questo mese? Abbiamo cercato di vivere insieme un momento di vita cristiana e insieme ai ragazzi abbiamo cercato di dare una risposta reale e concreta al problema della pubblicità. Abbiamo affrontato il tema con discussioni di gruppo, ricerche e inchieste svolte in mezzo alla gente (una volta tanto non ci siamo limitati a ripetere e fare nostri stupidi slogans privi di qualsiasi significato). Abbiamo così raccolto del materiale che ci è servito da spunto e da traccia per un’analisi abbastanza accurata di come viene recepita e sino a che punto la pubblicità «inquina» l’individuo. La necessità di compiere delle inchieste ci ha permesso di avvicinare un discreto numero di persone che non conoscevamo, aiutandoci così a iniziare un discorso che va continuato nel tempo. Noi da parte nostra abbiamo cercato di dare un senso nuovo al periodo estivo e ci siamo impegnati per tentare di vivere un modo nuovo di stare insieme, di passare l’estate, sinonimo di dolce fare niente. Abbiamo capito che la nostra vacanza deve cambiare, sappiamo però che se noi rimaniamo spettatori, se non ci impegniamo a cambiare noi stessi, anche la nostra vacanza, la nostra colonia rimarrà sempre la stessa cosa: un modo come un altro per tirar sera e non sarà un momento di crescita quale invece dovrebbe essere. Anche quest’anno abbiamo agito in un clima pieno di contraddizioni, contraddizioni nelle quali ci dibattiamo da lungo tempo e che per altro ci sforziamo di collaborare a togliere. Noi vorremmo portare avanti un discorso che coinvolga tutti e tutti gli aspetti e problemi della nostra vita; un discorso a cui però tutti diano il loro apporto, non solo una piccola parte, mentre la restante non si limita ad altro che a criticare. Abbiamo terminato questa colonia e ci siamo dati appuntamento per l’anno prossimo per incontrarci di nuovo e raccontarci le nostre esperienze e con la speranza che il nostro discorso si sia ampliato e riesca a interessare tutti indistintamente.
Fulvio Micheli
Anna Sonzogni
Rispetto agli altri anni la colonia è cambiata quasi completamente. Ora bisogna dividersi in gruppi per discutere su di un dato problema. L’unica cosa che manca alla colonia non è il tempo libero per giocare, ma la partecipazione di tutti i ragazzi del gruppo a costruire i vari momenti da vivere insieme: non si può venire alla colonia solo quando c’è il sole per andare in piscina.
Lorenzo Zambelli
La colonia di quest’anno è migliorata nella parte culturale: infatti questo anno a differenza dello scorso, alcuni degli argomenti proposti sono stati approfonditi e trattati dal nostro gruppo in modo abbastanza ampio. Una delle cose negative della colonia di quest’ultimo anno è la scarsa organizzazione nei giochi. Ad esempio non si sono organizzati tornei di ping pong, calciobalilla ecc. Insomma tutti quest’anno più che negli scorsi, tranne che nel tempo impiegato in discussioni, facevano ciò che avevano voglia e la organizzazione era veramente scarsa.
Carlo Zilioli
Se confrontiamo il metodo seguito negli anni precedenti il 1971 con il metodo seguito in colonia negli anni seguenti il 1971 notiamo un profondo e radicale cambiamento. Infatti mentre prima: estate = svago + divertimento, ora abbiamo estate — divertimento + riflessione. Perciò la colonia mi pare sia stata molto utile e positiva. Anche dallo scorso anno a oggi la colonia si è riformata in meglio, poiché, mentre l’anno passato il discorso iniziato non era stato terminato, quest'anno è stato abbastanza completato: indice di maturazione.
Maurizio Colleoni
La colonia dell'anno scorso non mi è parsa molto riuscita, perché, nonostante l’innovazione portata (il fatto di dividersi in gruppetti) non si è combinato molto, poiché nessuno del nostro gruppo per mancanza di volontà voleva impegnarsi: il solo desiderio era di andare a giocare. Invece la colonia di quest’anno mi è parsa più riuscita poiché l'argomento che ci eravamo prefissi di trattare (la pubblicità) è stato, non proprio a fondo, ma abbondantemente discusso. Il fatto però più positivo di questa colonia per me è stato che finalmente ho capito che l’estate non è solo il tempo per dedicare al gioco.
Giorgio Marconi
Durante le discussioni abbiamo sentito parlare di cose nuove, cose che ci hanno interessato, abbiamo imparato qualcosa di nuovo. Quest’ora di discussione ci è servita s conoscere meglio gli altri. In fondo anche se ci sono stati vari intoppi pensiamo che quest’ora sia servita Tra i giochi molto rilievo ha avuto la piscina, che ha diverti: molto e tutti. Anche le gite hanno avuto molte rilievo: si fanno più amici e quando si è in difficoltà si trova chi c: aiuta. Quest’anno sono manca: -vere possibilità per i giochi e i giochi come il calciobalilla servono scio a creare divisioni. In fondo la colonia ci è piaciuta: pensiamo che si debba fare ancora.
Un gruppo di V elem.
Oggi si è conclusa la colonie Cosa posso dire? Non voglio ceto stilare il bilancio di questo mese di questa esperienza, impronta: alla vigente «tecnica» consumistica: dato per tanto, ottenuto per tanto; questa colonia non è stata un mercato. Che cosa abbiamo fatto dunque in questo mese? Abbiamo cercato di vivere insieme un momento di vita cristiana e insieme ai ragazzi abbiamo cercato di dare una risposta reale e concreta al problema della pubblicità. Abbiamo affrontato il tema con discussioni di gruppo, ricerche e inchieste svolte in mezzo alla gente (una volta tanto non ci siamo limitati a ripetere e fare nostri stupidi slogans privi di qualsiasi significato). Abbiamo così raccolto del materiale che ci è servito da spunto e da traccia per un’analisi abbastanza accurata di come viene recepita e sino a che punto la pubblicità «inquina» l’individuo. La necessità di compiere delle inchieste ci ha permesso di avvicinare un discreto numero di persone che non conoscevamo, aiutandoci così a iniziare un discorso che va continuato nel tempo. Noi da parte nostra abbiamo cercato di dare un senso nuovo al periodo estivo e ci siamo impegnati per tentare di vivere un modo nuovo di stare insieme, di passare l’estate, sinonimo di dolce fare niente. Abbiamo capito che la nostra vacanza deve cambiare, sappiamo però che se noi rimaniamo spettatori, se non ci impegniamo a cambiare noi stessi, anche la nostra vacanza, la nostra colonia rimarrà sempre la stessa cosa: un modo come un altro per tirar sera e non sarà un momento di crescita quale invece dovrebbe essere. Anche quest’anno abbiamo agito in un clima pieno di contraddizioni, contraddizioni nelle quali ci dibattiamo da lungo tempo e che per altro ci sforziamo di collaborare a togliere. Noi vorremmo portare avanti un discorso che coinvolga tutti e tutti gli aspetti e problemi della nostra vita; un discorso a cui però tutti diano il loro apporto, non solo una piccola parte, mentre la restante non si limita ad altro che a criticare. Abbiamo terminato questa colonia e ci siamo dati appuntamento per l’anno prossimo per incontrarci di nuovo e raccontarci le nostre esperienze e con la speranza che il nostro discorso si sia ampliato e riesca a interessare tutti indistintamente.
Fulvio Micheli
A conclusione della colonia abbiamo inviato la seguente lettera:
Ai genitori dei ragazzi che hanno partecipato alla colonia, all’amministrazione comunale.
Zogno 31 luglio 1973
Abbiamo concluso per il secondo anno la nuova esperienza di colonia estiva all’Oratorio. Come congedo e saluto alle famiglie che ci hanno affidato i loro figli, vorremmo comunicare loro alcune riflessioni che abbiamo maturato in questa esperienza. Questo lo facciamo, perché abbiamo capito che il tempo libero del ragazzo è un momento importante e quindi non può essere impostato solo dalla buona volontà di qualcuno. Non basta impegnare il ragazzo in qualche modo: è importante ciò che gli si propone. Come è stata impostata la vita di colonia in questi due ultimi anni? Si è cercato di superare un po’ la mentalità che il tempo libero sia tempo da sciupare in qualche modo, soprattutto col non far niente. Si è quindi cercato di proporre ai ragazzi alcuni temi di riflessione che la vita di oggi offre loro (la famiglia ed alcuni problemi locali, lo scorso anno; la pubblicità, quest’anno). Abbiamo però notato una certa difficoltà per questo lavoro; perché parecchi ragazzi non vogliono impegnarsi, essendo in vacanza. È importante quindi che sia genitori, sia i vari responsabile dell’educazione prendano coscienza di questo problema, perché anche il tempo di vacanza sia per il ragazzo tempo prezioso per la sua crescita umana. Occorre però un impegno da parte di tutti e non solo di qualche volenteroso, altrimenti, finiamo per far credere al ragazzo che siano cose superflue. Per questo invitiamo, oltre ai genitori, anche l'amministrazione comunale e gli enti scolastici a studiare un po’ questo problema, perche è un problema serio, che coinvolge la vita della nostra comunità. Non riteniamo molto serio l’atteggiamento usato finora dall'amministrazione comunale di regalare 100.000 lire alla colonia. È necessario che tutti si interessino di più della vita dei nostri ragazzi e con maggior collaborazione per creare al ragazzo una certa continuità nella sua crescita, in modo che non ci sia più il momento della scuola, il momento della colonia, il momento della famiglia tra loro divisi, ma sia un unico cammino umano. Ci dichiariamo disponibili a studiare insieme il problema, perché si possa concretizzare qualcosa di valido per il prossimo anno e quindi evitare il pericolo che siano i soliti pochi a pensarci in mezzo a tanti «Pilati». Con questa speranza salutiamo.
don Giancarlo Bresciani e gli animatori della colonia
Perché questa lettera? Innanzitutto premetto che non ha voluto essere un’accusa o un modo di fare della polemica, perché non servirebbe a niente. Ci è sembrato un modo corretto e leale di esprimere il nostro pensiero sulla colonia ai diretti interessati. Non ci si può accusare di chiacchiere, perché è un’esperienza abbiam fatto noi: sono osservazioni che nascono da un impegno concreto. Non siamo tra quelli che dicono agli altri quello che dovrebbero fare senza però un loro impegno personale. Ci spiace che qualcuno l’abbia presa male: a noi sembrava un metodo democratico maturo, perché è doveroso dirle pubblicamente le cose che interessano tutti; dobbiamo superare un certo stile di borbottamenti sotterranei. Abbiamo scritto questa lettera soltanto perché vorremmo che nei prossimi anni i nostri ragazzi possano essere aiutati meglio a vivere il loro tempo libero, come tempo utile della loro crescita umana e per ottenere questo dobbiamo darci tutti una mano: non è il tempo di stare a fare i permalosi o gli offesi. Con questa lettera volevamo soltanto invitare a una seria collabo-razione per l’impostazione del tempo libero dei ragazzi, che non può più essere lasciato alla buona volontà di qualcuno. La colonia estiva all’Oratorio non è un affare privato dei preti e di qualche volenteroso: l’Oratorio non è una casa chiusa: tutti hanno il diritto e il dovere di dare la loro collaborazione. E qui penso che nessuno ci possa contraddire!
don Giancarlo Bresciani
Abbiamo concluso per il secondo anno la nuova esperienza di colonia estiva all’Oratorio. Come congedo e saluto alle famiglie che ci hanno affidato i loro figli, vorremmo comunicare loro alcune riflessioni che abbiamo maturato in questa esperienza. Questo lo facciamo, perché abbiamo capito che il tempo libero del ragazzo è un momento importante e quindi non può essere impostato solo dalla buona volontà di qualcuno. Non basta impegnare il ragazzo in qualche modo: è importante ciò che gli si propone. Come è stata impostata la vita di colonia in questi due ultimi anni? Si è cercato di superare un po’ la mentalità che il tempo libero sia tempo da sciupare in qualche modo, soprattutto col non far niente. Si è quindi cercato di proporre ai ragazzi alcuni temi di riflessione che la vita di oggi offre loro (la famiglia ed alcuni problemi locali, lo scorso anno; la pubblicità, quest’anno). Abbiamo però notato una certa difficoltà per questo lavoro; perché parecchi ragazzi non vogliono impegnarsi, essendo in vacanza. È importante quindi che sia genitori, sia i vari responsabile dell’educazione prendano coscienza di questo problema, perché anche il tempo di vacanza sia per il ragazzo tempo prezioso per la sua crescita umana. Occorre però un impegno da parte di tutti e non solo di qualche volenteroso, altrimenti, finiamo per far credere al ragazzo che siano cose superflue. Per questo invitiamo, oltre ai genitori, anche l'amministrazione comunale e gli enti scolastici a studiare un po’ questo problema, perche è un problema serio, che coinvolge la vita della nostra comunità. Non riteniamo molto serio l’atteggiamento usato finora dall'amministrazione comunale di regalare 100.000 lire alla colonia. È necessario che tutti si interessino di più della vita dei nostri ragazzi e con maggior collaborazione per creare al ragazzo una certa continuità nella sua crescita, in modo che non ci sia più il momento della scuola, il momento della colonia, il momento della famiglia tra loro divisi, ma sia un unico cammino umano. Ci dichiariamo disponibili a studiare insieme il problema, perché si possa concretizzare qualcosa di valido per il prossimo anno e quindi evitare il pericolo che siano i soliti pochi a pensarci in mezzo a tanti «Pilati». Con questa speranza salutiamo.
don Giancarlo Bresciani e gli animatori della colonia
Perché questa lettera? Innanzitutto premetto che non ha voluto essere un’accusa o un modo di fare della polemica, perché non servirebbe a niente. Ci è sembrato un modo corretto e leale di esprimere il nostro pensiero sulla colonia ai diretti interessati. Non ci si può accusare di chiacchiere, perché è un’esperienza abbiam fatto noi: sono osservazioni che nascono da un impegno concreto. Non siamo tra quelli che dicono agli altri quello che dovrebbero fare senza però un loro impegno personale. Ci spiace che qualcuno l’abbia presa male: a noi sembrava un metodo democratico maturo, perché è doveroso dirle pubblicamente le cose che interessano tutti; dobbiamo superare un certo stile di borbottamenti sotterranei. Abbiamo scritto questa lettera soltanto perché vorremmo che nei prossimi anni i nostri ragazzi possano essere aiutati meglio a vivere il loro tempo libero, come tempo utile della loro crescita umana e per ottenere questo dobbiamo darci tutti una mano: non è il tempo di stare a fare i permalosi o gli offesi. Con questa lettera volevamo soltanto invitare a una seria collabo-razione per l’impostazione del tempo libero dei ragazzi, che non può più essere lasciato alla buona volontà di qualcuno. La colonia estiva all’Oratorio non è un affare privato dei preti e di qualche volenteroso: l’Oratorio non è una casa chiusa: tutti hanno il diritto e il dovere di dare la loro collaborazione. E qui penso che nessuno ci possa contraddire!
don Giancarlo Bresciani
"DUE GIORNI" PER GIOVANI STUDENTI
Per i ragazzi che iniziano quest’anno le scuole superiori o che hanno frequentato il primo anno si terrà una «due giorni» al Rifugio Madonna delle Nevi di Mezzoldo nei giorni 17-19 settembre. L’iniziativa vuol essere una proposta di riflessione e di ricerca per tutti quei ragazzi e ragazze che vogliono scoprire il significato di una presenza cristiana nella scuola media superiore. Questa dovrebbe essere un’occasione per iniziare un lavoro da portare avanti durante il prossimo anno. Saranno presenti a questi incontri dei giovani che già stanno tentando un’esperienza cristiana nella scuola superiore. L’iniziativa è per tutti i ragazzi suddetti della nostra zona pastorale. Per le iscrizioni ci si deve rivolgere a Don Giancarlo entro il 5 settembre. La quota di partecipazione è di L. 5000.
SCUOLA MEDIA SERALE AL’ ORATORIO
A quei lavoratori che intendono ottenere la licenza media ricordiamo che anche quest’anno si terrà all’Oratorio un corso serale gratuito di preparazione. Per le iscrizioni rivolgersi all’Oratorio entro il 20 settembre p. v. Lo scorso anno l’amministrazione comunale diede L. 93.000 per libri e ciclostilati usati nella scuola: diciamo il nostro grazie per la sollecita risposta. Le lettere anonime tanno cestinate... ma il vigliacco purtroppo rimane impunito La calunnia è un venticello... un’arietta assai gentile, e sensibile all’udito... si fa sotto sibilando... incomincia... incomincia... a serpeggiar... Quest’inizio di una celebra opera, pare sia diventato molto orecchia-bile a talune persone del nostro paese, che, con gusto assai poco razionale, sputano sentenze, tramano intrighi e scrivono fesserie nei riguardi di onesti lavoratori che della loro famiglia hanno fatto scopo di vita. La calunnia, questa grave malattia italiana, sembra essere diventata endemica nel nostro paese, soprattutto in persone che hanno cercato, come in una specie di masturbazione intellettuale, lo sbocco più soddisfacente della loro sterile impotenza. E questo sbocco della loro irrefrenabile pulsione si estrinseca nella stesura di lettere anonime, sintomo di vile vigliaccheria che trasuda dai grossi pori del naso, emanando la puzza caratteristica della serpe che si liscia i baffi camuffati di nero ai ventilati raggi del sole del mattino.
F. B.
F. B.
LA CRESIMA DEI NOSTRI RAGAZZI
Uno dei momenti impegnativi di una comunità cristiana è la preparazione alla Cresima. L’ultimo documento dei Vescovi italiani parla di un periodo di «catecumenato» per quei ragazzi che si preparano alla Cresima e ci invita a fare in modo che «la preparazione non sia improvvisata e affrettata». Pur sapendo che l’età non può più essere un criterio di ammissione a un sacramento quest’anno ci vediamo un po’ costretti ad agire ancora in questo stile, perché siamo impreparati a usare come unico criterio la fede: proponiamo perciò la Cresima per i ragazzi che frequentano la seconda media. Saranno però ammessi soltanto coloro che durante quest’anno si impegneranno a entrare in quella prospettiva di vita cristiana che verrà loro proposta. Soltanto a queste condizioni avrà senso la celebrazione di tale sacramento. Dobbiamo sempre ricordare che i sacramenti non sono delle cerimonie che dobbiamo fare in certi momenti della vita, perché tutti le fanno: hanno valore solo se ci crediamo. È necessario quindi che anche i genitori partecipino con impegno alla scelta dei loro figli. Ci saranno perciò incontri frequenti anche con i genitori, possibilmente a piccoli gruppi. E questo per rendere tali incontri un vero cammino di fede e non solo con un carattere informativo come quelli degli scorsi anni. Per i ragazzi poi oltre alla catechesi settimanale ci saranno altri momenti di incontro che verranno annunciati di volta in volta. Già fin d’ora vorrei invitare le famiglie interessate e tutta la nostra comunità a pregare, perché per tutti noi la Cresima di alcuni ragazzi sia motivo di conversione e di inizio di uno stile nuovo di essere cristiani.
don Giancarlo Bresciani
1) TESTIMONIANZE DI TRE RAGAZZI SULLA CELEBRAZIONE DELLA CRESIMA DELLO SCORSO ANNO
Per me la Cresima non è che una cerimonia per esaltare i Sacramenti imposti dal Signore. Io quando l’ho ricevuta non ho sentito dentro di me sentimenti nuovi; anzi mi è sembrato di tornare ancora bambino, a cui si impone di dire le belle preghierine e di non dir bugie. Per conto mio si dovrebbero abolire tutti i Sacramenti, fuorché la Prima Comunione che è l’unico che si possa giudicare valido in una società di oggi. Le riunioni di catechesi mi sono piaciute in quanto si parlava e si discuteva sui problemi della società d’oggi e penso che sarebbe molto utile informare i ragazzi attraverso la discussione in quale società devono vivere, perché se essi conoscono già da giovani tutti i problemi impareranno a risolverli.
Paolo Oldrati
A un anno dalla Cresima credo di poter capire quello che ha cambiato in me; io credo che questo sacramento non mi abbia fatto capire quello che avevo sempre sperato di capire. Infatti non ho riscontrato nessuna differenza di pensiero su Dio, sul Cristianesimo; ho invece riscontrato differenze nel modo di pensare di gente che durante l’infanzia aveva continuato a farci credere la Cresima non come una cosa spirituale, quindi accettata secondo una fede, ma come cosa materiale, che avrebbe dato frutti come una pianta può dare le ciliege. Appunto per questo la Cresima ha portato in me solo un cambiamento materiale, come quello di sapere di avere avuto molti regali. Un trimestre di catechismo più moderno non poteva infatti cambiare in me, e credo anche nei miei compagni, una mentalità in 5-6 anni accumulata.
Piergiorgio Dolci
Secondo me il catechismo dovrebbe essere un luogo d’incontro dove si discuta della vita dell’uomo, se la vita dell’uomo è una vita cristiana; il luogo in cui si possono chiarire, discutendo, i dubbi che si hanno su Cristo, con qualcuno che non ci impone la propria versione, ma ci fa capire se la nostra versione sia giusta o sbagliata. L’anno scorso, come quest’anno poche volte per me il catechismo ha avuto questa importanza, certo non per colpa dell’insegnante, ma sinceramente a causa della scarsa disponibilità dei ragazzi al discorso, e ancor di più alla mancanza di partecipazione al catechismo. La Cresima secondo me è stata più che altro una cerimonia, non perché non abbia appreso nulla dal catechismo, ma perché non riuscivo a collegare i problemi che affliggevano la società, non sono riuscito a capire quanto i problemi degli altri riguardano anche me, quanto possa interessare questo a me, alla mia Cresima.
Lucio Micheli
2) PROSPETTIVE PER QUESTO ANNO
Di fronte alle testimonianze di questi ragazzi, non si può rimanere indifferenti. Essi ci presentano la loro realtà di vita e l’importanza che in essa ha avuto il primo contatto con una comunità cristiana adulta. Questo momento avrebbe dovuto segnare il riconoscimento da parte di tutta una comunità cristiana della maturazione avvenuta in loro e quindi la scoperta e l’inserimento in una prospettiva di vita cristiana diversa, nella quale anch’essi non si sentissero più bambini, e quindi estraniati, ma finalmente adulti e come tali in grado di fare una propria scelta di vita. Se tutto questo sia avvenuto, lo possiamo leggere nelle righe che essi stessi scrivono. Una cosa è certa: questi ragazzi si sentono ancora soli e forse un po’ sperduti in un mondo di adulti che continua a mostrarsi loro pieno di contraddizioni e nel quale essi continuano a sentirsi e a comportarsi come bambini pur sapendo di non esserlo. Questa situazione si è manifestata chiara allorché ci siamo proposti di avviare una prospettiva di catechesi per questi ragazzi. Come possiamo far maturare in essi una nuova mentalità cristiana? Quale esempio di vita e di Chiesa possiamo offrire loro? Come possiamo venire a contatto con la loro realtà di vita? Tutte queste domande ce le siamo poste e sarebbe inutile nascondere il nostro imbarazzo di fronte a tale vastità di prospettive. Abbiamo di fronte ragazzi che dall’oggi al domani si vedranno costretti, una volta finita la terza media, a cambiare modo di vivere e di pensare, e se siamo onesti non possiamo fare a meno di domandarci se noi abbiamo dato loro la possibilità di affrontare con la opportuna coscienza e maturità questo cambiamento. Tutti sappiamo quanto squallida e amorfo si possa presentare a volte un ambiente scolastico, dove i ragazzi molte volte rischiano di sentirsi non delle persone, ma dei numeri. Con questo non voglio ritornare al discorso ormai quasi scontato che la scuola avrebbe bisogno di riforme, ma vorrei mettere il punto proprio sull’incapacità dei ragazzi stessi di affrontare l’ambiente scolastico, di fare in esso le proprie scelte e le proprie prese di posizione coerenti. Da qui poi devirano tutte le situazioni di isolamento, di rifiuto, di impossibilità di collaborazione cosi presenti nelle nostre scuole, che finiscono per agire negativamente sulla formazione del ragazzo. Del resto non possiamo pretendere che un ragazzo che si trova in questa confusione, che finisce per sovrastarlo e sconcertarlo. possa prendere una posizione cosciente, quando anche all’esterno e soprattutto nel mondo degli adulti, che egli si pone sempre dinanzi, non può trovare affermate e vissute quelle prospettive di vita cristiana che pure noi ci sforziamo di far credere loro. E’ una realtà grave questa, della quale ci dobbiamo rendere conto, che non implica solo alcune persone, ma tutta una comunità. I ragazzi a questa età non hanno più bisogno di una Chiesa che si presenta in una realtà del tutto esteriore, ma hanno bisogno di venire a contatto con qualcosa di più tangibile, di più vissuto, devono accorgersi che vicino hanno delle persone che soffrono come loro, che molte volte si trovano nel loro stesso stato di debolezza e povertà, ma che nonostante tutto continuano a lottare, non per un’affermazione personale, ma per l’amore che Cristo ci ha insegnato e comunicato. Questa è la catechesi nella quale tutti dobbiamo sentirci impegnati se vogliamo essere dei veri cristiani, e credetemi, tale impegno finirà per mettere in crisi tutta la nostra vita cristiana, crisi non affatto distruttiva, ma segno del cammino che stiamo facendo insieme, nel quale dobbiamo abbandonare il nostro anonimato e comprometterci con le persone che ci stanno accanto Di fronte alla difficoltà di questo cammino non dobbiamo scoraggiarci, ma teniamo presenti le parole che ci ha detto il Cristo: « Ciò che non è possibile agli uomini è possibile a Dio ».
Ettore Fustinoni
don Giancarlo Bresciani
1) TESTIMONIANZE DI TRE RAGAZZI SULLA CELEBRAZIONE DELLA CRESIMA DELLO SCORSO ANNO
Per me la Cresima non è che una cerimonia per esaltare i Sacramenti imposti dal Signore. Io quando l’ho ricevuta non ho sentito dentro di me sentimenti nuovi; anzi mi è sembrato di tornare ancora bambino, a cui si impone di dire le belle preghierine e di non dir bugie. Per conto mio si dovrebbero abolire tutti i Sacramenti, fuorché la Prima Comunione che è l’unico che si possa giudicare valido in una società di oggi. Le riunioni di catechesi mi sono piaciute in quanto si parlava e si discuteva sui problemi della società d’oggi e penso che sarebbe molto utile informare i ragazzi attraverso la discussione in quale società devono vivere, perché se essi conoscono già da giovani tutti i problemi impareranno a risolverli.
Paolo Oldrati
A un anno dalla Cresima credo di poter capire quello che ha cambiato in me; io credo che questo sacramento non mi abbia fatto capire quello che avevo sempre sperato di capire. Infatti non ho riscontrato nessuna differenza di pensiero su Dio, sul Cristianesimo; ho invece riscontrato differenze nel modo di pensare di gente che durante l’infanzia aveva continuato a farci credere la Cresima non come una cosa spirituale, quindi accettata secondo una fede, ma come cosa materiale, che avrebbe dato frutti come una pianta può dare le ciliege. Appunto per questo la Cresima ha portato in me solo un cambiamento materiale, come quello di sapere di avere avuto molti regali. Un trimestre di catechismo più moderno non poteva infatti cambiare in me, e credo anche nei miei compagni, una mentalità in 5-6 anni accumulata.
Piergiorgio Dolci
Secondo me il catechismo dovrebbe essere un luogo d’incontro dove si discuta della vita dell’uomo, se la vita dell’uomo è una vita cristiana; il luogo in cui si possono chiarire, discutendo, i dubbi che si hanno su Cristo, con qualcuno che non ci impone la propria versione, ma ci fa capire se la nostra versione sia giusta o sbagliata. L’anno scorso, come quest’anno poche volte per me il catechismo ha avuto questa importanza, certo non per colpa dell’insegnante, ma sinceramente a causa della scarsa disponibilità dei ragazzi al discorso, e ancor di più alla mancanza di partecipazione al catechismo. La Cresima secondo me è stata più che altro una cerimonia, non perché non abbia appreso nulla dal catechismo, ma perché non riuscivo a collegare i problemi che affliggevano la società, non sono riuscito a capire quanto i problemi degli altri riguardano anche me, quanto possa interessare questo a me, alla mia Cresima.
Lucio Micheli
2) PROSPETTIVE PER QUESTO ANNO
Di fronte alle testimonianze di questi ragazzi, non si può rimanere indifferenti. Essi ci presentano la loro realtà di vita e l’importanza che in essa ha avuto il primo contatto con una comunità cristiana adulta. Questo momento avrebbe dovuto segnare il riconoscimento da parte di tutta una comunità cristiana della maturazione avvenuta in loro e quindi la scoperta e l’inserimento in una prospettiva di vita cristiana diversa, nella quale anch’essi non si sentissero più bambini, e quindi estraniati, ma finalmente adulti e come tali in grado di fare una propria scelta di vita. Se tutto questo sia avvenuto, lo possiamo leggere nelle righe che essi stessi scrivono. Una cosa è certa: questi ragazzi si sentono ancora soli e forse un po’ sperduti in un mondo di adulti che continua a mostrarsi loro pieno di contraddizioni e nel quale essi continuano a sentirsi e a comportarsi come bambini pur sapendo di non esserlo. Questa situazione si è manifestata chiara allorché ci siamo proposti di avviare una prospettiva di catechesi per questi ragazzi. Come possiamo far maturare in essi una nuova mentalità cristiana? Quale esempio di vita e di Chiesa possiamo offrire loro? Come possiamo venire a contatto con la loro realtà di vita? Tutte queste domande ce le siamo poste e sarebbe inutile nascondere il nostro imbarazzo di fronte a tale vastità di prospettive. Abbiamo di fronte ragazzi che dall’oggi al domani si vedranno costretti, una volta finita la terza media, a cambiare modo di vivere e di pensare, e se siamo onesti non possiamo fare a meno di domandarci se noi abbiamo dato loro la possibilità di affrontare con la opportuna coscienza e maturità questo cambiamento. Tutti sappiamo quanto squallida e amorfo si possa presentare a volte un ambiente scolastico, dove i ragazzi molte volte rischiano di sentirsi non delle persone, ma dei numeri. Con questo non voglio ritornare al discorso ormai quasi scontato che la scuola avrebbe bisogno di riforme, ma vorrei mettere il punto proprio sull’incapacità dei ragazzi stessi di affrontare l’ambiente scolastico, di fare in esso le proprie scelte e le proprie prese di posizione coerenti. Da qui poi devirano tutte le situazioni di isolamento, di rifiuto, di impossibilità di collaborazione cosi presenti nelle nostre scuole, che finiscono per agire negativamente sulla formazione del ragazzo. Del resto non possiamo pretendere che un ragazzo che si trova in questa confusione, che finisce per sovrastarlo e sconcertarlo. possa prendere una posizione cosciente, quando anche all’esterno e soprattutto nel mondo degli adulti, che egli si pone sempre dinanzi, non può trovare affermate e vissute quelle prospettive di vita cristiana che pure noi ci sforziamo di far credere loro. E’ una realtà grave questa, della quale ci dobbiamo rendere conto, che non implica solo alcune persone, ma tutta una comunità. I ragazzi a questa età non hanno più bisogno di una Chiesa che si presenta in una realtà del tutto esteriore, ma hanno bisogno di venire a contatto con qualcosa di più tangibile, di più vissuto, devono accorgersi che vicino hanno delle persone che soffrono come loro, che molte volte si trovano nel loro stesso stato di debolezza e povertà, ma che nonostante tutto continuano a lottare, non per un’affermazione personale, ma per l’amore che Cristo ci ha insegnato e comunicato. Questa è la catechesi nella quale tutti dobbiamo sentirci impegnati se vogliamo essere dei veri cristiani, e credetemi, tale impegno finirà per mettere in crisi tutta la nostra vita cristiana, crisi non affatto distruttiva, ma segno del cammino che stiamo facendo insieme, nel quale dobbiamo abbandonare il nostro anonimato e comprometterci con le persone che ci stanno accanto Di fronte alla difficoltà di questo cammino non dobbiamo scoraggiarci, ma teniamo presenti le parole che ci ha detto il Cristo: « Ciò che non è possibile agli uomini è possibile a Dio ».
Ettore Fustinoni
L’ORATORIO: LUOGO D’INCONTRO
Ormai si sta ultimando la sistemazione dell’ Oratorio, come ambiente, e quindi è bene che ci diciamo cosa intendiamo fare, come vogliamo che sia questo ambiente. Non dobbiamo più vederlo come il luogo, dove comandano i preti e dove si mandano i figli, perché luogo sicuro, luogo protetto, luogo chiuso. Lo spazio che si è creato ci dice che l’Oratorio deve essere un ambiente aperto, che accoglie tutti, non solo i ragazzi o i giovani. L'Oratorio però non può essere ridotto neanche a un centro sportivo o a un puro luogo di divertimento: a questo ci deve pensare la amministrazione comunale. L’Oratorio oggi lo dovremmo creare come luogo di incontro di ragazzi e di adulti, cioè di famiglie. Chi viene all’Oratorio non dovrebbe trovare solo delle attrezzature per giocare, ma soprattutto delle persone che lo accolgono con gioia, con fiducia. E per far questo occorre la collaborazione di tutti. I ragazzi hanno già incominciato a venire per giocare, anche qualche mamma viene con i figli. E' necessario che questo stile si diffonda: e qui mi rivolgo ai giovani e ai genitori, perché diano un po’ del loro tempo per creare questo luogo di incontro. I nostri ragazzi hanno bisogno di avere con loro degli adulti anche nel momento del tempo libero. non per essere sorvegliati, ma per essere accolti e quindi sentirsi persone. Quando un individuo si sente accolto come persona tiene anche un comportamento diverso. E’ senz’altro un sacrificio, ma penso sia l’unico modo per mettere le basi di un vivere comunitario: i nostri ragazzi acquisteranno fiducia nella vita se vedranno che ci sono persone che ci interessano di loro non per far soldi, non per mestiere o per altri fini, ma per una profonda convinzione di fede, che li porta a costruire la propria vita come dono ai fratelli. L’Oratorio oggi insieme con la catechesi familiare ci viene offerta come occasione per mettere le basi a un vivere comunitario e per superare di conseguenza il nostro individualismo: ci riusciremo se recheremo tutti di darci una mano.
don Giancarlo Bresciani
don Giancarlo Bresciani
CATECHESI PERMANENTE
I nostri Vescovi italiani nell’ultima assemblea del giugno scorso ci hanno richiamato ancora una volta all'impegno di rinnovare la catechesi delle nostre comunità cristiane. IL rinnovamento della catechesi in Italia non è più un « pallino » di qualche esaltato, ma è precisa volontà dei Vescovi: se vogliamo essere con la Chiesa dobbiamo camminare su questa strada, anche se la troviamo un po’ scomoda. Nel documento finale i Vescovi affermano: « Resta come principale impegno operativo della Chiesa in Italia, emergente dalla riflessione in atto, il rinnovamento della catechesi. Le linee di tale rinnovamento sono già state proposte dall’episcopato italiano nell’apposito «Documento-base», che prepara e fonda la compilazione e l’accoglienza dei nuovi catechismi. È però necessario che quegli orientamenti siano concordemente recepiti e tradotti in pratica pastorale... Nella nostra situazione italiana la maggior parte degli adulti hanno già ricevuto il battesimo e sono avviati, in qualche modo, alla vita cristiana. Molte volte, però, tutto questo avviene più per un fatto di tradizione, che per una scelta e una convinzione di fede. Si impone pertanto un’azione pastorale che conduca alla riscoperta o alla consapevolezza progressiva e personale della propria fede. Tutto questo è possibile mediante una catechesi permanente o catecumenato; che segua gradualmente il cristiano dall’infanzia alle successive fasi della vita, e in particolare dai sacramenti dell’iniziazione cristiana fino ai sacramenti dell’ordine e del matrimonio. Questa catechesi permanente o catecumenato, in una accezione molto ampia e analogica, si presenta come il cammino di fede e di conversione con cui l’uomo, mosso dall’annuncio della buona novella, viene gradualmente introdotto nel mistero di Cristo e nella vita della Chiesa... Non si tratta evidentemente di rievocare metodi di altri tempi, né di proporre ricette, o introdurre rigide strutture: bensì di suscitare uno spirito, una mentalità, che possa tradursi in forme diverse di applicazione, ma che animi tutto l’impegno di catechesi, cui è particolarmente chiamata la Chiesa in Italia » (numeri 82-86). Nel rinnovamento della catechesi i Vescovi danno un posto di protagonista alla famiglia: « La famiglia è chiamata a essere il primo luogo di annuncio del messaggio cristiano e di educazione permanente alla fede. In particolare, la partecipazione attiva dei genitori è insostituibile nell’itinerario catecumenale dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. In tal modo non solo i figli vengono adeguatamente introdotti nella vita ecclesiale, ma tutta la famiglia vi partecipa e cresce: i genitori stessi annunciando ascoltano, insegnando imparano » (n 95-96). «Concludendo i nostri Vescovi affermano: « Se vogliamo, secondo le indicazioni del Concilio e il costante appello di Paolo VI, il rinnovamento della Chiesa in Italia, se auspichiamo una conversione di mentalità delle nostre comunità ecclesiali e una loro valida testimonianza di fede nel mondo contemporaneo, non abbiamo che da intensificare, nella sua pienezza, il ministero della evangelizzazione. Nel Vangelo, infatti, è la forza di Dio per chiunque crede» (n. 113). Da quanto i Vescovi ci annunciano si deduce chiaramente che non possiamo più accontentarci di vivere di rendita o di cullarci nelle nostre più o meno comode abitudini: siamo chiamati a una conversione di mentalità. E da qui si capisce anche che il lavoro di catechesi che stiamo facendo a Zogno non è poi così strano: anzi è sulla linea che ci suggeriscono i Vescovi.
don Giancarlo Bresciani
don Giancarlo Bresciani
LA NOSTRA CATECHESI È SOLO CHIACCHIERA?
Certo per noi che abbiamo vissuto il nostro catechismo come un ascoltare e poi un ripetere quello che avevamo ascoltato e che viviamo ancora la scuola su questo stile è difficile entrare nella nuova mentalità che ci offre il Documento-Base sulla catechesi in Italia. Per questo forse siamo tentati di dire che si chiacchiera molto, ma non si conclude niente. Siamo certo in una fase difficile e molto delicata della catechesi in Italia e anche nella nostra comunità di Zogno: il cambiamento di mentalità ci costa e non sempre ci sentiamo pronti ad agire. Ci sentiamo tutti molto impreparati, ma con la volontà di camminare insieme, di parlarci e di ascoltarci, perché abbiamo capito che per comunicarci il messaggio di Cristo dobbiamo innanzitutto scoprirci persone. Prima di parlare di Cristo ai ragazzi dobbiamo aiutarli a scoprirsi come persone, se no rischiamo di farne dei cristiani prefabbricati. U-na persona che non pensa mai. non può essere cristiana, perché non è neanche persona. Ora noi puntiamo molto sul dialogo tra i ragazzi, fatto in piccoli gruppi, per aiutarci a scoprirci persone. Soltanto quando si scopre persona l’individuo è in grado di accettare Cristo. Devo perciò accettare durante l’incontro di catechesi anche il chiacchierare se mi serve a conoscere di più le persone e a entrare nella loro vita. L’importante non è che i ragazzi sappiano ripetere quello che noi diciamo loro, ma che abbiano a scoprirsi persone, perché questo è il punto di partenza per arrivare a Cristo. «Chiunque voglia fare oggi un, discorso efficace su Dio deve partire dai problemi umani» ci dicono i nostri Vescovi nel Documento-Base. Come il Cristo si è incarnato, così il catechista deve inserirsi profondamente nella vita delle persone che deve catechizzare. «Per alimentare una mentalità di fede, che consenta di vivere da figli di Dio. la catechesi deve raggiungere gli uomini nel tempo e nel luogo in cui essi operano, vale a dire nella situazione di vita che è loro propria» (128). «La catechesi dedica particolare attenzione alle più comuni situazioni di vita dei fedeli, perché ciascuno sia guidato a interpretarle e a viverle con sapienza cristiana» (130). Il nostro impegno di catechesi di questi anni si mette appunto su questa prospettiva suggerita dai nostri Vescovi: raccontarci la nostra vita per confrontarla con quella di Cristo. La catechesi non è rivolta alla intelligenza, una alla persona e la sua conclusione non deve essere mai: «cosa ho imparato?». Ma «cosa devo fare?». «La Parola di Dio deve apparire a ognuno come apertura ai propri problemi, una risposta alle proprie domande, un allargamento ai propri valori e insieme una soddisfazione alle proprie aspirazioni» (52). Nei restiamo ancora sconcertati di fronte a un ragazzo o a un adulto che non sa il « Padre nostro » o un’altra formula di preghiera, mentre non ci meravigliamo se un cristiano fa le sue scelte indipendenti dal Cristo: è nelle situazioni impegnative della vita che uno si rivela cristiano. Domandavo in questi giorni ai ragazzi delle elementari quando si ricordano di Gesù e mi hanno risposto che si ricordano quando pregano il mattino e la sera, quando vanno a Messa e al catechismo. Nessuno mi ha risposto che si ricorda di Gesù in qualche momento normale o difficile della sua vita. Questo ci dice come il Cristo sia fuori della loro vita. Gli atti di fede non sono quelli che si recitano a memoria, ma sono le azioni, le scelte che noi facciamo ricordandoci di essere cristiani, quindi impegnati a vivere come Gesù e con Gesù. Ora la catechesi ha appunto questo compito: portare l’individuo a fare questi atti di fede nella vita concreta.
don Giancarlo Bresciani
Da questa pagina voglio ringraziare i genitori che mi hanno accolto nelle case con i ragazzi per il catechismo. Ringrazio i miei ragazzi, che con entusiasmo si incontrano per scoprire la gioia di imparare a stare insieme. Li ringrazio per il bene che mi fanno con la loro spontaneità nel parlare e per l’amicizia che mi hanno dato. Tanti si chiederanno perché una mamma con tutti i suoi compiti abbia scelto anche quello di fare catechismo. La mia scelta l’ho fatta quasi per caso andando a curiosare una sera all’Oratorio: vi ho trovato un gruppo di persone che parlavano di catechesi, parola per me nuova. La curiosità a volte si paga. Volevo scoprire cosa voleva dire catechesi e ci sono riuscita, ma a caro prezzo. Devo dire ora. dopo un anno di incontri e riflessioni, che ho a-perto gli occhi come i ciechi di Gerico: anch’io non vedevo la vita nella giusta dimensione. Questo vedere la vita in modo nuovo comporta una continua ricerca del Cristo e una perdita della passata sicurezza di essere a posto, della tranquillità e del proprio comodo di quando ero cieca. Ora faccio anch’io catechesi, non perché abbia qualcosa da donare agli altri, ma soprattutto per cercare di scoprire con questi ragazzi un cammino di fede e un modo nuovo di amarsi e di stare insieme come persone con tutti i nostri difetti, accettandoci a vicenda e scoprendo sul volto di ognuno il volto di Gesù Cristo quasi dimenticato, per riuscire a creare una catena di umanità che non può essere se gli anelli non si congiungono tutti. Ringrazio anche tutte le mamme che hanno accettato l’invito di incontrarsi nelle case per incominciare a conoscerci meglio. Sono in molti ormai anche qui a! Carmine che sentono la necessità di una nuova comunità: tutti sentiamo il bisogno di conoscerci di più, di dividere le nostre esperienze con altri per imparare a vivere meglio. Dunque coraggio: apriamo le porte della nostra casa all’altro come persona con tutto quello che si porta con sé di bello e di brutto, incontriamoci con lui con sincerità, diamo vita a una nuova amicizia; impareremo così a vedere con occhi nuovi negli occhi degli altri, a saper cogliere quel richiamo di aiuto, a sapersi donare con spirito di carità e trovare così nell’incontro con l’altro il Cristo che abbiamo dimenticato. A costo di passare per « rompiscatole » io continuo a chiedervi di incontrarci e spero che molti altri sentano questa necessità di incontro per formare una comunità di stima e di fiducia.
Lidia Pesenti
don Giancarlo Bresciani
Da questa pagina voglio ringraziare i genitori che mi hanno accolto nelle case con i ragazzi per il catechismo. Ringrazio i miei ragazzi, che con entusiasmo si incontrano per scoprire la gioia di imparare a stare insieme. Li ringrazio per il bene che mi fanno con la loro spontaneità nel parlare e per l’amicizia che mi hanno dato. Tanti si chiederanno perché una mamma con tutti i suoi compiti abbia scelto anche quello di fare catechismo. La mia scelta l’ho fatta quasi per caso andando a curiosare una sera all’Oratorio: vi ho trovato un gruppo di persone che parlavano di catechesi, parola per me nuova. La curiosità a volte si paga. Volevo scoprire cosa voleva dire catechesi e ci sono riuscita, ma a caro prezzo. Devo dire ora. dopo un anno di incontri e riflessioni, che ho a-perto gli occhi come i ciechi di Gerico: anch’io non vedevo la vita nella giusta dimensione. Questo vedere la vita in modo nuovo comporta una continua ricerca del Cristo e una perdita della passata sicurezza di essere a posto, della tranquillità e del proprio comodo di quando ero cieca. Ora faccio anch’io catechesi, non perché abbia qualcosa da donare agli altri, ma soprattutto per cercare di scoprire con questi ragazzi un cammino di fede e un modo nuovo di amarsi e di stare insieme come persone con tutti i nostri difetti, accettandoci a vicenda e scoprendo sul volto di ognuno il volto di Gesù Cristo quasi dimenticato, per riuscire a creare una catena di umanità che non può essere se gli anelli non si congiungono tutti. Ringrazio anche tutte le mamme che hanno accettato l’invito di incontrarsi nelle case per incominciare a conoscerci meglio. Sono in molti ormai anche qui a! Carmine che sentono la necessità di una nuova comunità: tutti sentiamo il bisogno di conoscerci di più, di dividere le nostre esperienze con altri per imparare a vivere meglio. Dunque coraggio: apriamo le porte della nostra casa all’altro come persona con tutto quello che si porta con sé di bello e di brutto, incontriamoci con lui con sincerità, diamo vita a una nuova amicizia; impareremo così a vedere con occhi nuovi negli occhi degli altri, a saper cogliere quel richiamo di aiuto, a sapersi donare con spirito di carità e trovare così nell’incontro con l’altro il Cristo che abbiamo dimenticato. A costo di passare per « rompiscatole » io continuo a chiedervi di incontrarci e spero che molti altri sentano questa necessità di incontro per formare una comunità di stima e di fiducia.
Lidia Pesenti
RIFLESSIONE SU DI UN’ESPERIENZA IN ATTO
Il tentativo che stiamo portando avanti in questi tempi con alcuni giovani di Zogno si può riassumere in una parola che viene usata molto spesso e da parecchie persone, ma che viene altrettanto spesso travisata: stiamo tentando di costruire la Chiesa. Non pretendiamo di fare grandi cose, tentiamo solo di formare una comunità, in cui ogni persona si senta veramente tale, non condizionata dalle altre o dall’ambiente esterno, in cui ogni persona possa esprimersi liberamente e parlare con persone che l’ascoltano. Dovremmo riuscire a fare del nostro incontro un momento di confronto personale con il Cristo, confronto che parta dalla nostra vita reale a scuola, a casa, in fabbrica, nella parrocchia. Nella misura in cui riusciremo a riconoscere realmente la presenza del Cristo in mezzo a noi, diventerà anche un momento che ci spinge a vivere sempre più coerentemente quello in cui. da tanto tempo, diciamo di credere: farà nascere in noi l’esigenza di una presenza più profonda nell’ambiente in cui viviamo. Tuttavia, più andiamo avanti in questo nostro tentativo, più ci accorgiamo della necessità che anche altri giovani si rendono disponibili a vivere con noi questa interessante esperienza. È finito il tempo in cui solo alcuni giovani potevano far parte di quella ristretta cerchia di persone che frequentava l’Oratorio. È ora che ci apriamo anche alle altre persone che non fanno par: del nostro «giro», continuando in questo modo, anche se ci diciamo cristiani, ricadiamo sempre nella stessa logica del mondo che condanniamo: non accettiamo le persone per quello che sono, ma per _ amici che frequentano o per quella che fanno. E’ questa la grande scoperta che abbiamo fatto e stiamo facendo in questi tempi; ci siamo accorti infatti che non stavamo formando una comunità aperta, ma un ghetto, in cui le persone si richiudevano sempre di più in se stesso
Fabio Locatelli
Fabio Locatelli
INCONTRO DI CATECHESI PER GENITORI
In base a quanto è stato presentato nel piano pastorale parrocchiale, quest’anno, al posto dei soliti incontri di genitori in base all’età dei figli, si propongono incontri di piccoli gruppi di genitori e in diversi giorni per dare la possibilità di partecipare a tutti coloro che lo vogliono. Sono stati incaricati i catechisti dei ragazzi di prendere contatto con i singoli genitori per sentire le loro disponibilità. Questi gruppi di genitori potranno trovarsi quando vorranno e affrontare i problemi che riterranno più utili. Noi proponiamo diverse occasioni: una sera o un pomeriggio durante la settimana, il sabato pomeriggio, la domenica. Dovremmo però sapere prima di iniziare quali genitori sono disposti a venire in questi vari momenti. Qui si parla di genitori e non solo di mamme: sarebbe molto importante che anche i papà incominciassero a partecipare a questi incontri, perché l’educazione non è compito solo delle mamme. Un tentativo del genere è già stato iniziato al Carmine: ci auguriamo che questi incontri abbiano a cresce sempre di più.