2003
IL NATALE
richiede vita realizzata
Per paura dell’oscurità dei cieli chiusi e pesanti, molti di noi si rinchiudono nella gestione del proprio piccolo mondo “divino”: fatto di pratiche e di abitudini, di cataloghi di opere buone e di generosi propositi. Occorre dare smalto ai doni ricevuti, “riscuotersi” dal torpore, vivere responsabilmente nella “casa”, assumendo la gestione del presente in modo che in esso già fiorisca il futuro che attendiamo. Ha scritto il teologo Paul Tillich: “Non è facile annunciare Dio ai bambini e ai pagani, agli scettici e agli anticlericali, facendo loro comprendere nello stesso tempo che neppure noi possediamo Dio, che anche noi lo aspettiamo. Sono convinto che la ribellione al cristianesimo deriva in gran parte dalla pretesa, consapevole o confusa, dei cristiani di possedere Dio, e dalla perdita della dimensione dell’attesa, così viva nei profeti e negli apostoli”. Veramente il mezzo migliore per conoscere Dio e andargli incontro è quello di non averlo, ma desiderarlo con ardente sete, andare cercandolo, scrutando nei segni e nei suoni la sua voce e il suo “venire incontro”. Carissimi, il NATALE ci ha comunicato la passione di Dio per tutti gli uomini. Ci ha chiamato a scoprire il dono ricevuto e l’impegno che ci è offerto in quel dono: l’impegno di realizzare una vita degna di Dio per chi ci incontra, una vita offerta, donata, condivisa. Il piano pastorale del nostro Vescovo afferma che i poveri li abbiamo sempre con noi e che sono un dono perché in essi incontriamo Lui e possiamo incontrare meglio anche noi stessi. La nostra vita così frenetica ci permette troppo poco di fermarci a riflettere e allora rischiamo di lasciarci travolgere dalle iniziative senza metterci l’anima, il cuore, la vita. Telethon ci ha ricordato che ci sono le ricerche, che per aiutare a combattere le malattie bisogna conoscere da dove sono originate, quali sono le cause: i nostri ricercatori ogni tanto battono il tamburo, fanno sapere al mondo intero di aver fatto qualche piccolo passo avanti, perché hanno intravisto qualcosa di come si comporta un gene, di come interagiscono alcune cellule, del perché i neuroni hanno quei comportamenti, ma se li ascoltiamo con attenzione il leit motiv più ricorrente è: abbiamo conosciuto qualcosa, ma ci manca ancora molto, sono ancora moltissimi i lati oscuri, di fronte ai quali siamo disarmati. L’uomo si accorge sempre più che Dio ci ha fatti così grandi così belli, così perfetti e nello stesso tempo così fragili e ha messo in noi tutta la sua bellezza e grandezza che noi non riusciamo a riconoscere, a vedere, a immaginare e quindi ad accogliere. Sono convinto che se vogliamo, se ci mettiamo tutto il nostro genio a ricercare le cause delle malattie riusciamo a debellarle, solo che spendiamo molto di più del nostro genio a costruire aggeggi che distruggono, che non aiutano l’uomo ad essere più vicino al progetto originario del suo Creatore che lo ha fatto a sua immagine e somiglianza. Sono convinto che possiamo costruire qualcosa di bello e di grande solo che lo vogliamo e lo vogliamo, insieme. Nel mese di gennaio l’impegno è quello dell’unità. Vivremo la settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani (18-25), le feste della sacra famiglia a Carubbo, la festa di S. Antonio a Piazza Martina e di S. Sebastiano e la festa di S. Giovanni Bosco in Oratorio. Sono quattro realtà che ci uniscono intorno ad impegni di tutta la Chiesa Universale e di gruppi di famiglie della Comunità. Essere Comunità di credenti ci aiuta ad allargare il cuore per l’universo intero senza dimenticare le realtà piccole che formano la grande famiglia della Comunità Parrocchiale. L’oratorio poi è il luogo privilegiato dell’educazione dei giovani e in cui i genitori sono invitati ad essere protagonisti dell’educazione. Ritroviamoci con gioia per capire uno stile cristiano nell’educazione e per viverlo in famiglia e in ogni circostanza.
Buon lavoro a tutti
Angelo prete
Buon lavoro a tutti
Angelo prete
Quando la festa
è finita...
Carissimi amici di Zogno, il passaggio dalle Solennità all’ordinarietà nella liturgia e nella vita quotidiana è semplice, come il tempo che passa. Sta a noi illuminare ogni passo. Se la Parola continua a essere centro di ricerca, la Messa diventa il luogo dell’incontro della Comunità in cammino, la catechesi acquista maggior vigore e il vivere in famiglia diventa catechesi, crescita nell’amore reciproco. In questo tempo i nostri ragazzi ritrovano i banchi di scuola, riprendono la loro catechesi: i catechisti ricominciano la loro formazione, i genitori sono chiamati di nuovo a uscire dalle loro case e a mettersi in ascolto e in ricerca (la catechesi degli adulti non è un’utopia, ma una necessità, un bene, un dovere, un dono grandissimo): l’oratorio si anima di nuovo e non solo per il divertimento. La festa dell’Oratorio è festa dell’educazione, dei giovani, del futuro della Comunità: e mentre scrivo è in via di preparazione. Ci si appoggia al patrono dell’oratorio per imparare nuove strade, per rileggere le occasioni, i motivi di incontro e di approfondimento e di scelte nuove. La passione del futuro deve sempre accompagnarci, tutti. Sono tante le persone che spendono tempo, idee, lavoro perché i ragazzi, i giovani si sentano a casa e imparino lo stile di chi crede, di chi ama, di chi si dona. Il nostro Oratorio deve sempre più diventare luogo di aggregazione, di incontro, di dialogo, di Chiesa? Nella catechesi degli adulti in questa settimana è nata una domanda: “C’è ancora qualcuno che aiuta i giovani a vivere la loro giornata come risposta a una chiamata?”. Si parla ancora di VOCAZIONE? Riescono i nostri genitori a dire che Cristo è importante anche nel mondo d’oggi, che vale la pena scegliere un futuro secondo il cuore di Dio? Sapete che mentre scrivo queste parole mi viene la pelle d’oca e mi sembra di parlare da vecchio di duecento anni fa! La vocazione riguarda solo i preti e le suore o tutti i credenti? E Dio, a che cosa ci chiama donandoci la Vita, il Battesimo, la Chiesa? In questo tempo di grande tecnologia, siamo ancora pronti a scoprire i doni di cui Dio riempie il nostro cuore e a condividerli con i fratelli? È passata un po’ in sordina la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E la catechesi degli adulti? Vale la pena? Ma come la si vive adesso a Zogno, è soltanto preparazione della messa della domenica e non mi sembra il caso di perdere tempo per questo. Certo ci sarebbe bisogno di una catechesi sistematica prendendo in mano il catechismo degli adulti: mi piacerebbe e non dico che non si arriverà anche a questo. Ma cominciamo a metterci in cammino con la Parola di Dio: cominciamo ad appassionarci alla PAROLA, poi approfondiremo anche le motivazioni pastorali e teologiche della Chiesa. Bisogna trovare il tempo, ma prima ci deve essere la convinzione che c’è estremo bisogno, che l’ignoranza sulla Parola, sulla Chiesa, sulla fede è gigantesca e noi siamo molto superficiali, sembriamo dei sapientoni, senza accorgerci che le provocazioni del mondo di oggi sono molto variegate e hanno bisogno di risposte pensate, approfondite, cercate e non raffazzonate così perché bisogna dire qualcosa. Cosa possiamo fare noi, pellegrini in questo mondo? Vivere l’amore di Cristo e dei fratelli e non adagiarci nel già fatto, nel già deciso, nelle persone che già ci pensano. E tu cosa ti metti a disposizione a vivere nella tua comunità? Non ti accorgi che puoi molto, che c’è sempre bisogno di te? E se la nostra risposta è che non sappiamo, che ci sono quelli più bravi, rendiamoci conto che abbiamo già gettato la spugna e abbiamo seguito l’onda del lasciar fare e del lasciar decidere agli altri ciò che dobbiamo essere noi.
Auguri e buon impegno
Angelo prete
Auguri e buon impegno
Angelo prete
Ci manca
la continuità…
È bello ritrovarsi a far festa... ma la festa va preparata, interiorizzata. Per esplodere ci deve essere una carica. Occorre riflettere, approfondire, accogliere, vivere quotidianamente ciò che si crede: allora diventa esplosiva la Festa, la Domenica. Solo se si interiorizza si fa festa, si supera lo stile dell’apparire, si comprende che l’uomo è immagine di Dio grande, perché grande è il cuore, non soltanto bello, sportivo, appariscente. Comprendiamo che l’educazione è cosa del cuore e riguarda il dono, il servizio, l’impegno. Non si cresce senza il sacrificio, la fatica, la lezione dell’amore, della croce.
...e l’impegno di servire. Così si fa la Chiesa.
ARRIVA LA QUARESIMA.
È il tempo dell’interiorizzazione, dell’approfondimento, del silenzio e della preghiera. La preghiera più ricorrente di questo periodo è la richiesta di perdono e la strada della croce (Via Crucis) ci aiuta a partecipare delle sofferenze di Cristo. Il colore è il viola. La preghiera il “Signore pietà”. La pietà popolare predilige la Via Crucis. Dio bussa continuamente alla nostra porta, ma non ci trova. Siamo sempre impegnati a fare altro e quando il dolore e la morte ci interpellano siamo spiazzati, boccheggianti, senza risposta. E la colpa... è di Dio (secondo noi).
Dove sei Signore? È il primo gradino per avvicinarci a Lui: ci fa capire di aver bisogno di Lui.
DIO HA TANTO AMATO IL MONDO...
L’amore si manifesta nel dono, nell’uscire da sé, nel mettere l’altro al primo, al “proprio” posto. Si ama se tutte le nostre energie si spendono per la felicità altrui. Amare è sconvolgere radicalmente le proprie abitudini, è impazzire di gioia e di passione. La passione di Dio è l’uomo, ogni uomo, soprattutto chi è lontano, chiuso al suo amore, imbronciato, arrabbiato con Lui e con il mondo intero, eliminato da tutti, fatto fuori, escluso: Dio sta dalla parte di chi nessuno accetta e vuole come amico... La Via Crucis quindi è la via della passione, della sofferenza, dell’incomprensione, dell’odio, dell’amore, del dono. Sappiamo che è l’unica strada percorribile per arrivare alla luce della Pasqua, della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte che ci tiene prigionieri, come ha tenuto prigioniero Lui fino al terzo giorno nel ventre della terra: Lui la luce, nelle tenebre, Lui Figlio di Dio, nella negazione di Dio, la morte: lui che ama ucciso dall’odio e dal rifiuto.
CARISSIMI, COME CI LASCIAMO INTERPELLARE DALLA PASSIONE DI CRISTO?
Come vivremo la sua Via Crucis nelle nostre strade? Come sapremo accogliere la lezione del Figlio che Dio ha trattato da peccato in nostro favore? Qualcuno può essere tentato di scrollarsi di dosso questi argomenti come elucubrazioni filosofiche di chi non ha niente da fare: possiamo anche ridere della nostra storia. Ma non possiamo mettere da parte e passare sotto silenzio la nostra partecipazione alla passione di Cristo. Lui è il dono inutile se non lo prendiamo sul serio, il profumo sprecato se non ci sentiamo di dare risposta alla sua chiamata, alla sua presenza in mezzo a noi, al grido di tanti fratelli e sorelle che desiderano vivere nella pace, ma non possono; avere una vita decente, ma non ce la fanno, essere uomini e donne liberi, ma non ne hanno l’opportunità. E noi dove eravamo?
Buona Pasqua
Angelo prete
...e l’impegno di servire. Così si fa la Chiesa.
ARRIVA LA QUARESIMA.
È il tempo dell’interiorizzazione, dell’approfondimento, del silenzio e della preghiera. La preghiera più ricorrente di questo periodo è la richiesta di perdono e la strada della croce (Via Crucis) ci aiuta a partecipare delle sofferenze di Cristo. Il colore è il viola. La preghiera il “Signore pietà”. La pietà popolare predilige la Via Crucis. Dio bussa continuamente alla nostra porta, ma non ci trova. Siamo sempre impegnati a fare altro e quando il dolore e la morte ci interpellano siamo spiazzati, boccheggianti, senza risposta. E la colpa... è di Dio (secondo noi).
Dove sei Signore? È il primo gradino per avvicinarci a Lui: ci fa capire di aver bisogno di Lui.
DIO HA TANTO AMATO IL MONDO...
L’amore si manifesta nel dono, nell’uscire da sé, nel mettere l’altro al primo, al “proprio” posto. Si ama se tutte le nostre energie si spendono per la felicità altrui. Amare è sconvolgere radicalmente le proprie abitudini, è impazzire di gioia e di passione. La passione di Dio è l’uomo, ogni uomo, soprattutto chi è lontano, chiuso al suo amore, imbronciato, arrabbiato con Lui e con il mondo intero, eliminato da tutti, fatto fuori, escluso: Dio sta dalla parte di chi nessuno accetta e vuole come amico... La Via Crucis quindi è la via della passione, della sofferenza, dell’incomprensione, dell’odio, dell’amore, del dono. Sappiamo che è l’unica strada percorribile per arrivare alla luce della Pasqua, della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte che ci tiene prigionieri, come ha tenuto prigioniero Lui fino al terzo giorno nel ventre della terra: Lui la luce, nelle tenebre, Lui Figlio di Dio, nella negazione di Dio, la morte: lui che ama ucciso dall’odio e dal rifiuto.
CARISSIMI, COME CI LASCIAMO INTERPELLARE DALLA PASSIONE DI CRISTO?
Come vivremo la sua Via Crucis nelle nostre strade? Come sapremo accogliere la lezione del Figlio che Dio ha trattato da peccato in nostro favore? Qualcuno può essere tentato di scrollarsi di dosso questi argomenti come elucubrazioni filosofiche di chi non ha niente da fare: possiamo anche ridere della nostra storia. Ma non possiamo mettere da parte e passare sotto silenzio la nostra partecipazione alla passione di Cristo. Lui è il dono inutile se non lo prendiamo sul serio, il profumo sprecato se non ci sentiamo di dare risposta alla sua chiamata, alla sua presenza in mezzo a noi, al grido di tanti fratelli e sorelle che desiderano vivere nella pace, ma non possono; avere una vita decente, ma non ce la fanno, essere uomini e donne liberi, ma non ne hanno l’opportunità. E noi dove eravamo?
Buona Pasqua
Angelo prete
In cammino...
non fermi, statici, abitudinari
Che cosa significa avere continuità, mi ha chiesto qualcuno vedendo il titolo del mio scritto su Zogno Notizie di marzo. Potevo anche dire: Cosa ho detto nel mio articolo? Si vede che forse non sono stato poi così chiaro come mi sembrava. Occorre che ci sentiamo in cammino, insieme, verso la meta che il Signore ci ha indicato e ci indica continuamente. In cammino... non fermi, statici, abitudinari. Dobbiamo seguire e scegliere la novità di Dio, scoprendo che Dio è sempre un passo più avanti, è sempre e di nuovo a dirci il suo amore misericordioso. Ed è un amore che riguarda la vita non le sacre rappresentazioni, non qualche momento della nostra settimana che si chiama “Messa”. Abbiamo però l’abitudine di cercare gli sconti, di non pensare alla celebrazione, ma al tempo che ci toglie per altro e allora andiamo alla ricerca della Messa più corta (non interessa se è nella nostra comunità o in un’altra, se comprendiamo quello che viviamo o se ci comunica qualcosa. Conta che passi in fretta). Quanta gente va alla ricerca del prete sprint, vuole solo soddisfare il “precetto festivo” e non si accorge che non porta a casa niente e non cambia niente nella sua vita. Insieme... mai la risposta ad una chiamata riguarda un essere solo! Siamo da sempre inseriti in un contesto comunitario. È la realtà più bella (Famiglia, Comunità, Gruppo, Chiesa), ma la più difficile da realizzare in pienezza. Ci si accorge sempre di quello che divide, di chi si allontana o viene allontanato, di chi non ce la fa a seguire il cammino, di chi abbandona o viene abbandonato. Fossimo sempre pronti a dare la mano a chi abbiamo accanto! La Quaresima di quest’anno ci invita a sprecare il nostro tempo per gli altri. Ci invita ad essere dono, regalo senza misura. Quel profumo preziosissimo sprecato da Maria Maddalena per versarlo sul capo di Gesù è segno del dono che la Chiesa, il credente, ogni battezzato, deve mettere a disposizione di Cristo che abita nel fratello. Quel profumo è segno della passione che ci prende quando ci sentiamo amati, quando vogliamo imparare ad amare sul serio e smettiamo di considerare l’essere Chiesa lontano dal credere, come un appartenere abitudinariamente a un gruppo. “Non c’è amore più grande di chi sa dare la sua vita per i fratelli”. È l’amore di Dio per noi! E il nostro? Saremo pronti a cantare insieme l’alleluia senza escludere nessuno? Sarà, il nostro, un canto comunitario? La nostra voce si amalgamerà perfettamente con quella degli altri o vivremo una cacofonia? Alleluia allora, fratelli, Cristo risorge per darci la VITA, non una vita qualunque, piena di guai e di incomprensioni, ma la sua, la VITA piena, la GIOIA piena. Che responsabilità per la Chiesa, per la nostra Chiesa. Chi può dire che comunichiamo questa gioia, questa vita? La Pasqua porterà in noi la certezza che Dio continua ad agire nella nostra vita, è vivo e partecipa attivamente alla nostra storia se noi apriamo i nostri orizzonti e viviamo della sua stessa vita, ragioniamo come Lui, scegliamo come Lui, incontriamo come Lui: diamo valore alle persone come Lui. Non c’è liturgia senza testimonianza della carità di Dio per ogni uomo. La Pasqua porti in ognuno di noi questa mentalità nuova: lo stile dei primi cristiani che, illuminati dallo spirito si volevano davvero bene non solo a parole.
Auguri
Angelo prete
Auguri
Angelo prete
Pasqua di Resurrezione
Cristo è Risorto – Alleluia
La Quaresima termina con un’esplosione di gioia. Cristo non è morto, ma è vivo: crediamo noi che la parola definitiva, ultima su tutti noi non sarà la morte. Ma la vita? Crediamo noi che tutto quello che compiamo, sentiamo, sperimentiamo, comunichiamo non finisce nel dimenticatoio, ma rimane per sempre? "Allora bisogna stare molto attenti a quello che si dice”, mi fa osservare un bambino, “perché se quello che dico adesso non finisce nella discarica, ma risuona eternamente nel cuore di Dio, devo imparare a buttar fuori solo quello che vale, quello che costruisce, quello che aiuta, quello che unisce!”. Che grossa responsabilità, allora, il Signore ha messo nelle nostre mani! Già mi trovo in difficoltà a dire parole che durino un giorno, che esprimano i sentimenti e le certezze di oggi e, forse, di domani, e devo stare attento a come sono, a chi sono perché nella mente di Dio c’è tutta la mia esistenza insignificante! Dio ci fa figli nel Figlio, partecipi della sua gloria e nessuno è escluso dal suo banchetto, nessuno può dire che è emarginato, escluso, scardinato. Il sangue del Cristo ci lava e ci purifica, ci rende capaci di grandi progetti e grandi realizzazioni... con il suo aiuto. E la Pasqua ci conduce al Mese di Maria, della Mamma che è accanto al Figlio e ai Figli. Il Papa ha dedicato questo anno al S. Rosario e ci ha donato cinque nuovi misteri da meditare mentre sgranocchiamo i grani della corona: i Misteri della Luce. C'è da dire che questa preghiera, il Rosario, è caduto in disuso, forse per la sua ripetitività (ma tutto oggi è ripetitivo, anche per far ridere si continua a ripetere un certo termine fino alla nausea e noi... ridiamo): il difetto si vive solo nella preghiera? Si è ripetitivi se non si è riflessivi. I misteri ci stanno proprio per questo: per aiutarci a rivolgere le parole e la mente al centro del mistero che è Cristo. E i misteri della Luce ci presentano il Cristo che è battezzato [1° mistero] (obbligandoci a vedere il suo modo di agire e la nostra risposta al battesimo), le nozze di Cana in cui si vive la dimensione del dono e dell’ora di Cristo non più rimandata e presentata nella gioia delle nozze e del convito nuziale al quale tutti siamo invitati [2° mistero], i segni e le parabole ci presentano il Regno di Dio realizzato in Cristo [3° mistero], il Cristo trasfigurato ci mostra il vero volto di Dio che sarà da riconoscere anche nel volto sfigurato del Calvario [4° mistero], e l’Eucaristia che è il centro della Chiesa, fonte e culmine della celebrazione dei credenti, luogo privilegiato dell’incontro con Colui che è la nostra salvezza [5° mistero]. Carissimi fratelli prendiamo seriamente a cuore la preghiera personale e familiare e comunitaria: solo se ci colleghiamo con Cristo capiremo chi siamo, quali le scelte da compiere per far incontrare Lui con la nostra vita e che cosa vale la pena vivere e comunicare alle nuove generazioni. Maggio sarà anche il mese dei Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, punto di arrivo del lavoro catechistico di quest’anno e luogo di ripartenza per riconoscere il bisogno di nutrimento e di incontro con il Signore per imparare a vivere da credenti oggi. Si vivono tante fatiche e scoperte di generosità in questi tempi nella catechesi. Si muovono un po’ i genitori, ma si vorrebbe che fossero più numerosi e più fedeli. Ripetiamo da parecchio tempo che i primi educatori alla fede sono loro, ma si percepiscono tanti disagi e soprattutto, arrivati al momento del sacramento ci si accorge dei vuoti, delle carenze, delle impreparazioni. Occorre che tutta la Comunità si faccia carico dell’impegno dell’annuncio. Occorre, non bisogna sempre rimandare e demandare il grande compito della formazione degli adulti per vivere insieme, al meglio, la gioia dell’incontro con Cristo Luce e Salvezza. Stiamo attenti a non rimandare sempre questi temi: sono fondamentali per una comunità in cammino e non sono solo del don Angelo, del don Paolo e dei catechisti, ma di tutti.
Buona Pasqua da vivere, auguri a tutte le mamme, che la vita risorga in ognuno
Angelo prete
Buona Pasqua da vivere, auguri a tutte le mamme, che la vita risorga in ognuno
Angelo prete
Dalla malinconia
alla gioia…
Potremmo dire che “dalla malinconia alla gioia...” è quello che capita ai primi cristiani quando si accorgono che le notizie - prima frammentarie, a singhiozzo, poco convinte e poi invece sempre più rassicuranti e insistenti sul fatto che Gesù è risorto, vivo, presente e continua a incontrare la Comunità degli UNDICI, con qualche altra persona, chiedendo fiducia e mostrando i segni della passione - erano vere e degne di essere divulgate e raccontate. Il passaggio dal pianto per un defunto, dal ricordo di quello che ha detto e fatto solo per tirarsi su di morale e tenersi un po' di compagnia al dirsi con chiarezza che la Comunità si fonda su Cristo vivente e partecipe della storia umana. Lui, Gesù Cristo che continua, oggi, a chiamare tutti alla sua stessa vita è l’impegno di tutta la vita di chi vuole veramente impegnarsi a credere. È facile dire che Cristo è risorto: il difficile è applicarlo alla nostra vita, credere che stiamo camminando tutti, se crediamo, verso la risurrezione, verso la vita. E questo credere cambia l’approccio a qualsiasi avvenimento, ti fa accettare anche i momenti più duri e impegnativi della giornata terrena. L’accorgersi che è vero quello che si è solo sussurrato all’inizio, che deve essere la notizia non solo del giorno, ma di tutti i giorni ci fa passare dalla malinconia (dalla convinzione che non c’è nulla da fare perché l’uomo è peccatore, sbaglia sempre e continuerà ad esserlo in eterno), alla fede che in Gesù Cristo l’uomo è santo, figlio e si può comportare da figlio e da fratello. Carissimi, vi ho fatto questo discorso che sembra contorto, ma lo è, per dirvi, o almeno tentare di dirvi, che il centro del nostro essere Chiesa viene dalla Pasqua di Gesù e dalla Pasqua vissuta da noi in Gesù. Non è sufficiente che sia risorto Gesù, occorre che risorgiamo anche noi, che cambiamo vita, che ci immergiamo seriamente nella sua morte per risorgere con Lui a vita nuova. Trovandoci una sera con don Claudio il piccolo gruppo che sta impegnandosi a fondare la Caritas parrocchiale ci siamo sentiti dire che: “La prima forma di Caritas parrocchiale è l’andare d’accordo nelle Comunità Parrocchiali”: l’inizio della Caritas è il volerci bene tra di noi: e qui c’è ancora da lavorare moltissimo. Quanta gente non va a Messa perché non vede di buon occhio il sacerdote che celebra, oppure cerca la messa con il suo prete? Se anche in chiesa facciamo i partiti! È forse don Angelo che è morto in croce per voi? O qualsiasi altro sacerdote? No è Gesù Cristo, ed è Lui la Chiesa e solo uniti a Lui saremo la sua Chiesa! Siamo a giugno e viviamo le ultime settimane del tempo pasquale con le grandi festività della Pentecoste, Ascensione, Trinità e Corpus Domini, e la nostra mente è già alle ferie. Ricordiamoci che non si va mai in ferie dall’essere cristiani. Non può uno che vive la Messa mettersi a bestemmiare sul bagnasciuga perché così fan tutti, tradire la moglie o il marito perché è lo sport dell’estate, dimenticarsi di essere credente solo perché non è più sotto l’occhio vigile della sua mamma, del catechista o degli amici. Se così fosse vorrebbe dire che noi siamo cristiani perché sotto stretta osservanza, non liberi, non convinti. Anzi sono persuaso che il tempo delle vacanze è la palestra più originale e utile per vedere se siamo veramente cristiani convinti, giovani e adulti che siamo. E i sacramenti dell’iniziazione cristiani si sono celebrati. Ho notato un rinnovato interesse da parte di alcuni genitori: spero che diventino tutti e che tutti ci sentiamo sempre responsabili attivamente dell’annuncio di Cristo e dell’aiuto alle giovani generazioni per incontrarlo nel modo migliore.
Angelo prete
Angelo prete
Prepariamoci alla festa
del nostro Patrono San Lorenzo
Aiutati dalla sua testimonianza (martire vuol dire testimone) vogliamo quest’anno imparare a m a vivere la carità. Vogliamo perciò sottolineare in modo particolare il suo essere testimone della carità nella Chiesa di Roma del Papa Sisto II, lui che era diacono. Ai nostri tempi i nomi dicono poco, differenziano soltanto in alcune funzioni, dicono qualcosa. Allora dicevano la vita. Quando Gesù cambia il nome a Simone e lo chiama Pietra esprime che il suo ruolo è quello di essere alla base, nella fondamenta della Chiesa, segno della Pietra angolare scartata da tutti, ma scelta e preziosa davanti a Dio che è Cristo. Il diacono è colui che si mette a servizio, che trova la sua espressione più vera, più completa, il senso della sua esistenza ecclesiale nel servire Dio nei fratelli. Lo scorso 22 giugno, Festa del Corpus Domini, abbiamo presentato alla Comunità la volontà espressa dal Consiglio Pastorale Parrocchiale di costituire la Caritas Parrocchiale, cioè il gruppo di coordinamento di tutte le forze, i gruppi le persone e di sensibilizzare tutta la comunità zognese sul tema della carità. S. Lorenzo, proprio per quello che è e quello che ha fatto, è l’esempio per tutta la comunità zognese di questo fatto: che tutti i cristiani devono vivere la carità ogni giorno, in ogni circostanza, in ogni ambiente, non possono mai tirarsi indietro di fronte a un fratello in difficoltà, non possono lavarsi le mani di fronte a qualcuno che ha bisogno. S. Lorenzo ci ricorda che costituire la Caritas parrocchiale non ci toglie l’impegno personale di vivere la carità, ma ci stimola a viverla insieme, ci aiuta a scoprire le esigenze più profonde, a non dare risposte inadeguate, che lasciano le cose come stanno, che non fanno crescere, che non aiutano a far emergere la grandezza umana e la somiglianza con Dio di ogni fratello. Il primo compito della carità quindi è quel: di dar valore, capire, aiutare, sostenere, mettersi accanto, valorizzare i fratelli: non ragionar quindi in termini di contrapposizione, di in comprensione, di inimicizia (una comunità che non va d’accordo non comunica la carità di Cristo, non è segno del suo amore, è sfasata, fuori linea, manca il bersaglio, non è comunità credente), ma di comunione, di sostegno reciproco e di servizio. C’è allora da cambiare la nostra mentalità. Di solito di fronte a chi ci chiede un aiuto ci mostriamo titubanti, impauriti, pieni di dubbi senza fiducia: il nostro atteggiamento è quelle del ricco che si arrocca a difesa. S. Lorenzo di fronte all’imperatore che, sapendolo distributore dei beni della Chiesa di Roma ai poveri, gli aveva ordinato di consegna re i beni della Chiesa, conduce e raduno i poveri e li presenta come la ricchezza della Chiesa. Abbiamo bisogno di cambiare mentalità, poveri ci aiutano ad orientare la nostra vita, le nostre scelte secondo il cuore di Dio: la Caritàs Parrocchiale ha il compito di farci cambiare stile, di indirizzare le scelte, di aiutarci a scoprire le risposte giuste, di Chiesa, non da singoli, ma da comunità ai bisogni dei fratelli. Qualcuno di fronte a questa insistenza del nostro vescovo a fondare la Caritas parrocchiale può essere tentato di rispondere che le persone che hanno dato tempo, denaro e la vita agli altri ci sono sempre state nella Chiesa bergamasca. È vero: anche a Zogno c'è sempre stata la Caritas anche se non si chiamava così. Non è certo questione di nomi o fondazioni che lasciano il tempo che trovano. Oggi si insiste sul coordinamento e soprattutto sul fatto che i cristiani, i laici prendano l’iniziativa, si sentano responsabili a pieno titolo della carità vissuta come chiesa, come comunità ecclesiale in collaborazione con i sacerdoti.
Angelo prete
Angelo prete
San Lorenzo: la festa
di tutta la comunità zognese
Festà è gioia, è condivisione (senza escludere nessuno), proprio di tutti, anche di chi non si apre, non la sente, ha scelto di non viverla. Lorenzo è il nostro patrono e tutti gli anni ci raduniamo per imparare da Lui a vivere la nostra fede oggi, per scoprire, se possibile, nuove strade da percorrere per incontrare e far incontrare Cristo, per vivere il nostro compito di cristiani: dire la buona notizia al mondo intero, la buona notizia che Dio è Padre, ci ama, ama tutti gli uomini, senza esclusioni e noi non possiamo vivere la nostra fede costruendo muri, ma aprendo strade, incontrando, non chiudendo. Siamo chiamati a confrontarci con chi è stato scelto come segno-simbolo di tutti: un giovane diacono, pieno di fede che con coraggio annuncia Cristo con il servizio e la carità propria del battezzato. È martire Lorenzo, cioè testimone, che ci dice, chiaramente, con la vita, che la fede è più importante anche della stessa vita. Abbiamo scelto di fare riferimento a Lui perché ci insegni a vivere la fede oggi come l’ha vissuta lui e come l’ha testimoniata lui, senza tentennamenti, senza fughe e senza dubbi. Abbiamo scelto - in questo anno dedicato alla carità, alla scoperta del profumo con cui dobbiamo abbellire, addolcire, rendere più umana e vivibile la vita di tutti - di dare inizio al gruppo caritas parrocchiale, gruppo di coordinamento per aiutare tutti a vivere la carità propria del credente, come il nostro patrono che, come Diacono, cioè servo, schiavo, a disposizione di tutti soprattutto di chi ha più bisogno ha comunicato il Cristo nel servizio ai poveri. Chi sono i poveri nella nostra comunità? Ci sono? Il primo compito del costituendo gruppo è proprio quello di leggere la realtà, di aprire gli occhi sui bisogni reali per poi coordinare le risposte dei singoli e dei gruppi, delle associazioni per dare risposte vere, non mettere solo toppe che chiudono la falla, ma non risolvono il problema. Qualcuno ha continuato a dirmi che abbiamo fatto questa scelta per apparire sui giornali, per far dire qualcosa e scrivere ai giornalisti perché la caritas c’è da sempre a Zogno, solo che si è sfaldata, che non c’è più coordinamento, non ci sono più punti di riferimento. Ho risposto che le risposte caritative ai bisogni ci sono state in tutti questi anni, quindi la caritas c’è da sempre a Zogno, lo so. Ma bisogna che ci si raduni, ci si coordini, ci si senta insieme per dare risposte che non sono legate solo a una persona o a un gruppo, ma a tutta la comunità. È un’utopia? Si se ci si fida solo delle nostre forze, se ci si ferma solo a quello che si è già sperimentato, se nessuno si lascia permeare dallo Spirito del Signore. Tante persone si chiudono in se stesse convinte che non valga la pena mettersi a servizio (si ricevono solo critiche, si vedono solo gli errori, ci si trova al centro dell’attenzione e basta un atteggiamento sbagliato che sei squalificato). Il primo impegno della Comunità Cristiana, è quello di essere credibile, cioè di non dire carità senza sperimentarla, senza viverla. Non ci può essere amore verso gli altri se non c’è amore all’interno della Comunità. Penso che questo sia il nostro primo obiettivo: ho detto nostro, non solo mio, di tutti, non solo di qualcuno. Basta che la comunità escluda una persona che non è più comunità cristiana: basta che non si tenti in tutti i modi di accogliere tutti che non si è già più comunità cristiana. Bisogna partire da qui, se si vuole vivere in un contesto di amore reciproco, che è il vero compito della Caritas Parrocchiale. Non si può poi essere capaci di andare incontro a chi ha bisogno se non ci si incontra tra di noi. Fare festa del Patrono ci fa ritrovare attorno a colui che è simbolo della Comunità e che ci indirizza continuamente al centro che è Cristo: può essere e deve essere il momento della decisione comune di un impegno sempre più vivo e concreto a vivere tutti nell’amore di Cristo condiviso.
Buona festa a tutti
Angelo prete
Buona festa a tutti
Angelo prete
OTTOBRE
tempo di ricominciare
Si torna alle occupazioni solite, che qualcuno non ha mai abbandonato; non ci sentiremo più raccontare di rientro di massa, di milioni di auto guidate verso le città con a bordo vacanzieri storditi dal sole e dal rumore, ma felici di aver goduto di tempo libero, da trascorrere nelle occupazioni più piacevoli. Si torna al Consiglio Pastorale, alla Messa della Comunità, alla Catechesi dei ragazzi e degli adulti e a tutto quanto costruisce il nostro stare insieme da credenti. Spero proprio che non ci siamo dimenticati mai della nostra comunità parrocchiale, che ce la siamo portata nel cuore durante il riposo e il divertimento, che, cioè, abbiamo vissuto riposo e divertimento con la passione della comunità, con l’impegno di crescere in età, sapienza e grazia proprio per aiutarci vicendevolmente a costruire, formare e fondare lo stare insieme su basi solide, sicure, che non crollano pur in mezzo ai pericoli e alle difficoltà. Mettiamo da parte la nostalgia del tempo libero, del dolce far niente e rimbocchiamoci le maniche per aiutarci a stare insieme nel modo migliore, guidati dalla fede nel Signore. Il piano pastorale che il nostro Vescovo ci offre quest’anno ci invita a esaminare con attenzione ciò che facciamo per comunicare la fede e per far sì che la fede non sia solo raccontata, detta a parole, ma vissuta e comunicata soprattutto con le opere, con la vita. Saremo invitati a domandarci, nelle situazioni in cui ci troviamo (famiglia, Oratorio, Chiesa, scuola, lavoro, bar. Piazza ecc.) come sappiamo comunicare la fede, come ci preoccupiamo di aiutare chi incontriamo ad accorgersi che è importante credere, che è basilare credere, che è essenziale; che non si può vivere senza credere. Dobbiamo raccoglierci tutti insieme e non continuare a piangerci addosso parlando continuamente della crisi delle vocazioni, dei matrimoni, della difficoltà ad aiutare le giovani generazioni a lasciarsi guidare da Cristo e a dare spazio alla comunità nelle loro scelte di fondo. Dobbiamo smettere di dare la colpa alla società, agli altri, ma imparare a leggere nel profondo la nostra situazione e cercare il modo giusto di far incontrare le persone (non soltanto i giovani c i ragazzi - la crisi infatti coinvolge in modo particolare le età di mezzo e anche gli anziani) con Cristo, non per lasciarlo in Chiesa, ma per portarlo nel cuore e vivere di Lui e con Lui. È il grande problema della Iniziazione Cristiana. Saremo invitati tutti a dare risposte: genitori, educatori, catechisti, comunità ecclesiale: tutti siamo responsabili del comunicare la fede. Lo siamo davvero? Lo vogliamo essere in modo nuovo? È la sfida di questo nuovo anno. Ma il nostro radunarci deve aiutarci ad aprire cuore e mente al l’allargamento dei confini: non c’è solo la nostra Parrocchia, c’è il Vicariato, la Diocesi, la Chiesa Universale: dobbiamo imparare ad uscire dal nostro guscio e ragionare in grande perché è il tempo delle scelte da persone adulte, da grandi che ci credono e non vogliono perdere l’occasione che la storia offre di costruire un mondo più giusto e più unito. Non mettiamo da parte le scelte che abbiamo intrapreso: la neonata Caritas Parrocchiale ha bisogno di radici e di fondamenta. Anche in questo il Consiglio Pastorale avrà da lavorare.
Auguri a tutti e ben ritrovati.
Angelo prete
Auguri a tutti e ben ritrovati.
Angelo prete
Tempo di impegno
e di gioia dell'incontro
Comincia la catechesi e ci sono le prime sorprese: i ragazzi di seconda media non permettono alla catechista di parlare (per 45 minuti) e alla domanda: “Cosa siete venuti a fare?”, uno di loro risponde: “A far baccano”... Comincia la catechesi degli adulti e ci si ritrova con meno persone (ma è il rodaggio - prova a invitare a una cena e che sia gratis e vedi se c’è bisogno del rodaggio)... Ci si ritrova a vivere la Messa domenicale e si scoprono sempre più vuoti, la messa della sera ogni giorno è disertata (quasi quasi mi vien voglia di toglierla), e mi domando: “Ma è questa la parrocchia?”. Ci sono tanti catechisti (soprattutto catechiste) che si trovano “gioiosamente” a comunicare la fede ai nostri ragazzi e poi i ragazzi il tempo di partecipare alla messa domenicale non lo trovano mai perché gli impegni sono così stressanti che devono dormire fino a mezzogiorno, o hanno la partita, o devono andare a sciare, o devono stare in famiglia ecc... Carissimi zognesi, siete convinti che stia descrivendo la nostra parrocchia o stia parlando di una parrocchia del sud del mondo? Cosa dobbiamo fare? Prima di tutto appassionarci alla nostra fede, tutti, genitori e figli, adulti e giovani, anziani e ragazzi: tutti dobbiamo chiederci se ci crediamo davvero in Gesù Cristo, se essere cristiani ci riguarda sempre, anche sul posto di lavoro, quando siamo al bar, quando ci ritroviamo in famiglia, in discoteca e di fronte alle proposte di questo mondo... È ora di rimboccarci le maniche tutti e di domandarci che cosa andiamo in chiesa a fare se di fronte a un’offesa seguiamo sempre l’istinto e rispondiamo con un’altra, se quando ci vien voglia di fregare gli altri non ci chiediamo neanche se sia giusto o meno (tanto lo fanno tutti), se di fronte alle proposte televisive non ci passa neanche nell’anticamera del cervello se dobbiamo scegliere quello che ci fa crescere (qualsiasi proposta è buona soprattutto se è allettante) anche se costa? E poi rimaniamo sorpresi se troviamo gli integralisti che danno la vita per gli ideali per cui combattono! Perché c’è qualcuno che sa sacrificarsi per quello in cui crede e noi troviamo tutte le scuse per seguire le nostre passioni più svariate che ci conducono lontano, per non dire contro, la nostra convinzione di fede? Partiamo quindi dall’impegno a ritrovare le motivazioni vere del pregare, dell’approfondire la fede, del cercare, del vivere la fede. Non c’è nulla di più importante dell’andare a messa la domenica, non c’è nulla di più importante del pregare ogni giorno, del perdonare i fratelli, dell’amare le persone che incontro, dell’amare i nemici. Non c’è nulla di più importante. Il mio impegno principale (e non sto dicendo solo per me che sono prete, ma per ogni credente e battezzato) è conoscere, amare e seguire il Signore. Soltanto se si parte da qui, da parte dei genitori, degli adulti, si può cominciare a parlare di Iniziazione Cristiana dei fanciulli, dei ragazzi e dei giovani. I ragazzi che hanno genitori così convinti e in ricerca hanno la fortuna di essere veramente accompagnati nel loro cammino di fede e non soltanto dai sacerdoti e dai catechisti.
Auguri e che la passione per la Comunità di S. Lorenzo sprizzi da tutti i pori di ognuno.
Angelo prete
Auguri e che la passione per la Comunità di S. Lorenzo sprizzi da tutti i pori di ognuno.
Angelo prete
Prepariamoci a celebrare
la Nascita di Gesù
Dicembre è il mese del l’Avvento = Tempo liturgico che ci prepara al Natale. Abbiamo bisogno di domandarci a quale Natale ci prepariamo: alla celebrazione della Nascita di Gesù Cristo, il Figlio che viene nel mondo per comunicarci l’amore misericordioso del Padre, per insegnarci che Dio suo Padre non è arrabbiato con noi, ma ci vuole così bene che manda il suo Figlio a vivere come noi, perché noi impariamo a vivere con Lui e di Lui. Grande periodo quindi. Molto importante e significativo. Questo quindi è il tempo delle scelte di verità. Qual è la vita che stiamo comunicando alle giovani generazioni, quali sono le cose più importanti che ogni famiglia, ogni comunità ecclesiale si impegna con tutte le sue forze a comunicare? Gesù ci dice, venendo al mondo che il mondo è buono, che nel mondo è possibile vivere da figli di Dio, che in questo mondo vale la pena di guardarsi negli occhi, mettersi accanto a chi soffre, trovare il tempo, sempre più tempo, per condividere attese e speranze di chi non ha voce. Per questo si fa piccolo, bambino, impotente e bisognoso di tutto e di tutti. Il Dio che può cambiare il mondo con una sola delle sue parole, le mette in bocca a noi e ne pronuncia solo una: il Figlio. Dio ha così voglia di incontrarci che ci manda il suo Figlio, ci fa incontrare con Lui, ci fa essere nuovi anche oggi. In questa scelta di povertà, di debolezza di Dio c’è tutta la nostra storia di uomini e donne di questo tempo che è il tempo dell’apparire: Dio si dona nella semplicità e ci dice: “Siate piccoli, servi, senza pretese, capaci di dono reciproco. Solo così potrete aiutare i ragazzi e i giovani a crescere nella fiducia e nella speranza”. Buon Avvento e Buon Natale. Cristo trovi spazio nella vostra giornata.
Angelo prete |