2015
INSIEME SULLA STRADA DELLA SANTITÁ
È dal gennaio 2007 che il gruppo di catechismo della terza media, in vista della tappa della Professione di Fede, riceve l’invito a recarsi tre giorni ad Assisi, la città del Santo Francesco; invito che nasce da don Samu, che con gli anni ha sempre più ritenuto valido e irrinunciabile questo appuntamento. Lo stile di “prossimità” che traspare da questa proposta oratoriale, intende valorizzare il ruolo delle famiglie e il loro sostegno prezioso, presentando e avvicinando la bellissima figura di Francesco e della sua santità. Si vivono questi tre giorni alla ricerca di quel dialogo e quella conoscenza approfondita, che nascono dalla condivisione e dalla aggregazione piena data da momenti particolari. Momenti che, insieme alle sottolineature dei periodi liturgici forti (avvento e Natale, quaresima e Pasqua), insieme alle confessioni e all’adorazione, nonché agli appuntamenti settimanali della catechesi che seguono un ben nutrito progetto, (solitamente la santità), vogliono essere di supporto alla crescita integrale e al discernimento vocazionale dei nostri ragazzi. Come a dire che senza occasioni di condivisione e di esempio e di presenza fisica vicino ai nostri figlioli, hanno ben poca presa le prediche e le esortazioni; perché loro ci guardano e ci chiedono conferme anche silenziose, nei nostri gesti, nei nostri atteggiamenti e nelle nostre scelte, nel nostro “esserci” vicino a loro. E vi possiamo assicurare che le sorprese sanno essere davvero dolci, il “fiorire” anche tardivo delle loro tenerissime ma appassionate prese di coscienza, scalda il cuore di noi educatori e catechisti, del don. Gaia, Federico e Marco, adolescenti di 3ª superiore, sono stati attori e testimoni gioiosi di quanto servono esperienze così, accompagnandoci ad Assisi, animando le giornate con un po’ di gioco. “Come animatori possiamo dire che è stata un’esperienza bellissima, piena di emozioni che ci hanno fatto crescere sia come persone che come educatori e ha fatto capire ai ragazzi l’importanza della catechesi nella vita. avendo vissuto l’esperienza da entrambe le parti, abbiamo notato che la voglia dei ragazzi di essere coinvolti è sempre tanta e da parte di don Samu e delle catechiste il desiderio di mettersi in gioco e aiutare i ragazzi a crescere, continua ad essere molto. Questi tre giorni ad Assisi sono stati impegnativi perché sono state giornate intense di preghiera e riflessione, ma ne è valsa la pena perché hanno aiutato noi e i ragazzi più giovani ad avvicinarci a Dio. Ci teniamo infine a consigliare a tutti i ragazzi di vivere al meglio le esperienze future che don Samu offre ogni anno”. Anche quest’anno abbiamo ricordato, e ci hanno accompagnato, tutte le persone care che già sono mancate nelle nostre famiglie pur restando nei nostri cuori... Anche quest’anno abbiamo sentito la vicinanza e le preghiere di chi ci è stato idealmente vicino: compagni e amici, famigliari, le nostre suore e i nostri sacerdoti... grazie anche a tutti loro! E anche quest’anno abbiamo celebrato, il mattino del 5 gennaio, la “nostra” messa sulla tomba di San Francesco nella cripta della Basilica Inferiore, dove i ragazzi hanno letto, non senza emozione, la loro Regola di Vita personale. L’ hanno pensata e scritta, dopo la testimonianza di frate Daniele e ispirati dal momento di adorazione, nel pomeriggio del 3 gennaio nella piccola e calda chiesetta del Santuario-Convento di Monteluco a Spoleto, dove San Francesco si era raccolto spesso in ritiro e in preghiera. Siamo tornati da Assisi con il nostro piccolo forziere pieno delle promesse che sono sorte spontanee dalle nostre esperienze di vita, dalle nostre fatiche e dalla consapevolezza del nostro essere figli amati, compresi e accompagnati ovunque da un Dio misericordioso che vuole la nostra felicità. Anche minuscoli pezzetti di cuore, frutto di qualche piccola o grande rinuncia, si sono trasformati in frammenti preziosi di smeraldi, rubini e perle naturali, tutti dedicati al nostro tesoro più grande e inestimabile: Gesù Cristo!
Animatori e catechiste |
APPUNTAMENTI ESTIVI!!!
...Oratorio...
ALCUNI SCATTI DELLA FESTA
di San Giovanni Bosco
CARNEVALE ZOGNESE 2015
Domenica 22 febbraio si è tenuta la sfilata di Carnevale con tantissima partecipazione di bambini, famiglie e tante persone che hanno voluto divertirsi. Un grazie sincero a tutti coloro che hanno permesso la buona riuscita della festa. Arrivederci al prossimo anno!
Il podio dei Carri:
1° Asterix e Obelix
2° Endenna spaziale
3° l’Arca di Noè
e dei Gruppi mascherati:
1° Il diavolo veste banda
2° Grumello fuori pista
3° PacMan family
Il podio dei Carri:
1° Asterix e Obelix
2° Endenna spaziale
3° l’Arca di Noè
e dei Gruppi mascherati:
1° Il diavolo veste banda
2° Grumello fuori pista
3° PacMan family
ALL'ORATORIO DI ZOGNO L'11° TORNEO DI PALLAVOLO
TUTTI A TAVOLA CRE 2mila15 15 giugno - 11 luglio
Come stiamo facendo crescere i nostri figli? Li sappiamo mettere di fronte alle loro piccole e grandi responsabilità? Quali strumenti e quale esempio diamo loro perché si sentano investiti della nostra fiducia e al contempo maturino la propria autostima? Crediamo che questo articolo sia proprio la risposta ad alcune di queste nostre domande e, dato che riguarda il CRE e viene da una voce autorevole del campo, ci pare ottimo proporvelo come riflessione interessante e nella quale ci pare di riconoscerci come oratorio e come comunità. Un grazie doveroso e riconoscente a chi si spende perché il progetto del CRE divenga sempre più educativo ed aggregante, dialogante con il territorio e le nostre risorse, significativo soprattutto per chi lo vive. Nella ricerca dell’ UPEE che fa il punto sugli oratori della bergamasca, il nostro autore dice anche: “il Cre è una lezione di metodo, non bisogna avere paura di offrire esperienze forti!”. Condividiamo in pieno!!
Quando il Cre lascia davvero traccia? «Può lasciare traccia se non è soltanto un servizio alle famiglie ma se si costruisce come una storia, una riflessione tra le generazioni anche molto vicine di giovani e giovani adulti che pensano ai piccoli o di adolescenti che faranno gli aiuto-educatori. Ci sono diversi livelli di esperienza educativa in un Cre. Bisogna pensare a due progetti educativi: uno per i bambini e i ragazzi ai quali le attività si rivolgono, e uno per gli animatori adolescenti, che vivono una sorta di piccolo rito di iniziazione. Per loro infatti è la prima occasione di responsabilità educativa nei confronti dei più piccoli, e in un rapporto con gli adulti che è fatto di tutela di guida, di primo affrancamento. Avere la forza di reggere entrambi questo progetti non è facile fa la differenza. Un altro elemento decisivo perché un Cre lasci traccia è quello di lasciar entrare la comunità locale e il territorio: le mamme a fare i laboratori, i gruppi di volontariato e altri soggetti: per esempio la casa di riposo, il gruppo alpini che aiuta nel recupero dei sentieri delle colline...» Perché il dialogo con il territorio è così importante? «Se c’è questo andirivieni oltre i confini dell’oratorio, allora il Cre ha una fioritura tutta particolare e regge anche meglio l’obiettivo educativo. Un Cre rappresenta una storia particolare dei giovani della comunità e dentro la comunità. E dev’essere anche una specie di piccolo porto franco, di esperienza particolare che non assomiglia né a quella delle società sportive, né all’oratorio “normale” del weekend, ma è proprio un tempo pieno in cui bisogna pensare alla gestione della vita quotidiana e all’invenzione. Anche in questi momenti un po’ fantasiosi la ritualità è sempre molto importante. È possibile inventare un mondo, costruirselo, per poi abitarlo con responsabilità. Il Cre è una prova di mondo, e quando avviene così è bellissimo». E per la parrocchia che significato ha il Cre? «Il Cre può rappresentare un momento particolare in cui la comunità si raccoglie intorno ai piccoli e prova a respirare. E si mettono alla prova anche le generazioni giovani quasi nell’occasione di mettere a fuoco il loro tempo, la loro sfida propria, il loro sguardo sul mondo. Gli adolescenti devono incominciare a coltivare la loro vocazione generazionale, devono appropriarsi del tempo in cui vivono e della loro responsabilità che si rivolge sia verso i più grandi sia verso i più piccoli. Il Cre ha questa potenzialità. A Bergamo rispetto ad altri oratori lombardi è più numerosa la presenza degli adolescenti. E si crea anche spesso un rapporto molto ricco e fecondo con le famiglie che si organizzano e diventano risorsa. Anche se dalla ricerca fatta con Ipsos sugli oratori è emerso che molte famiglie lasciano andare i loro figli all’oratorio con riserva. Non danno più carta bianca, anche perché a volte temono la loro fragilità, si sentono esposte. In realtà l’oratorio è un luogo festivo non impegnativo, che non giudica come la scuola, e in particolare il Cre è un tempo liberato dalle preoccupazioni e dalle ansie dei ruoli, in cui gli scambi possono essere più ricchi. E in questo contesto non bisogna dimenticare la sfida più importante, che riguarda comunque gli adolescenti: è l’unica occasione in cui c’è una sorta di leva generazionale, il Cre è l’unico rito di iniziazione che coinvolga un gruppo così ampio di coetanei, anche per questo vale la pena spenderci così tanta energia. Il problema è poi cosa fare di questo impegno, come trovare una modalità altrettanto libera e responsabile per cui questi adolescenti possano continuare a ritrovarsi e a riflettere insieme lungo l’anno. Il Cre dovrebbe essere una lezione di metodo, non solo un’attività estiva». Che cosa trovano questi ragazzi al Cre? «È significativo che molti di loro non siano quelli che abitualmente vanno all’oratorio. Eppure ritengono il Cre un contesto significativo per loro, a cui hanno scelto di partecipare. È un modo per mettersi alla prova. Quindi diventa anche l’occasione giusta per far emergere l’importanza di coltivare certe domande, e testimoniare alcune pratiche di vita, alcuni stili provocatori: gli adolescenti non cercano necessariamente le cose facili, ma che abbiano senso, che offrano la soddisfazione di essere riconosciuti per quello che si portano dentro. L’oratorio è il posto giusto: una comunità di adulti e giovani vivi, impegnati, collegati a loro volta a esperienze significative nel mondo, reti di reciprocità, di cooperazione internazionale. È un mondo che gli adolescenti possono scoprire e trovare davvero buono per loro, al punto da rimanerci». Va in questo senso anche la possibilità offerta agli adolescenti di vivere un’esperienza di stage professionale all’oratorio? «Certamente, è un’idea importante che è maturata nel tempo e finalmente ora si realizza. Oltre agli stage sarebbe bello poter potenziare anche le esperienze, che già si fanno, di ospitalità reciproche tra Cre, facendoli diventare, perché no, un po’ itineranti. Due anni fa è accaduto in Val Brembana: c’è stato uno scambio, molto positivo, con Scampia. Non bisogna andare per forza così lontano, ci sono realtà vicine ma diverse e interessanti che possono essere utilizzate per questi scambi. Ed è importante che i giovani delle comunità si presentino con le loro specificità e i loro percorsi ricchi, anche ai piccoli di altre parrocchie». Il Cre è anche un tempo di impegno? «Chi ha detto che il tempo estivo deve essere solo di gioco? Va benissimo che ci siano le gite a Gardaland, ai parchi acquatici. Ma c’è anche il tempo per la riflessione, per esperienze particolari di silenzio. Si può stare fuori anche un paio di notti. C’è chi lo fa da anni, recuperando qualcosa di altre esperienze, come gli scout: la tenda, le stelle... Certo non si può fare con i grandi numeri, bisogna partire con piccoli gruppi. Ma l’estate è anche il tempo di esperienze intense, come i campi di lavoro estivi. Non solo gioco, non solo sport: al Cre ci sono laboratori, visite interessanti, momenti di silenzio, di scambi. All’interno ci possono essere insomma moduli diversi, modellati su esigenze diverse, che poi si combinano tra loro. Di solito è limitato lo spazio riservato alla spiritualità, che ne pensa? «I ragazzi durante questo periodo trascorrono all’oratorio l’intera giornata, o almeno il pomeriggio. In questo spazio ampio ci può essere tempo anche per un’esperienza spirituale particolare. Andare in giro per i prati con un pezzettino di Vangelo da leggere, pensarci su e poi scrivere, stendere una lettera impegnativa, inserire insomma nel programma anche piccole pratiche monastiche. Quando si osa farlo si ottengono risultati sorprendenti. Non è new age emotiva, ma una cosa fatta bene, costruita con attenzione, e allora si riscopre il piacere di una preghiera personale. Si possono usare anche le preghiere tradizionali rivisitate. Il Cre può essere il luogo dove si avvia un discorso che poi continua nella routine della comunità». Ivo Lizzola Docente pedagogista |
IL CRE DEI PIÚ PICCOLI
Ogni anno è un’avventura preparare nel modo migliore il CRE per i bimbi più piccoli. Ogni giorno è una sfida cercare di avvicinarsi a loro e farli sentire a loro agio, coccolati in un ambiente nuovo. Posso dire però, che sia io sia le mamme che mi sono state accanto, ci siamo impegnate affinché tutti potessero stare a proprio agio e soddisfatte quando ricevevamo i complimenti dalle mamme e i sorrisi dai bimbi.
Livia
“Tutti a tavola, tutti a tavola”, penso che questa canzoncina la canterò per mesi... In quest’estate torrida trovarsi all’oratorio per il CRE è stato divertente e refrigerante! Avevo già fatto l’ animatrice CRE da adolescente e così ho voluto riprovare come mamma dell’asilo; non mi sono affatto pentita, anzi, sono proprio contenta di aver ripetuto quest’esperienza con cinquanta bambini energici e solari. Si sono divertiti molto in piscina e farli uscire è stata sempre un’impresa, nonostante l’allettante idea della merenda. E poi quanti balletti, lavoretti, giochi e chi più ne ha più ne metta! Le ore sono volate e le giornate si sono riempite di canti, balli, preghiere e sorrisi. Mi è piaciuto molto che il tema principale del CRE fosse il cibo e trovo azzeccato il collegamento con l’Expo; infatti il nostro laboratorio di cucina prevedeva la preparazione e la degustazione di spiedini di frutta, fatti e mangiati all’istante! Infine colgo l’occasione per ringraziare le mie colleghe animatrici, gli animatori, i don per aver condiviso settimane divertenti in compagnia di bambini felici.
Isa
Tanti anni di animatrice con i bimbi grandi poi... per ovvi motivi (famiglia- lavoro) uno stop: ma ora rieccomi in una nuova esperienza. Mi é stato proposto di stare al fianco dei bimbi più piccoli del CRE e mi sono detta... perché no? Proviamoci!!! Pochi giorni ho trascorso con questi bimbi, ma devo dire che è stato BELLO... Loro hanno tanto da dare ma in cambio chiedono poco: uno sguardo, un sorriso, una carezza, un incoraggiamento ed anche un semplice ascolto.
Quindi posso dire che è stata un’ esperienza:
- BREVE... perché ho potuto offrire la mia disponibilità non per molto tempo.
- INTENSA... perché in poche ore bisogna concentrare un sacco di energie per organizzare parecchie attività e soprattutto sempre diverse perché i bimbi vogliono fare tante cose e bisogna impegnare ogni minuto del loro tempo al CRE.
- FATICOSA... perché devi sempre avere un ‘ attenzione al 100%.
Ma...
- MERAVIGLIOSA... Perché il loro entusiasmo, la loro semplicità, i loro sorrisi ti ripagano di tutto.
GRAZIE BIMBI!!!
Chiara
C’ero anch’io quest’anno al CRE. Anche se non è stato facile scegliere di partecipare, visto che una mamma ne ha sempre di faccende da sbrigare e impegnativo è trovare il tempo da dedicare tutti i pomeriggi, magari lasciando qualcosa di incompiuto a casa e, perché no, rinunciare ad avere qualche ora per te, senza figli che in continuazione chiedono, “pretendono”, le tue attenzioni. Ma sono contenta di essermi lasciata coinvolgere in quest’esperienza, perché i bambini hanno la capacità di emozionarsi, sorprendersi, gioire delle piccole esperienze quotidiane e coinvolgerti nelle loro emozioni: basta che tu dedichi loro un po’ del tuo tempo. Mi è piaciuto molto il giorno che abbiamo festeggiato tutti i compleanni, ogni bambino aveva un muffin con una candelina e prima di mangiarlo abbiamo cantato la rituale canzoncina “tanti auguri” e ognuno ha soffiato la propria candelina. La settimana successiva invece abbiamo festeggiato facendo volare tanti palloncini colorati, con attaccato un biglietto con scritto “Grazie perché sono nato” o “Sono contento di essere con voi”. Molto bella la gita alla Cascina Buona Speranza e quanto entusiasmo nel vedere il piccolo asinello, nato da appena quindici giorni, nel recinto con la sua mamma. È stata proprio una giornata piena di scoperte e meraviglia svolgendo i vari lavoretti proposti, assolutamente da rifare! Infatti abbiamo seminato in un vasetto un seme di fagiolo, che abbiamo portato a casa per prendercene cura. Inoltre siamo andati nel pollaio in cerca di uova, abbiamo macinato il frumento e poi setacciato la farina, e quando tutti gli ingredienti erano pronti, abbiamo impastato i nostri biscotti, per poi cuocerli in forno. Suggestivo è stato il giro con il carro, i bambini si sarebbero persino fatti riaccompagnare a casa pur di non scendere e rimanere a lungo su di esso. Infine prima di tornare a casa, la signora Natalina, un po’ come succedeva ai tempi dei nostri nonni, ci ha radunati tutti in cerchio per raccontarci una piacevole storia. Ecco, questa è stata la mia esperienza di due settimane di CRE vissuta con i bambini dell’infanzia; certo richiede tempo e impegno ma in cambio è stata una bella esperienza. È valsa la pena passare del tempo con loro che sanno coinvolgerti nelle loro emozioni e dimostrarti il loro volerti bene. Grazie a tutti, bimbi e animatrici che hanno condiviso con me quest’esperienza.
Eleonora
Un ringraziamento particolare, oltre alle mamme che ci sono state accanto, va a Lorena, Paola, Valentina, Mattia, Asia, Areta, Viola, Sara, Evangeli: speriamo di riavervi con noi anche l’anno prossimo, perché siete state premurose ed affettuose, capaci di captare ogni minima richiesta dei bimbi. Considerato il numero di iscrizioni raggiunto quest’anno, ci scusiamo se abbiamo dovuto respingere delle domande! Il numero massimo consentito non poteva essere superato.
Le animatrici
Livia
“Tutti a tavola, tutti a tavola”, penso che questa canzoncina la canterò per mesi... In quest’estate torrida trovarsi all’oratorio per il CRE è stato divertente e refrigerante! Avevo già fatto l’ animatrice CRE da adolescente e così ho voluto riprovare come mamma dell’asilo; non mi sono affatto pentita, anzi, sono proprio contenta di aver ripetuto quest’esperienza con cinquanta bambini energici e solari. Si sono divertiti molto in piscina e farli uscire è stata sempre un’impresa, nonostante l’allettante idea della merenda. E poi quanti balletti, lavoretti, giochi e chi più ne ha più ne metta! Le ore sono volate e le giornate si sono riempite di canti, balli, preghiere e sorrisi. Mi è piaciuto molto che il tema principale del CRE fosse il cibo e trovo azzeccato il collegamento con l’Expo; infatti il nostro laboratorio di cucina prevedeva la preparazione e la degustazione di spiedini di frutta, fatti e mangiati all’istante! Infine colgo l’occasione per ringraziare le mie colleghe animatrici, gli animatori, i don per aver condiviso settimane divertenti in compagnia di bambini felici.
Isa
Tanti anni di animatrice con i bimbi grandi poi... per ovvi motivi (famiglia- lavoro) uno stop: ma ora rieccomi in una nuova esperienza. Mi é stato proposto di stare al fianco dei bimbi più piccoli del CRE e mi sono detta... perché no? Proviamoci!!! Pochi giorni ho trascorso con questi bimbi, ma devo dire che è stato BELLO... Loro hanno tanto da dare ma in cambio chiedono poco: uno sguardo, un sorriso, una carezza, un incoraggiamento ed anche un semplice ascolto.
Quindi posso dire che è stata un’ esperienza:
- BREVE... perché ho potuto offrire la mia disponibilità non per molto tempo.
- INTENSA... perché in poche ore bisogna concentrare un sacco di energie per organizzare parecchie attività e soprattutto sempre diverse perché i bimbi vogliono fare tante cose e bisogna impegnare ogni minuto del loro tempo al CRE.
- FATICOSA... perché devi sempre avere un ‘ attenzione al 100%.
Ma...
- MERAVIGLIOSA... Perché il loro entusiasmo, la loro semplicità, i loro sorrisi ti ripagano di tutto.
GRAZIE BIMBI!!!
Chiara
C’ero anch’io quest’anno al CRE. Anche se non è stato facile scegliere di partecipare, visto che una mamma ne ha sempre di faccende da sbrigare e impegnativo è trovare il tempo da dedicare tutti i pomeriggi, magari lasciando qualcosa di incompiuto a casa e, perché no, rinunciare ad avere qualche ora per te, senza figli che in continuazione chiedono, “pretendono”, le tue attenzioni. Ma sono contenta di essermi lasciata coinvolgere in quest’esperienza, perché i bambini hanno la capacità di emozionarsi, sorprendersi, gioire delle piccole esperienze quotidiane e coinvolgerti nelle loro emozioni: basta che tu dedichi loro un po’ del tuo tempo. Mi è piaciuto molto il giorno che abbiamo festeggiato tutti i compleanni, ogni bambino aveva un muffin con una candelina e prima di mangiarlo abbiamo cantato la rituale canzoncina “tanti auguri” e ognuno ha soffiato la propria candelina. La settimana successiva invece abbiamo festeggiato facendo volare tanti palloncini colorati, con attaccato un biglietto con scritto “Grazie perché sono nato” o “Sono contento di essere con voi”. Molto bella la gita alla Cascina Buona Speranza e quanto entusiasmo nel vedere il piccolo asinello, nato da appena quindici giorni, nel recinto con la sua mamma. È stata proprio una giornata piena di scoperte e meraviglia svolgendo i vari lavoretti proposti, assolutamente da rifare! Infatti abbiamo seminato in un vasetto un seme di fagiolo, che abbiamo portato a casa per prendercene cura. Inoltre siamo andati nel pollaio in cerca di uova, abbiamo macinato il frumento e poi setacciato la farina, e quando tutti gli ingredienti erano pronti, abbiamo impastato i nostri biscotti, per poi cuocerli in forno. Suggestivo è stato il giro con il carro, i bambini si sarebbero persino fatti riaccompagnare a casa pur di non scendere e rimanere a lungo su di esso. Infine prima di tornare a casa, la signora Natalina, un po’ come succedeva ai tempi dei nostri nonni, ci ha radunati tutti in cerchio per raccontarci una piacevole storia. Ecco, questa è stata la mia esperienza di due settimane di CRE vissuta con i bambini dell’infanzia; certo richiede tempo e impegno ma in cambio è stata una bella esperienza. È valsa la pena passare del tempo con loro che sanno coinvolgerti nelle loro emozioni e dimostrarti il loro volerti bene. Grazie a tutti, bimbi e animatrici che hanno condiviso con me quest’esperienza.
Eleonora
Un ringraziamento particolare, oltre alle mamme che ci sono state accanto, va a Lorena, Paola, Valentina, Mattia, Asia, Areta, Viola, Sara, Evangeli: speriamo di riavervi con noi anche l’anno prossimo, perché siete state premurose ed affettuose, capaci di captare ogni minima richiesta dei bimbi. Considerato il numero di iscrizioni raggiunto quest’anno, ci scusiamo se abbiamo dovuto respingere delle domande! Il numero massimo consentito non poteva essere superato.
Le animatrici
GLI ADOLESCENTI SCRIVONO
Dal 13 al 18 luglio con circa 60 ragazzi del gruppo Ado abbiamo dirottato l’esperienza della vita comune estiva a Vallarga, dall’entroterra toscano di Borgo San Lorenzo alle montagne del Trentino. Il programma della settimana ha rispettato l’abituale traccia: fraternità, convivialità, attività sportive e culturali, laboratori, film, giochi, S. Messa, adorazione e preghiera. La camminata in montagna e la visita all’Abbazia di Novacella ci hanno fatto gustare e percepire con tutti i sensi la bellezza naturale, paesaggistica e culturale-spirituale di questo incantevole territorio. Il tema che ho proposto ai ragazzi è stato “IL SENSO DEI SENSI”: la prima sera il film “Rosso come il cielo”; i momenti quotidiani di preghiera con riferimenti specifici ai cinque sensi; la cena “bendati”; l’adorazione eucaristica notturna. L’obiettivo è stato quello di far notare e di fare vivere ai ragazzi come, in ogni situazione della vita, in ogni incontro, utilizziamo, senza porvi particolare attenzione, tutti i sensi. Essi ci servono per relazionarci con il mondo che ci circonda. Ai ragazzi, durante l’adorazione eucaristica notturna è stato proposto il brano evangelico del “cieco nato ” e son stati aiutati ad entrare in profondità con l’aiuto di una piccola traccia:
• Che immagine abbiamo di Dio e di noi stessi? • Ci sono degli aspetti della tua vita in cui ti sembra di non aver avuto il coraggio di lasciarti aprire gli occhi e il cuore? Quali sono? • Al cieco si aprono piano piano gli “occhi” (comincia con il riconoscere l’uomo Gesù, poi il profeta, poi Gesù come il Cristo, poi Colui che viene da Dio, poi Figlio dell’Uomo e infine professa “io credo Signore”. Anche per te sta avvenendo ciò? • Siamo disposti ad assumere il rischio di una fede professata pubblicamente: IO CREDO IN...? Cosa “rischiamo” con i nostri coetanei per professare la nostra fede? • Perdiamo qualcosa? Proviamo vergogna, imbarazzo, timidezza...? • L’ex cieco non ha verità da dichiarare, ma ha una novità: aver incontrato Gesù e dimostrare con la sua esperienza questo incontro di guarigione e di salvezza. Lo è anche per te? Come lo dimostri? Ecco solo alcuni stralci delle loro meditazioni: Quando penso a Dio, lo vedo come colui che mi ascolta sempre e comunque, che si lascia sempre abbracciare, che mi consola e che mi accoglie anche se sbaglio. Io non sono ancora riuscito a lasciarmi abbracciare da Lui perché non riesco a sentirlo; non è che io non voglio, ma non so come fare ad ascoltarlo, forse ci sono troppi rumori nella mia vita! Che cosa posso fare per riuscire ad annullarli? So bene che se riesco a cogliere la Sua voce, questo mi riempirà di gioia perché nella mia famiglia ho due esempi che mi fanno capire qual è la strada giusta. Il primo è l’esempio di mia mamma, che secondo me non si è lasciata amare profondamente da Dio e me ne rendo conto dalle piccole cose. Invece mio papà, secondo me, si è lasciato amare da Dio e si è aperto a Lui perché sa affrontare qualunque cosa con un animo più sereno, felice e sa vivere meglio perché vede quasi tutto come un dono di Dio, non come una cosa dovuta o che gli spetta di diritto. È forse questo il segreto per farsi amare? Vedere tutto come un dono? L’immagine che ho di Dio è la più bella che si possa immaginare. L’immagine che invece ho di me stesso è quella di una normalissima persona che, però, ha degli occhiali che gli annebbiano il cammino e che purtroppo non riesco a togliere. Di sicuro non ho scoperto tutti gli aspetti della mia vita, voglio scoprirli ad uno ad uno al momento opportuno. Io, in quest’ultimo anno, mi sono avvicinato molto al Signore ed ho iniziato a credere seriamente e fortemente in Lui. Non mi vergogno assolutamente di Lui e della mia fede. Quando prego il Signore provo svariate sensazioni: felicità, serietà, ma soprattutto con Lui ho la pace. Io, da quando ho iniziato a pregare seriamente, mi sento più sollevato e felice. La preghiera, per me, non è un momento di stanchezza o di “rottura” come dice qualcuno, ma un bellissimo momento da vivere tutti i giorni. Per me Dio è colui che ti aiuta sempre nel bene e nel male. Quando sei giù di morale Lui ti aiuta come i genitori, ma a Lui puoi dire tutto e non ti giudica. Il Signore mi ha aiutato molto anche se io non gli ho dato importanza al 100%; però penso molto a lui e nella mia mente gli parlo perché so che mi consola. La cosa più brutta di me è quella di non riuscire a dire “ti voglio bene” alle persone a me più care, come mio padre oppure a dire scusa se so di non aver ragione: nel futuro spero di cambiare. La cosa che mi piace di me è quella di vedere le cose con felicità e non con rabbia perché, se succedono, vuol dire che c’è un motivo se Dio le permette. ...io non ho vergogna di dire che credo nel Signore perché ognuno fa liberamente la sua scelta, giusta o sbagliata che sia; anzi, alcune volte mi rende fiero: quasi tutti i miei amici non vanno a messa e questo mi fa pensare che allora riesco a pensare con la mia testa e non con quella degli altri. Al Signore chiedo di aiutare un po’ mio papà e la mia famiglia perché in questo momento sono giù di morale e di aiutarli a trovare la giusta via della pace interiore. Credo che Dio, per me, sia un compagno di viaggio perché è sempre con me, anche nei momenti più bui, anche quando lo trascuro un po’. In ogni momento ho avuto delle occasioni per capire quanto credo in Dio e in questi giorni passati in Trentino posso riconfermare la mia idea, ovvero che Lui c’è ed è sempre pronto ad aiutarmi. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita lontana da Dio, quando i miei genitori si sono separati, ho sofferto molto e mi sono chiesta perché doveva accadermi questa cosa. Ora sono felice. Ho capito che se anche ho passato quel periodo brutto, Il Signore mi ha aiutata a ricominciare e a non mollare tutto. ... alcuni dicono che Dio non esiste solo perché non è qua fisicamente, ma bisogna essere capaci di sentirlo e questo l’ho imparato anche in Trentino. Per me Dio è come una guida che mi aiuta a prendere la strada giusta ed è sempre al mio fianco anche nei momenti difficili. Dopo questa esperienza in Trentino ho imparato, come il cieco, ad aprire gli occhi piano piano e a non guardare solo l’esterno ma anche l’interno delle persone. Io sono disposto a dire pubblicamente “io credo in Dio“ perché non ci perdo niente, anche se a volte provo un po’ di vergogna e timidezza. Di Dio penso che sia infinitamente buono perché ci da sempre un’occasione per parlare con Lui. ... a volte, quando in televisione vedo e sento notizie di persone con problemi fisici o che scappano dalla guerra, io non ci faccio molto caso. Dovrei pensare in che condizioni vivono e cosa farei se fossi al loro posto. Forse sotto questo punto di vista non ho mai aperto del tutto gli occhi e il cuore. Ora anche a me, come al cieco nato sta avvenendo ciò, perché capisco che più vado avanti più il Signore è davvero importante per me. |
La mia immagine di Dio è quella di una persona sempre presente, sempre accanto a me, che mi ascolta, mi perdona e mi aiuta quando mi chiudo in me stessa. Nella mia vita ho cercato di aprire gli occhi e il cuore nelle maggiori situazioni, ho sempre cercato di mettere il meglio di me in tutto ciò che facevo, anche se a volte mi sono chiusa in me stessa come in una corazza per allontanarmi da tutto ciò che ritenevo sbagliato ma che forse sbagliato non lo era. ... Secondo me credere in Dio è il riconfermare la nostra fede passo dopo passo, come se costruissimo una casa, mattone dopo mattone. Secondo me è sbagliato vergognarsi di esporre la propria fede, ognuno è libero, ma forse non tutti l’ hanno capito.
Io vedo Dio come una persona che sa donare cose buone e belle e che spesso ci ricorda che oltre a ricevere bisogna anche saper donare. Spesso ho sentito e sento dei momenti nei quali non sono riuscito a comprendere al massimo le persone vicine, con i loro vari problemi che vanno capiti prima di affrontarli. A volte mi capita, durante i momenti di preghiera, di non riuscire a comprendere appieno DIO e i modi diversi attraverso cui Lui si mostra a noi: in un abbraccio di un amico, in un sorriso di un’amica, in un abbraccio amorevole di una madre che si dona totalmente al figlio. Penso che dal momento del mio Battesimo io abbia intrapreso un percorso difficile e tortuoso, ricco di strettoie che si attraversano solamente dopo un’analisi profonda di se stessi e che mi porterà a conoscere sempre meglio Gesù. Credo che in una società come quella di oggi, ricca come non mai di pregiudizi, sia alquanto difficile professare la propria fede ma tuttavia si riesce ad arricchirsi interiormente. RAGAZZI, SEMPLICEMENTE GRAZIE!!! don Samuele Novali |
80° DELL’ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO
Carissimi Zognesi,
quest’anno la nostra comunità parrocchiale è in festa perché ricorre l’80° del nostro Oratorio Maschile San Giovanni Bosco, inaugurato il 10 agosto del 1935.
Grazie a questa data particolare, ci è sembrato interessante iniziare a pubblicare sul nostro sito la sua storia, facendoci aiutare dagli articoli pubblicati sui vari notiziari parrocchiali dal 1935 ad oggi, scritti dai diversi direttori o “curati” dell’Oratorio. Riflessioni e pensieri inerenti le problematiche, le fatiche, le soddisfazioni, i progetti attuati e non … in pratica possiamo leggere e perciò capire come il nostro oratorio sia cresciuto, anno dopo anno, sotto molti aspetti:
principalmente nella fede;
nelle catechesi dei ragazzi e nella programmazione catechistica;
nelle presentazioni delle classi di catechismo;
nelle varie feste e appuntamenti liturgici e ludici;
nella struttura, sempre modificata al meglio ed ampliata, degli edifici ad esso destinati.
Non manca il Cinema Trieste nella sua nuova veste dagli anni 1970 in avanti e nemmeno la testimonianza di Chierichetti e Catechisti.
Nella sezione dell’Oratorio pertanto, vogliamo presentare tutto il prezioso operato dei nostri pastori (curati), degli adulti e dei giovani ai quali furono affidati nel tempo i nostri bambini.
Troverete, nella rubrica on-line “La Voce dell’Oratorio”, sotto Storia e Inaugurazione, le diverse annate, con scritti firmati o anonimi e con foto, già pubblicati sui precedenti notiziari.
Vogliamo per il momento partire dal 1971: venne nominato direttore dell’Oratorio don Giancarlo Bresciani, ora prevosto di Curno. Da allora si sono poi regolarmente archiviati i documenti e le notizie scritte che stiamo recuperando e che riguardano appunto il nostro oratorio. Concluderemo con pensieri e testimonianze inerenti il periodo (ormai si avvicinano i dieci anni!) del nostro don Samuele Novali.
Fortunatamente, dal 1971, i curati che si sono avvicendati sono ancora tutti viventi, anche se alcuni un po’ “anzianotti”, ma sappiamo che pregano ancora per noi e per il nostro Oratorio! Speriamo che possano leggerci e riconoscersi con piacere!
La promessa e l’intento sono comunque di arricchire il sito con tutto quanto è possibile recuperare proprio dal 1935. Una preghiera e un ringraziamento a coloro che in questi anni hanno raggiunto la casa del Padre, ma avremo modo di vederli nelle fotografie e riconoscerli nei loro scritti. Sperando sia cosa gradita a tutti, ci diamo appuntamento al 10 agosto per festeggiare in modo solenne questo evento, durante le S. Messe in Parrocchia e nello scambio di una parola, un sorriso ed un consiglio, in Oratorio.
quest’anno la nostra comunità parrocchiale è in festa perché ricorre l’80° del nostro Oratorio Maschile San Giovanni Bosco, inaugurato il 10 agosto del 1935.
Grazie a questa data particolare, ci è sembrato interessante iniziare a pubblicare sul nostro sito la sua storia, facendoci aiutare dagli articoli pubblicati sui vari notiziari parrocchiali dal 1935 ad oggi, scritti dai diversi direttori o “curati” dell’Oratorio. Riflessioni e pensieri inerenti le problematiche, le fatiche, le soddisfazioni, i progetti attuati e non … in pratica possiamo leggere e perciò capire come il nostro oratorio sia cresciuto, anno dopo anno, sotto molti aspetti:
principalmente nella fede;
nelle catechesi dei ragazzi e nella programmazione catechistica;
nelle presentazioni delle classi di catechismo;
nelle varie feste e appuntamenti liturgici e ludici;
nella struttura, sempre modificata al meglio ed ampliata, degli edifici ad esso destinati.
Non manca il Cinema Trieste nella sua nuova veste dagli anni 1970 in avanti e nemmeno la testimonianza di Chierichetti e Catechisti.
Nella sezione dell’Oratorio pertanto, vogliamo presentare tutto il prezioso operato dei nostri pastori (curati), degli adulti e dei giovani ai quali furono affidati nel tempo i nostri bambini.
Troverete, nella rubrica on-line “La Voce dell’Oratorio”, sotto Storia e Inaugurazione, le diverse annate, con scritti firmati o anonimi e con foto, già pubblicati sui precedenti notiziari.
Vogliamo per il momento partire dal 1971: venne nominato direttore dell’Oratorio don Giancarlo Bresciani, ora prevosto di Curno. Da allora si sono poi regolarmente archiviati i documenti e le notizie scritte che stiamo recuperando e che riguardano appunto il nostro oratorio. Concluderemo con pensieri e testimonianze inerenti il periodo (ormai si avvicinano i dieci anni!) del nostro don Samuele Novali.
Fortunatamente, dal 1971, i curati che si sono avvicendati sono ancora tutti viventi, anche se alcuni un po’ “anzianotti”, ma sappiamo che pregano ancora per noi e per il nostro Oratorio! Speriamo che possano leggerci e riconoscersi con piacere!
La promessa e l’intento sono comunque di arricchire il sito con tutto quanto è possibile recuperare proprio dal 1935. Una preghiera e un ringraziamento a coloro che in questi anni hanno raggiunto la casa del Padre, ma avremo modo di vederli nelle fotografie e riconoscerli nei loro scritti. Sperando sia cosa gradita a tutti, ci diamo appuntamento al 10 agosto per festeggiare in modo solenne questo evento, durante le S. Messe in Parrocchia e nello scambio di una parola, un sorriso ed un consiglio, in Oratorio.
ES.CA. ESPERIENZA CARITATIVA 2mila15
CENTRO “FRATELLO SOLE, SORELLA LUNA” - PERÙ
Vieni in missione in Perù?
1...2...3... SÌ
Ognuno di noi 13 ha vissuto questi pochi secondi di trepidazione, giusto il tempo di fare un respiro, di vincere l’emozione, prima di tuffarsi in una fantastica esperienza. Tutti voi avete vissuto con noi le fasi preparatorie, avete scaldato con noi i motori e ci avete da subito supportato: ora tocca a noi farvi rivivere il nostro viaggio attraverso cieli, mari, deserti, popoli e culture dell’altro emisfero. Nella tranquilla mattinata del 14 agosto piombiamo come un meteorite a ciel sereno nel bel mezzo del barrio di La Era, un quartiere di Ñaña, piccola cittadina a 30 km da Lima. Abbiamo un punto di riferimento bianco di tre piani, la nostra roccaforte, una sorta di oasi in mezzo al deserto, tutto attorno polvere, pietrame e baracche. Sole timido, traffico caotico, cani randagi, strade sterrate, pendii ripidi: sembriamo sbarcati sulla Luna, come se in Valle Brembana scoppiasse una bomba atomica, niente di più lontano dalla nostra quotidianità! Per fortuna Enrico, il responsabile di questa “oasi” che è il centro confortano “Fratello Sole, Sorella Luna”, ci anestetizza con la sua ospitalità romana attutendoci l’impatto e facendoci riprendere nel nostro rifugio antiatomico. Abbiamo un bagno, una doccia, un tetto, un letto, un piatto sempre ricco, insomma dentro siamo a nostro agio, anzi non potevamo chiedere di meglio, ma fuori dove caspita siamo atterrati?! Giungerà il momento di andare fuori a vedere, di toccare con mano dove ci dovremo sporcare le mani, di mettere piede sulla terra che dovremo calpestare durante il nostro lavoro. Giungerà il momento, ma per ambientarci cominciamo a dare un’occhiata a Lima, capitale del Perù, megalopoli di 9 milioni di abitanti, una spianata di casupole appiccicate l’una all’altra, sovrastate e ovattate da una coltre di nubi e smog per sei mesi l’anno, nel mezzo qualche architettura spagnola muy bonita & muy hermosa, ma nel complesso tanto grigiume e squilli di clacson. Dopo l’ennesima gincana, scorrazzando a destra e a manca nel traffico senza regole, enumerando tutti i santi del paradiso per grazia ricevuta, rimettiamo piede a La Era sollevati per i pericoli scampati e volenterosi di iniziare a rimboccarci le maniche. È giunto il momento di far capire a Enrico di che pasta siamo fatti, ma anche lui ha in serbo qualche sorpresa, perciò meglio passare in rassegna la truppa orobica: si parte con la suddivisione dei compiti e la formazione di vere e proprie squadre di lavoro. Scalpitanti andamos alla conquista di La Era: un manipolo di prodi aiuto-albanil, capitanati dal capomastro autoctono Elvis, inaugura i primi cantieri; un altro gruppo diretto dal saggio DonSamu intraprende una battaglia campale contro i tarli a colpi di pennello e impregnante; mentre le nostre super femmes de manage mettono sottosopra i quattro piani del centro: puliscono, spazzano, lavano, cucinano come se non ci fosse un domani. Ma «Che sta’ senza fa niente?»: proprio mentre la supermacchina di lavoro va carburando ecco spuntare dal nulla nuove e stringenti priorità! Come se fossimo in un villaggio vacanze il programma d’animazione si arricchisce sempre più: si parte con la pulizia della terrazza come risveglio mattutino, poi consegna del pane in tutto il quartiere (già perché all’interno del centro c’è da poco una panetteria che peraltro la nostra lesta guida spirituale ha già individuato come fonte ufficiale di dolci); si prosegue con la rincorsa serrata del cane Arturo che gentilmente addobberà tutte le nostre stanze con il suo marchio di fabbrica. Riprendiamo fiato con un aperitivo a base di “lindaggio teglie per il pane”, nel mezzo merenda con l’occasionale distribuzione del “vaso de leche” e dulcis in fundo rifocillaggi vari ed eventuali di generi alimentari e altro; ovviamente il tutto spalmato dalle 5 della mattina alle 20 della sera. Poi quando pensi di avere tutto o quasi nel promemoria ti accorgi che 40 bambini ti stanno nel contempo osservando di soppiatto: già, perché la nostra roccaforte è prima di tutto il loro centro di raccolta nel doposcuola, dove mangiano, studiano, giocano, pregano, creano... Da subito impariamo a condividere la “nostra” tana con 40 bambini, 10 professori, cuoche, Enrico, Aida, Arturo...: è un’impresa fisicamente impegnativa, soprattutto se a qualche niño più estroverso balena l’idea di testare la nostra prestanza fisica organizzando un vero e proprio assalto in grande stile... inutile dire che in un attimo la roccaforte cade in mano peruana, bambini spinti da spirito di veri conquistadores si trasformano magicamente in 40 piccoli koala pronti ad arrampicarsi sui quei 13 inermi italien. E fu così che nacque l’amore, e per fortuna che cuoche, professori e via dicendo non si lanciarono nelle stesse tecniche di conquista, almeno non sempre. Insomma, ridendo e scherzando e sgobbando, l’affiatata banda di “negri” bergamaschi (così ci chiamava Enrico) a forza di lampas di arena, cemento, balde de agua, mescla, sotto la guida dell’amigo muratore Elvis, ha messo su un’impresa edile di tutto rispetto con manodopera qualificata realizzando 2 casette prefabbricate, 6 cabine bagno, uno scivolo per una bimba disabile e lavoretti vari. Chiudiamo un occhio sulla raffinatezza dei metodi di lavoro, sui tetti in eternit, sugli odori, sulle sorprese incrociate lungo il percorso ma questo, soprattutto questo è La Era, è Perù. Per di più quelle case, quei bagni e tante altre piccole, grandi “costruzioni” vanno periodicamente verniciate e impregnate ed ecco così all’opera l’inarrestabile cricca dal pennello facile che in un ratito ha rinnovato gli ambienti. Tra montagne russe per la consegna del pane, demolizione e sostituzione di baracche fatiscenti, continue staffette per comprare materiale che non bastava mai, anche il centro di Enrico, Aida, Arturo, e dei 40 koala è stato travolto dall’uragano orobico (e pure da un terremoto tutto peruviano del 5° grado Richter): ora ha un nuovo look con colori, greche e bollicine vivaci per allietare i pomeriggi di scorribande dei bambini. Ma quando ormai i meccanismi sembravano funzionare alla perfezione, il vendicativo indio si metteva all’opera tra i corridoi del centro, mietendo vittime, causando repentine e reiterate corse clandestine al bagno e procurando conseguenti bruschi cali di peso, annessi e connessi. I pochi superstiti, che evidentemente avevano sancito un segreto patto di non belligeranza coi bassifondi, potevano rifocillarsi con gustosi piatti a base di pollo, papas, crudo della Vanda, arroz, cuy (un prelibato raton peruviano), ceviche (identificabile come pesce azzurro crudo), torte appena sfornate e coloratissimi cesti di maracuya, granadilla, mango, papaya, avocado, platano, naranja, tutto innaffiato da rustico Gato rosso, birra Cristal e bottiglie missilistiche di Pepsi. Non ci crederete ma tra un trabajo e l’altro, i 12 apostoli e l’indomito messia, forgiati da infinite messe quotidiane in condizioni proibitive e tripli immancabili momenti di preghiera, avendo ormai ottenuto il dono dell’ubiquità e parlando in tutte le lingue del mondo, avevano pure il tempo di concedersi diversi lussi. Per la cronaca momenti brevi ma intensi tra cui la camminata sulle acque dell’Oceano, la circumnavigazione del puerto di Ñaña in direzione del mercato di Chosica, la doppia amichevole di respiro internazionale tra Perù e Italia con regole ad personam in continuo aggiornamento. E ancora il ballo notturno sfrenato con gemellaggio peruano, il 25esimo anniversario della scuola locale con annessi discorsi biblici e premiazioni, i duelli senza esclusione di colpi tra mototaxi e quod, le sveglie mattutine a suon di “tamalé, de poio tamalé”, i rally con l’irreprensibile Stout, lo shopping selvaggio nella galleria d’artigianato locale. Gran finale con l’invasione di massa allo zoo con tanto di nascondino a tutto campo, perfezionamento delle tecniche di assalto, lancio di caramelle popolare, e come non citare quei tre desaparecidos fuggiti su per le Ande alla conquista di Cusco e Machu Picchu che hanno tutta un’altra storia da raccontare... Insomma state pur certi che non ci siamo mai tirati indietro, nemmeno alle imboscate e alle secchiate d’acqua gelida di qualche buontempone, ma tutto sommato ci siamo comportati molto bien! Prima di tornare in patria ci siamo dunque assicurati che l’inventario fosse concluso, che tutti i cantieri fossero stati ultimati, che tutti i muri fossero stati pintati, che tutti i pani fossero stati moltiplicati e tutti i legni verniciati... ...e così la signora Silvia e tanti altri potranno finalmente sedersi sulla tazza alla faccia delle intemperie per espletare i propri bisogni con un tetto sulla testa e quattro mura tutt’attorno; pure la signora Luciana e sua figlia Luciana potranno usufruirne senza la paura di essere spiate dalla strada; e così la piccola Estephanie potrà crescere con una casa e una veranda; e così il tuttofare Paul avrà una casa autonoma e una bottega annessa da fare invidia a tutta la sesta etapa; e così il capomastro nonché allenatore Elvis potrà raccontare del golden goal dell’Italia e della sua equipo di negri bergamaschi; e così il piccolo Renzo appena battezzato farà parte della nostra comunità; e così Kaori, Luanita e il disperato Manuel avranno 13 padrini e madrine che d’ora in avanti si prenderanno cura di loro dall’Italia; e così 40 cuccioli di koala potranno scorrazzare per il centro appena dipinto e tirato a lucido e potranno mangiare con un impianto luci nuovo di zecca; e così i cani del quartiere avranno qualche simbolica pianta su cui sbizzarrirsi... ...e così tutti noi 13 avremo sempre nel cuore un pezzo di Perù, un pezzo di La Era, un pezzo di ogni sguardo che abbiamo incrociato: perché ce l’abbiamo messa tutta ma abbiamo ricevuto molto di più di ciò che abbiamo dato e perché 100mila bagni non pagano come il sorriso di un bambino felice! Così noi abbiamo ricevuto gratuitamente centinaia di abbracci, baci, sorrisi, strette di mano, benedizioni che per sempre ci porteremo con noi, e per sempre cercheremo di ritrovare nel volto di chi ci sta davanti, in Perù, in Italia, a Zogno o in qualunque parte del mondo ci aspetta. “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Santa Madre Teresa di Calcutta. Grazie a tutti voi per averci accompagnato in questa esperienza unica: quando ci incroceremo per strada fermateci, chiedeteci di questo viaggio, saremo felici di condividere con voi qualche aneddoto, qualche emozione vissuta con Kaori, Melina, Aldair, Majori, Estephanie, Renzo, Luciana, Cristine, Allison, Josuè, MariaTeresa, Jasmine, Emanuel, Daniela, Alvaro, Maria Josè, Luana, Enrico, Aida, Elvis, Jesenia, Silvia, Paul e molti altri... chissà magari potrà essere l’occasione per organizzare un’altra spedizione, un’altra truppa... ormai non resta che darci l’arrivederci a presto, potremmo farlo alla peruana con un hastaluego, ma noi si va controcorrente... quindi... HASTA MAGNADA!!!
Richy
Dopo tanti anni di Perù, questa è la prima volta che ospitiamo un gruppo così grande di giovani così pieni di vita e di voglia di fare. Arrivarono il 14 di Agosto ma già il 15 erano sotto gli occhi di tutti e sulla bocca di tutti gli abitanti della Era. Sono giovani “gringos” di Zogno, accompagnati dal loro curato don Samu, che con semplicità tentano e risolvono tanti problemi di una vita che, molte volte, non sembra neanche vita. Ci si da da fare con la costruzione di casette prefabbricate, bagni che sostituiscono latrine e molti altri lavori pratici, in un mondo che a volte non ha molto di veramente pratico! I sorrisi dei bambini e delle persone che si incontravano quotidianamente ripagavano in modo smisurato le fatiche. Quando, la sera, ci ritrovavamo tutti insieme al “centro”, dopo una doccia e la cena, ci si raccontava tutto della giornata, condividendo la quotidianità del gruppo stesso come se fosse parte di noi da sempre. Il gruppo non ha mai vissuto momenti bassi. Non sono mancati i momenti di preghiera e la S.Messa quotidiana, espressione della vera ragione per cui hanno deciso di fare questa esperienza. Domani sarà il giorno dei saluti, lasceranno un vero vuoto, non solo qui al centro, ma anche nelle strade di questo villaggio che ha vissuto momenti felici con la presenza di questi giovani veri missionari. Qui stanno lasciando tutto ciò che appartiene a loro: gli indumenti, i materiali per i bambini, le loro scarpe, i soldi che hanno risparmiato e quant’altro, ma nei loro zaini hanno messo tutta la loro esperienza, l’amore, l’amicizia, la condivisione con questa gente e soprattutto l’amore per il prossimo come ci ha insegnato Gesù. Tutti questi zaini verranno riaperti a casa, in Italia, dove, sicuramente, con racconti e condivisioni verranno contagiati da un amore per il prossimo tanti altri giovani che inizieranno a chiedersi: cosa vuoi Gesù da me? Io e mia moglie Aida ci chiediamo sempre cosa Gesù vuole da noi! La sera, quando andiamo a dormire, siamo contenti di essere stanchi per un qualcosa che veramente valga la pena di essere vissuto. Molte volte ci capita di addormentarci mentre stiamo pregando ma con la sicurezza che il Signore non ci fa caso, perché ci dà la pace nell’aver compiuto la giornata con i fatti e non con molte parole. Sono sicuro che questi giovani hanno condiviso la loro esperienza con la loro comunità che, pur a distanza, è sempre stata presente con la preghiera e con il sostegno dei propri sacerdoti.
La Era, 29 Agosto 2015
Enrico e Aida
1...2...3... SÌ
Ognuno di noi 13 ha vissuto questi pochi secondi di trepidazione, giusto il tempo di fare un respiro, di vincere l’emozione, prima di tuffarsi in una fantastica esperienza. Tutti voi avete vissuto con noi le fasi preparatorie, avete scaldato con noi i motori e ci avete da subito supportato: ora tocca a noi farvi rivivere il nostro viaggio attraverso cieli, mari, deserti, popoli e culture dell’altro emisfero. Nella tranquilla mattinata del 14 agosto piombiamo come un meteorite a ciel sereno nel bel mezzo del barrio di La Era, un quartiere di Ñaña, piccola cittadina a 30 km da Lima. Abbiamo un punto di riferimento bianco di tre piani, la nostra roccaforte, una sorta di oasi in mezzo al deserto, tutto attorno polvere, pietrame e baracche. Sole timido, traffico caotico, cani randagi, strade sterrate, pendii ripidi: sembriamo sbarcati sulla Luna, come se in Valle Brembana scoppiasse una bomba atomica, niente di più lontano dalla nostra quotidianità! Per fortuna Enrico, il responsabile di questa “oasi” che è il centro confortano “Fratello Sole, Sorella Luna”, ci anestetizza con la sua ospitalità romana attutendoci l’impatto e facendoci riprendere nel nostro rifugio antiatomico. Abbiamo un bagno, una doccia, un tetto, un letto, un piatto sempre ricco, insomma dentro siamo a nostro agio, anzi non potevamo chiedere di meglio, ma fuori dove caspita siamo atterrati?! Giungerà il momento di andare fuori a vedere, di toccare con mano dove ci dovremo sporcare le mani, di mettere piede sulla terra che dovremo calpestare durante il nostro lavoro. Giungerà il momento, ma per ambientarci cominciamo a dare un’occhiata a Lima, capitale del Perù, megalopoli di 9 milioni di abitanti, una spianata di casupole appiccicate l’una all’altra, sovrastate e ovattate da una coltre di nubi e smog per sei mesi l’anno, nel mezzo qualche architettura spagnola muy bonita & muy hermosa, ma nel complesso tanto grigiume e squilli di clacson. Dopo l’ennesima gincana, scorrazzando a destra e a manca nel traffico senza regole, enumerando tutti i santi del paradiso per grazia ricevuta, rimettiamo piede a La Era sollevati per i pericoli scampati e volenterosi di iniziare a rimboccarci le maniche. È giunto il momento di far capire a Enrico di che pasta siamo fatti, ma anche lui ha in serbo qualche sorpresa, perciò meglio passare in rassegna la truppa orobica: si parte con la suddivisione dei compiti e la formazione di vere e proprie squadre di lavoro. Scalpitanti andamos alla conquista di La Era: un manipolo di prodi aiuto-albanil, capitanati dal capomastro autoctono Elvis, inaugura i primi cantieri; un altro gruppo diretto dal saggio DonSamu intraprende una battaglia campale contro i tarli a colpi di pennello e impregnante; mentre le nostre super femmes de manage mettono sottosopra i quattro piani del centro: puliscono, spazzano, lavano, cucinano come se non ci fosse un domani. Ma «Che sta’ senza fa niente?»: proprio mentre la supermacchina di lavoro va carburando ecco spuntare dal nulla nuove e stringenti priorità! Come se fossimo in un villaggio vacanze il programma d’animazione si arricchisce sempre più: si parte con la pulizia della terrazza come risveglio mattutino, poi consegna del pane in tutto il quartiere (già perché all’interno del centro c’è da poco una panetteria che peraltro la nostra lesta guida spirituale ha già individuato come fonte ufficiale di dolci); si prosegue con la rincorsa serrata del cane Arturo che gentilmente addobberà tutte le nostre stanze con il suo marchio di fabbrica. Riprendiamo fiato con un aperitivo a base di “lindaggio teglie per il pane”, nel mezzo merenda con l’occasionale distribuzione del “vaso de leche” e dulcis in fundo rifocillaggi vari ed eventuali di generi alimentari e altro; ovviamente il tutto spalmato dalle 5 della mattina alle 20 della sera. Poi quando pensi di avere tutto o quasi nel promemoria ti accorgi che 40 bambini ti stanno nel contempo osservando di soppiatto: già, perché la nostra roccaforte è prima di tutto il loro centro di raccolta nel doposcuola, dove mangiano, studiano, giocano, pregano, creano... Da subito impariamo a condividere la “nostra” tana con 40 bambini, 10 professori, cuoche, Enrico, Aida, Arturo...: è un’impresa fisicamente impegnativa, soprattutto se a qualche niño più estroverso balena l’idea di testare la nostra prestanza fisica organizzando un vero e proprio assalto in grande stile... inutile dire che in un attimo la roccaforte cade in mano peruana, bambini spinti da spirito di veri conquistadores si trasformano magicamente in 40 piccoli koala pronti ad arrampicarsi sui quei 13 inermi italien. E fu così che nacque l’amore, e per fortuna che cuoche, professori e via dicendo non si lanciarono nelle stesse tecniche di conquista, almeno non sempre. Insomma, ridendo e scherzando e sgobbando, l’affiatata banda di “negri” bergamaschi (così ci chiamava Enrico) a forza di lampas di arena, cemento, balde de agua, mescla, sotto la guida dell’amigo muratore Elvis, ha messo su un’impresa edile di tutto rispetto con manodopera qualificata realizzando 2 casette prefabbricate, 6 cabine bagno, uno scivolo per una bimba disabile e lavoretti vari. Chiudiamo un occhio sulla raffinatezza dei metodi di lavoro, sui tetti in eternit, sugli odori, sulle sorprese incrociate lungo il percorso ma questo, soprattutto questo è La Era, è Perù. Per di più quelle case, quei bagni e tante altre piccole, grandi “costruzioni” vanno periodicamente verniciate e impregnate ed ecco così all’opera l’inarrestabile cricca dal pennello facile che in un ratito ha rinnovato gli ambienti. Tra montagne russe per la consegna del pane, demolizione e sostituzione di baracche fatiscenti, continue staffette per comprare materiale che non bastava mai, anche il centro di Enrico, Aida, Arturo, e dei 40 koala è stato travolto dall’uragano orobico (e pure da un terremoto tutto peruviano del 5° grado Richter): ora ha un nuovo look con colori, greche e bollicine vivaci per allietare i pomeriggi di scorribande dei bambini. Ma quando ormai i meccanismi sembravano funzionare alla perfezione, il vendicativo indio si metteva all’opera tra i corridoi del centro, mietendo vittime, causando repentine e reiterate corse clandestine al bagno e procurando conseguenti bruschi cali di peso, annessi e connessi. I pochi superstiti, che evidentemente avevano sancito un segreto patto di non belligeranza coi bassifondi, potevano rifocillarsi con gustosi piatti a base di pollo, papas, crudo della Vanda, arroz, cuy (un prelibato raton peruviano), ceviche (identificabile come pesce azzurro crudo), torte appena sfornate e coloratissimi cesti di maracuya, granadilla, mango, papaya, avocado, platano, naranja, tutto innaffiato da rustico Gato rosso, birra Cristal e bottiglie missilistiche di Pepsi. Non ci crederete ma tra un trabajo e l’altro, i 12 apostoli e l’indomito messia, forgiati da infinite messe quotidiane in condizioni proibitive e tripli immancabili momenti di preghiera, avendo ormai ottenuto il dono dell’ubiquità e parlando in tutte le lingue del mondo, avevano pure il tempo di concedersi diversi lussi. Per la cronaca momenti brevi ma intensi tra cui la camminata sulle acque dell’Oceano, la circumnavigazione del puerto di Ñaña in direzione del mercato di Chosica, la doppia amichevole di respiro internazionale tra Perù e Italia con regole ad personam in continuo aggiornamento. E ancora il ballo notturno sfrenato con gemellaggio peruano, il 25esimo anniversario della scuola locale con annessi discorsi biblici e premiazioni, i duelli senza esclusione di colpi tra mototaxi e quod, le sveglie mattutine a suon di “tamalé, de poio tamalé”, i rally con l’irreprensibile Stout, lo shopping selvaggio nella galleria d’artigianato locale. Gran finale con l’invasione di massa allo zoo con tanto di nascondino a tutto campo, perfezionamento delle tecniche di assalto, lancio di caramelle popolare, e come non citare quei tre desaparecidos fuggiti su per le Ande alla conquista di Cusco e Machu Picchu che hanno tutta un’altra storia da raccontare... Insomma state pur certi che non ci siamo mai tirati indietro, nemmeno alle imboscate e alle secchiate d’acqua gelida di qualche buontempone, ma tutto sommato ci siamo comportati molto bien! Prima di tornare in patria ci siamo dunque assicurati che l’inventario fosse concluso, che tutti i cantieri fossero stati ultimati, che tutti i muri fossero stati pintati, che tutti i pani fossero stati moltiplicati e tutti i legni verniciati... ...e così la signora Silvia e tanti altri potranno finalmente sedersi sulla tazza alla faccia delle intemperie per espletare i propri bisogni con un tetto sulla testa e quattro mura tutt’attorno; pure la signora Luciana e sua figlia Luciana potranno usufruirne senza la paura di essere spiate dalla strada; e così la piccola Estephanie potrà crescere con una casa e una veranda; e così il tuttofare Paul avrà una casa autonoma e una bottega annessa da fare invidia a tutta la sesta etapa; e così il capomastro nonché allenatore Elvis potrà raccontare del golden goal dell’Italia e della sua equipo di negri bergamaschi; e così il piccolo Renzo appena battezzato farà parte della nostra comunità; e così Kaori, Luanita e il disperato Manuel avranno 13 padrini e madrine che d’ora in avanti si prenderanno cura di loro dall’Italia; e così 40 cuccioli di koala potranno scorrazzare per il centro appena dipinto e tirato a lucido e potranno mangiare con un impianto luci nuovo di zecca; e così i cani del quartiere avranno qualche simbolica pianta su cui sbizzarrirsi... ...e così tutti noi 13 avremo sempre nel cuore un pezzo di Perù, un pezzo di La Era, un pezzo di ogni sguardo che abbiamo incrociato: perché ce l’abbiamo messa tutta ma abbiamo ricevuto molto di più di ciò che abbiamo dato e perché 100mila bagni non pagano come il sorriso di un bambino felice! Così noi abbiamo ricevuto gratuitamente centinaia di abbracci, baci, sorrisi, strette di mano, benedizioni che per sempre ci porteremo con noi, e per sempre cercheremo di ritrovare nel volto di chi ci sta davanti, in Perù, in Italia, a Zogno o in qualunque parte del mondo ci aspetta. “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”. Santa Madre Teresa di Calcutta. Grazie a tutti voi per averci accompagnato in questa esperienza unica: quando ci incroceremo per strada fermateci, chiedeteci di questo viaggio, saremo felici di condividere con voi qualche aneddoto, qualche emozione vissuta con Kaori, Melina, Aldair, Majori, Estephanie, Renzo, Luciana, Cristine, Allison, Josuè, MariaTeresa, Jasmine, Emanuel, Daniela, Alvaro, Maria Josè, Luana, Enrico, Aida, Elvis, Jesenia, Silvia, Paul e molti altri... chissà magari potrà essere l’occasione per organizzare un’altra spedizione, un’altra truppa... ormai non resta che darci l’arrivederci a presto, potremmo farlo alla peruana con un hastaluego, ma noi si va controcorrente... quindi... HASTA MAGNADA!!!
Richy
Dopo tanti anni di Perù, questa è la prima volta che ospitiamo un gruppo così grande di giovani così pieni di vita e di voglia di fare. Arrivarono il 14 di Agosto ma già il 15 erano sotto gli occhi di tutti e sulla bocca di tutti gli abitanti della Era. Sono giovani “gringos” di Zogno, accompagnati dal loro curato don Samu, che con semplicità tentano e risolvono tanti problemi di una vita che, molte volte, non sembra neanche vita. Ci si da da fare con la costruzione di casette prefabbricate, bagni che sostituiscono latrine e molti altri lavori pratici, in un mondo che a volte non ha molto di veramente pratico! I sorrisi dei bambini e delle persone che si incontravano quotidianamente ripagavano in modo smisurato le fatiche. Quando, la sera, ci ritrovavamo tutti insieme al “centro”, dopo una doccia e la cena, ci si raccontava tutto della giornata, condividendo la quotidianità del gruppo stesso come se fosse parte di noi da sempre. Il gruppo non ha mai vissuto momenti bassi. Non sono mancati i momenti di preghiera e la S.Messa quotidiana, espressione della vera ragione per cui hanno deciso di fare questa esperienza. Domani sarà il giorno dei saluti, lasceranno un vero vuoto, non solo qui al centro, ma anche nelle strade di questo villaggio che ha vissuto momenti felici con la presenza di questi giovani veri missionari. Qui stanno lasciando tutto ciò che appartiene a loro: gli indumenti, i materiali per i bambini, le loro scarpe, i soldi che hanno risparmiato e quant’altro, ma nei loro zaini hanno messo tutta la loro esperienza, l’amore, l’amicizia, la condivisione con questa gente e soprattutto l’amore per il prossimo come ci ha insegnato Gesù. Tutti questi zaini verranno riaperti a casa, in Italia, dove, sicuramente, con racconti e condivisioni verranno contagiati da un amore per il prossimo tanti altri giovani che inizieranno a chiedersi: cosa vuoi Gesù da me? Io e mia moglie Aida ci chiediamo sempre cosa Gesù vuole da noi! La sera, quando andiamo a dormire, siamo contenti di essere stanchi per un qualcosa che veramente valga la pena di essere vissuto. Molte volte ci capita di addormentarci mentre stiamo pregando ma con la sicurezza che il Signore non ci fa caso, perché ci dà la pace nell’aver compiuto la giornata con i fatti e non con molte parole. Sono sicuro che questi giovani hanno condiviso la loro esperienza con la loro comunità che, pur a distanza, è sempre stata presente con la preghiera e con il sostegno dei propri sacerdoti.
La Era, 29 Agosto 2015
Enrico e Aida
ES.CA.
ESPERIENZA CARITATIVA al centro diurno disabili di Bergamo
Ore 7.30, zaino in spalla, il pulmino guidato dal nostro accompagnatore Fusto e la macchina di don Samu ci aspettano all’oratorio di Zogno. Alcuni di noi, ragazzi del gruppo di catechismo del ’98, sono già pronti ad iniziare una nuova esperienza presso il CDD (Centro Diurno Disabili) del Comune di Bergamo. Appena arrivati, il responsabile Pierluigi ci ha mostrato la struttura, spiegandoci le varie attività e il programma che si sarebbe svolto nel corso dei tre giorni. Sebbene per molti di noi questa fosse un’esperienza totalmente nuova, la curiosità e la voglia di metterci in gioco ci hanno spinti fin da subito a fare del nostro meglio. Il programma da seguire per le varie giornate era particolarmente intenso, così abbiamo deciso di suddividerci in più gruppi in compagnia dei ragazzi del centro; siamo stati all’orto biologico di Città Alta, abbiamo seguito un laboratorio musicale, passato mattinate a divertirci insieme in piscina... Oltre al lavoro svolto nel Centro, un altro luogo da noi frequentato era l’istituto delle Piccole Serve di Gesù, dove le suore ci hanno offerto un alloggio: abbiamo trascorso delle giornate a mo’ di “vita comune”, proprio come una grande famiglia impegnata nelle faccende domestiche, piuttosto che nella preghiera tutti insieme. Siamo rimasti molto colpiti da una testimonianza che suor Caterina ci ha raccontato: lei e le sue sorelle vivono di provvidenza, ovvero della generosità delle persone e della stessa Provvidenza divina, tema caro che spesso ci ricorda il nostro don e che oggigiorno sarebbe bene non dimenticare. L’ultimo giorno di permanenza, gli operatori del centro che ci ospitava hanno preparato una festa per ringraziarci dell’aiuto offerto nei giorni precedenti: abbiamo mangiato pane e nutella, anguria e ballato insieme in ricordo delle belle emozioni vissute. A conclusione del nostro progetto caritativo abbiamo trascorso tre giorni a Lignano Sabbiadoro, per coronare il lavoro svolto. Nel corso dei giorni è stato particolarmente bello conoscere i ragazzi del centro... ...“bum bum amici del cuore” diceva sempre la nostra Manuela; “bomba”, invece, era il ballo preferito di Eros; poi c’era Mario, che aiutato da Fusto, giocava con i ragazzi a carte; Claudio aveva sempre qualcosa da raccontare, sulla sua casa e famiglia; Luca amava la chitarra e Ligabue. Questa esperienza ci ha insegnato ad apprezzare le piccole cose: stando con questi ragazzi, un semplice abbraccio o sorriso poteva renderli felici. Nei momenti di condivisione con il don abbiamo scavato un po’ più a fondo nei nostri sentimenti e abbiamo potuto constatare che, in realtà, è molto più quello che si “riceve” rispetto a quello che si “dona”. Grazie ai ragazzi del Centro abbiamo potuto riscoprire quanto sia bello vivere relazioni semplici, sincere, disinteressate e avere accanto persone che si prendono sempre cura di te. Un consiglio ai nostri amici Ado: abbiate modo di toccare con mano e vivere veramente queste esperienze, per crescere insieme e ampliare i propri orizzonti, al di fuori della piccola realtà quotidiana. Per questo ringraziamo il Centro che ci ha ospitati, gli operatori e in particolar modo Pierluigi. Grazie a Fusto che ci ha accompagnato e, infine, grazie a Don Samu perché ci ha offerto l’occasione di conoscere un’altra realtà, ben diversa e, a volte, più difficile della nostra, ma che sa dare grandi soddisfazioni.
Gaia e Manu
Gaia e Manu
SAGRA DI SAN LORENZO
Come tutti gli anni, nella nostra comunità, a fine luglio inizia la Sagra che termina il 10 agosto, giorno del nostro patrono San Lorenzo, sentito da tutto il paese e frazioni. Ma per i volontari che lavorano in sagra, il tutto inizia molto prima: appena terminate le scuole essi montano la struttura che ospiterà chi arriva in sagra per mangiare e, appena terminato il Cre dei nostri ragazzi, (che usufruiscono della medesima struttura per le attività esterne) sotto la guida di Mario Riva e Giancarlo (il Gianca per tutti), iniziano a montare anche le varie strutture, le griglie e i fornelli, le coperture e protezioni e il palco per gli eventi. Quest’anno siamo partiti in sordina causa il maltempo, ma con il proseguo della manifestazione è stato un crescendo di pubblico. Ogni volontario ha i suoi compiti: chi alle casse, chi al bar, chi alle griglie, chi alle patatine, chi al forno delle pizze, chi in cucina ai fornelli, chi alla friggitrice per il fritto misto; le foiade e i casoncelli freschi sono opera delle signore volontarie che hanno dedicato intere sere e pomeriggi a impastare il ripieno e poi la pasta, per questi gustosissimi primi piatti. Ognuno si impegna nel proprio lavoro e Vanna coordina le ordinazioni che vengono servite dai giovani adolescenti, sempre premurosi e disponibili. Si lavora, si fatica, si corre, ma il tutto in allegria: l’importante è soddisfare le persone arrivate in oratorio a mangiare! Al termine della serata, ogni postazione provvede al riordino e alla pulizia delle stoviglie e dei piani di lavoro per il giorno dopo, e si ritorna a casa stanchi ma contenti del lavoro fatto. Un grande ringraziamento va a tutte quelle persone che hanno pulito i vassoi, differenziato la pattumiera, spazzato con cura sotto i tavoli e le panche, perché l’oratorio fosse pronto per l’indomani, alla ripresa della sagra. E siamo al 10 agosto, giorno del nostro Patrono SAN LORENZO, che con la sua statua imponente posta sul nostro campanile e ben visibile da tutte le nostre frazioni, domina la conca di Zogno. Giornata che inizia molto presto per preparare il pranzo e la tavola ai sacerdoti zognesi, ai campanari e alle autorità, partecipanti prima alla messa solenne delle ore 11,00, quest’anno presieduta da Mons. Vittorio Bonati, attuale prevosto di S. Maria del Bosco e curato e direttore del nostro oratorio dal 1981 al 1985. Si lavora su due fronti: in cucina sotto la regia del nostro Chef Fabio, che con il suo staff composto da Betty e Kevin preparano un delizioso pranzo per gli ospiti; e in sala che è tutto un fermento nell’apparecchiare le tavolate con precisione, eleganza e meticolosità. Terminata la solenne messa, gli invitati sono scesi in oratorio accompagnati dal nostro parroco Don Angelo e dal curato Don Samuele e, seduti a tavola, Fulvia e Barbara hanno servito il pranzo. Dopo il caffè e i saluti finali con piccolo concerto dei campanari, gli invitati sono tornati alle proprie parrocchie, ma per i volontari il lavoro non finiva lì, perché andava risistemato e preparato il tutto per affrontare l’ultima serata della sagra. Terminata la processione, molto seguita da tutta la nostra comunità con grande partecipazione di fedeli e con la consueta e generosa presenza dei nostri Alpini che portano la statua del Santo, e ai quali è doveroso porgere un grandissimo GRAZIE, la gente è venuta in oratorio per concludere la giornata con la cena e la tradizionale Tombola. Finito il tutto e dopo avere lavato, pulito e riordinato stoviglie, padelle, fornelli e lavandini, banco e bancone, griglie e frigoriferi, nonché tutti i grembiuli e gli strofinacci, siamo tornati a casa per il meritatissimo riposo! Prontissimi però a ripresentarci il mattino dopo, organizzati in gruppi ben precisi, a smontare e sistemare il grande tendone e le varie strutture dentro e fuori dal bar e dalla cucina, per altri due giorni di lavoro. Quando ci siamo salutati, stanchi ma contenti del tempo che abbiamo dedicato alla nostra comunità, abbiamo ringraziato mentalmente, ma ora lo facciamo con gioia da queste pagine, tutti gli adolescenti e i giovani che ci hanno aiutato anche nei lavori pesanti; augurandoci che possano essere loro, con il nostro esempio e aiuto, la naturale continuità per il proseguo della nostra Sagra negli anni futuri. Un così bel motivo per stringere amicizie e collaborazioni dev’essere decisamente sfruttato al meglio: per un servizio importante ma piacevole alla comunità ma soprattutto per quello che se ne ricava in fraternità! Credetemi! Termino con un grazie a tutti voi Zognesi, che ci avete rallegrato con la vostra numerosa partecipazione agli eventi organizzati e nel far si che la Sagra fosse un bel momento da vivere insieme. Grazie, grazie a tutti e arrivederci al 2016 con grosse Novità!
Nerino
Nerino
GLI OTTANT'ANNI DEL NOSTRO ORATORIO
Ormai è noto a tutti che quest’anno abbiamo celebrato e festeggiato gli 80 anni dalla nascita del nostro oratorio, precisamente il giorno 10 agosto 2015, ricorrenza del nostro patrono San Lorenzo. Invece, nella settimana dall’11 al 18 ottobre, presso il bar dell’oratorio, abbiamo allestito una mostra fotografica che è stata visitata da molti zognesi; foto scannerizzate da vecchi e recenti notiziari, foto in bianco e nero di formato piccolissimo pervenute in redazione per l’occasione e foto prese da alcuni volumi anche datati, hanno permesso di comporre una nutrita collezione di immagini e di scritti che, riportati in formato A4, hanno offerto una bella panoramica di questi ottant’anni “in oratorio”. Preziosi documenti originali, quali domande, autorizzazioni e permessi comunali, nonché disegni e tabelle catastali, hanno completato l’originale realizzazione. Per accompagnare la mostra (e dare modo anche ai posteri di gustarla nel tempo e con calma) è stato preparato un CD in formato PowerPoint in abbinamento ad un simpatico calendario da tavolo e ad un opuscolo informativo, con riflessioni e frasi augurali di tutti i curati che sono stati Direttori del nostro oratorio. Inoltre, in questa settimana, nei due pomeriggi del catechismo di mercoledì e di venerdì, i ragazzi delle medie e delle elementari sono stati invitati ad ascoltare la testimonianza di don Andrea e del seminarista Luca dal Centro Salesiano, di Milano: parlandoci di don Bosco, intervistandosi a vicenda, giocando e cantando insieme a noi, hanno espresso la gioia e la serenità di chi, affidandosi spesso alla Provvidenza Divina, come fece appunto San Giovanni Bosco, scopre che è sempre vincente la scelta di stare dove è il proprio cuore! Cioè a servizio dei fratelli, della famiglia, dei poveri e dei sofferenti, degli ammalati, della comunità, del paese... in virtù della propria scelta di vita. Adulti, genitori, educatori e catechisti sono stati invitati nella sera del venerdì, ad ascoltare l’intervento di suor Patrizia, sempre sul tema dell’educazione giovanile nello stile di don Bosco, con consigli e indicazioni utili e appassionate. Anch’essa, con suor Angela è giunta da Milano. In sintesi, occorre essere ADULTI a cui i giovani possano rivolgersi con FIDUCIA. Domenica 18 ottobre, in concomitanza con l’89ª Giornata Missionaria Mondiale, abbiamo festeggiato liturgicamente la domenica di chiusura della festa: alcuni adolescenti, in processione, hanno portato la statua di don Bosco, accompagnati dalla nostra Banda Musicale, presso la parrocchiale, dove i sacerdoti della nostra Unità Pastorale, con don Paolo e don Luigi, hanno concelebrato. Insieme c’erano Padre Matteo, Padre Vincenzo Troletti, monfortano, gancio e tramite preziosissimo per l’esperienza estiva caritatevole dei nostri giovani nel centro Peruviano Fratello Sole, Sorella Luna a La Era. Vi invitiamo a leggere la nota pastorale che trovate alla pagina seguente, che completa benissimo l’argomento oratorio e il tema dell’educazione. Perché davvero, per far sì che dentro questo ambiente tutto possa funzionare bene, è richiesto l’apporto di tutti, indipendentemente dal numero e dal valore dei nostri talenti. Grati sempre per l’attenzione e riconoscenti per il clima di festa e di condivisione che abbiamo gustato e respirato in quei giorni, vi salutiamo caramente.
Giorgio sacrista, Fulvia, Bruno (continua) |