1974
Il nostro Arcivescovo, Mons. Clemente Gaddi
Il 18 gennaio scorso ha indirizzato una lettera, vergata di suo pugno al Parroco, in cui fra l'altro afferma: ... La saluto con affetto e cordialità, unitamente ai Sacerdoti che lavorano con lei e a tutti i fedeli della parrocchia. Accompagno con la preghiera la sua attività: la seguo mediante la lettura del bollettino, tanto personale e interessante; mi rallegro vivamente con lei e mi raccomando alle sue preghiere.
Aff.mo † G. GADDI, VESCOVO Ringraziamo insieme il nostro Arcivescovo che non si dimentica mal di noi anche se talvolta noi ci dimentichiamo involontariamente di lui e non lo teniamo sempre presente come vero capo e diretto responsabile della nostra parrocchia oltre che di tutta la diocesi di Bergamo. Quest'anno l'avremo di nuovo tra noi per l'amministrazione delle Sante Cresime. Coglieremo quella circostanza per manifestargli sincera devozione filiale e viva riconoscenza. Intanto lo ricordiamo di cuore, perché Dio ce lo benedica in ogni maniera, in tutte le nostre celebrazioni liturgiche e nelle nostre preghiere. |
La grande eresia
del cuore
L'Anno Santo, già iniziato, sarà tale per noi soltanto se sarà l'anno della nostra conversione, cioé della nostra riconciliazione con Dio e coi fratelli. Diversamente sarà un anno come tutti gli altri! Affinché sia tale, cioé santo, non è necessario che sia l'anno in cui si moltiplicano le pratiche di pietà come fine a se stesse, ma dovrà essere l'anno in cui cominceremo decisamente a volerei bene! La vera conversione dell'uomo deve partire dal cuore, perché il cuore è la sorgente di ogni bene e di ogni male: se è sano dà la vita, ma se malato dà la morte. Dobbiamo quindi verificare la piena ortodossia della nostra fede attraverso l'esame del cuore. Il famigerato «Santo Ufficio» (fino al 1908 « S. Romana e Universale Inquisizione» istituita da Paolo III, il 22 luglio 1542, e ora trasformata in «S. Congregazione per la dottrina della Fede ») e i precedenti ancora più famigerati «Tribunali dell'Inquisizione» sono responsabili di avere trascurato l'eresia del cuore, la più micidiale per la fede di tutti e causa principale di ogni altra eresia. Dio non tiene conto che di questa unica eresia! «Chi non ama, è omicida», dice S. Giovanni Apostolo. Chi non ama è eretico su tutti i punti della dottrina cristiana. Bisogna pertanto abbattere l'eresia del cuore per essere in perfetta armonia con Dio e coi fratelli, perché «Chi ama, ha già osservato tutta la legge». «Credete all'amore», ci ripete ancora S. Giovanni. È arrivato il tempo in cui bisogna proprio credere che gli uomini tutti sono fratelli non soltanto in Cristo, ma anche in «pignatta»! La legge universale che impegna tutti gli uomini indistintamente a «Fare il bene e a evitare il male» si concretizza praticamente nel volersi bene! Sono due gli scogli da superarsi subito per riuscire in questa grande impresa che ci siamo prefissi della riconciliazione.
1°) - Dobbiamo accettarci reciprocamente subito così come siamo quale premessa indispensabile a ogni nostra intesa e a ogni nostro dialogo. Dobbiamo cioé camminare insieme, ma non come Caino con Abele per fargli la pelle, o come in un ballo mascherato, per fare i nostri porci comodi a vicenda senza dover arrossire, ovvero come malviventi camuffati per evitare le conseguenze dei nostri misfatti! La ragione più profonda del nostro fallimento nella vita cristiana è costituita dal fatto che ci rifiutiamo a vicenda tra di noi. Di questo rifiuto poi noi sappiamo ritrovare sempre ragioni santissime, inoppugnabilmente cristiane! Così abbiamo scandalizzato il mondo perché di cristiano nella nostra religione non rimane più nulla tranne forse le croci e i segni che tracciamo sulla pelle degli uomini e sulla superficie delle cose magari per indicarne i confini o la proprietà, o per scongiurare qualche pericolo o maleficio. Ma Dio si è convertito all'uomo peccatore, così come è, da buon samaritano, mettendosi sotto la sua pelle per salvarlo. Una volta si diceva che la Chiesa sta in piedi anche in barba al preti, perché è divina; ma ora si deve dire che la Chiesa starà in piedi soltanto se diventerà più umana! Il rifiuto dell'uomo, in qualsiasi caso, avvenga, è sempre anche rifiuto di Dio! Cristo ha deciso di fare la sua Chiesa coi nostri rifiuti: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la mia pietra angolare» dice il Signore. Lui stesso è stato rifiutato dagli uomini di fede e di religione del suo tempo perché si è rifiutato di commettere l'eresia del cuore! Ha infatti esautorato la religione dei precetti e delle osservanze farisaiche; ha affermato «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me»; ha operato guarigioni in giorno di sabato violandone il riposo; ha prediletto i peccatori e i diseredati; ha promulgato la legge dell'amore incondizionato stigmatizzando l'amore dei santoni del suo tempo dicendo: «Anche i gentili fanno così!»; ha lanciato a ciascuno di noi la sfida: «Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!»; ha precisato il segreto del nostro successo: «Riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri!». Negando amore ci siamo resi incapaci di amare e di essere amati! Soltanto chi ama si rende capace di credere, o, viceversa, chi crede, ama!
2°) - Dobbiamo renderci quanto prima amabili, per non essere rifiutati, anche! Non imponiamoci agli altri! L'amore si offre, ma con garbo, affinchè non abbia a essere scambiato per un insulto. Non facciamoci mai sopportare come molesti parassiti dell'amore altrui! Rendiamoci bensì amabili a tutti. Come nella vita coniugale: quando la moglie non è più amabile col marito, perde, anzi ha già perduto il marito; così nella vita cristiana: quando non siamo più amabili coi fratelli, li abbiamo giù perduti, anzi, ci siamo già perduti a vicenda! Il nostro deve essere quindi un rimpasto personale, interiore, con tutto ciò che serve a renderci persone comunicabili, universalmente e incondizionatamente amabili. Anche presso Dio, dice la fede, non esistono preferenze di persona. Non sarebbe più il vero Dio, il nostro, se escludesse dal suo amore una sola sua creatura! Anche il cristiano non sarebbe più tale se non si impegnasse a rendersi amabile a ogni suo fratello. Sono cose che sappiamo già, ma che abbiamo bisogno di ripeterci sempre ad alta voce! È così che si riscopre la Chiesa come la migliore proposta di amore per i fratelli dei quali ritroviamo in Dio-Amore le giuste dimensioni per affermare la grandezza e il fine. Ecco perché quand'anche l'uomo diventasse un rifiuto, non è mai fatto da sbattersi via!
Ci sembra finalmente di poter concludere che avvenuta la riconciliazione coi fratelli, è già in atto la nostra riconciliazione con Dio, che si perfeziona senz'altro attraverso un rapporto anche immediato con Dio stesso, che si realizza attraverso la preghiera, lo studio o la catechesi e la vita sacramentale.
(Continua)
D. Gabanelli
1°) - Dobbiamo accettarci reciprocamente subito così come siamo quale premessa indispensabile a ogni nostra intesa e a ogni nostro dialogo. Dobbiamo cioé camminare insieme, ma non come Caino con Abele per fargli la pelle, o come in un ballo mascherato, per fare i nostri porci comodi a vicenda senza dover arrossire, ovvero come malviventi camuffati per evitare le conseguenze dei nostri misfatti! La ragione più profonda del nostro fallimento nella vita cristiana è costituita dal fatto che ci rifiutiamo a vicenda tra di noi. Di questo rifiuto poi noi sappiamo ritrovare sempre ragioni santissime, inoppugnabilmente cristiane! Così abbiamo scandalizzato il mondo perché di cristiano nella nostra religione non rimane più nulla tranne forse le croci e i segni che tracciamo sulla pelle degli uomini e sulla superficie delle cose magari per indicarne i confini o la proprietà, o per scongiurare qualche pericolo o maleficio. Ma Dio si è convertito all'uomo peccatore, così come è, da buon samaritano, mettendosi sotto la sua pelle per salvarlo. Una volta si diceva che la Chiesa sta in piedi anche in barba al preti, perché è divina; ma ora si deve dire che la Chiesa starà in piedi soltanto se diventerà più umana! Il rifiuto dell'uomo, in qualsiasi caso, avvenga, è sempre anche rifiuto di Dio! Cristo ha deciso di fare la sua Chiesa coi nostri rifiuti: «La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la mia pietra angolare» dice il Signore. Lui stesso è stato rifiutato dagli uomini di fede e di religione del suo tempo perché si è rifiutato di commettere l'eresia del cuore! Ha infatti esautorato la religione dei precetti e delle osservanze farisaiche; ha affermato «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me»; ha operato guarigioni in giorno di sabato violandone il riposo; ha prediletto i peccatori e i diseredati; ha promulgato la legge dell'amore incondizionato stigmatizzando l'amore dei santoni del suo tempo dicendo: «Anche i gentili fanno così!»; ha lanciato a ciascuno di noi la sfida: «Chi è senza peccato, scagli la prima pietra!»; ha precisato il segreto del nostro successo: «Riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri!». Negando amore ci siamo resi incapaci di amare e di essere amati! Soltanto chi ama si rende capace di credere, o, viceversa, chi crede, ama!
2°) - Dobbiamo renderci quanto prima amabili, per non essere rifiutati, anche! Non imponiamoci agli altri! L'amore si offre, ma con garbo, affinchè non abbia a essere scambiato per un insulto. Non facciamoci mai sopportare come molesti parassiti dell'amore altrui! Rendiamoci bensì amabili a tutti. Come nella vita coniugale: quando la moglie non è più amabile col marito, perde, anzi ha già perduto il marito; così nella vita cristiana: quando non siamo più amabili coi fratelli, li abbiamo giù perduti, anzi, ci siamo già perduti a vicenda! Il nostro deve essere quindi un rimpasto personale, interiore, con tutto ciò che serve a renderci persone comunicabili, universalmente e incondizionatamente amabili. Anche presso Dio, dice la fede, non esistono preferenze di persona. Non sarebbe più il vero Dio, il nostro, se escludesse dal suo amore una sola sua creatura! Anche il cristiano non sarebbe più tale se non si impegnasse a rendersi amabile a ogni suo fratello. Sono cose che sappiamo già, ma che abbiamo bisogno di ripeterci sempre ad alta voce! È così che si riscopre la Chiesa come la migliore proposta di amore per i fratelli dei quali ritroviamo in Dio-Amore le giuste dimensioni per affermare la grandezza e il fine. Ecco perché quand'anche l'uomo diventasse un rifiuto, non è mai fatto da sbattersi via!
Ci sembra finalmente di poter concludere che avvenuta la riconciliazione coi fratelli, è già in atto la nostra riconciliazione con Dio, che si perfeziona senz'altro attraverso un rapporto anche immediato con Dio stesso, che si realizza attraverso la preghiera, lo studio o la catechesi e la vita sacramentale.
(Continua)
D. Gabanelli
Altra eresia
del cuore d’abbattere
La prima eresia del cuore d'abbattere è una religione senza amor del prossimo: l'altra eresia del cuore d'abbattere è una religione senza amor di Dio! Abbattuta la prima, realizzata cioè la nostra riconciliazione coi fratelli, ci rendiamo capaci d'abbattere anche l'altra, di riconciliarci quindi con Dio. Se Dio esige, il nostro amore per i fratelli, a maggior ragione esige il nostro amore anche per sè. Siamo pertanto chiamati a fare una esperienza autentica di Dio, cioè amorosa. Dobbiamo perciò coltivare i nostri rapporti immediati con Dio stesso sempre incentrati sull'amore. La preghiera, i sacramenti, la evangelizzazione sono i grandi mezzi: la preghiera innanzitutto promuove in noi una esperienza personale di Dio, i sacramenti ci introducono in un'esperienza comunitaria di Cristo e la evangelizzazione («la catechesi») ci predispone all'iniziazione cristiana della vita intesa come autentica scuola di fede.
PARLIAMO DELLA PREGHIERA
È necessaria per instaurare il primo rapporto immediato con Dio. Chi lo cerca lo trova. Dio è sempre in agguato sulla strada della nostra vita perché è alla costante ricerca dell'uomo di cui è l'eterno innamorato. La preghiera può essere definita in tante maniere, ma a noi non interessa di definirla che come La propria ricerca personale di Dio; diventa così la nostra esperienza quotidiana di fede che promuove e matura dei rapporti immediati con Dio stesso che si intrecciano tra la nostra esperienza di colpa e di infedeltà e la sua proposta irreversibile di amore. Senz'altro la grandezza di un uomo di fede la si misura anche dalla qualità della sua preghiera, così come il grado di purezza di una pietra preziosa ne determina la qualità e quindi il valore. Questa preghiera non è un soliloquio, discorso senza risposta, proprio di chi ha paura a restare solo al buio o in un luogo deserto, o di chi si rivolge al proprio cane o al canarino sonoro che tiene rinchiuso in gabbia nel soggiorno. È anzi di dialogo più audace che l'uomo possa fare: parla il verme della terra, che Dio si è scelto come figlio, col Creatore dell'universo che si offre a noi come Padre. È il dialogo «più dialogo» perché ha come interlocutori l'uomo con la più grande domanda della sua vita e Dio con la più grande risposta del suo amore. Giobbe nella sua infinita angoscia ricerca il Dio della sua consolazione inabissandosi nell'universo che lo circonda e lo chiama in causa « Deus ex machina » per fargli decidere da Dio il grande problema del dolore che affligge l'umanità. Il cristiano invece, con la preghiera, si inabissa perdutamente alla ricerca di Dio nell'abisso interiore del proprio essere, che è più smisurato dell'altro, per esclamare: « O immenso Dio, Ti cerco, Ti adoro, Ti amo!». E Dio ci sorprende nell'intimo della nostra anima che Lui stesso ha fatto capace di sé e si è scelto come dimora prediletta di Padre, di Fratello e di Amore. Dio è sempre il grande innamorato dell'uomo! Ora tocca all'uomo innamorarsi del suo Dio! Ciò lo potrà fare innanzitutto con la preghiera che, in qualsiasi maniera la si faccia, dovrà sempre esprimere la propria conversione quotidiana, oltre che dai fratelli, a Dio. C'è un tipo di preghiera che il cristiano non deve mai permettersi di fare, quella cioé che non esprime un autentico messaggio di chiesa: «Dio ci ama e vuole essere amato»! Tutto ciò che nei nostri rapporti immediati con Dio non esprime amore, offende Dio e provoca in noi sfasamenti e squilibri religiosi.
Eccone alcuni esempi.
È assurda la preghiera di chi esige di poter arruolare Dio nel proprio esercito o di chi lo invoca come castigamatti contro i cattivi, oppure lo vuole in aiuto come la volante «pronto soccorso, n. 113», in ogni incidente o necessità della vita. La preghiera del fariseo che sale al tempio per mettersi in contrapposizione col pubblicano con una osservanza perfetta esteriore, a modo di vernice che ricopre un'anima gretta e superba da sepolcro imbiancato, esprime un cristianesimo a fior di pelle di un esteriorismo impressionante. Così pure la religione dei calcoli o del «do ut des» che non ci permette di concedere. nulla neppure al padre eterno se non in vista di un tornaconto immediato, o la religione che ci impegna all'osservanza di precetti soltanto per scansare i peccati mortali comminati agli inosservanti, rivela la presenza della seconda grande eresia del cuore d'abbattere. Noi preghiamo frequentemente da depressi o da esaltati; ovvero non si prega affatto. Mentre la preghiera più logica è quella che apporta in noi un equilibrio perfetto e una grande tranquillità di spirito perché ci apre la mente e il cuore alla visione dei disegni di Dio. I problemi del figliol prodigo, cibo e vestito, potrebbero benissimo essere risolti anche dai sindacati se l'uomo non avesse pure il problema dell'amore da risolvere, problema che incentra in sé delle esigenze infinite che soltanto Dio può esaurire nella vita presente e nella futura. La religione che ci permette di sacrificare l'amore a Dio e ai fratelli per le cose, sia pure con pretesti santissimi, tipo Giuda che, essendo ladro, si indigna per lo spreco di Maria che unge, a Betania, i piedi di Gesù col nardo prezioso, non ci riconduce alla vita interiore di chi è attento ai segni dei tempi per raccoglierne il messaggio divino per sé e per i fratelli. È questa la religione dei meriti e demeriti propria di chi chiama in causa le cose di Dio per scopi e interessi mondani: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me»! Le cinque vie di S. Tommaso non ci bastano più. Si esige la sesta via che ci conduca nel vivo della nostra vita interiore per riscoprirvi la dimensione divina. Questa è la prova più forte di Dio che ciascuno deve saper dare a se stesso inabissandosi nel Suo Amore. L'uomo è il più formidabile condensatore di alta tensione che esista, più del Sinai quando, investito dalla maestà di Dio, folgorava animali e persone che s'accostavano, perché l'uomo concentra in sé la presenza più travolgente e più miracolosa di Dio, non per folgorare la gente, bensì per esprimerla nella verità e nell'amore. L'uomo sembra a volte anche la macchina più dispersiva di corrente che esista perché si svuota talmente da non esprimere più neppure ciò che ancora può esprimere la scatola vuota di un detersivo abbandonata tra i rifiuti nella valle. Noi abbiamo condannato il protestantesimo per la grazia mantello che ricopre l'uomo senza risanarlo interiormente nel suo malore morale. Ma noi siamo più protestanti degli stessi protestanti se ci definiamo cristiani solo per le osservanze esteriori, per i riti, i sacramenti e le benedizioni che imponiamo all'uomo dando vita ad una religione di massa formata da fedeli portascritte pubblicitarie di generi o merci di prima qualità che non possediamo se non nei depositi librari della buona stampa. Salviamoci da una così triste situazione interiorizzandoci con la preghiera incentrata sull'amore di Dio e capace di realizzare un nostro vero rapporto immediato con Dio stesso affinché ci possa folgorare col suo sguardo come folgorò l'anima di Zaccheo e della peccatrice, la Maddalena, restituendo l'uno ai figli di Abramo e l'altra al corteo delle vergini (v. S. Agostino) che in cielo cantano all'Agnello Immacolato il cantico che chi non è vergine non può cantare. Come la preghiera della chiesa nascente abbattè Saulo stilla via di Damasco trasformandolo in arciapostolo della carità di Cristo, così la nostra preghiera convinta a/8batta in noi l'eresia del cuore, cioè, di una religione senza amore!
(Continua)
DON GIULIO GABANELLI
PARLIAMO DELLA PREGHIERA
È necessaria per instaurare il primo rapporto immediato con Dio. Chi lo cerca lo trova. Dio è sempre in agguato sulla strada della nostra vita perché è alla costante ricerca dell'uomo di cui è l'eterno innamorato. La preghiera può essere definita in tante maniere, ma a noi non interessa di definirla che come La propria ricerca personale di Dio; diventa così la nostra esperienza quotidiana di fede che promuove e matura dei rapporti immediati con Dio stesso che si intrecciano tra la nostra esperienza di colpa e di infedeltà e la sua proposta irreversibile di amore. Senz'altro la grandezza di un uomo di fede la si misura anche dalla qualità della sua preghiera, così come il grado di purezza di una pietra preziosa ne determina la qualità e quindi il valore. Questa preghiera non è un soliloquio, discorso senza risposta, proprio di chi ha paura a restare solo al buio o in un luogo deserto, o di chi si rivolge al proprio cane o al canarino sonoro che tiene rinchiuso in gabbia nel soggiorno. È anzi di dialogo più audace che l'uomo possa fare: parla il verme della terra, che Dio si è scelto come figlio, col Creatore dell'universo che si offre a noi come Padre. È il dialogo «più dialogo» perché ha come interlocutori l'uomo con la più grande domanda della sua vita e Dio con la più grande risposta del suo amore. Giobbe nella sua infinita angoscia ricerca il Dio della sua consolazione inabissandosi nell'universo che lo circonda e lo chiama in causa « Deus ex machina » per fargli decidere da Dio il grande problema del dolore che affligge l'umanità. Il cristiano invece, con la preghiera, si inabissa perdutamente alla ricerca di Dio nell'abisso interiore del proprio essere, che è più smisurato dell'altro, per esclamare: « O immenso Dio, Ti cerco, Ti adoro, Ti amo!». E Dio ci sorprende nell'intimo della nostra anima che Lui stesso ha fatto capace di sé e si è scelto come dimora prediletta di Padre, di Fratello e di Amore. Dio è sempre il grande innamorato dell'uomo! Ora tocca all'uomo innamorarsi del suo Dio! Ciò lo potrà fare innanzitutto con la preghiera che, in qualsiasi maniera la si faccia, dovrà sempre esprimere la propria conversione quotidiana, oltre che dai fratelli, a Dio. C'è un tipo di preghiera che il cristiano non deve mai permettersi di fare, quella cioé che non esprime un autentico messaggio di chiesa: «Dio ci ama e vuole essere amato»! Tutto ciò che nei nostri rapporti immediati con Dio non esprime amore, offende Dio e provoca in noi sfasamenti e squilibri religiosi.
Eccone alcuni esempi.
È assurda la preghiera di chi esige di poter arruolare Dio nel proprio esercito o di chi lo invoca come castigamatti contro i cattivi, oppure lo vuole in aiuto come la volante «pronto soccorso, n. 113», in ogni incidente o necessità della vita. La preghiera del fariseo che sale al tempio per mettersi in contrapposizione col pubblicano con una osservanza perfetta esteriore, a modo di vernice che ricopre un'anima gretta e superba da sepolcro imbiancato, esprime un cristianesimo a fior di pelle di un esteriorismo impressionante. Così pure la religione dei calcoli o del «do ut des» che non ci permette di concedere. nulla neppure al padre eterno se non in vista di un tornaconto immediato, o la religione che ci impegna all'osservanza di precetti soltanto per scansare i peccati mortali comminati agli inosservanti, rivela la presenza della seconda grande eresia del cuore d'abbattere. Noi preghiamo frequentemente da depressi o da esaltati; ovvero non si prega affatto. Mentre la preghiera più logica è quella che apporta in noi un equilibrio perfetto e una grande tranquillità di spirito perché ci apre la mente e il cuore alla visione dei disegni di Dio. I problemi del figliol prodigo, cibo e vestito, potrebbero benissimo essere risolti anche dai sindacati se l'uomo non avesse pure il problema dell'amore da risolvere, problema che incentra in sé delle esigenze infinite che soltanto Dio può esaurire nella vita presente e nella futura. La religione che ci permette di sacrificare l'amore a Dio e ai fratelli per le cose, sia pure con pretesti santissimi, tipo Giuda che, essendo ladro, si indigna per lo spreco di Maria che unge, a Betania, i piedi di Gesù col nardo prezioso, non ci riconduce alla vita interiore di chi è attento ai segni dei tempi per raccoglierne il messaggio divino per sé e per i fratelli. È questa la religione dei meriti e demeriti propria di chi chiama in causa le cose di Dio per scopi e interessi mondani: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me»! Le cinque vie di S. Tommaso non ci bastano più. Si esige la sesta via che ci conduca nel vivo della nostra vita interiore per riscoprirvi la dimensione divina. Questa è la prova più forte di Dio che ciascuno deve saper dare a se stesso inabissandosi nel Suo Amore. L'uomo è il più formidabile condensatore di alta tensione che esista, più del Sinai quando, investito dalla maestà di Dio, folgorava animali e persone che s'accostavano, perché l'uomo concentra in sé la presenza più travolgente e più miracolosa di Dio, non per folgorare la gente, bensì per esprimerla nella verità e nell'amore. L'uomo sembra a volte anche la macchina più dispersiva di corrente che esista perché si svuota talmente da non esprimere più neppure ciò che ancora può esprimere la scatola vuota di un detersivo abbandonata tra i rifiuti nella valle. Noi abbiamo condannato il protestantesimo per la grazia mantello che ricopre l'uomo senza risanarlo interiormente nel suo malore morale. Ma noi siamo più protestanti degli stessi protestanti se ci definiamo cristiani solo per le osservanze esteriori, per i riti, i sacramenti e le benedizioni che imponiamo all'uomo dando vita ad una religione di massa formata da fedeli portascritte pubblicitarie di generi o merci di prima qualità che non possediamo se non nei depositi librari della buona stampa. Salviamoci da una così triste situazione interiorizzandoci con la preghiera incentrata sull'amore di Dio e capace di realizzare un nostro vero rapporto immediato con Dio stesso affinché ci possa folgorare col suo sguardo come folgorò l'anima di Zaccheo e della peccatrice, la Maddalena, restituendo l'uno ai figli di Abramo e l'altra al corteo delle vergini (v. S. Agostino) che in cielo cantano all'Agnello Immacolato il cantico che chi non è vergine non può cantare. Come la preghiera della chiesa nascente abbattè Saulo stilla via di Damasco trasformandolo in arciapostolo della carità di Cristo, così la nostra preghiera convinta a/8batta in noi l'eresia del cuore, cioè, di una religione senza amore!
(Continua)
DON GIULIO GABANELLI
La nostra ricerca
comunitaria di Dio
Alla dimensione umana del cuore dell'uomo si affida la ricerca interiore di Dio, sia personalmente, che comunitariamente nella preghiera, nella catechesi e nei sacramenti. Dio è la grande mèta del cuore dell'uomo: «Amerai Dio sopra ogni cosa»; così come l'uomo è la grande mèta dell'amore di Dio: «Dio ha tanto amato gli uomini da sacrificare per essi il suo Figlio unigenito». Dio infatti si è fatto pellegrino con l'uomo per questa ricerca, come sulla via di Emmaus. Ecco come è fatto il «Regno dei Cieli»: è fatto di uomini che cercano insieme Dio sulla terra. Questo è il tesoro di cui parla il Vangelo, nascosto in un campo, per il quale vale la pena di vendere tutto quanto si possiede per acquistarlo. È Dio che dobbiamo ritrovare nel campo di questa nostra umanità attraverso una ricerca comunitaria: «Dove c'è carità e amore, qui c'è Dio!» (Liturgia del Giovedì Santo). Ritroviamoci quindi con l'impegno di scambiarci la nostra testimonianza di fede e di amore, per sentirei comunità cristiana, e non soltanto per sgravarci di un peso o per un dovere da compiere anziché per una comunità da costruire, cioé la Chiesa. Dio ha chiamato Abramo dalla città di Ur dei Caldei .alla vita nomade perché diventasse il popolo di Dio sempre pellegrinante verso la Terra Promessa. Oggi siamo giunti a una seconda fase di questo nomadismo, è maturato il tempo per una richiamata dell'umanità a essere popolo di Dio. Ma la ricerca non va più condotta da luogo a luogo, bensì da persona a persona. Lasciamo la terra dei sedentari, di quest'uomo del duemila che, mentre va sulla luna, si mantiene nell'immobilismo interiore stagliato tra. le vertigini dell'universo che gli turbina attorno; lasciamo la terra di quest'uomo che ha deciso di rimanere solo in mezzo a una grande moltitudine proprio perché, chiuso egoisticamente in se stesso, è diventato incapace di sentirsi comunità coi fratelli. Sulla terra non c'è più spazio per un nomadismo primitivo, ma si è creato tanto spazio per un nomadismo nuovo in cui si esige che ciascuno si faccia pellegrino per incontrarsi col proprio fratello con cui si possa ricercare insieme il grande tesoro del «Regno dei Cieli». Giunga a noi il solenne invito della «Parola di Dio» affinché abbiamo a radunarci come figli di Dio a scambiarci tra di noi i doni di Dio. Poniamoci in ascolto perché il Dio di Abramo, che si è fatto pellegrino per accompagnarci in questa ricerca, rinnova incessantemente il suo invito. Raduniamoci in preghiera. È soprattutto la preghiera comunitaria che ci rende comunicabili tra di noi; è la classica lingua universale che Dio ci ha dato per togliere la confusione di «Babele». Celebriamo insieme i sacramenti della nostra riconciliazione con Dio e coi fratelli per sradicare definitivamente da nostri cuori la religione dei senza amor di Dio e dei fratelli! Bisogna impedire che la nostra religione continui a essere una religione di massa, di un gregge intruppato e sospinto stupidamente da luogo à luogo anziché da persona a persona. Una volta la religione di massa era almeno rallegrata dal folklorismo delle sagre paesane con il diversivo delle fiere campagnole, gioiosa occasione d'incontro e di scambio di merce casalinga e di idee semplici. Ora la situazione si è aggravata perché là dove resiste ancora la religione di massa è scandita elettronicamente col perdifiato di arrivi e partenze a record di orari brucianti le tappe di una giornata meccanizzata come se fossimo tutti in marcia in una bitumiera che ci dimena senza tregua per impedire che abbiamo a incementarci come in un blocco di calcestruzzo che potrebbe trasformarci tutti in una ciclopica massa conglomeratica di fossili o meglio di ruderi umani. La Liturgia ci accompagna nel pellegrinaggio della nostra ricerca del «Regno di Dio», ne segna e solennizza le tappe, ci aiuta a ritrovarci e a riscoprirci fratelli, a sentirei veramente «La comunità del popolo di Dio», cioé la Chiesa.
Don GIULIO
Don GIULIO
Nella Chiesa di Cristo
tutti dobbiamo essere capi
dotati e sudditi fedeli
Nel cammino della nostra conversione e riconciliazione con Dio e coi fratelli abbiamo bisogno di capi dotati e di sudditi fedeli. Non è un cammino che ciascuno possa fare per conto proprio. Tutta la comunità deve muoversi per camminare insieme sotto la guida di capi che dispongano della nostra fiducia e possano contare sulla nostra disponibilità e collaborazione. Un vero capo è ispirato come un profeta perché si immedesima nella storia) ne raccoglie con sensibilità i messaggi e li partecipa a tutta la comunità. È come un indovino o un veggente perché sa leggere anche nel futuro; guarda avanti e indica a tutti i fatti imminenti; invita la gente a predisporsi e a programmare la propria vita per non farsi sorprendere dagli avvenimenti da sprovveduti e da impreparati.
“Voi sapete leggere nella natura, guardando il fico, quando sta per sopraggiungere la primavera”, ha detto Gesù ai suoi interlocutori, parlando dei segni forieri della distruzione di Gerusalemme e della fine del mondo. Noi dobbiamo imparare a leggere “i segni dei tempi” per capire ciò che sta per succedere. Strettamente parlando soltanto Cristo può essere il nostro vero capo e il nostro vero profeta perché soltanto lui è la Luce del mondo che ci aiuta a leggere chiaramente nella storia dell'umanità. Mà Cristo si esprime attraverso il ministero della Chiesa la quale in questi tempi è discesa dal piedestallo per aprire il dialogo col mondo e per invitare nuovamente tutti gli uomini a far parte del regno di Cristo. Il Vaticano II infatti ha rivendicato a ciascuno di noi il diritto di partecipare come popolo di Dio al potere sacerdotale, regale e profetico di Cristo. Questo potere partecipato a tutti i fedeli non crea nessuna autonomia personale indipendentemente da Cristo e dalla Chiesa; crea anzi una più profonda unità nel popolo di Dio. “Ogni regno in sé diviso crolla”, dice il Signore. Pertanto nessuno può rivendicare a sé una autonomia che sia negazione di unità nella Chiesa di Dio o che non esprima schiettamente l'unico potere di Cristo. Purtroppo siamo in tempi di grandi contraddizioni nei quali non si riconoscono capi se non per abbatterli o per insultarli nel mentre tutti si comportano come capi, ma senza essere guida; tutti come profeti, ma senza essere ispirati. È questo il tempo della microtirannide in cui ciascuno si comporta da piccolo despota a costo di non disporre di nessun suddito. Ci basta di non essere sudditi di nessun altro. Si sta così estinguendo la generazione dei capi ispirati e anche quella dei sudditi fedeli. Ma questa è l'anarchia più folle che non sia mai esistita! È l'anarchia più desolante degli spiriti divisi tra di loro. È la terribile utopia di un popolo che avendo troppe teste vuole a tutti i costi comandare con ciascuna di esse. Si finisce per vivere tutti da indipendenti gli uni dagli altri, in casa e fuori, come dei forestieri decisi neppure a scambiarsi il saluto. Non si è più capaci di vivere insieme anche se insieme dobbiamo fare ancora tante cose che non esprimono tuttavia una comunità ma soltanto un modo isolazionistico di vivere ciascuno per i fatti propri. I più avanzati in fatto di cristianesimo e di civiltà oggi sembrano coloro che non disturbano per non essere disturbati! Si crea purtroppo così una comunità finta, senza nessuna consistenza, che resiste soltanto nel limite delle convenienze finché non si ha un motivo per metterle da parte. Contrariamente a questo malcostume dobbiamo risvegliare in noi la necessità di disturbarci tutti nella vita, reciprocamente, e di provocarci garbatamente ma efficacemente perché ciascuno, secondo la propria capacità e dimensione, si decida a scambiarsi il dono della guida ispirata e della sudditanza fedele nel cammino di questa nostra conversione e riconciliazione con Dio e coi fratelli.
d. g.
“Voi sapete leggere nella natura, guardando il fico, quando sta per sopraggiungere la primavera”, ha detto Gesù ai suoi interlocutori, parlando dei segni forieri della distruzione di Gerusalemme e della fine del mondo. Noi dobbiamo imparare a leggere “i segni dei tempi” per capire ciò che sta per succedere. Strettamente parlando soltanto Cristo può essere il nostro vero capo e il nostro vero profeta perché soltanto lui è la Luce del mondo che ci aiuta a leggere chiaramente nella storia dell'umanità. Mà Cristo si esprime attraverso il ministero della Chiesa la quale in questi tempi è discesa dal piedestallo per aprire il dialogo col mondo e per invitare nuovamente tutti gli uomini a far parte del regno di Cristo. Il Vaticano II infatti ha rivendicato a ciascuno di noi il diritto di partecipare come popolo di Dio al potere sacerdotale, regale e profetico di Cristo. Questo potere partecipato a tutti i fedeli non crea nessuna autonomia personale indipendentemente da Cristo e dalla Chiesa; crea anzi una più profonda unità nel popolo di Dio. “Ogni regno in sé diviso crolla”, dice il Signore. Pertanto nessuno può rivendicare a sé una autonomia che sia negazione di unità nella Chiesa di Dio o che non esprima schiettamente l'unico potere di Cristo. Purtroppo siamo in tempi di grandi contraddizioni nei quali non si riconoscono capi se non per abbatterli o per insultarli nel mentre tutti si comportano come capi, ma senza essere guida; tutti come profeti, ma senza essere ispirati. È questo il tempo della microtirannide in cui ciascuno si comporta da piccolo despota a costo di non disporre di nessun suddito. Ci basta di non essere sudditi di nessun altro. Si sta così estinguendo la generazione dei capi ispirati e anche quella dei sudditi fedeli. Ma questa è l'anarchia più folle che non sia mai esistita! È l'anarchia più desolante degli spiriti divisi tra di loro. È la terribile utopia di un popolo che avendo troppe teste vuole a tutti i costi comandare con ciascuna di esse. Si finisce per vivere tutti da indipendenti gli uni dagli altri, in casa e fuori, come dei forestieri decisi neppure a scambiarsi il saluto. Non si è più capaci di vivere insieme anche se insieme dobbiamo fare ancora tante cose che non esprimono tuttavia una comunità ma soltanto un modo isolazionistico di vivere ciascuno per i fatti propri. I più avanzati in fatto di cristianesimo e di civiltà oggi sembrano coloro che non disturbano per non essere disturbati! Si crea purtroppo così una comunità finta, senza nessuna consistenza, che resiste soltanto nel limite delle convenienze finché non si ha un motivo per metterle da parte. Contrariamente a questo malcostume dobbiamo risvegliare in noi la necessità di disturbarci tutti nella vita, reciprocamente, e di provocarci garbatamente ma efficacemente perché ciascuno, secondo la propria capacità e dimensione, si decida a scambiarsi il dono della guida ispirata e della sudditanza fedele nel cammino di questa nostra conversione e riconciliazione con Dio e coi fratelli.
d. g.
IL PIANO PASTORALE PER
IL 1974 -1975
Non si differenzia dal precedente che ha fatto leva sulla iniziazione cristiana per tutti e sulla conversione e riconciliazione con Dio e coi fratelli per una celebrazione fruttuosa dell'Anno Santo indetto per le Diocesi nel 1973-1974 e per Roma nel 1974-1975.
In quest'anno si completa:
- per l'iniziazione, con una catechesi più vasta e più qualificata che coinvolge tutta la popolazione: infatti al catechismo per i bambini s'aggiunge il catechismo per i fanciulli dai 6 agli 8 anni che impegna ancora di più la famiglia e la scuola.
- per la conversione e la riconciliazione si concretizza col vivo impegno di evangelizzare la penitenza e l'unzione degli infermi. Alla vigilia di tutte le solennità promuoveremo la preparazione comunitaria alla santa confessione secondo la riforma del rito della penitenza. Per l'unzione degli infermi: ogni cristiano deve programmare cristianamente tutta la propria vita dall'inizio alla fine e deve preoccuparsi di includere i conforti della fede a conclusione della propria vita: l'unzione degli infermi e il santo viatico che devono essere amministrati tempestivamente su espressa richiesta dell'infermo e non per imposizione dei parenti o di contrabbando intanto che l'infermo dorme sotto l'effetto dei sedativi o peggio ancora quando si trova già all'altro mondo. I sacramenti sono per i vivi, e non per i morti, e da amministrarsi a tempo giusto a seconda delle singole necessità per cui sono stati istituiti. Il Vescovo, inviando le direttive generali «proposte» per la formazione di un piano pastorale parrocchiale, ha caldeggiato la promozione del Consiglio pastorale parrocchiale, dove ancora non c'è, e la maggiore valorizzazione e potenziamento dove già c'è. Nella nostra parrocchia, dopo vani tentativi di promuovere un Consiglio pastorale così come era stato concepito al vertice della diocesi, si è capito che la scelta migliore, cioé possibile al presente, in attesa di tempi migliori, è quella di incominciare a valorizzare le persone che già sono presenti e lavorano con impegno nei singoli settori della pastorale come: Catechesi, S. Vincenzo, Missioni, Amministrazione, ecc. Ora si avverte la necessità di promuovere subito un maggiore coordinamento fra queste persone cercando di ampliarne gli orizzonti e di svecchiarne i metodi ammettendo elementi giovani che siano anche rappresentativi dei singoli ceti e delle singole professioni. Il campo di lavoro è vasto e resta sempre aperto, senza distinzioni di sorta, a tutti quelli che vogliano sinceramente e fattivamente parteciparvi. Nel mentre ringrazio quelli che hanno già lavorato, resto in attesa di quanti vogliano lavorare.
Con affetto,
don Giulio
In quest'anno si completa:
- per l'iniziazione, con una catechesi più vasta e più qualificata che coinvolge tutta la popolazione: infatti al catechismo per i bambini s'aggiunge il catechismo per i fanciulli dai 6 agli 8 anni che impegna ancora di più la famiglia e la scuola.
- per la conversione e la riconciliazione si concretizza col vivo impegno di evangelizzare la penitenza e l'unzione degli infermi. Alla vigilia di tutte le solennità promuoveremo la preparazione comunitaria alla santa confessione secondo la riforma del rito della penitenza. Per l'unzione degli infermi: ogni cristiano deve programmare cristianamente tutta la propria vita dall'inizio alla fine e deve preoccuparsi di includere i conforti della fede a conclusione della propria vita: l'unzione degli infermi e il santo viatico che devono essere amministrati tempestivamente su espressa richiesta dell'infermo e non per imposizione dei parenti o di contrabbando intanto che l'infermo dorme sotto l'effetto dei sedativi o peggio ancora quando si trova già all'altro mondo. I sacramenti sono per i vivi, e non per i morti, e da amministrarsi a tempo giusto a seconda delle singole necessità per cui sono stati istituiti. Il Vescovo, inviando le direttive generali «proposte» per la formazione di un piano pastorale parrocchiale, ha caldeggiato la promozione del Consiglio pastorale parrocchiale, dove ancora non c'è, e la maggiore valorizzazione e potenziamento dove già c'è. Nella nostra parrocchia, dopo vani tentativi di promuovere un Consiglio pastorale così come era stato concepito al vertice della diocesi, si è capito che la scelta migliore, cioé possibile al presente, in attesa di tempi migliori, è quella di incominciare a valorizzare le persone che già sono presenti e lavorano con impegno nei singoli settori della pastorale come: Catechesi, S. Vincenzo, Missioni, Amministrazione, ecc. Ora si avverte la necessità di promuovere subito un maggiore coordinamento fra queste persone cercando di ampliarne gli orizzonti e di svecchiarne i metodi ammettendo elementi giovani che siano anche rappresentativi dei singoli ceti e delle singole professioni. Il campo di lavoro è vasto e resta sempre aperto, senza distinzioni di sorta, a tutti quelli che vogliano sinceramente e fattivamente parteciparvi. Nel mentre ringrazio quelli che hanno già lavorato, resto in attesa di quanti vogliano lavorare.
Con affetto,
don Giulio
Arrivo delle Suore all’Asilo
Le Suore, Figlie della Madonna del Divino Amore, in Roma, fondate da Don Umberto Terenzi il 5 agosto 1932 e approvate definitivamente il 5 agosto 1961, hanno accettato con gioia di aprire una casa a Zogno, in sostituzione delle Figlie della Carità. Vengono tra noi con un programma di amore per la popolazione di Zogno ancora profondamente addolorata per Ila partenza delle altre. Si dedicheranno all'Asilo Cavagnis, alla scuola di lavoro per le ragazze e all'assistenza della gioventù femminile. Si prodigheranno per tutta la nuova pastorale nella parrocchia che comprende il decoro per la Casa di Dio, la catechesi, l'assistenza ai poveri e agli ammalati, l'apostolato missionario e vocazionale. Soprattutto sono le Suore Figlie della .Madonna del Divino Amore; così le ha volute il loro fondatore Mons. Terenzi. Come tali cureranno l'apostolato mariano sotto il titolo «Madonna del Divino Amore» aiutandoci a ringiovanire la nostra fede e il nostro amore per Gesù e per Maria attraverso iniziative semplici ma efficaci. Siano perciò tra noi le benvenute, con l'augurio che abbiano a identificarsi presto con la nostra buona gente e si abbia con la reciproca comprensione e collaborazione a realizzare tutti insieme una autentica comunità di fede e di amore, cioé una vera famiglia parrocchiale!
d. Giulio
d. Giulio
ANNO SANTO
per il 25 Ottobre 1974 a Bergamo in Duomo
La Vicaria di Zogno si è associata alla Vicaria di Brembilla per celebrare insieme in Duomo a Bergamo il Santo Giubileo alle ore 20 del 25 ottobre c. m. Dovremmo poter portare a Bergamo la testimonianza della nostra conversione e riconciliazione con Dio e coi fratelli, dopo un anno di insistente predicazione su questo impegno pastorale. Scendere a Bergamo in cattedrale non deve essere comunque uno svago, bensì almeno un pellegrinaggio penitenziale che ci rechi, attraverso la partecipazione alla S. Messa concelebrata e ai Santi Sacramenti, una più smagliante purificazione della nostra anima e una ferma volontà di mantenerci sempre in pace con tutti e sempre più impegnati nella nostra testimonianza di lode a Dio e di amore ai fratelli! L'Anno Santo, cioè l'anno della conversione, continua come continua la vita per concludersi con la nostra santa morte in cielo. Il fatto di passare dalla parrocchia alla diocesi e quindi a Roma, con l'anno prossimo, in pellegrinaggio, almeno per chi può e per chi vuole, non serve che a indicare un cammino a ritroso verso la capitale terrena della nostra salvezza per restituire l'abbondanza dei frutti maturati coi doni di Dio che abbiamo ricevuto mediante il ministero della Chiesa!
d. Giulio
d. Giulio
NATALE!
È diventato un prodotto come tutti gli altri della società dei consumi! Intacca il portafoglio, incide perciò sul bilancio economico della famiglia, ma senza giovare né alla salute del corpo, che si appaga materialisticamente di più, né tanto meno alla salute dell'anima perché ci lascia, come prima, se non peggio, divisi realmente da Cristo e dai fratelli (!) che rimangono una volta di più delusi - nella loro aspettativa - che Cristo giunga finalmente a portare la pace, a togliere la guerra e la fame e l'egoismo dei cristiani dal mondo. Nessuna meraviglia che Gesù lo si faccia tornare ciascuno alla propria maniera quando sotto diversi aspetti lo si è ridotto sul piano commerciale, e per tale reclamizzato come un prodotto, sia pure di alta marca, brevettato, da smerciarsi al miglior prezzo o al miglior offerente! Ha già fatto la sua comparsa in cravatta in questi giorni, come figura in copertina e sul manifesto reclamistico della famigerata rivista paolina «Jesus». Potrebbe benissimo ritornare da bandito, rapinatore, magari alla sequela dell'anonima sequestri, o da drogato. È inutile gridare allo scandalo, perché il nostro Gesù oggi è fatto così, come siamo noi! Il grande scandalo è che noi, col nostro comportamento, senza metterlo in croce troppo alla svelta, abbiamo rivoltato il Cristo della Scrittura e della Rivelazione contro Dio e contro i fratelli! Non lo si riconosce più il Figlio di Dio e di Maria per quel che è nato a Betlem ed è vissuto in mezzo a noi! Noi siamo pertanto il grande scandalo che il Figlio di Dio ha cercato di cancellare con la sua incarnazione. Dio ci ha accettati come uomini, ma noi non l'abbiamo accettato come Dio! Ne abbiamo fatto e ne stiamo facendo un mostro come noi! Se ritornasse così in cielo, senz'altro il Padre celeste non gli aprirebbe le porte del suo Regno perché lo sentirebbe forse intimare: «In alto le mani! Questa è una rapina!». Chiedo scusa a Gesù se gli ho mancato di riguardo. Non era nelle mie intenzioni. Convinciamoci tuttavia che il Gesù del prossimo Natale non sarà assolutamente migliore di quello che siamo noi! Se lo vogliamo diverso, capace di cambiare il mondo; non un fallito, un drogato, un bandito; convertiamoci, rinneghiamo il nostro modo di vivere assurdo cristianamente, per adottare quello del Cristo che tutti aspettiamo a salvarci. BUON NATALE!
Don Giulio G.
Don Giulio G.