1999
DON LUCIO CARMINATI
Don Lucio Carminati è il nostro nuovo parroco di Zogno.
È nato a Pagazzano il 27 gennaio 1951 ; venne ordinato a Bergamo il 21 giugno 1975; fu coadiutore parrocchiale a Osio Sotto dal 1975 al 1985; fu poi parroco a Fonteno dal 1985 al 1990; attualmente è parroco di Cenate Sopra dal 1990 e di S. Rocco dal 1997; è pure vicario locale di Trescore dal 1995, membro del Consiglio Presbiterale e del Collegio dei Consultori dal 1997. Dovunque ha esercitato la sua missione sacerdotale è stato ammirato e amato per la sua semplicità, per la sua laboriosità e per la sua vivissima sensibilità a tutti i problemi umani di carattere spirituale, sociale e comunitario. Penso proprio che il nostro vescovo lo abbia scelto col lanternino, come si usa dire, come parroco di Zogno poiché non poteva azzeccarne uno migliore, adatto alle necessità di questa nostra comunità di fede di S. Lorenzo M. Sentiamo viva riconoscenza per il Vescovo che ce l’ha voluto assegnare, siamo sinceramente grati a lui che ha accettato di addossarsi il peso non indifferente di questa nostra comunità, ma soprattutto dobbiamo ringraziare il Signore che ce l’ha donato. Speriamo che possa vivere a lungo tra noi amato e assecondato nella sua guida pastorale per poter conseguire insieme i grandi ideali della nostra crescita umana e cristiana, mettendo in disparte tutte le discriminazioni e gli egoismi che ci impediscono di essere una vera e autentica comunità di amore. Che Dio ci aiuti. Festeggeremo solennemente il suo ingresso fra noi in occasione della festa del S. Rosario, il 3 ottobre prossimo, secondo il programma che verrà tempestivamente comunicato. don Giulio |
SALUTO DEL NUOVO PARROCO
Carissimi,
permettetemi di salutarvi così perché, anche se ancora non conosco nessuno, nei miei pensieri, nel mio cuore e nelle mie preghiere, «carissimi» lo siete già. Vorrei dirvi, in queste poche righe, i sentimenti che mi riempiono il cuore. Sentimenti di gratitudine e di preoccupazione.
Innanzitutto la gratitudine
Grazie al Signore che mi ha chiamato ad essere suo sacerdote e ora, per volere del nostro Vescovo Roberto, parroco in questa comunità di Zogno così antica e ricca di tradizioni di fede. Grazie a tutti i sacerdoti impegnati nella parrocchia e che mi hanno preceduto, alle Suore che si sono avvicendate negli anni: nella comunità hanno pregato il Signore, annunciato e testimoniato la fede, servito la comunità con tanto zelo, dedizione, passione e amore.
Grazie di cuore a don Giulio. Per trentanni ha guidato da vero pastore la comunità parrocchiale. Il bene da lui compiuto è sotto gli occhi e nel cuore di tutti. Grazie don Giulio per la testimonianza di uomo e di prete, per l’intelligenza e la passione pastorale, la versatilità delle iniziative. Le tue doti umane e cristiane ti hanno reso caro e fatto amare con affetto profondo e sincero da tutti. Rimarrai ancora con noi don Giulio, e non ci lascerai mancare il consiglio e l’amicizia che ci rendono preziosa la tua collaborazione.
Grazie al Signore per tutti voi. Per la comunità così come è: per la fede che è stata capace di vivere nel passato, per gli sforzi di incarnarla nell’oggi, per l’impegno con cui cerca di trasmetterla ai giovani e ai ragazzi che stanno crescendo.
Grazie alle famiglie che, anche se in tempi non facili, si sforzano di orientare le loro scelte educative lasciandosi guidare dal vangelo; grazie perché assieme ai loro giovani e ragazzi cercano di vivere con coerenza la fede.
Grazie a tutti coloro che hanno a cuore il bene della parrocchia e si impegnano con tanta passione e dedicazione nelle varie associazioni, gruppi ecclesiali e di volontariato.
Così come un grande grazie a tutti coloro che mettono il loro impegno nella società civile, dall’Amministrazione Comunale alle varie organizzazioni: la ricerca del bene comune cui si dedicano tanti uomini c donne di buona volontà sono una ricchezza preziosa per tutta la comunità.
Trepidazione
Accanto ai sentimenti di gratitudine c’è nel mio cuore anche tanta trepidazione e preoccupazione. Perché grande è la responsabilità che mi viene affidata: essere pastore e guida nella fede e per ogni cristiano della comunità. Se oggi è difficile per tutti vivere la fede, aiutare gli altri e camminare sulle vie del Signore, esser guida e punto di riferimento lo è ancora di più. C’è in me la consapevolezza della grandezza del compito che Gesù, per mezzo del Vescovo, mi affida e, nello stesso tempo, la sensazione di inadeguatezza di fronte ad una missione così impegnativa.
Insieme
C’è in me però anche una certezza, quella di non essere solo. Posso innanzitutto contare sull’aiuto del Signore che ogni giorno invoco nelle preghiere e nell’eucarestia. La sua è una compagnia che da forza e coraggio ed è capace di colmare le debolezze e far superare i limiti e le povertà della persona. Posso contare sulla comunità, sul vostro aiuto, sulla buona volontà, sulla generosità sulla disponibilità di ognuno di voi che già sento di amare fraternamente. Carissimi il Signore ci chiama a percorrere un tratto di strada della vita insieme. Solo lui sa quanto sarà lungo. Ma auguriamoci che sia per ognuno di noi un cammino e un tempo di grazia: un tempo che. Nel suo scorrere, ci fa crescere nella fede, ci fa incontrare Cristo nei fratelli e che ci fa vivere tutti nella sua amicizia. Che il Signore ci accompagni sempre e benedica tutti noi e le persone che sono nel nostro cuore.
Ciao Don Lucio
permettetemi di salutarvi così perché, anche se ancora non conosco nessuno, nei miei pensieri, nel mio cuore e nelle mie preghiere, «carissimi» lo siete già. Vorrei dirvi, in queste poche righe, i sentimenti che mi riempiono il cuore. Sentimenti di gratitudine e di preoccupazione.
Innanzitutto la gratitudine
Grazie al Signore che mi ha chiamato ad essere suo sacerdote e ora, per volere del nostro Vescovo Roberto, parroco in questa comunità di Zogno così antica e ricca di tradizioni di fede. Grazie a tutti i sacerdoti impegnati nella parrocchia e che mi hanno preceduto, alle Suore che si sono avvicendate negli anni: nella comunità hanno pregato il Signore, annunciato e testimoniato la fede, servito la comunità con tanto zelo, dedizione, passione e amore.
Grazie di cuore a don Giulio. Per trentanni ha guidato da vero pastore la comunità parrocchiale. Il bene da lui compiuto è sotto gli occhi e nel cuore di tutti. Grazie don Giulio per la testimonianza di uomo e di prete, per l’intelligenza e la passione pastorale, la versatilità delle iniziative. Le tue doti umane e cristiane ti hanno reso caro e fatto amare con affetto profondo e sincero da tutti. Rimarrai ancora con noi don Giulio, e non ci lascerai mancare il consiglio e l’amicizia che ci rendono preziosa la tua collaborazione.
Grazie al Signore per tutti voi. Per la comunità così come è: per la fede che è stata capace di vivere nel passato, per gli sforzi di incarnarla nell’oggi, per l’impegno con cui cerca di trasmetterla ai giovani e ai ragazzi che stanno crescendo.
Grazie alle famiglie che, anche se in tempi non facili, si sforzano di orientare le loro scelte educative lasciandosi guidare dal vangelo; grazie perché assieme ai loro giovani e ragazzi cercano di vivere con coerenza la fede.
Grazie a tutti coloro che hanno a cuore il bene della parrocchia e si impegnano con tanta passione e dedicazione nelle varie associazioni, gruppi ecclesiali e di volontariato.
Così come un grande grazie a tutti coloro che mettono il loro impegno nella società civile, dall’Amministrazione Comunale alle varie organizzazioni: la ricerca del bene comune cui si dedicano tanti uomini c donne di buona volontà sono una ricchezza preziosa per tutta la comunità.
Trepidazione
Accanto ai sentimenti di gratitudine c’è nel mio cuore anche tanta trepidazione e preoccupazione. Perché grande è la responsabilità che mi viene affidata: essere pastore e guida nella fede e per ogni cristiano della comunità. Se oggi è difficile per tutti vivere la fede, aiutare gli altri e camminare sulle vie del Signore, esser guida e punto di riferimento lo è ancora di più. C’è in me la consapevolezza della grandezza del compito che Gesù, per mezzo del Vescovo, mi affida e, nello stesso tempo, la sensazione di inadeguatezza di fronte ad una missione così impegnativa.
Insieme
C’è in me però anche una certezza, quella di non essere solo. Posso innanzitutto contare sull’aiuto del Signore che ogni giorno invoco nelle preghiere e nell’eucarestia. La sua è una compagnia che da forza e coraggio ed è capace di colmare le debolezze e far superare i limiti e le povertà della persona. Posso contare sulla comunità, sul vostro aiuto, sulla buona volontà, sulla generosità sulla disponibilità di ognuno di voi che già sento di amare fraternamente. Carissimi il Signore ci chiama a percorrere un tratto di strada della vita insieme. Solo lui sa quanto sarà lungo. Ma auguriamoci che sia per ognuno di noi un cammino e un tempo di grazia: un tempo che. Nel suo scorrere, ci fa crescere nella fede, ci fa incontrare Cristo nei fratelli e che ci fa vivere tutti nella sua amicizia. Che il Signore ci accompagni sempre e benedica tutti noi e le persone che sono nel nostro cuore.
Ciao Don Lucio
Prepariamoci
Arriva il Santo Natale
Rischia di arrivare impreparato: schiacciato anche lui da ritmi e cose che si organizzano ormai per conto loro e non rispettano gli spazi che certe feste si creavano spontaneamente attorno. Le luminarie e i negozi dei regali arrivano presto: ma non sono mandati dagli abitanti del mistero. Obbediscono ai loro padroni commercianti e alle nuove abitudini sociali. Per proteggere il Natale misterioso dobbiamo far riferimento forzato a qualche zona della nostra anima che rischia un po' di popolarsi solo di ricordi lontani e infantili.
Eppure sarà possibile anche per noi uomini d'oggi vivere il Natale. Dobbiamo crederci e spenderci energie: per dare forza vera alle cose che questa società ci offre: ai regali, al pranzo, agli incontri, al ritrovo familiare, alla Messa di mezzanotte, al presepio. Certo è un'altra cosa se abbiamo percorso seriamente l'itinerario di Avvento in parrocchia e nelle nostre case (magari lasciandoci condurre anche dal libretto di preghiere che è stato distribuito in ogni famiglia), se la Parola di Dio e i suoi gesti ci hanno portato a scoprire il segreto cristiano del Natale: quella tenue luce nascosta nella notte: l'amore di Dio disceso ad abbracciare il mondo fin nei suoi abissi: il mistero dell'Incarnazione di Dio. E’ un'altra cosa... se ci siamo lasciati aiutare dalla comunità (nella messa e nella catechesi degli adulti che abbiamo iniziato, negli incontri con i catechisti dei ragazzi) a compiere alcuni passi in questa fede... Una cosa comunque non deve mancare a Natale: il ricordo e in qualche maniera la presenza ai "poveri". C'è di sicuro qualcuno che aspetta da noi la rivelazione consolante che Dio è venuto a nascere dalle nostre parti. |
Avvento: un libretto e una candela per
Pregare in Famiglia
Per vivere il tempo dell’Avvento, in preparazione al Natale e al Giubileo de 2000, il Vescovo invita tutte le famiglie della diocesi a pregare nelle famiglie. Anche nella nostra comunità è stato distribuito questo piccolo sussidio che vuole essere un aiuto gustare la gioia di pregare insieme nelle nostre case, anche se ciò ci appare difficile.
Viviamo infatti così immersi nelle preoccupazioni quotidiane, nel lavoro, nella cura dei figli, nelle 'cose da fare' che a fatica troviamo del tempo per pregare. Qual è il tempo per Dio nelle nostre giornate? Spesso sono pochi minuti, prima di chiudere gli occhi, ognuno per conto suo: nelle nostre case non si riesce più a fare il segno della croce insieme e a ricordare il nome di Gesù prima di mangiare o di iniziare una giornata. Gli impegni sono tantissimi e la vita è scandita da ritmi martellanti, eppure basterebbero alcune piccole attenzioni per trovare un tempo per il Signore da condividere in famiglia. Se gli facciamo posto verrà nella nostra casa, sederà alla nostra tavola e colmerà del suo amore i nostri cuori.
Questo libretto con la candela allegata vuole essere proprio questo: un'occasione per recuperare il tempo dimenticato per Dio e un aiuto per trovare le parole con la quali pregare attraverso la Scrittura e alcune brevi riflessioni.
In questo Avvento ricorderemo che da sempre Dio trova del tempo per noi, perché ci considera così preziosi da donarci tutto, proprio tutto e questo ce l'ha dimostrato donandoci suo Figlio. Quanto sono preziosi i figli che occupano le nostre case! Il segno che Dio ha scelto per dirci quanto ci vuole bene è proprio un figlio, il segno della benedizione e della gioia della casa. Questo Figlio ci è donato perché anche noi ci possiamo scoprire figli del Padre che abita nei cieli e che ama così tanto la terra.
Anche questo Natale Qualcuno busserà alla porta della nostra casa per chiederci di entrare e per stare un po' con noi. Gesù è un amico, vi ricordate? Era l'ospite più importante al vostro matrimonio, colui che ha gioito per l'amore che avete celebrato il giorno delle nozze e che è stato il primo testimone delle promesse che vi siete scambiati. Gesù è l'amico che torna a trovarci: come ogni anno si fa piccolo per abitare nella culla che gli prepareremo nel presepe, ma lui ha già una casa: è il cuore di ognuno di noi. Dobbiamo prepararci alla sua venuta con l'ascolto e la preghiera.
Che bello poter fare insieme questi preparativi: si potrà decidere insieme quale posto riservare alla candela e quale momento della giornata dedicare tutti a Gesù. La nostra casa sarà allora anche un luogo dove pregare, dove riconoscere la presenza di Dio vicina. Non dobbiamo credere che Dio abiti solo nelle chiese: anche la nostra famiglia, come la vita di tutti i giorni, è la casa di Dio: è una piccola chiesa tra le pareti domestiche.
In queste settimane scopriremo che parlare con Dio è proprio bello e poterlo incontrare tutti i giorni con le persone che più si ama è un'esperienza nuova che cambia il cuore e lo sguardo sulla vita.
Accanto alla liturgia della comunità cristiana, alla quale è bene che la famiglia partecipi insieme, si compirà una “liturgia familiare”, propria della “chiesa domestica”, che ha caratteristiche proprie e uno stile originale: una preghiera con linguaggio familiare, in cui tutta la famiglia può essere coinvolta, costruita “a misura dei bambini”, ma ricca di contenuti anche per gli adulti; una preghiera nella quale confluisce la concretezza della vita quotidiana fatta di relazioni, di esperienze consolanti e sofferte, di sentimenti, di povertà e di ricchezza umana, di segni semplici nei quali si manifesta la benevolenza e la tenerezza di Dio per il suo popolo.
A Natale per la Chiesa intera inizierà il tempo della festa e del perdono: il Giubileo. Da duemila anni il Figlio di Dio è venuto tra gli uomini ricordando la benevolenza che il Padre ha per ogni creatura, anche i nostri cuori si devono preparare a questo tempo ricco di speranza e misericordia perché nelle nostre famiglie si compia il mistero di comunione che vogliamo celebrare con tutta l'umanità attraverso il perdono reciproco e il desiderio di accoglierci gli uni gli altri, superando gli ostacoli e le incomprensioni e condividendo di cuore con chi è povero e solo la ricchezza che Dio ci ha donato.
Conteremo quindi i giorni che mancano al Natale con attenzione, aiutati dalla candela da consumare un poco alla volta e dal libretto che come un calendario scandirà le tappe da compiere. Come i pastori e i magi giungeremo alla grotta di Betlemme per adorare il Bambino che per noi nascerà questo 25 dicembre.
Viviamo infatti così immersi nelle preoccupazioni quotidiane, nel lavoro, nella cura dei figli, nelle 'cose da fare' che a fatica troviamo del tempo per pregare. Qual è il tempo per Dio nelle nostre giornate? Spesso sono pochi minuti, prima di chiudere gli occhi, ognuno per conto suo: nelle nostre case non si riesce più a fare il segno della croce insieme e a ricordare il nome di Gesù prima di mangiare o di iniziare una giornata. Gli impegni sono tantissimi e la vita è scandita da ritmi martellanti, eppure basterebbero alcune piccole attenzioni per trovare un tempo per il Signore da condividere in famiglia. Se gli facciamo posto verrà nella nostra casa, sederà alla nostra tavola e colmerà del suo amore i nostri cuori.
Questo libretto con la candela allegata vuole essere proprio questo: un'occasione per recuperare il tempo dimenticato per Dio e un aiuto per trovare le parole con la quali pregare attraverso la Scrittura e alcune brevi riflessioni.
In questo Avvento ricorderemo che da sempre Dio trova del tempo per noi, perché ci considera così preziosi da donarci tutto, proprio tutto e questo ce l'ha dimostrato donandoci suo Figlio. Quanto sono preziosi i figli che occupano le nostre case! Il segno che Dio ha scelto per dirci quanto ci vuole bene è proprio un figlio, il segno della benedizione e della gioia della casa. Questo Figlio ci è donato perché anche noi ci possiamo scoprire figli del Padre che abita nei cieli e che ama così tanto la terra.
Anche questo Natale Qualcuno busserà alla porta della nostra casa per chiederci di entrare e per stare un po' con noi. Gesù è un amico, vi ricordate? Era l'ospite più importante al vostro matrimonio, colui che ha gioito per l'amore che avete celebrato il giorno delle nozze e che è stato il primo testimone delle promesse che vi siete scambiati. Gesù è l'amico che torna a trovarci: come ogni anno si fa piccolo per abitare nella culla che gli prepareremo nel presepe, ma lui ha già una casa: è il cuore di ognuno di noi. Dobbiamo prepararci alla sua venuta con l'ascolto e la preghiera.
Che bello poter fare insieme questi preparativi: si potrà decidere insieme quale posto riservare alla candela e quale momento della giornata dedicare tutti a Gesù. La nostra casa sarà allora anche un luogo dove pregare, dove riconoscere la presenza di Dio vicina. Non dobbiamo credere che Dio abiti solo nelle chiese: anche la nostra famiglia, come la vita di tutti i giorni, è la casa di Dio: è una piccola chiesa tra le pareti domestiche.
In queste settimane scopriremo che parlare con Dio è proprio bello e poterlo incontrare tutti i giorni con le persone che più si ama è un'esperienza nuova che cambia il cuore e lo sguardo sulla vita.
Accanto alla liturgia della comunità cristiana, alla quale è bene che la famiglia partecipi insieme, si compirà una “liturgia familiare”, propria della “chiesa domestica”, che ha caratteristiche proprie e uno stile originale: una preghiera con linguaggio familiare, in cui tutta la famiglia può essere coinvolta, costruita “a misura dei bambini”, ma ricca di contenuti anche per gli adulti; una preghiera nella quale confluisce la concretezza della vita quotidiana fatta di relazioni, di esperienze consolanti e sofferte, di sentimenti, di povertà e di ricchezza umana, di segni semplici nei quali si manifesta la benevolenza e la tenerezza di Dio per il suo popolo.
A Natale per la Chiesa intera inizierà il tempo della festa e del perdono: il Giubileo. Da duemila anni il Figlio di Dio è venuto tra gli uomini ricordando la benevolenza che il Padre ha per ogni creatura, anche i nostri cuori si devono preparare a questo tempo ricco di speranza e misericordia perché nelle nostre famiglie si compia il mistero di comunione che vogliamo celebrare con tutta l'umanità attraverso il perdono reciproco e il desiderio di accoglierci gli uni gli altri, superando gli ostacoli e le incomprensioni e condividendo di cuore con chi è povero e solo la ricchezza che Dio ci ha donato.
Conteremo quindi i giorni che mancano al Natale con attenzione, aiutati dalla candela da consumare un poco alla volta e dal libretto che come un calendario scandirà le tappe da compiere. Come i pastori e i magi giungeremo alla grotta di Betlemme per adorare il Bambino che per noi nascerà questo 25 dicembre.
Una Bibbia per Natale
Si può rovinare la fede nel banale
Natale consumistico, Natale allo champagne, Natale della tenerezza, Natale al panettone, Natale decorativo.
Queste definizioni pubblicitarie e psicologiche non possono lasciare indifferente la comunità cristiana. Le tentazioni si vincono, quando si conoscono. Sapere che si può rovinare il Natale, come si può rovinare la fede nel banale, è già un modo positivo di celebrare il 25 dicembre.
Un cristianesimo simbolo o decorazione non è sufficiente. La nostra fede in Gesù Cristo uomo-Dio ha da essere fede viva, reale, pratica.
Essa si confronta con due concrete possibilità: la prima si concretizza nel far posto a Cristo, facendo posto ai fratelli più deboli, più soli, più rifiutati. Questo rifiuto ha fatto si che sovente la storia fosse criminale, caricandosi di indifferenza, di noncuranza e di disprezzo.
La seconda si concretizza nel rendere visibile Cristo oggi nella nostra comunità. Come è possibile questo? Peguy scriveva: “Egli, Gesù di Betlemme e di Nazareth è qui come il primo giorno. Una parrocchia ha brillato di luce eterna: ma tutte le parrocchie brillano eternamente, perché in tutte le parrocchie c'è il Corpo di Cristo”.
Riscoprire la presenza di Gesù Bambino fra noi
Ecco allora il significato di questo Natale: riscoprire con gli occhi della fede la presenza di Gesù bambino fra noi. Nei modi della fede e del mistero cristiano.
Gesù sono i piccoli, Gesù è l'Eucaristia, il battesimo il perdono di Dio. Gesù è la pace. Ma Gesù Cristo è anche la Parola di Dio.
Ebbene ogni parrocchia è tutto questo essenzialmente: l'Eucaristia è il cuore della comunità cristiana, il battesimo, la sua crescita, la Parola sotto la luce dello Spirito è il sangue che scorre, nutre e ossigena questo corpo meraviglioso dei credenti.
La Parola di Dio deve dunque avere nella comunità cristiana un posto importante.
La Parola è presenza che spira amore
Ma intendiamoci bene sui due termini: la Parola di Dio. Essa non è semplicemente una parola, una lezione, una istruzione, ma è il soffio stesso di Dio che dà vita. E’ una Parola che spira amore.
Troppe volte nella comunità cristiana si è pensato che il Libro della Parola di Dio fosse un settore della nostra vita comunitaria e un settore intellettuale, esplicativo, istruttivo. Invece la Parola di Dio è sacramento. Opera ciò che dice, è presenza del pensiero di Dio e del cuore di Dio, è dono di Amore per noi, per la nostra povertà.
Ecco perché il sacerdote la domenica quando termina di leggere il Vangelo bacia quel libro. Egli bacia la presenza misteriosa della persona di Cristo nell'atto di proclamare la buona notizia dell'amore di Dio.
Una Bibbia per Natale
Ecco una proposta. Non per diventare più istruiti, più intellettuali, più astratti, ma per credere di più, per vivere di più, per avere in casa la Parola di Dio che è Cristo.
La Bibbia da meditare, come libro di preghiera, poiché pregare è anche ascoltare che cosa Dio ha da dirci.
La Bibbia da disturbare le nostre viltà, le nostre comodità, spada che taglia il nodo del nostro egoismo e i nodi della nostra incredulità.
La Bibbia come nuovo orizzonte per la vocazione di ognuno, poiché la Parola di Dio sollecita scelte nuove, imprese nuove.
La Bibbia come compagnia, perché nell'intimo della tua casa, Dio vi possa abitare non genericamente, ma con i suoi pensieri, le sue confidenze e i suoi comandi.
La Bibbia come pane e più del pane. Una dispensa di spiritualità per nutrirci, noi che abbiamo sempre fame di verità e di giustizia, noi che siamo poveri nel cuore e nella mente.
La Bibbia come testamento, testamento di Dio per oggi, eredità che dobbiamo cogliere e spartire, testamento di Dio per il domani essendo la Parola di Dio l'unica promessa certa che merita fiducia.
La Bibbia familiare, quotidiana, domestica, cioè piccolo segno della nostra fede.
Natale consumistico, Natale allo champagne, Natale della tenerezza, Natale al panettone, Natale decorativo.
Queste definizioni pubblicitarie e psicologiche non possono lasciare indifferente la comunità cristiana. Le tentazioni si vincono, quando si conoscono. Sapere che si può rovinare il Natale, come si può rovinare la fede nel banale, è già un modo positivo di celebrare il 25 dicembre.
Un cristianesimo simbolo o decorazione non è sufficiente. La nostra fede in Gesù Cristo uomo-Dio ha da essere fede viva, reale, pratica.
Essa si confronta con due concrete possibilità: la prima si concretizza nel far posto a Cristo, facendo posto ai fratelli più deboli, più soli, più rifiutati. Questo rifiuto ha fatto si che sovente la storia fosse criminale, caricandosi di indifferenza, di noncuranza e di disprezzo.
La seconda si concretizza nel rendere visibile Cristo oggi nella nostra comunità. Come è possibile questo? Peguy scriveva: “Egli, Gesù di Betlemme e di Nazareth è qui come il primo giorno. Una parrocchia ha brillato di luce eterna: ma tutte le parrocchie brillano eternamente, perché in tutte le parrocchie c'è il Corpo di Cristo”.
Riscoprire la presenza di Gesù Bambino fra noi
Ecco allora il significato di questo Natale: riscoprire con gli occhi della fede la presenza di Gesù bambino fra noi. Nei modi della fede e del mistero cristiano.
Gesù sono i piccoli, Gesù è l'Eucaristia, il battesimo il perdono di Dio. Gesù è la pace. Ma Gesù Cristo è anche la Parola di Dio.
Ebbene ogni parrocchia è tutto questo essenzialmente: l'Eucaristia è il cuore della comunità cristiana, il battesimo, la sua crescita, la Parola sotto la luce dello Spirito è il sangue che scorre, nutre e ossigena questo corpo meraviglioso dei credenti.
La Parola di Dio deve dunque avere nella comunità cristiana un posto importante.
La Parola è presenza che spira amore
Ma intendiamoci bene sui due termini: la Parola di Dio. Essa non è semplicemente una parola, una lezione, una istruzione, ma è il soffio stesso di Dio che dà vita. E’ una Parola che spira amore.
Troppe volte nella comunità cristiana si è pensato che il Libro della Parola di Dio fosse un settore della nostra vita comunitaria e un settore intellettuale, esplicativo, istruttivo. Invece la Parola di Dio è sacramento. Opera ciò che dice, è presenza del pensiero di Dio e del cuore di Dio, è dono di Amore per noi, per la nostra povertà.
Ecco perché il sacerdote la domenica quando termina di leggere il Vangelo bacia quel libro. Egli bacia la presenza misteriosa della persona di Cristo nell'atto di proclamare la buona notizia dell'amore di Dio.
Una Bibbia per Natale
Ecco una proposta. Non per diventare più istruiti, più intellettuali, più astratti, ma per credere di più, per vivere di più, per avere in casa la Parola di Dio che è Cristo.
La Bibbia da meditare, come libro di preghiera, poiché pregare è anche ascoltare che cosa Dio ha da dirci.
La Bibbia da disturbare le nostre viltà, le nostre comodità, spada che taglia il nodo del nostro egoismo e i nodi della nostra incredulità.
La Bibbia come nuovo orizzonte per la vocazione di ognuno, poiché la Parola di Dio sollecita scelte nuove, imprese nuove.
La Bibbia come compagnia, perché nell'intimo della tua casa, Dio vi possa abitare non genericamente, ma con i suoi pensieri, le sue confidenze e i suoi comandi.
La Bibbia come pane e più del pane. Una dispensa di spiritualità per nutrirci, noi che abbiamo sempre fame di verità e di giustizia, noi che siamo poveri nel cuore e nella mente.
La Bibbia come testamento, testamento di Dio per oggi, eredità che dobbiamo cogliere e spartire, testamento di Dio per il domani essendo la Parola di Dio l'unica promessa certa che merita fiducia.
La Bibbia familiare, quotidiana, domestica, cioè piccolo segno della nostra fede.
L’Avvento
“Per vivere il Natale non c’è bisogno di spremersi le meningi. Una cosa sola occorre: penetrare dentro le formule liturgiche con una contemplazione calma, amorosa e piena di fede e di stupore. Quando il cuore ne è conquistato, mette in movimento tutta l’esistenza.”
IL SIGNIFICATO
Dopo l’annuale rievocazione del Mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della celebrazione del Natale del Signore.
Il tempo di Avvento fu istituito perché i fedeli si preparassero alla celebrazione del Natale, ma entro breve tempo assunse un doppio significato: è il tempo in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.
LA LITURGIA
Nella riforma liturgica, l’Avvento conserva la sua durata, cioè quattro settimane, tuttavia non è più soltanto un tempo di penitenza: anzi è un tempo di lieta attesa.
Se nelle domeniche di questo tempo non si dice il “Gloria”, ciò si fa per un motivo diverso da quello per cui lo si omette nel tempo di Quaresima, ossia perché l’inno angelico nella notte di Natale risuoni come qualcosa di nuovo.
Ogni Domenica ha un tema specifico:
1. la vigilanza nell’attesa del Cristo;
2. un pressante invito alla conversione contenuto nella predicazione di Giovanni Battista;
3. la testimonianza data da Gesù a Giovanni;
4. l’annuncio della nascita di Gesù fatta a Giuseppe e a Maria.
Le letture dei giorni feriali nella prima parte dell’Avvento presentano i segni e le caratteristiche del Regno messianico e le condizioni per entrarvi; nella seconda parte preparano direttamente al Natale narrando le diverse annunciazioni e l’attuazione in Cristo delle promesse di Davide.
LE FIGURE CHIAVE
Nella liturgia dell’Avvento emergono alcune figure bibliche particolari:
Isaia - In lui, più che negli altri profeti, si trova un’eco della grande speranza che ha confortato il popolo eletto durante i secoli duri e decisivi della sua storia, soprattutto durante l’esilio. La seconda parte del suo libro contiene essenzialmente un lieto annuncio di liberazione, parla di un nuovo e più glorioso esodo e della creazione di una nuova Gerusalemme.
Giovanni Battista - E’ l’ultimo dei profeti e riassume nella sua persona e nella sua parola tutta la storia precedente nel momento in cui sfocia nel suo compimento. Giovanni è il segno dell’intervento di Dio per il suo popolo; quale precursore del Messia, ha la missione di preparare le vie al Signore, di offrire ad Israele la “conoscenza della salvezza” che consiste nella remissione dei peccati, opera della misericordia di Dio e, soprattutto, di indicare Cristo già presente in mezzo al suo popolo.
La Madonna - durante l’Avvento si pone in rilievo la relazione e la cooperazione di Maria al mistero della redenzione. Maria “primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza”. Maria è colei che, nel mistero dell’Avvento e dell’Incarnazione, congiunge il Salvatore al genere umano.
San Giuseppe - è l’anello di congiunzione che attraverso Davide da cui discende, unisce Cristo alla grande “promessa”, cioè ad Abramo.
Proprio perché legalmente “figlio di Giuseppe” Gesù ha potuto rivendicare a se il titolo messianico di “figlio di Davide”.
Infine la figura di Giuseppe appare come l’uomo giusto per la sua fede, modello per ogni uomo che vuole entrare in dialogo e in comunione con Dio.
LA TEOLOGIA
L’Avvento è il tempo liturgico nel quale è più richiamata la grande verità della storia come luogo dell’attuazione del piano salvifico di Dio.
La salvezza va considerata nella prospettiva escatologica del “giorno del Signore”.
Questo tempo ha come caratteristica l’annuncio del Regno e il suo interiorizzarsi nel cuore degli uomini fino alla manifestazione gloriosa del Cristo.
La Chiesa “sacramento universale di salvezza” non vive per se, ma per il mondo. Ogni cristiano, anche se a titoli diversi, è partecipe di questa missione. L’ansia missionaria è una componente essenziale della vita cristiana.
La missione, come appare nella luce del mistero dell’Avvento, è tutta orientata a suscitare la speranza degli umili e dei deboli che non può fondarsi sui potenti di questo mondo, sempre deludenti, ma sulla potenza del Dio di Gesù che si manifesta nella debolezza per irridere e denunciare l’orgoglio presuntuoso di progetti umani.
LA SPIRITUALITA’
La liturgia dell’Avvento è tutta un richiamo a vivere alcuni atteggiamenti essenziali del cristiano: l’attesa vigilante e gioiosa, la speranza, la conversione.
L’attesa vigilante e gioiosa deve sempre caratterizzare il cristiano e la Chiesa perché il Dio della rivelazione è il Dio della promessa che in Cristo ha manifestato tutta la sua fedeltà all’uomo.
Tutta la liturgia dell’Avvento risuona delle promesse di Dio. La speranza della Chiesa è la stessa speranza d’Israele, ma già compiuta in Cristo. Lo sguardo, della comunità cristiana si fissa con più sicura speranza verso il compimento finale: la venuta gloriosa del Signore.
Il Padre che dona al mondo Gesù suo Figlio, allo stesso tempo dona al mondo la speranza. Egli è infatti il sostegno e il fondamento della speranza nella vita eterna.
L’Avvento è il tempo liturgico della grande educazione alla speranza: una speranza forte e paziente, una speranza che accetta l’ora della prova, della persecuzione e della lentezza nello sviluppo del Regno; una speranza che si affida al Signore e libera dalle impazienze soggettivistiche e dalle frenesie del futuro programmato dall’uomo.
Questa Chiesa è chiamata dal mistero dell’Avvento a rendersi segno e luogo di speranza per il mondo in un impegno concreto di liberazione integrale dell’uomo.
Avvento, tempo di conversione. Non c’è possibilità di speranza e di gioia senza ritornare al Signore con tutto il cuore nell’attesa del suo ritorno. La vigilanza richiede di lottare contro il torpore e la negligenza, di essere sempre pronti.
La predicazione del Battista, è tutta un richiamo alla conversione per preparare le vie al Signore.
Lo spirito di conversione, proprio dell’Avvento, ha tonalità diverse da quelle richiamate dalla Quaresima. La sostanza essenzialmente è sempre la stessa, ma, mentre la Quaresima è contrassegnata dall’austerità per la riparazione del peccato, l’Avvento è contrassegnato dalla gioia per la venuta del Signore.
Un atteggiamento infine che caratterizza la spiritualità dell’Avvento, è quello del povero. Non è tanto il povero in senso economico, ma il povero inteso nel senso biblico: colui che si affida a Dio e si appoggia con fiducia in lui.
IN CONCLUSIONE
Durante l’Avvento meditiamo sul Natale del Signore e sull’attesa del suo ritorno.
La liturgia dell’Avvento mette in risalto come Gesù rappresenti l’adempimento delle promesse che Dio fa al suo popolo.
La speranza dei cristiani è il ritorno di Gesù Cristo.
La missione della Chiesa è quella di annunciare questa speranza a tutti gli uomini, soprattutto ai poveri e ai deboli, che vedranno il loro riscatto nel Regno di Dio.
Come vivere l’avvento? Come un’attesa gioiosa e come occasione di conversione riconoscendo di essere “poveri” e di avere bisogno dell’amore di Dio.
IL SIGNIFICATO
Dopo l’annuale rievocazione del Mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della celebrazione del Natale del Signore.
Il tempo di Avvento fu istituito perché i fedeli si preparassero alla celebrazione del Natale, ma entro breve tempo assunse un doppio significato: è il tempo in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi.
LA LITURGIA
Nella riforma liturgica, l’Avvento conserva la sua durata, cioè quattro settimane, tuttavia non è più soltanto un tempo di penitenza: anzi è un tempo di lieta attesa.
Se nelle domeniche di questo tempo non si dice il “Gloria”, ciò si fa per un motivo diverso da quello per cui lo si omette nel tempo di Quaresima, ossia perché l’inno angelico nella notte di Natale risuoni come qualcosa di nuovo.
Ogni Domenica ha un tema specifico:
1. la vigilanza nell’attesa del Cristo;
2. un pressante invito alla conversione contenuto nella predicazione di Giovanni Battista;
3. la testimonianza data da Gesù a Giovanni;
4. l’annuncio della nascita di Gesù fatta a Giuseppe e a Maria.
Le letture dei giorni feriali nella prima parte dell’Avvento presentano i segni e le caratteristiche del Regno messianico e le condizioni per entrarvi; nella seconda parte preparano direttamente al Natale narrando le diverse annunciazioni e l’attuazione in Cristo delle promesse di Davide.
LE FIGURE CHIAVE
Nella liturgia dell’Avvento emergono alcune figure bibliche particolari:
Isaia - In lui, più che negli altri profeti, si trova un’eco della grande speranza che ha confortato il popolo eletto durante i secoli duri e decisivi della sua storia, soprattutto durante l’esilio. La seconda parte del suo libro contiene essenzialmente un lieto annuncio di liberazione, parla di un nuovo e più glorioso esodo e della creazione di una nuova Gerusalemme.
Giovanni Battista - E’ l’ultimo dei profeti e riassume nella sua persona e nella sua parola tutta la storia precedente nel momento in cui sfocia nel suo compimento. Giovanni è il segno dell’intervento di Dio per il suo popolo; quale precursore del Messia, ha la missione di preparare le vie al Signore, di offrire ad Israele la “conoscenza della salvezza” che consiste nella remissione dei peccati, opera della misericordia di Dio e, soprattutto, di indicare Cristo già presente in mezzo al suo popolo.
La Madonna - durante l’Avvento si pone in rilievo la relazione e la cooperazione di Maria al mistero della redenzione. Maria “primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza”. Maria è colei che, nel mistero dell’Avvento e dell’Incarnazione, congiunge il Salvatore al genere umano.
San Giuseppe - è l’anello di congiunzione che attraverso Davide da cui discende, unisce Cristo alla grande “promessa”, cioè ad Abramo.
Proprio perché legalmente “figlio di Giuseppe” Gesù ha potuto rivendicare a se il titolo messianico di “figlio di Davide”.
Infine la figura di Giuseppe appare come l’uomo giusto per la sua fede, modello per ogni uomo che vuole entrare in dialogo e in comunione con Dio.
LA TEOLOGIA
L’Avvento è il tempo liturgico nel quale è più richiamata la grande verità della storia come luogo dell’attuazione del piano salvifico di Dio.
La salvezza va considerata nella prospettiva escatologica del “giorno del Signore”.
Questo tempo ha come caratteristica l’annuncio del Regno e il suo interiorizzarsi nel cuore degli uomini fino alla manifestazione gloriosa del Cristo.
La Chiesa “sacramento universale di salvezza” non vive per se, ma per il mondo. Ogni cristiano, anche se a titoli diversi, è partecipe di questa missione. L’ansia missionaria è una componente essenziale della vita cristiana.
La missione, come appare nella luce del mistero dell’Avvento, è tutta orientata a suscitare la speranza degli umili e dei deboli che non può fondarsi sui potenti di questo mondo, sempre deludenti, ma sulla potenza del Dio di Gesù che si manifesta nella debolezza per irridere e denunciare l’orgoglio presuntuoso di progetti umani.
LA SPIRITUALITA’
La liturgia dell’Avvento è tutta un richiamo a vivere alcuni atteggiamenti essenziali del cristiano: l’attesa vigilante e gioiosa, la speranza, la conversione.
L’attesa vigilante e gioiosa deve sempre caratterizzare il cristiano e la Chiesa perché il Dio della rivelazione è il Dio della promessa che in Cristo ha manifestato tutta la sua fedeltà all’uomo.
Tutta la liturgia dell’Avvento risuona delle promesse di Dio. La speranza della Chiesa è la stessa speranza d’Israele, ma già compiuta in Cristo. Lo sguardo, della comunità cristiana si fissa con più sicura speranza verso il compimento finale: la venuta gloriosa del Signore.
Il Padre che dona al mondo Gesù suo Figlio, allo stesso tempo dona al mondo la speranza. Egli è infatti il sostegno e il fondamento della speranza nella vita eterna.
L’Avvento è il tempo liturgico della grande educazione alla speranza: una speranza forte e paziente, una speranza che accetta l’ora della prova, della persecuzione e della lentezza nello sviluppo del Regno; una speranza che si affida al Signore e libera dalle impazienze soggettivistiche e dalle frenesie del futuro programmato dall’uomo.
Questa Chiesa è chiamata dal mistero dell’Avvento a rendersi segno e luogo di speranza per il mondo in un impegno concreto di liberazione integrale dell’uomo.
Avvento, tempo di conversione. Non c’è possibilità di speranza e di gioia senza ritornare al Signore con tutto il cuore nell’attesa del suo ritorno. La vigilanza richiede di lottare contro il torpore e la negligenza, di essere sempre pronti.
La predicazione del Battista, è tutta un richiamo alla conversione per preparare le vie al Signore.
Lo spirito di conversione, proprio dell’Avvento, ha tonalità diverse da quelle richiamate dalla Quaresima. La sostanza essenzialmente è sempre la stessa, ma, mentre la Quaresima è contrassegnata dall’austerità per la riparazione del peccato, l’Avvento è contrassegnato dalla gioia per la venuta del Signore.
Un atteggiamento infine che caratterizza la spiritualità dell’Avvento, è quello del povero. Non è tanto il povero in senso economico, ma il povero inteso nel senso biblico: colui che si affida a Dio e si appoggia con fiducia in lui.
IN CONCLUSIONE
Durante l’Avvento meditiamo sul Natale del Signore e sull’attesa del suo ritorno.
La liturgia dell’Avvento mette in risalto come Gesù rappresenti l’adempimento delle promesse che Dio fa al suo popolo.
La speranza dei cristiani è il ritorno di Gesù Cristo.
La missione della Chiesa è quella di annunciare questa speranza a tutti gli uomini, soprattutto ai poveri e ai deboli, che vedranno il loro riscatto nel Regno di Dio.
Come vivere l’avvento? Come un’attesa gioiosa e come occasione di conversione riconoscendo di essere “poveri” e di avere bisogno dell’amore di Dio.
Il Natale del Signore
L’angelo disse: “Non temete! Io vi porto una bella notizia che procurerà una grande gioia a tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato il vostro Salvatore, il Cristo, il Signore. Lo riconoscerete così: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. (Lc 2,10-12)
ORIGINE E STORIA
Abbiamo notizia della festa del Natale a Roma per la prima volta nel 336.
Al sorgere della celebrazione del Natale hanno contribuito cause diverse.
Prima di tutto è pacifico il fatto che il 25 dicembre non è storicamente il giorno della nascita di Gesù. Questa data è indicata come un’antica tradizione secondo la quale Gesù sarebbe stato concepito nello stesso giorno e mese in cui poi sarebbe morto e, cioè, il 25 marzo; conseguentemente la sua nascita sarebbe avvenuta il 25 dicembre. Si ritiene però che questa tradizione non abbia determinato l’origine della festa.
La spiegazione più probabile, invece, secondo gli studiosi, è da ricercarsi nel tentativo della Chiesa di Roma di soppiantare la festa pagana del “Natalis (solis) invicti”.
Nel secolo III si diffuse nel mondo greco-romano il culto del sole. La principale festa di questo culto veniva celebrata nel solstizio d’inverno, il 25 dicembre, perché rappresentava l’annuale vittoria del sole sulle tenebre. Per allontanare i fedeli da queste celebrazioni idolatriche, la Chiesa di Roma diede a quelle feste pagane un diverso significato. Nel momento in cui si celebrava la nascita astronomica del sole, fu presentata ai cristiani la nascita del vero sole, Cristo, che appare al mondo dopo la lunga notte del peccato.
Un secondo fattore ha contribuito all’affermarsi delle feste natalizie: le grandi eresie cristologiche del IV e V secolo che annullavano con le loro teorie la realtà di Cristo, Uomo-Dio. L’istituzione e la rapida e universale diffusione del Natale è stata mezzo ed occasione per affermare l’ortodossia della fede sui punti fondamentali del cristianesimo.
LA PASTORALE
L’impegno pastorale per celebrare nelle nostre assemblee un Natale autentico è difficile. L’attuale contesto socio-culturale, coi suoi richiami ad un “magico natale” consumistico e turistico, approfitta di una forte tradizione religiosa per trasformare una festa cristiana in una festa pagana.
Una visione devozionistica e sentimentale degli episodi della Natività del Signore (vedi presepio, Messa di mezzanotte) rischia di svuotare, nella mente dei fedeli, il significato salvifico dell’evento dell’Incarnazione. L’azione pastorale deve dirigersi in due direzioni precise: un’azione sui praticanti, che attraverso l’Avvento devono giungere ad una celebrazione consapevole del mistero, ed un’azione sui lontani, sui non praticanti, sui presenti alla sola Messa di Mezzanotte e del giorno di Natale per trasmettere loro, mediante la testimonianza della comunità credente, il messaggio della Nascita del Signore.
L’azione pastorale sulla comunità credente e praticante deve essere forte ed impegnata: è questa comunità che è chiamata a rinnovare la sua credibilità, ponendosi come segno del Cristo povero.
Celebrare il vero Natale cristiano significa condividere le scelte di Cristo, scelte di povertà, di umiltà, di servizio e di dono totale della propria vita.
In questo senso il Natale ha in se una formidabile carica contestativa: contro la grande ipocrisia di volontà di pace e di sincera solidarietà umana, che attenua la cattiva coscienza col farsi regali (divenuto un qualcosa di altamente consumistico), contro la presunzione di una pace fattibile solo dall’uomo, il Natale oppone l’evento di Gesù Cristo che non ha nulla a che vedere con questi calcoli e con queste aspettative.
Le iniziative natalizie (presepio, albero di Natale, carità verso i poveri, ecc.) da parte della comunità credente devono essere ispirate da una forte carica evangelizzatrice. La celebrazione del Natale deve essere pensata in modo da porsi come un grande segno per tutti: indifferenti, non praticanti e non credenti. Il Natale ha ancora una grande forza di richiamo per tutti, non può essere trascurata questa occasione per far sentire la luce del messaggio del Vangelo sull’uomo, sulla famiglia, sulla società.
La celebrazione natalizia deve essere valorizzata non come tradizione, ma come dono di amore, di verità e di speranza a tutti gli uomini del nostro tempo.
ORIGINE E STORIA
Abbiamo notizia della festa del Natale a Roma per la prima volta nel 336.
Al sorgere della celebrazione del Natale hanno contribuito cause diverse.
Prima di tutto è pacifico il fatto che il 25 dicembre non è storicamente il giorno della nascita di Gesù. Questa data è indicata come un’antica tradizione secondo la quale Gesù sarebbe stato concepito nello stesso giorno e mese in cui poi sarebbe morto e, cioè, il 25 marzo; conseguentemente la sua nascita sarebbe avvenuta il 25 dicembre. Si ritiene però che questa tradizione non abbia determinato l’origine della festa.
La spiegazione più probabile, invece, secondo gli studiosi, è da ricercarsi nel tentativo della Chiesa di Roma di soppiantare la festa pagana del “Natalis (solis) invicti”.
Nel secolo III si diffuse nel mondo greco-romano il culto del sole. La principale festa di questo culto veniva celebrata nel solstizio d’inverno, il 25 dicembre, perché rappresentava l’annuale vittoria del sole sulle tenebre. Per allontanare i fedeli da queste celebrazioni idolatriche, la Chiesa di Roma diede a quelle feste pagane un diverso significato. Nel momento in cui si celebrava la nascita astronomica del sole, fu presentata ai cristiani la nascita del vero sole, Cristo, che appare al mondo dopo la lunga notte del peccato.
Un secondo fattore ha contribuito all’affermarsi delle feste natalizie: le grandi eresie cristologiche del IV e V secolo che annullavano con le loro teorie la realtà di Cristo, Uomo-Dio. L’istituzione e la rapida e universale diffusione del Natale è stata mezzo ed occasione per affermare l’ortodossia della fede sui punti fondamentali del cristianesimo.
LA PASTORALE
L’impegno pastorale per celebrare nelle nostre assemblee un Natale autentico è difficile. L’attuale contesto socio-culturale, coi suoi richiami ad un “magico natale” consumistico e turistico, approfitta di una forte tradizione religiosa per trasformare una festa cristiana in una festa pagana.
Una visione devozionistica e sentimentale degli episodi della Natività del Signore (vedi presepio, Messa di mezzanotte) rischia di svuotare, nella mente dei fedeli, il significato salvifico dell’evento dell’Incarnazione. L’azione pastorale deve dirigersi in due direzioni precise: un’azione sui praticanti, che attraverso l’Avvento devono giungere ad una celebrazione consapevole del mistero, ed un’azione sui lontani, sui non praticanti, sui presenti alla sola Messa di Mezzanotte e del giorno di Natale per trasmettere loro, mediante la testimonianza della comunità credente, il messaggio della Nascita del Signore.
L’azione pastorale sulla comunità credente e praticante deve essere forte ed impegnata: è questa comunità che è chiamata a rinnovare la sua credibilità, ponendosi come segno del Cristo povero.
Celebrare il vero Natale cristiano significa condividere le scelte di Cristo, scelte di povertà, di umiltà, di servizio e di dono totale della propria vita.
In questo senso il Natale ha in se una formidabile carica contestativa: contro la grande ipocrisia di volontà di pace e di sincera solidarietà umana, che attenua la cattiva coscienza col farsi regali (divenuto un qualcosa di altamente consumistico), contro la presunzione di una pace fattibile solo dall’uomo, il Natale oppone l’evento di Gesù Cristo che non ha nulla a che vedere con questi calcoli e con queste aspettative.
Le iniziative natalizie (presepio, albero di Natale, carità verso i poveri, ecc.) da parte della comunità credente devono essere ispirate da una forte carica evangelizzatrice. La celebrazione del Natale deve essere pensata in modo da porsi come un grande segno per tutti: indifferenti, non praticanti e non credenti. Il Natale ha ancora una grande forza di richiamo per tutti, non può essere trascurata questa occasione per far sentire la luce del messaggio del Vangelo sull’uomo, sulla famiglia, sulla società.
La celebrazione natalizia deve essere valorizzata non come tradizione, ma come dono di amore, di verità e di speranza a tutti gli uomini del nostro tempo.
I Segni del Natale
La Festa
Nei primi secoli la Chiesa non celebrava il Natale, perché non si conosce la data della nascita di Gesù a Betlemme.
Il calendario civile di Roma festeggiava, il 25 dicembre, la festa del sole nuovo —“natale dell'invitto Sole”—, nel complesso delle feste saturnali.
Verso la fine del terzo secolo la Chiesa fissa il Natale in quella data (lo troviamo nel calendario filocaliano, anche se il nome "Natale" si trova solo nel nono secolo).
La Chiesa aveva già prima usato adattare le feste pagane alle tradizioni cristiane, svuotandole del significato pagano e sostituendo il significato cristiano; così il sorgere del sole nel solstizio d'inverno viene assunto come nascita del Sole cristiano, cioè di Gesù. Si vuole significare — come dice San Leone Magno — lo scambio tra la divinità e l'umanità: l'Incarnazione ne è l'accettazione dell'umanità da parte di Dio.
Sempre, nei secoli, l'umanità aveva aspirato a migliorarsi fino a diventare come Dio:
— da Adamo ed Eva, che vogliono diventare Dei;
— fino a Prométeo, che vuol far sorgere il fuoco di vita;
— ai giganti che vogliono scalare l'Olimpo, alla torre di Babele e a tanti altri tentativi
dell'uomo di raggiungere il cielo. Sempre l'uomo ha desiderato diventare Dio, ma il riuscirci non è nelle sue forze, nelle sue possibilità. Quando l'uomo se ne rende conto e riconosce la propria incapacità, ecco allora che questa aspirazione è soddisfatta da Dio: si fa Lui Uomo, per far diventare gli uomini come Lui. L'umanità viene assunta da Dio e divinizzata: è uno scambio tra Dio e l'uomo, l'uomo e Dio. Si sviluppa così questo significato dell'Incarnazione.
La Cornice
Le feste pagane dei saturnali duravano una settimana, (l'ottava di Natale attuale): era un'occasione per scambiarsi dei doni; ancora adesso gli auguri di Natale vengono accompagnati da regali ai parenti e amici. Il significato spirituale può essere quello di ricordare lo scambio di doni tra Dio e l'uomo.
Era anche un'occasione per darsi alla gioia, espressa con vestiti variopinti e cappelli di carta, e con l'uso di far scoppiare i "botti" specialmente nell'ultimo giorno che corrisponde alla fine dell'anno.
L'accensione delle candeline e dei ceppi di Natale è simbolo del fuoco e della luce, che riscaldano e illuminano le fredde serate invernali; è di origine nordica, come pure il baciarsi sotto il vischio, segno di augurio di pace (i vichinghi usavano appendere un ramo di vischio davanti all'ingresso della casa, come benvenuto agli stranieri, segno di ospitalità e di fraternità) .
Il Babbo Natale è invece una mescolanza (anche questa di origine nordica) con il culto di S. Nicola, patrono dei bimbi; per questo i regali vengono fatti soprattutto ai bambini. Il cristianesimo ha introdotto il significato che i doni vengono portati da Gesù Bambino: è sempre il ricordo dello scambio tra Dio e l’uomo.
L’Albero di Natale
Gli alberi venivano considerati dai pagani, in quasi tutte le parti del mondo, come segno di fertilità, perché le loro foglie rispuntano dopo l'inverno: simbolo di morte e risurrezione. Per questo furono assunti anche come simbolo della nascita del Redentore.
La scelta dell'abete rosso è dovuta al fatto che questo albero è verdeggiante in questo periodo, e, forse, anche perché la sua forma assomiglia vagamente ad una capanna e una chiesa. Il primo a porre candeline accese su un albero di Natale, tenuto in casa, pare sia stato il riformatore protestante Martin Lutero (secolo XVI), con l'intento e allo scopo di imitare il cielo stellato.
Il Presepio
Il nome latino "praesepe" vuol dire greppia (in francese Crèche, in tedesco Krippe) ed è la rappresentazione dell'adorazione di Gesù neonato a Betlemme. Questa rappresentazione è realizzata per mezzo di figure, disegni, statue, con elementi paesaggistici; talora per mezzo anche di persone (presepio vivente), ma sempre in posizione statica.
Pare che il primo presepio sia stato composto nella campagna di Greccio, nell'anno 1223, da San Francesco d'Assisi, che in quella occasione servì alla messa come diacono. La Chiesa favorì la diffusione del presepio, anche per sostituire le rappresentazioni teatrali popolari, diventate spesso fantasiose e devianti. Dapprima i presepi si costruivano a grandi dimensioni nelle chiese, poi anche nelle case private, ovviamente con dimensioni ridotte. Il materiale usato era di vario tipo; talora assurse a valore artistico. Nel settecento si costruirono presepi meccanici, in cui le figure si muovono compiendo i gesti propri del loro mestiere oppure sfilando davanti al Bambino.
Il presepio è, perciò, una rappresentazione che vuole aiutare i fedeli a ricordare la nascita di Gesù; ed è ispirato alla tradizione italiana e cattolica, mentre invece l'albero di Natale è di tradizione tedesca e protestante.
Il Pranzo in Casa
Mangiare e bere è una necessità vitale. Mangiare e bere seduti alla stessa tavola —con la famiglia, con la parentela, con gli amici, ecc.— ha sempre significato l'unione di tutti quelli che vivono assieme ed è servito a sottolineare e celebrare i momenti più importanti della vita; così come nascita, nozze, compleanni, onomastici, promozioni, "pranzi di lavoro", incontri e i grandi avvenimenti che meritano di essere festeggiati. Perciò anche la solennità del Natale —che viene considerata una festa importante dell'anno— diventa occasione di compiere questo gesto, di mangiare insieme.
Di qui, poi, deriva il significato della festa dell'intimità familiare, festa dei bimbi, festa della pace e della gioia del vivere insieme, accogliendo l'augurio degli Angeli, che sulla capanna di Betlemme annunciarono gloria a Dio in cielo e pace agli uomini sulla terra.
Nei primi secoli la Chiesa non celebrava il Natale, perché non si conosce la data della nascita di Gesù a Betlemme.
Il calendario civile di Roma festeggiava, il 25 dicembre, la festa del sole nuovo —“natale dell'invitto Sole”—, nel complesso delle feste saturnali.
Verso la fine del terzo secolo la Chiesa fissa il Natale in quella data (lo troviamo nel calendario filocaliano, anche se il nome "Natale" si trova solo nel nono secolo).
La Chiesa aveva già prima usato adattare le feste pagane alle tradizioni cristiane, svuotandole del significato pagano e sostituendo il significato cristiano; così il sorgere del sole nel solstizio d'inverno viene assunto come nascita del Sole cristiano, cioè di Gesù. Si vuole significare — come dice San Leone Magno — lo scambio tra la divinità e l'umanità: l'Incarnazione ne è l'accettazione dell'umanità da parte di Dio.
Sempre, nei secoli, l'umanità aveva aspirato a migliorarsi fino a diventare come Dio:
— da Adamo ed Eva, che vogliono diventare Dei;
— fino a Prométeo, che vuol far sorgere il fuoco di vita;
— ai giganti che vogliono scalare l'Olimpo, alla torre di Babele e a tanti altri tentativi
dell'uomo di raggiungere il cielo. Sempre l'uomo ha desiderato diventare Dio, ma il riuscirci non è nelle sue forze, nelle sue possibilità. Quando l'uomo se ne rende conto e riconosce la propria incapacità, ecco allora che questa aspirazione è soddisfatta da Dio: si fa Lui Uomo, per far diventare gli uomini come Lui. L'umanità viene assunta da Dio e divinizzata: è uno scambio tra Dio e l'uomo, l'uomo e Dio. Si sviluppa così questo significato dell'Incarnazione.
La Cornice
Le feste pagane dei saturnali duravano una settimana, (l'ottava di Natale attuale): era un'occasione per scambiarsi dei doni; ancora adesso gli auguri di Natale vengono accompagnati da regali ai parenti e amici. Il significato spirituale può essere quello di ricordare lo scambio di doni tra Dio e l'uomo.
Era anche un'occasione per darsi alla gioia, espressa con vestiti variopinti e cappelli di carta, e con l'uso di far scoppiare i "botti" specialmente nell'ultimo giorno che corrisponde alla fine dell'anno.
L'accensione delle candeline e dei ceppi di Natale è simbolo del fuoco e della luce, che riscaldano e illuminano le fredde serate invernali; è di origine nordica, come pure il baciarsi sotto il vischio, segno di augurio di pace (i vichinghi usavano appendere un ramo di vischio davanti all'ingresso della casa, come benvenuto agli stranieri, segno di ospitalità e di fraternità) .
Il Babbo Natale è invece una mescolanza (anche questa di origine nordica) con il culto di S. Nicola, patrono dei bimbi; per questo i regali vengono fatti soprattutto ai bambini. Il cristianesimo ha introdotto il significato che i doni vengono portati da Gesù Bambino: è sempre il ricordo dello scambio tra Dio e l’uomo.
L’Albero di Natale
Gli alberi venivano considerati dai pagani, in quasi tutte le parti del mondo, come segno di fertilità, perché le loro foglie rispuntano dopo l'inverno: simbolo di morte e risurrezione. Per questo furono assunti anche come simbolo della nascita del Redentore.
La scelta dell'abete rosso è dovuta al fatto che questo albero è verdeggiante in questo periodo, e, forse, anche perché la sua forma assomiglia vagamente ad una capanna e una chiesa. Il primo a porre candeline accese su un albero di Natale, tenuto in casa, pare sia stato il riformatore protestante Martin Lutero (secolo XVI), con l'intento e allo scopo di imitare il cielo stellato.
Il Presepio
Il nome latino "praesepe" vuol dire greppia (in francese Crèche, in tedesco Krippe) ed è la rappresentazione dell'adorazione di Gesù neonato a Betlemme. Questa rappresentazione è realizzata per mezzo di figure, disegni, statue, con elementi paesaggistici; talora per mezzo anche di persone (presepio vivente), ma sempre in posizione statica.
Pare che il primo presepio sia stato composto nella campagna di Greccio, nell'anno 1223, da San Francesco d'Assisi, che in quella occasione servì alla messa come diacono. La Chiesa favorì la diffusione del presepio, anche per sostituire le rappresentazioni teatrali popolari, diventate spesso fantasiose e devianti. Dapprima i presepi si costruivano a grandi dimensioni nelle chiese, poi anche nelle case private, ovviamente con dimensioni ridotte. Il materiale usato era di vario tipo; talora assurse a valore artistico. Nel settecento si costruirono presepi meccanici, in cui le figure si muovono compiendo i gesti propri del loro mestiere oppure sfilando davanti al Bambino.
Il presepio è, perciò, una rappresentazione che vuole aiutare i fedeli a ricordare la nascita di Gesù; ed è ispirato alla tradizione italiana e cattolica, mentre invece l'albero di Natale è di tradizione tedesca e protestante.
Il Pranzo in Casa
Mangiare e bere è una necessità vitale. Mangiare e bere seduti alla stessa tavola —con la famiglia, con la parentela, con gli amici, ecc.— ha sempre significato l'unione di tutti quelli che vivono assieme ed è servito a sottolineare e celebrare i momenti più importanti della vita; così come nascita, nozze, compleanni, onomastici, promozioni, "pranzi di lavoro", incontri e i grandi avvenimenti che meritano di essere festeggiati. Perciò anche la solennità del Natale —che viene considerata una festa importante dell'anno— diventa occasione di compiere questo gesto, di mangiare insieme.
Di qui, poi, deriva il significato della festa dell'intimità familiare, festa dei bimbi, festa della pace e della gioia del vivere insieme, accogliendo l'augurio degli Angeli, che sulla capanna di Betlemme annunciarono gloria a Dio in cielo e pace agli uomini sulla terra.
Che cos'è il Giubileo?
Una conoscenza approssimativa
L’immaginazione collettiva - sulle tracce di particolari pratiche e nomenclature tradizionali - raffigura spontaneamente il Giubileo come un pellegrinaggio da compiere a Roma, con le relative visite alle Basiliche e indulgenze da lucrare, specialmente in occasione di un inizio di secolo (ma si sa poi veramente che cosa sono le indulgenze?).
Si arriva pure - nel migliore dei casi - a percepire la sua connessione con la celebrazione venticinquennale, cinquantennale o centenaria del mistero dell'Incamazione e della redenzione operata da Cristo. Ma sovente ci si ferma qui.
Se l'occasione è questa, il Giubileo è però qualcosa di più. Non semplice commemorazione, ma una celebrazione che rende presente in modo tipico l'evento del mistero della redenzione nella pienezza del suo significato: infinita glorificazione di Dio ed elargizione all'umanità di una copiosa ricchezza di grazia.
Un anno di grazia
E’ un anno nel quale si può ottenere - per un particolare potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori - anche “un'indulgenza plenaria che, condizionata al compimento di alcune pratiche stabilite, assicura ai fedeli in stato di grazia la remissione totale delle pene dovute per i peccati, in virtù della reversibilità dei meriti, o comunione, dei santi”.
Il Giubileo, detto anche Anno santo, è un tempo particolarmente consacrato al Signore; un anno in cui gli si deve rendere grazie in modo singolare per la salvezza ottenuta attraverso i suoi meriti; un anno in cui prendere maggiore coscienza della presenza e del ruolo della Chiesa nel mondo, della comunione dei santi, di essere vere membra del Corpo mistico che è la Chiesa.
· E’ un anno di grazia, perché si traduce in un prolungato e intenso invito alla santità, un anno volto a incrementare la disponibilità del popolo di Dio nell'accettare le grazie di santificazione, un anno che sollecita con insistenza il rinnovamento spirituale di ciascuno attraverso una fede più coerente e arricchita dalle opere della giustizia e della carità.
· E’ un anno caratterizzato da una più abbondante elargizione di indulgenze per la remissione delle pene dovute al peccato, sempre però in unione con la rigenerazione operata dal sacramento del perdono.
· E’ un anno in cui a una maggiore generosità di Dio, dispensata dalla Chiesa, deve corrispondere un adeguato impegno personale. L’abbondanza di grazia è un privilegio che però ci ricorda - si rammenti la parabola dei "talenti" - la responsabilità del renderne conto in proporzione.
Perché il Giubileo?
Si potrebbe dire: bene, ma tutta questa attenzione a Cristo e alla sua opera di salvezza, questo rendersi pienamente disponibili alla sua grazia, questo "mendicare" indulgenza da colui che è il Giubileo fatto persona, non dovrebbe essere un atteggiamento quotidiano, un comportamento "normale" in quella che è la struttura portante della vita spirituale del cristiano? Perché dunque il Giubileo?
Una risposta possibile: è normale per le creature, per i segnati dalla limitatezza, essere soggetti all'alternanza almeno nei ritmi o nell'intensità (quando non proprio soggetti a delle pause) e avere bisogno di un continuo rinnovarsi, cogliendo occasioni più o meno favorevoli e importanti, personali o sociali.
E una legge vitale che troviamo sia nell'ordine naturale - varietà di stagioni cicli vegetali, ritmi della vita animale, esigenze psicologiche e sociologiche - che nella vita soprannaturale, con i diversi periodi della liturgia, gli esercizi spirituali, i ritiri, la periodicità di accesso al sacramento del perdono, gli impegni di particolare e intensa adesione al Signore, legati alla partecipazione all'Eucaristia, all'ascolto e alla meditazione della Parola di Dio o alle intime mozioni dello Spirito che inducono il nostro cuore a un'autentica conversione.
Il Giubileo è quindi un evento che diventa uno stimolo fuori del comune, una particolare iniziativa di generosità ecclesiale che deve trasformarsi per i cattolici in un ulteriore mezzo di santificazione e impegno personale.
Una risonanza che diventa annuncio
Se “la ricorrenza giubilare - come si attende Giovanni Paolo Il dovrà confermare nei cristiani di oggi la fede in Dio rivelatosi in Cristo, sostenere la speranza protesa nell'aspettativa della vita eterna, ravvivare la carità, operosamente impegnata nel servizio dei fratelli”, il suo riecheggiare nel mondo dovrà diventare cassa di risonanza dell'annuncio cristiano da portare a coloro che non conoscono Cristo sufficientemente o che si dimostrano abitualmente indifferenti nei suoi confronti.
Dalle "antenne" di un Giubileo vissuto in profondità dalla Chiesa dovrà venire trasmesso al mondo un messaggio capace di ricordare a tutti il valore e la dignità della persona umana oggetto dell'amore sconfinato di Dio e chiamata a vivere la pienezza dell'amore, e di ripetere a ogni popolo e a ogni uomo la proposta di costituire effettivamente un'unica famiglia in cui vivere in pace, con giustizia e solidarietà.
L’immaginazione collettiva - sulle tracce di particolari pratiche e nomenclature tradizionali - raffigura spontaneamente il Giubileo come un pellegrinaggio da compiere a Roma, con le relative visite alle Basiliche e indulgenze da lucrare, specialmente in occasione di un inizio di secolo (ma si sa poi veramente che cosa sono le indulgenze?).
Si arriva pure - nel migliore dei casi - a percepire la sua connessione con la celebrazione venticinquennale, cinquantennale o centenaria del mistero dell'Incamazione e della redenzione operata da Cristo. Ma sovente ci si ferma qui.
Se l'occasione è questa, il Giubileo è però qualcosa di più. Non semplice commemorazione, ma una celebrazione che rende presente in modo tipico l'evento del mistero della redenzione nella pienezza del suo significato: infinita glorificazione di Dio ed elargizione all'umanità di una copiosa ricchezza di grazia.
Un anno di grazia
E’ un anno nel quale si può ottenere - per un particolare potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori - anche “un'indulgenza plenaria che, condizionata al compimento di alcune pratiche stabilite, assicura ai fedeli in stato di grazia la remissione totale delle pene dovute per i peccati, in virtù della reversibilità dei meriti, o comunione, dei santi”.
Il Giubileo, detto anche Anno santo, è un tempo particolarmente consacrato al Signore; un anno in cui gli si deve rendere grazie in modo singolare per la salvezza ottenuta attraverso i suoi meriti; un anno in cui prendere maggiore coscienza della presenza e del ruolo della Chiesa nel mondo, della comunione dei santi, di essere vere membra del Corpo mistico che è la Chiesa.
· E’ un anno di grazia, perché si traduce in un prolungato e intenso invito alla santità, un anno volto a incrementare la disponibilità del popolo di Dio nell'accettare le grazie di santificazione, un anno che sollecita con insistenza il rinnovamento spirituale di ciascuno attraverso una fede più coerente e arricchita dalle opere della giustizia e della carità.
· E’ un anno caratterizzato da una più abbondante elargizione di indulgenze per la remissione delle pene dovute al peccato, sempre però in unione con la rigenerazione operata dal sacramento del perdono.
· E’ un anno in cui a una maggiore generosità di Dio, dispensata dalla Chiesa, deve corrispondere un adeguato impegno personale. L’abbondanza di grazia è un privilegio che però ci ricorda - si rammenti la parabola dei "talenti" - la responsabilità del renderne conto in proporzione.
Perché il Giubileo?
Si potrebbe dire: bene, ma tutta questa attenzione a Cristo e alla sua opera di salvezza, questo rendersi pienamente disponibili alla sua grazia, questo "mendicare" indulgenza da colui che è il Giubileo fatto persona, non dovrebbe essere un atteggiamento quotidiano, un comportamento "normale" in quella che è la struttura portante della vita spirituale del cristiano? Perché dunque il Giubileo?
Una risposta possibile: è normale per le creature, per i segnati dalla limitatezza, essere soggetti all'alternanza almeno nei ritmi o nell'intensità (quando non proprio soggetti a delle pause) e avere bisogno di un continuo rinnovarsi, cogliendo occasioni più o meno favorevoli e importanti, personali o sociali.
E una legge vitale che troviamo sia nell'ordine naturale - varietà di stagioni cicli vegetali, ritmi della vita animale, esigenze psicologiche e sociologiche - che nella vita soprannaturale, con i diversi periodi della liturgia, gli esercizi spirituali, i ritiri, la periodicità di accesso al sacramento del perdono, gli impegni di particolare e intensa adesione al Signore, legati alla partecipazione all'Eucaristia, all'ascolto e alla meditazione della Parola di Dio o alle intime mozioni dello Spirito che inducono il nostro cuore a un'autentica conversione.
Il Giubileo è quindi un evento che diventa uno stimolo fuori del comune, una particolare iniziativa di generosità ecclesiale che deve trasformarsi per i cattolici in un ulteriore mezzo di santificazione e impegno personale.
Una risonanza che diventa annuncio
Se “la ricorrenza giubilare - come si attende Giovanni Paolo Il dovrà confermare nei cristiani di oggi la fede in Dio rivelatosi in Cristo, sostenere la speranza protesa nell'aspettativa della vita eterna, ravvivare la carità, operosamente impegnata nel servizio dei fratelli”, il suo riecheggiare nel mondo dovrà diventare cassa di risonanza dell'annuncio cristiano da portare a coloro che non conoscono Cristo sufficientemente o che si dimostrano abitualmente indifferenti nei suoi confronti.
Dalle "antenne" di un Giubileo vissuto in profondità dalla Chiesa dovrà venire trasmesso al mondo un messaggio capace di ricordare a tutti il valore e la dignità della persona umana oggetto dell'amore sconfinato di Dio e chiamata a vivere la pienezza dell'amore, e di ripetere a ogni popolo e a ogni uomo la proposta di costituire effettivamente un'unica famiglia in cui vivere in pace, con giustizia e solidarietà.
Catechesi:
Una necessità per gli adulti
Ci sono tre “luoghi” nella nostra comunità, in cui è possibile fare l'esperienza e muovere i primi passi per approfondire e crescere nella fede.
l. La tua Comunità Parrocchiale La tua Parrocchia non è una struttura burocratica ecclesiale, ma una comunità viva, una famiglia essenziale per la vita, un popolo che cammina nella storia. La Comunità Parrocchiale è la comunità dei fedeli che rende visibile la vita della Chiesa in un determinato territorio, inseriti nella vita più vasta della Diocesi. Nella Comunità Parrocchiale, si partecipa alla vita cristiana, in modo normale e popolare: · viene comunicata la fede · si celebrano i Sacramenti · si condivide la missione e la testimonianza. E’ la “casa aperta a tutti e al servizio di tutti”. 2. La catechesi degli adulti Come ogni parrocchia, anche la nostra comunità offre un itinerario di catechesi per gli adulti. Anche la partecipazione alla catechesi è un modo, oggi indispensabile, per conoscere e approfondire i contenuti della fede: si riflette sulla Parola di Dio e si cerca il modo per attuarla. Con realismo dobbiamo dire che oggi abbiamo bisogno di una “nuova evangelizzazione”. Viviamo infatti in una società che per molti aspetti si definisce post-cristiana: il modo di ragionare, di parlare, di vivere non è più cristiano, anche se ci illudiamo di mantenere un certo collegamento con le nostre radici cristiane. Veniamo, inoltre, facilmente a contatto con altre culture e con altre religioni. Questo fatto ci mette in difficoltà: ci sembra che tutti possano avere ragione, con la conseguenza di non dare molta importanza alla propria religione. Quasi una sorta di indifferenza. Allora la “nuova evangelizzazione” inizia proprio da una catechesi rinnovata. Soprattutto oggi, la catechesi degli adulti deve essere in grado di: · rispondere agli interrogativi sulla fede · rivelare una vita più grande di quella offerta dal mondo · annunciare una vita, una pace, una giustizia che l'uomo da solo non riesce a darsi · illuminare di speranza il mistero della vita, della sofferenza e della morte. Proprio per poter essere cristiani oggi, occorre interessarsi alla proposta di catechesi per gli adulti. Sono incontri aperti a tutti. Vi trovi delle persone accoglienti e pronte a condividere con te, in umiltà, il cammino della fede cristiana. 3. L'oratorio per i ragazzi L’oratorio è la “comunità cristiana” dei ragazzi e dei giovani. L’ oratorio non è solo una struttura sportiva e non è solo un “centro di aggregazione” per i ragazzi e per i giovani. L’oratorio è invece la “comunità cristiana” dei ragazzi e particolarmente attenta ai giovani. |
E’ come una grande famiglia, dove i ragazzi che lo frequentano trovano un punto di riferimento essenziale per la loro formazione cristiana, dentro un contesto particolarmente ricco di valori umani.I ragazzi in oratorio trovano una comunità nel senso che trovano amici, proposte di vita, orientamenti educativi, cammini formativi. In oratorio, l'attenzione ai ragazzi viene curata da tutte le componenti della comunità parrocchiale, in particolare dai genitori.L'oratorio ha un suo progetto educativo che si articola in gruppi di catechesi, di servizio (liturgico, missionario, caritativo ... ) e di interessi (sport, attività culturali, volontariato ... ).
L’esperienza dell'oratorio è per i ragazzi, ma serve molto anche ai loro genitori. Gli adulti, infatti, anche nell'oratorio possono trovare un aiuto e degli stimoli positivi per il loro cammino di fede. Non basta quindi mandare o portare i figli all'oratorio. E’ bene inserirsi nella vita dell'oratorio e condividere il progetto educativo. Questi dunque gli ambiti attraverso i quali la comunità cerca di trasmettere la fede e cerca anche di farla crescere attraverso dei cammini che, anche se con tanti limiti, ti vengono proposti. |