1986
PROBLEMA GIOVANI,
PROBLEMA UOMO E PROBLEMA COMUNITÀ
Il discorso sulla ecologia è importante perchè mette in risalto i gravi rischi dell'inquinamento che sta sfasciando il nostro pianeta e toglie all'uomo la possibilità di sopravvivere sulla faccia della terra. L'inquinamento tuttavia non s'arresta, perchè nessuno crede seriamente alle sue catastrofiche conseguenze. Parallelo all'inquinamento della natura corre pure l'inquinamento delle persone con effetti non meno deleteri. Questo è l'inquinamento della società in cui riemerge soltanto la richiesta di diritti che vengono disattesi e in cui non figura la proposta di doveri. Tutti vogliono esclusivamente ricevere intanto che nessuno vuole dare! Qui abbiamo la presenza di un individualismo radicale capace di sgretolare la stessa comunità per mancanza di coesione intrinseca. È come una struttura architettonica che si sfascia per logorio interno. Si ingenera così sfiducia nei confronti della comunità e delle sue strutture perchè frustrata, non è più capace di dare le risposte che dovrebbe poter dare qualora non fosse così svigorita dalla mancanza di partecipazione dei suoi componenti. Senza un rapporto vissuto con la natura e con la comunità, anche l'individuo perde la sua capacità di esprimersi autenticamente secondo la sua grandezza, Una campana che suona da sola, anche se bella, è sempre una campana da morto! Così è l'individuo individualista che non sa cedere terreno al proprio simile e lo deruba di tante cose essenziali. Dobbiamo concludere che se non cresce l'uomo, decresce la società. La speculazione e lo sfruttamento che serpeggiano dovunque non sono certo all'insegna della socialità e mettono in evidenza l'individualismo ormai invalso come costume nell'affrontare la vita. In questi ultimi anni si è cercato si sensibilizzare la gente in favore dell'ecologia sotto entrambi gli aspetti, quello naturalistico e quello umano, se così ci possiamo esprimere. S'è detto di non fumare, ad esempio, ma il fumo si è esteso alla droga; s'è detto di non gettare carta, ma non si è mai imbrattato l'ambiente come in questi tempi con ogni genere di sporcizia; si sono promossi degli spazzini volontari, detti ecologici, ma si sono stufati senza riuscire a risolvere il problema che è possibile risolvere solamente quando ciascuno saprà diventare lo spazzino di se stesso! Si sono indette celebrazioni per evidenziare, almeno a parole, i diritti umani dei bambini, delle donne, degli handicappati, degli anziani e ultimamente dei giovani; ma nessuno intanto ha avuto il coraggio di parlare anche dei doveri e guai a chi avesse osato farlo. Si dovrebbe indire la celebrazione dell'anno dell'uomo in quanto tale, di quell'uomo che non viene mai debitamente a galla nella sua autenticità e grandezza; ma questa celebrazione forse non si farà mai! Questo individualismo viene stigmatizzato dai proverbi bergamaschi: "Ròba del cümü, ròba de nissü”; "Dòna del cümü, dòna de nissü"; "La càvra del cümü, töcc a i la öl de mòls ma de mantègn niss nissü e quando a i l'à sfrötàda, la se regònt a mör de disperàda"! L'individualismo porta l'uomo a rifiutarsi di fronte all'impegno sociale per cui assistiamo all'incapacità della base di esprimere dei capi idonei; assistiamo ancora allo spreco del tempo libero e del superfluo, all'invasione e al deturpamento delle aree destinate al pubblico, alla rincorsa del privato ad accaparrarsi spazi per la propria sicurezza che non è più garantita dalla comunità. Questa piaga epidemica inquinante dell'individualismo si riflette persino nel nostro comportamento di fronte alla realtà della morte: ci si rifiuta di morire da una parte o ci si lancia al suicidio dall'altra! Si diventa così incapaci di vivere e ci si condanna a morire nell'estenuante attesa di un rimedio che la scienza non può darci, per cui la vita è meno vita e la morte è maggiormente morte! Sembra strano che quanto poteva apparire comodo e di facile conquista abbia a rendere la vita più scomoda e ingrata perchè ne impedisce la crescita! In barba a tutte le conquiste fatte l'uomo è condannato a naufragare in esse come Narciso nello stagno in cui ha sognato di potersi riflettere. Il problema giovani pertanto è il problema uomo e il problema comunità che non potrà mai risolversi senza promuovere l'uno per potenziare l'altra. Se a questo punto ci inseriamo anche una discorso di fede, il problema potrebbe senz'altro risolversi meglio.
don Giulio
don Giulio
PROBLEMA GIOVANI,
PROBLEMA DI EDUCAZIONE
ALLA FEDE E PROBLEMA DI CULTURA CRISTIANA
Bisogna ritrovare il coraggio di fare seriamente ai giovani la proposta di fede cristiana come la migliore scelta per chi vuole vivere meglio. La paura d'imporre autoritariamente la religione ci ha tappato la bocca come se il problema non esistesse affatto. Non si vede comunque come si possa a un certo punto credere a ciò che non si conosce. L'Apostolo Paolo dice che la fede nasce dall'ascolto della parola di Dio: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora come potranno invocarlo senza averne prima sentito parlarne ... ?". Abbiamo estraniato i giovani dai problemi dello spirito perchè non abbiamo avuto il coraggio di fare loro la proposta di fede attraverso il messaggio della parola di Dio e li abbiamo così resi irresponsabili della loro salvezza. Al contrario, li abbiamo drogati in diverse maniere, tranne che con la famigerata religione definta da Carlo Marx "Oppio dei popoli". I giovani accusano tuttavia la mancanza delle sicurezze di cui sentono estrema necessità e sono partiti alla ricerca di altre sicurezze illusorie, al di fuori dal contesto socio-religioso, per il proprio privato quotidiano aggrappandosi a ideologie e a poteri che rimarcano sempre più lo squallido individualismo a cui viene sacrificato il bene comune. Manca loro ogni riferimento alle istituzioni, dalla famiglia allo stato, discreditate e ritenute sovrastrutture ingombranti da abbattere con la violenza e il terrorismo. Anche il fenomeno del pentitismo rivela il disorientamento incredibile del mondo giovanile, ma senza risolverne i problemi. È urgente far ritrovare ai giovani la via giusta, quella della cultura cristiana, in alternativa alla cultura della violenza e della morte, che ha trasferito il culto di Dio nel culto della persona la quale si arroga poi arbitrariamente il potere di decidere sulla vita dei propri simili soprattutto indifesi e innocenti. La cultura definita nella maniera più elementare e sbrigativa "è tutto ciò di cui si vive", ma considerata nella dinamica della sua crescita, poichè l'uomo è sempre suscettibile di miglioramento, "è tutto ciò che si fa vivere meglio". La cultura comporta quindi una promozione che deve scaturire dal rapporto interiore con se stessi, cioè con l'Assoluto, che si riflette poi nell'ambito della comunità con un comportamento più umanizzante sotto tutti gli aspetti compreso logicamente quello religioso. Una componente insostituibile della cultura è la fede chiamata essa stessa a diventare cultura definita cristiana. La fede ci fa scoprire il fatto sorprendente che Dio stesso è alla guida dell'umanità per condurla al conseguimento del proprio fine. Dio infatti non abbandona mai le sue creature. E se oggi c'è una spaventosa crisi di cultura è perchè vi corrisponde una altrettanto spaventosa crisi di fede. Chi non crede a Dio, non può credere autenticamente neppure a se stesso, perchè l'uomo senza Dio è come un'opera senza autore. -L'uomo è chiamato alla conquista del suo Creatore: "res acclamat dominum", afferma il diritto; cioè, l'uomo è come un satellite del sole di fronte a Dio e vive di luce riflessa, non può pertanto rifiutarsi di seguirne il percorso, pena autodistruggersi. Non basta perciò all'uomo la sua ragione per costruire tutto se stesso. Il progetto di una ragione autosufficiente capace di liberare l'uomo da qualsiasi alienazione è stato ripetutamente e impietosamente contraddetto dalla storia. Riemerge qui la sconvolgente e dolorosa affermazione di Dostoevskij: "Se Dio non esiste, tutto è permesso!" L'uomo avrebbe, ciò ammesso, finito catastroficamente i suoi giorni sulla faccia della terra. La secolarizzazione è lo sforzo di affrancare l'uomo da Dio che gli fa perdere il senso della vita per cui gli viene a mancare l'impulso per la sua sopravvivenza. Se i giovani non si decidono a pregare, a costruire cioè l'uomo interiore, capace di vivere nella dimensione del divino, sono condannati a morire di asfissia spirituale. Devono saper ritrovare quanto prima l'audacia di inabissarsi nell'io più profondo del proprio essere per cogliervi la presenza del divino. Dio si è compiaciuto infatti di fissare la sua dimora nella vita interiore dell'uomo, il sole si è inabissato nel suo satellite, là dove regna l'abisso luminoso dell'eterno silenzio. Soltanto Satana poteva invadere il regno sacro dell'eterno silenzio col suo lugubre fracasso diabolico per derubare l'umanità del nostro tempo della sua dimensione trascendentale e divina. L'uomo non può che tornare a costruirsi interiormente nel suo autentico rapporto col Dio del silenzio se vuole essere capace di produrre cultura, per progredire nella civiltà dei figli di Dio, per imparare cioè a vivere meglio.
Buona Pasqua a tutti indistintamente.
don Giulio
Buona Pasqua a tutti indistintamente.
don Giulio
LA NOSTRA SPERANZA SONO ANCORA I GIOVANI
La nostra speranza sono ancora i giovani se sapranno ribellarsi decisamente agli adulti che camminano verso la catastrofe. Il 10 maggio scorso è caduto il sipario anche sull'anno dei giovani così come era già caduto sull'anno degli anziani, degli handicappati, dei bambini e di altre celebrazioni lasciando immancabilmente indietro i soliti problemi da risolvere con qualche non lieve nuova complicazione dovuta al pretestuoso motivo di strane rivendicazioni o di conquiste come è capitato per la legge 194 sull'aborto che sta mietendo assai più vittime della droga e del terrorismo. Nel contesto di questa e di molte altre contraddizioni si è affossata una volta per sempre la nostra capacità di educare alla vita i figli dei quali abbiamo ucciso i fratelli. Intanto si continua a parlare ancora sadicamente di conquiste chi con il divorzio, l'aborto, il libero amore, l'eutanasia, e chi con i missili e con la bomba atomica. Il nostro potrebbe essere ben definito, stigmatizzandolo, "Sistema droga": che condanna l'uomo, col pretesto di liberarlo, a morire prima della nascita se non è gradita la sua presenza mentre se ne commerciano i feti; che condanna i figli e la famiglia al bombardamento TV e all'assalto aggressivo dei mass-media; che sottopone gli alunni a una scuola che non dà lavoro o a un lavoro per nulla socializzante; che spinge i giovani al libero amore e offre loro un divertimento che mira a soddisfarne i bassi istinti animaleschi; che dà illimitato spazio all'agonismo discriminatore; che riduce anche l'uomo a merce di consumo da gettare dopo l'uso; che ci costringe a vivere in case apiario in cui non c'è più posto per un secondo figlio e per l'anziano; che col permissivismo radicale induce alla malavita che viene poi puntualmente repressa quando ci sono di mezzo interessi privati da tutelare. Il "sistema droga" funziona offrendo sicurezza illusoria e provocando effetti deleteri irreversibili. Dobbiamo soltanto sperare che i giovani si risveglino da questa narcosi per ribellarsi decisamente camminando controcorrente onde evitare il rischio di una catastrofe. È ancora possibile cambiare la società se i giovani ricuperano il senso della vita e la stima per i suoi valori. I giovani devono rendersi conto che l'uomo d'oggi ha ucciso tutti i tabù, si è liberato da tutti i complessi, si è eretto ad arbitro assoluto di se stesso intanto che è caduto nella contraddizione di essere diventato egli stesso tabù, complesso di ogni complesso, schiavo del proprio ripugnante egoismo che gli permette di essere il cannibale dei propri simili e il vampiro senza scrupoli a sostegno dei propri singoli interessi. I giovani devono rendersi conto che siamo rimasti vittime anche della stessa terminologia eufemistica e inventata di proposito per impedirci di poter chiamare le cose col loro proprio nome. È all'insegna delle nostre conquiste e delle nostre rivendicazioni che abbiamo perduto la nostra identità umana, la nostra libertà di poterei autenticamente autodeterminare. Col pretesto di abbattere qualsiasi intervento calato dall'alto, ci siamo esposti alla somministrazione dal basso di tutto ciò che ci ha fatto perdere la nostra originale fisionomia umana. Forse le scelte sono sempre state fatte al di fuori dell'area umana del libero arbitrio ritenendo l'uomo immaturo o impedendogli meglio di diventare adulto e quindi capace di autogestirsi; ma rimane tuttora da dimostrare che oggi l'uomo, col sistema droga, sia diventato più adulto e posto nella possibilità di poter pensare e decidere con la propria testa, fatto che comporterebbe maggior responsabilità da parte di ciascuno e di tutti insieme, facendo uso della propria coscienza per promuovere i grandi consensi determinanti le scelte importanti in favore della vera promozione umana. Ecco perchè con un uomo così poco uomo anche i referendum possono prestarsi a paurose strumentalizzazioni che si ritorcono a danno dell'uomo stesso e della sua medesima sopravvivenza sulla faccia della terra. L'aspetto droga che oggi comincia a farci paura non è che un foruncolo cresciuto sulla pelle di questa povera umanità drogata in maniera assai più disastrosa da forme aberranti di concepire la vita. Speriamo che i giovani non crescano come gli adulti e prendano tempestivamente coscienza che nel mare in tempesta in cui è capitato loro di nascere possono ancora trovare salvezza spingendo la propria nave controcorrente.
D.G.
D.G.
IL 10 AGOSTO, FESTA PATRONALE DI S. LORENZO M.
È una ricorrenza che torna a noi ogni anno carica di richiami tradizionali e nuovi e porta con sè il vivo desiderio di ritrovarsi coi propri cari vicini e lontani. Un popolo come il nostro si è diffuso a macchia d'olio in tutte le parti del mondo portando con sè un irresistibile richiamo alla terra dei propri avi. Vediamo a volte tornare i figli di antichi padri alla ricerca delle proprie origini. Anche quando la memoria della gente svanisce, ci sono sempre i registri dell'archivio storico di S. Lorenzo a rivelare la presenza a Zogno di famiglie che in tempi lontani sono emigrate, senza trovare poi la possibilità di fare ritorno, costrette dalle crude necessità della vita a morire da forestieri in terra straniera mentre sognavano la propria casa natìa e bramavano di potersi dissetare alle sorgenti limpide e fresche dei propri monti. Esiste tuttavia il rischio che S. Lorenzo perda la forza del suo richiamo, più che per i lontani, per i vicini. Non sono certo le famiglie migrate che hanno determinato lo sradicamento della cultura che hanno portato con sè e custodito gelosamente. Sono bensì le persone rimaste che, sedotte dal miraggio di un paradiso facile, hanno disseminato discredito per i grandi valori della vita che riguardano la persona, la famiglia e la patria. Abbiamo perduto così la capacità di essere portatori di civiltà lasciandoci impantanare nella mostruosa valanga infernale di un benessere effimero a cui è stato ormai brutalmente asservito l'uomo sospinto sul baratro della catastrofe morale prima ancora che radioattiva e atomica. Se sopravvive tuttora una speranza di salvezza è senz'altro nella capacità dell'uomo d'innestare la retromarcia per andare controcorrente, per ricuperare alla persona i suoi valori spirituali che sono la base della sua autenticità. La festa patronale di S. Lorenzo deve tornare a costituire un irresistibile richiamo, per noi in particolare, se vogliamo ricuperare la via del riorno al paradiso perduto da ricostruire in noi come espressione più grande e attuale della nostra civiltà nel senso cristiano. S. Lorenzo si ripresenta col suo insegnamento di sempre che non ha perduto la sua efficacia anche se si ripropone in tempi diversi come una trilogia capace di definire la dimensione del cristiano: giovinezza, fede e amore!
- Giovinezza: si oppone a vecchiaia che a volte è il marchio anche dei giovani e non sempre degli anziani. Il vecchio è simbolo di usura del tempo e delle sue vicissitudini che costringe l'individuo alla disfatta, mentre la giovinezza è la primavera della vita che si rinnova sempre, per i giovani di spirito, come afferma la scrittura, alla maniera dell'aquila. - Fede: significa trascendenza dello spirito che ti permette, mentre tieni ben fermi i piedi sulla faccia della terra, di proiettarti nel futuro e ti aiuta a interpretare dal punto di vista della parola di Dio ogni evento della storia dell'umanità. Chi crede sa perlustrare gli abissi sconfinati del cielo che spazia nella vita interiore dell'uomo e che Dio ha scelto come dimora. - Amore: è la legge che trionfa sempre, quando si riesce a considerarlo anche a costo di ogni sconfitta, a vantaggio dell'uomo e lo fa crescere nella gioia e nello slancio di donarsi rischiando il tutto per il meglio. Se la nostra chiesa è fatta di gente immusonita è perchè non sa amare a costo di ogni rischio, è perchè, prima di partire ad amare Dio e i fratelli, si fanno troppi calcoli condizionando così egoisticamente i risultati dell'impresa più grande a cui è chiamato l'uomo nella sua vita che è quella di amare sempre ad ogni costo. È così che l'uomo si commisura con la statura del suo Dio. |
S. Lorenzo, concludendo, in quest'anno torna a noi con la più splendida affermazione della sua santità che si è resa attuale anche in questi nostri tempi nella vita dei suoi meravigliosi figli spirituali che fanno parte della comunità di fede della nostra parrocchia.
Celebriamo infatti il 50° di Sacerdozio di Padre Antonino Berizzi, il 50° di professione religiosa di Suor Severa Carminati Sacramentina e di Suor Franca Azzola Comboniana e, in fine, il 25° di professione religiosa di Suor Agnese Ghisalberti del nostro Convento di Clausura. Ritroviamoci pertanto con entusiasmo per rivivere coi nostri cari in quel mondo di giovinezza, di fede e di amore che costituiscono la caratteristica fondamentale della chiesa di S. Lorenzo a cui apparteniamo. Con affetto don Giulio Gabanelli |
COMUNIONE E MISSIONARIETÀ
"Comunione e missionarietà" è il piano pastorale proposto dai nostri vescovi italiani per l'anno 1986-1987. Bisogna tuttavia invertire i termini o almeno dare la precedenza alla missionari età come premessa indispensabile alla comunione. La missionarietà infatti è il nostro trasporto verso l'uomo in quanto lo ricerchiamo e lo riconosciamo come fratello, è il desiderio che ci sospinge a farci prossimo di chi ha bisogno di noi come Dio ha voluto essere nostro prossimo inabissandosi nella nostra miseria e immettendosi incredibilmente nel sacco della nostra pelle per condividerne l'esperienza umana. Un'immagine stupenda della missionarietà di Dio, fonte di ogni altra missionari età, l'abbiamo in Gesù Cristo inviato a noi dal Padre nella persona del Buon Samaritano che cammina sulla strada dei briganti di questo mondo, pellegrino tra pellegrini, unico missionario tuttavia nei confronti del malcapitato abbandonato semivivo sul ciglio della strada che molti percorrono andandosene ciascuno per i fatti propri. La missionarietà nasce in noi quando ci rendiamo conto che ci sono anche gli altri al mondo da considerare sul piano umano perchè hanno in comune la stessa dignità umana e sul piano cristiano perchè sono come noi figli dello stesso Padre davanti al quale non esistono uomini di serie A, e uomini di serie B, ma sono tutti ugualmente privilegiati dal suo amore. La missionarietà cresce poi in noi, come apertura verso i fratelli, quando ci rendiamo conto che Dio ci ha destinati gli uni agli altri come messaggeri del suo amore. Dio ha affidato a ciascuno di noi, per così dire, un frammento del grande messaggio da ricomporre integralmente insieme unendo le parti di cui ciascuno è latore in seno alla società umana universalmente considerata come meta del nostro cammino. Un'altra immagine affascinante della sua missionari età, a cui la nostra deve sempre fare riferimento, Dio ce l'ha donata sempre in Cristo immettendolo nel mondo come il Buon Pastore che va alla ricerca della pecorella perduta, vittima della propria colpa, per ricondurla nella sua comunità primitiva disgregata a cui apparteneva e che vuole ricomporre come in un solo ovile. Dio infatti ci ricupera ma per rimetterei insieme e non per tirarsene dietro qualcuno come dei cagnolini trascurandone altri. L'individuo nasce, cresce e si realizza nella sua comunità. Quando Dio ci chiamasse poi a rifare con lui la strada dello smarrimento per ricondurre le altre pecore perdute, dovremo sempre sentirei espressione dell'impegno missionario della nostra comunità come inviati di una chiesa a un'altra chiesa per fermare insieme l'unica chiesa di Cristo. Logicamente l'uomo deve imparare a essere innanzitutto missionario di se stesso vivendo interiormente un profondo rapporto di comunione con Colui dal quale è stato intessuto nel grembo materno. Anche la comunità deve saper vivere in profonda comunione con se stessa per essere missionaria e non lo potrà essere che nella misura in cui saprà vivere esuberantemente nella propria dimensione ecclesiale. La nostra comunità deve quindi trasformarsi subito in scuola di missionarietà anche per garantire a se stessa la sopravvivenza possibile soltanto se ci si apre al mondo intero con una solida testimonianza della propria vita. Dovremo pertanto rivedere la nostra maniera di essere cristiani promovendo ci con un impegno pastorale e missionario all'interno capace di estinguere le divisioni che purtroppo dobbiamo accusare come frutto di una mentalità individualistica e di ghetto che ci impoverisce spaventosamente come persone di fede per cui si corre il rischio di non essere più capaci di esprimerci come chiesa. Sprechiamo tante energie col risultato deludente, volendo ciascuno farsi la propria chiesa, di trovarci emarginati dalla chiesa stessa. Speriamo che ciò non avvenga mai!
A conclusione proponiamo alcuni punti pratici su cui orientare i nostri sforzi:
- diamo più spazio alla preghiera nei gruppi e nella comunità sostenendo le iniziative già in atto, come gli incontri di preghiera del pomeriggio della domenica;
- confrontiamoci periodicamente a livello di gruppi cercando di sostenere e animare insieme, coinvolgendo anche altre persone, particolarmente i genitori: la catechesi, l'assistenza, l'oratorio;
- diamo il nostro generoso contributo personale, in quest'anno, per la buona riuscita delle Missioni che verranno predicate al popolo a fine Quaresima con l'intento di riconfermare nella fede i vicini e di risensibilizzare i lontani.
con stima e affetto, don Giulio
A conclusione proponiamo alcuni punti pratici su cui orientare i nostri sforzi:
- diamo più spazio alla preghiera nei gruppi e nella comunità sostenendo le iniziative già in atto, come gli incontri di preghiera del pomeriggio della domenica;
- confrontiamoci periodicamente a livello di gruppi cercando di sostenere e animare insieme, coinvolgendo anche altre persone, particolarmente i genitori: la catechesi, l'assistenza, l'oratorio;
- diamo il nostro generoso contributo personale, in quest'anno, per la buona riuscita delle Missioni che verranno predicate al popolo a fine Quaresima con l'intento di riconfermare nella fede i vicini e di risensibilizzare i lontani.
con stima e affetto, don Giulio
NATALE 1986
“Natale coi tuoi e Pasqua con chi vuoi", dice il proverbio italiano, mentre il nostro proverbio bergamasco afferma: Nedàl al föch e Pasqua al löch", cioè: Natale in casa e Pasqua all'aperto. Natale infatti è Natale quando lo si può celebrare al fuoco del caminetto con la propria famiglia. Il fuoco è l'immagine più viva dell'amore, col suo riverbero si riflette sul volto e penetra nel cuore di quanti sono raccolti attorno al focolare per condividere insieme i grandi valori della vita. La Sacra Scrittura privilegia questa immagine quando vuole esprimere nella maniera più forte l'intervento di Dio nella storia del popolo eletto. Basti ricordare il roveto ardente del monte Oreb in cui si è manifestato Dio a Mosè e il monte Sinai trasformato in una fornace incandescente su cui Dio ha consegnato le tavole del decalogo a Mosè mentre il popolo non vi si poteva accostare. Gesù Cristo medesimo poi afferma di se stesso: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e voglio che abbia a divampare" (Le, 10,34). Non si tratta certo del fuoco materialmente parlando, ma dell'amore. Il fuoco infatti esisteva già sulla faccia della terra poichè, secondo la narrazione mitologica, Prometeo l'aveva rapito agli dei e portato dal cielo. Il termine Prometeo "barû-hamatî" in accadico significa il sacerdote del fuoco o il sacerdote che celebra la produzione del fuoco ovvero il sacerdote che maneggia la folgore del cielo con facoltà profetica contro un dio usurpatore e la tirannide dell'Olimpo. Si tratta di un sacerdote prodigo agli uomini del fuoco sacro (cfr.: Origini della Cultura Europea di Giovanni Semerano, pag. 257). Prometeo costituisce una stupenda immagine di Gesù Cristo, il novello Prometeo, il sacerdote che rapisce il fuoco dell'amore di Dio dal cielo e lo porta sulla terra in favore degli uomini che ne erano rimasti privi. Il fuoco del focolare domestico con questo significato è veramente sacro e capace di esprimere l'amore divino che ha suscitato la famiglia e ne determina la storia. Natale ci riporta quindi al focolare perchè l'Amore di Dio torna a manifestarsi a tutti noi con la nascita di suo Figlio. Gesù stesso è il fuoco divino incarnato capace di riscaldare tutta l'umanità col suo amore. Dopo di avere fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza, Dio, si è fatto lui stesso a nostra immagine e somiglianza. L'atto creativo con cui all'origine aveva posto l'uomo al vertice del creato lo rinnova incomparabilmente nella pienezza dei tempi creando la propria umanità nel seno verginale di Maria SS.ma. Ha dato così origine alla discendenza del nuovo popolo di Dio in Maria novella Eva e in Cristo novello Adamo. Dio ha fatto la strada dell'uomo perchè l'uomo potesse fare la strada di Dio. Chi cerca Dio sappia quindi che non è più a casa sua ma dimora presso gli uomini. Il Sole divino, eterno innamorato dell'uomo, si è chinato per riflettersi col suo splendore nella pozzanghera umana, non per illuminarne tuttavia la miseria ma per immettere la luce dove c'erano le tenebre, per immettere la vita dove c'era la morte, per immettere l'amore dove c'era l'odio, per portare la salvezza dove c'era la perdizione e la rovina.
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Natale significa pertanto tornare ad amarci tra di noi così come Dio ci ama in Gesù Cristo.
Buon Natale di tutto cuore a tutti. aff.mo Don Giulio |