1985
IMPEGNO PASTORALE 1985
L'impegno pastorale 1985 ''Riconciliazione cristiana e Comunità degli uomini" combacia con "L'anno dei Giovani" a cui si abbina anche ''L'anno della Musica". È bello pensare ai giovani che camminano a suon di musica, speriamo tuttavia non di quella assordante e degradante tipica delle discoteche. La nostra Comunità ha urgente bisogno di riconciliarsi coi giovani sulla base dei molteplici problemi da risolvere che travagli ano il mondo giovanile dove si protrae da troppo tempo una serie di attese insoddisfatte e dove si può tuttora contare fortunatamente sulla loro generosa risposta. I giovani non potranno certamente promuovere da soli questo straordinario avvenimento se la comunità in cui vivono non si deciderà a concedere loro con fiducia maggior potere decisionale per le scelte da fare. Sinora abbiamo infatti cercato di tenerli a bada come si fa con dei bambini offrendo giocattoli per distrarli. Li abbiamo emarginati dai problemi gravi della società compiancendoci di concedere loro mezzi di evasione e di svago persino degradanti e squallidi come la droga, il libero amore, qualsiasi permissività unitamente a varie strumentalizzazioni di carattere mafioso, politico e religioso. Intanto abbiamo consumato la deludente esperienza della inefficacia delle leggi a risolvere i problemi gravissimi dell'occupazione, della casa, dell’ecologia, dell’assistenza, della sanità, della camorra, della mafia, del brigatismo di ogni colore, dello sfruttamento minorile con tutte le conseguenze economiche e morali. Questa esperienza negativa ha riportato la nostra attenzione sui giovani e ci ha costretti a riconoscere che costituiscono una risorsa inesauribile di fresche energie da valorizzare a buon prezzo. Stiamo finalmente formulando loro una richiesta di volontariato da incanalare per il verso dei singoli problemi da risolvere. Una richiesta di volontariato, come offerta spontanea, era già pervenuta dai giovani medesimi attraverso l'Obbiezione di Coscienza che abbiamo osteggiato stupidamente a tutto spiano. Giustamente papa Giovanni Paolo II ha voluto celebrare la 18ma giornata mondiale per la pace, il 1/1/1985, all'insegna del motto ''La pace e i giovani camminano insieme!" riconoscendo esplicitamente in tal modo che non sono i giovani che vogliono la guerra mentre sono i più interessati alla pace, anzi, senza il contributo generoso dei giovani, non è possibile ottenere la pace al mondo. È urgente pertanto concedere ai giovani maggior potere soprattutto quando si tratta di decidere scelte che pesano poi sulla loro pelle. Come conclusione concreta, nell'ambito della nostra comunità parrocchiale, propongo di mantenere aperto il presente discorso sui giovani; di chiedere loro con insistenza la scelta del volontariato; di dare più spazio alla loro presenza nella promozione dei vari servizi di cui è capace la nostra parrocchia in collaborazione coi responsabili civili.
don Giulio
don Giulio
LA PASQUA CI RICONCILIA CON DIO E COI FRATELLI
Tra le immagini disseminate in giro sui biglietti di augurio per la Pasqua troviamo: il gregge che esce al pascolo sui pendii di una montagna, il pulcino che sguscia fuori dall'uovo in cui si è trovato come prigioniero, un nido di rondini svolazzanti sotto la gronda di un tetto, un fiore che torna a sbocciare lungo la corrente d'acqua di una sorgente che scaturisce rigogliosa da un nevaio in fusione a primavera e finalmente tra le tante anche il Cristo Risorto. Io aggiungerei pure un bambino che nasce perchè la Pasqua è il Natale che si estende alla vita, è la natura che riprende vigore dopo la morte apparente dell'inverno, è un evento di vita che esplode travolgendo ogni impronta di morte. Un figlio, un agnello, un pulcino, un nido, un fiore, una sorgente bastano a dirci che Dio è il Dio della vita e non della morte, ovvero, anche per chi non crede, bastano a dirci che la natura domina la morte e la vince proprio quando ne sembra la vittima colpita mortalmente dalla sua falce. Celebrare la Pasqua vuol dire lasciarsi coinvolgere dal grande evento della vita rinnegando tutto ciò che le è contrario ed è causa di morte, della vera morte che è il peccato. Siamo nell'anno dei giovani, 1985. Chi più di un giovane può raffigurare meglio la Pasqua di Colui che esplode dalla sua morte per darci la vita! La morte, sotto tutti gli aspetti di rinuncia, non la si può accettare che come testimonianza suprema di amore. ''Non c’è un amore più grande di quello di colui che accetta di morire volontariamente per i suoi amici!" (Gv 15, 13). Anche noi insieme con Cristo diventiamo Pasqua per i fratelli dal momento che decidiamo di donare la vita giorno per giorno in testimonianza di amore. La morte così è vinta perchè rientra nell'esigenza quotidiana della tua totale donazione a Dio e ai fratelli - mentre la vita stessa è già morte per chi la esige da sciupare egoisticamente per sè - come un seme che rifiutando di scendere nel solco rimane sul solaio subendo l'assalto del tarlo e la voracità dei topi. Riconciliarsi con la morte significa amare la vita come dono da offrire. È la Pasqua di Cristo che si estende a tutti quanti lo vogliono condividere nella sua sconvolgente testimonianza di amore sulla via del Calvario passaggio obbligato verso la risurrezione futura. "Chi vive e crede in me non morrà in eterno!" (Gv 14,25).
Buona e Santa Pasqua a tutti di vero cuore. don Giulio |
AI GIOVANI
Il 31 marzo scorso il Papa ha indirizzato una lettera assai importante ai giovani e alle giovani in occasione dell'anno internazionale della gioventù. È una lettera che non si può riassumere, bisogna leggerla integralmente. Qui vogliamo sottolineare solamente un suo primo aspetto. “La giovinezza è una ricchezza singolare" afferma il Papa e ne esprime le ragioni. È una ricchezza infatti che appartiene soprattutto all'uomo giovane che sa guardare al suo avvenire carico di speranza. "Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domanda ragione della speranza che è in voi!" esorta il pontefice con le parole di S. Pietro (1Pt 3,15). La speranza dei giovani perchè sia autentica deve tuttavia concretizzarsi in un progetto etico per la loro crescita basata sui valori morali da promuovere nella dimensione tempo per cui si può definire "il futuro è dei giovani". Questa ricchezza singolare che privilegia i giovani, per un significato più ampio, non esclude comunque l'uomo maturo e neppure l'anziano nella misura in cui sa vivere la propria speranza impegnato a risolvere il problema vita sia presente che futura. È sempre giovane l'uomo che vive di speranza e adegua i suoi sforzi per realizzare il progetto che ci sta dentro. Al contrario, è sempre vecchio l'uomo che ha perduto la speranza, anche se ancora in giovane età, perchè ha abbandonato l'impresa di costruirsi per cui rimane un giovane senza futuro. I nostri proverbi ci ammoniscono saggiamente: "Chi ha tempo, non aspetti tempo" - "Come si semina, si raccoglie" - "Acqua passata, non macina più". Il tempo infatti è una moneta che si può spendere una sola volta e se non la spendi si consuma da sola a tuo svantaggio. Da troppo tempo abbiamo cancellato dalla nostra vita il pensiero della buona morte: "S e perdi il tempo che adesso hai, alla morte non l'avrai". Porse l'abbiamo fatto per vigliaccheria perchè ci è venuto meno il coraggio di confrontarci con la realtà della nostra vita. Si spiega qui, in una visione di fede, la preoccupazione del giovane del Vangelo che si è rivolto a Gesù con la domanda: ''Maestro buono, cosa devo fare per ottenere la vita eterna?" (Mt 19,16; Mc 10,17; Lc 18,18). Gesù risponde a lui e a tutti i giovani della terra: "Osserva i comandamenti!" Sono le grandi regole che Dio ci ha dato perchè il progetto uomo possa funzionare. Con questa risposta Gesù riporta i giovani a considerare l'impegno etico indispensabile per la loro crescita. Gesù indirizza ai giovani anche una proposta più grande, cioè quella vocazionale: "S e vuoi essere perfetto, va, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri; poi vieni e seguimi!". È l'invito ai giovani a valorizzare in grado sommo la loro giovinezza proprio come la ricchezza singolare di cui essi sono i destinatari privilegiati e con cui possono adeguarsi di più a Cristo garanzia e scopo di ogni speranza. Il Papa esorta i giovani a interrogare Cristo che li ama per avere da Lui la risposta che salva.
don Giulio
don Giulio
PROBLEMA GIOVANI

Saranno i giovani d'oggi i protagonisti della società del duemila? Se i giovani d'oggi vogliono cambiare la società in cui vivono e a cui guardano con atteggiamento critico per ricostruirla sulla base dei valori che sono stati misconosciuti o rinnegati, devono decidersi a cambiare se stessi perchè essi soprattutto saranno la società del duemila. In altri termini, nessuno può salvare i giovani se essi stessi non vogliono salvarsi. Se non cambia l'uomo giovane, non cambia la società! È un problema che riguarda la vita interiore di armonia con se stessi secondo quel disegno che il Creatore ha posto in ciascuno di noi e al quale dobbiamo adeguare le nostre scelte che sfociano nella coerenza della testimonianza. L’uomo lo si vede da ciò che compie come è fatto dentro: ''Non v'è albero buono che faccia frutti cattivi" e viceversa, afferma Gesù nel Vangelo. Diventa quindi un problema di carattere pratico etico della nostra maniera di porci nella società o più semplicemente di fronte alle istituzioni contro le quali ci siamo scagliati tanto volentieri come se avessimo trovato in esse la causa di ogni nostro male. Non siamo riusciti, ovvero non ci siamo neppure impegnati, a contrapporre alternative valide perchè, ripetendo ciò che si è già affermato per l’uomo, anche le istituzioni non cambiano ponendovisi contro ma ponendovisi dentro. L'esperienza di questi tempi è eloquente. Abbiamo pensato ad esempio di risolvere il terribile problema della pazzia eliminando le strutture antiquate di carattere carcerario in cui si punivano le malattie come crimini con la tortura e l'isolamento. Contemporaneamente non siamo risaliti a monte à predisporre l’ambiente cercando di cambiare radicalmente la mentalità del rifiuto. Così non s'è risolto il problema e si è sentiti costretti a ripiegare su mini-manicomi non sempre migliori dei precedenti. Aveva ben ragione la nostra Margherita, spentasi quasi centenaria al ricovero anziani di Zogno, suo malgrado, quando andava ripetendo a proposito dell'abolizione dei manicomi: "Si sta travasando i menomati nei più matti con l'unico vantaggio che nessuno potrà mai essere sospettato di pazzia!" Mentre infatti i manicomi sono scomparsi sono rimasti tuttavia i matti coi loro problemi di sempre rifiutati a monte e senza rifugio a valle. Aspettiamo che i giovani si interessino finalmente dei problemi umani perchè su questa strada possono trovare la soluzione più sbrigativa ed efficace anche a tutti i loro problemi giovanili. C'è diversamente il rischio che i giovani abbiano a impazzire in massa qualora non si decidessero a prendere coscienza della loro responsabilità di fronte alla società dissestata che sta sempre più perdendo il controllo di ogni situazione morale. Come appendice a questo discorso calza molto bene l'esempio della mela marcia, se con questa immagine si può classificare la società odierna, per offrire ai giovani speranza e coraggio. Come infatti la mela marcia conserva in sè i semi sani per la sua riproduzione, così la società umana pure, anche se marcia, conserva sempre in sè i semi sani per la sua sopravvivenza. Questi semi sani sono i giovani che vogliono impegnarsi a esse gli autentici protagonisti della società del duemila.
don Giulio
don Giulio
NEL MONDO DEI BALOCCHI
(Problema Giovani)

Il mondo dei giovani, proprio perchè è fatto di presenze disponibili, è aperto all'invasione dei male intenzionati che vi sconfinano per sfruttarne la situazione indifesa e carica di faciloneria, essendo carente di esperienza, dove è possibile organizzare indisturbatamente persino la mala vita che coinvolge i giovani, amanti di avventure, in esperienze incredibili da cui difficilmente possono ricuperarsi, come nel caso della droga. Anche la Chiesa, sia pure con alquanto ritardo, raggiunge i giovani sul mercato dei balocchi per fare la sua proposta di fede che mira a impegnarli seriamente sul piano etico dei valori perchè possano diventare i protagonisti della loro crescita. L'esempio più rimarchevole è senz'altro la lettera del Papa attuale inviata ai giovani e alle giovani in occasione dell'anno della gioventù. La possibilità di una risposta viene tuttavia immiserita, se non annientata, da quell'ambiente di frustrazione in cui i giovani vengono epidemicamente coinvolti e indotti a incamminarsi sulla strada delle scelte facili di carattere consumistico, miraggi da cui i giovani si lasciano attrarre come le allodole dagli specchietti dei cacciatori. Insorge così nei giovani un comportamento di rifiuto nei confronti di quel mondo che non sentono più come proprio in cui trovano un freno alla loro smania di evasione da tutto ciò che è ritenuto vincolante e impegnativo sul piano etico. Anche la generosità e la socialità, meravigliose caratteristiche dei giovani, quando si trovano incanalate per il verso del malcostume, si ritorcono a danno dei valori morali per i quali non c'è più stima e considerazione e coi quali viene così a mancare la struttura portante del progetto uomo accantonato, Dio non voglia, definitivamente. In questo contesto la proposta cristiana non suscita certo accoglienza ed entusiasmo ma torna anzi ad essere irritante e anacronistica. Bisogna partire più presto prima che i giovani abbiano fatto l'esperienza dei mondo dei balocchi, prima cioè che abbiano perduto il controllo personale di se stessi per essersi già tuffati perdutamente nel mare lussureggiante del piacere. Da tutto ciò riemerge la necessità d'impedire che il mondo dei giovani diventi una realtà estranea all'ambiente famiglia, dove i ragazzi possono camminare insieme ai genitori, e all'ambiente comunità impegnata, dove i giovani possono essere coinvolti per il verso di tutti i problemi che riguardano l'uomo. Estraniare i giovani dai problemi della loro comunità vuoi dire perderli o creare le premesse alla loro immissione nel mondo delle insulsaggini e dei rischi morali, sprovvisto di sapore e di fisionomia umana. I giovani oggi sono come i disoccupati di cui parla il Vangelo che attendono oziosi sulla piazza in attesa del primo avventore che capiti a ingaggiarli nella sua vigna.
don Giulio
don Giulio
NATALE

Il Natale rimane ancora un grande avvenimento capace di coinvolgere tanta gente coi suoi richiami. La costruzione del presepio, la Messa di mezzanotte, il tradizionale pranzo natalizio preparato con cura e dovizia di vivande ne sono una prova. Come valore cristiano tuttavia il Natale sembra vada infiacchendosi in questi nostri tempi al punto che per molti è Natale solo per combinare affari, per scambiarsi doni, per abbandonarsi a manifestazioni folkloristiche che non hanno nulla di sacro. Anche la Messa di mezzanotte a volte corre il rischio di trasformarsi in passerella per lo sfoggio dell'ultima moda. Abbiamo creato sicuramente una cultura consumistica del Natale per cui i valori cristiani rimangono come relitti di un naufragio in balia delle onde di questo nostro mare di contraddizioni. Siamo costretti a chiederci se è ancora possibile celebrare la festa della Vita in un mondo dove si è fatta la scelta della cultura della morte; celebrare la festa della Luce dove la menzogna serpeggia incontrastata; celebrare la festa dell'Amore dove c'è tanto odio e egoismo! Ai mali morali personali, di cui ciascuno deve fare ammenda per se stesso, si aggiungono quelli della società come tale che i poveri e i deboli subiscono senza poterli rimediare. La disoccupazione ad esempio sta diffondendosi epidemicamente tra i giovani. Un'assurda impostazione del problema "lavoro" permette di sacrificare l'uomo alla produzione per se stessa riducendolo schiavo della macchina o sostituendolo con la macchina. Il nostro pontefice Giovanni Paolo II sta moltiplicando i suoi interventi in proposito. Se la disoccupazione corrisponde a "oppressione dei poveri" figura già nell'elenco dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio denunciati dalla Chiesa. Altra piaga è il materialismo pratico presente anche nell'ambiente cristiano caratterizzato da una sfrenata smania di godere intesa come principale scopo della vita. Ciascuno diventa arbitro di se stesso nel decidere come bene ciò che soddisfa e come male ciò che limita il piacere. Da qui il turpe dilagare dell'organizzazione del vizio a tutti i livelli come fonte primaria di guadagno sotto l'alta protezione di potenti e facoltosi mecenati per cui lo sfruttamento rimane impunito. I frequenti scandali all'insegna camorristica e mafiosa a livello di istituzioni pubbliche ne rivelano il marcio e ne ingenerano discredito. Con queste premesse potremmo essere tentati di concludere che non vale più la pena di pensare al Natale. Ma Cristo è venuto come rimedio a tutti i nostri mali morali. Il Natale torna puntualmente ogni anno a riproporci questo rimedio nella persona di Gesù Cristo come dono del Padre a tutti i suoi figli. Natale è il Piglio di Dio che si fa nostro fratello nell'Incarnazione, ai tempi nel seno della Vergine Madre Maria e ora nel seno della Madre Chiesa attraverso la rigenerazione degli uomini come figli di Dio chiamati a costituire il corpo integrale di Cristo di cui noi siamo le membra e Lui il Capo secondo l'immagine dell'Apostolo Paolo. "La provvidenza c'è!" diceva Renzo Tramaglino. E noi possiamo con gioiosa sicurezza affermare che "La salvezza c'è!" per chi la vuole. È il grido dell'uomo di fede che si rende conto che Dio non ci abbandona mai e che basta un uomo di buona volontà per suscitare al mondo ciò di cui l'umanità intera abbisogna per la sua salvezza. Se vogliamo i doni della pace della gioia della sicurezza dell'amore, il Natale ce li riporta! Diventiamo uomini di buona volontà che Dio ama, così come hanno cantato gli angeli sulla grotta di Betlemme. ''Non si spezzi la canna incrinata e non si spegni il lucignolo fumigante", afferma la Scrittura, perchè se non è il Figliuol prodigo che torna alla casa del Padre, è Dio, buon pastore, che va alla ricerca della sua amabile pecorella smarrita!
Buon Natale a tutti di tutto cuore!
don Giulio
Buon Natale a tutti di tutto cuore!
don Giulio