2002
In ascolto della parola
Natale è appena trascorso e ci si presentano parecchie opportunità per ritrovarci e scoprire il bello della Comunità. I ragazzi sono rientrati a scuola; faticosamente stanno riprendendo la voglia di aprire libri e quaderni; riprenderà la catechesi e ci si butta immediatamente nella preparazione della festa del nostro Oratorio dedicato a S. Giovanni Bosco. Si comincia con gli adolescenti: ci si butta per realizzare una settimana di accoglienza e di gente a disposizione. Non dimentichiamo però di fare l’esame al tempo trascorso: il mio primo Avvento e Natale a Zogno. L’impressione è che sono parecchi i valori da recuperare. E tutta colpa della società in cui viviamo o dobbiamo imparare a fare l’esame di coscienza? Tutti! Ho l’impressione che si fa fatica a riprendere la scansione domenicale come luogo di incontro-verifica e di ricarica della propria fede. Diventa sempre più solo tempo e luogo di relax-evasione-tempo libero: quindi non tempo dedicato a se stessi, alle scelte di fondo. Siamo convinti di sapere già quello che ci serve per diventare-essere (conta di più ciò che appare) e allora non ci mettiamo in ricerca (troppo faticoso), non scegliamo chi possa indirizzarci, indicarci la strada, aiutarci a percorrerla. È allora che gli adulti si trovano spiazzati di fronte ai ragazzi e agli adolescenti. Non ci si accorge (se non quando è tardi) che stiamo dando (presentandolo come il regalo più prezioso) ciò che è inutile e marginale e non ciò che fa davvero crescere. Bello il presepio in Oratorio, soprattutto perché opera di bambini, genitori e catechisti, frutto del lavoro dell’Avvento; maestosa e solenne la nostra corale, c’è pure bisogno che cresca di molto il cantare dell’assemblea; la festa degli anniversari di Matrimonio il giorno della santa famiglia è stata abbozzata (spero che il gruppo di famiglie che si ritrovano ogni mese si impegnino a riconoscere il loro ruolo insostituibile - non solo di quelle coppie che si ritrovano, ma di tutte le famiglie - nel crescere e nel costruire un mondo più giusto, più sereno, più partecipato. C’è stato il concerto di don Giosy Cento e siamo mancati come sensibilità e come presenza: forse non è stato pubblicizzato al meglio e qui mi prendo le mie responsabilità. Meritava più attenzione e serviva per orientare al meglio il nostro Natale. Mi spiace l’assenza dei giovani. Era adatto a tutti ma in modo particolare a loro. Come è andata la preghiera familiare? Ho sentito alcuni ragazzi e alcuni genitori, ma su 1600 famiglie ho ascoltato troppo poca gente. Che cosa ne pensate? E utile? Vi serve o diventa una palla al piede e non vi sentite assolutamente in sintonia con tutta la Diocesi in quel cammino? Quando mai ci sentiamo Diocesi, se non abbiamo ancora cominciato a sentirci parrocchia? C’è qualcuno che la pensa così? Proviamo a parlarne, a discutere se siamo Chiesa di Gesù Cristo o assomigliamo piuttosto a una qualsiasi organizzazione umanitaria abbastanza disorganizzata. Ancora qualcun altro mi suggerisce di essere un po’ più buono e di non vedere tutto negativo perché non è la realtà: infatti qualcosa di positivo c’è nella nostra comunità. Devo dire che c’è molto di più di qualcosa di positivo: ma ci si sente tutti abbastanza sfilacciati, ognuno cura il suo orticello senza vedere al di là del proprio naso (e può essere anche il mio caso). Proviamo adesso a guardare avanti. Vi raccomando la catechesi adulti del mercoledì (ore 15.00 e 20.30). Vi ricordo che il terzo mercoledì c’è la scuola di preghiera a Romacolo. Il 13 febbraio comincia la quaresima il più lungo tempo forte dell’anno liturgico. Che cosa si può fare per migliorare? Mettersi tutti in sincero ascolto della Parola e lasciarci guidare dallo Spirito convinti che la Parrocchia non è di nessuno come proprietà, ma è di tutti come passione e responsabilità e tutti siamo al servizio.
Auguri
Angelo prete
Il consiglio pastorale di dicembre non si è svolto
Era appena nevicato e chi doveva partecipare non è riuscito a superare le difficoltà: qualcuno lo avrebbe fatto, ma saremmo stati troppo pochi. Si vivrà mentre questo notiziario viene consegnato e distribuito. Nel consiglio di metà dicembre dovevamo approfondire l’icona biblica che apre e dà significato al piano pastorale diocesano intitolato: “Tu lo dici; io sono re!”. Così Gesù risponde a Pilato. Penso che tutti avranno notato il quadro esposto sulle porte della Chiesa che presenta la scena di Pilato che di fronte a una folla urlante indica Gesù come il colpevole, l’uomo: Ecco l’uomo. In Lui, il re crocifisso e oltraggiato, noi crediamo di vedere il re non per burla, ma vero, della nostra vita. Questa sarà la domanda che ci accompagnerà nel cammino: “Chi è il nostro vero re?” Di fronte a chi pieghiamo più spesso le ginocchia nella quotidianità, nelle scelte di ogni giorno? È una domanda inquietante che richiede risposte che vengono dal profondo: è una domanda che fa andare in crisi, se la poniamo seriamente. Pilato fa una domanda politica. A lui interessa difendere gli interessi di chi rappresenta e che sta comandando in Palestina a quel tempo. Anche noi potremmo chiederci: chi sta comandando nella nostra vita? A chi diamo il nostro assenso più spesso?
Meditiamo e approfondiamo
Angelo prete
Auguri
Angelo prete
Il consiglio pastorale di dicembre non si è svolto
Era appena nevicato e chi doveva partecipare non è riuscito a superare le difficoltà: qualcuno lo avrebbe fatto, ma saremmo stati troppo pochi. Si vivrà mentre questo notiziario viene consegnato e distribuito. Nel consiglio di metà dicembre dovevamo approfondire l’icona biblica che apre e dà significato al piano pastorale diocesano intitolato: “Tu lo dici; io sono re!”. Così Gesù risponde a Pilato. Penso che tutti avranno notato il quadro esposto sulle porte della Chiesa che presenta la scena di Pilato che di fronte a una folla urlante indica Gesù come il colpevole, l’uomo: Ecco l’uomo. In Lui, il re crocifisso e oltraggiato, noi crediamo di vedere il re non per burla, ma vero, della nostra vita. Questa sarà la domanda che ci accompagnerà nel cammino: “Chi è il nostro vero re?” Di fronte a chi pieghiamo più spesso le ginocchia nella quotidianità, nelle scelte di ogni giorno? È una domanda inquietante che richiede risposte che vengono dal profondo: è una domanda che fa andare in crisi, se la poniamo seriamente. Pilato fa una domanda politica. A lui interessa difendere gli interessi di chi rappresenta e che sta comandando in Palestina a quel tempo. Anche noi potremmo chiederci: chi sta comandando nella nostra vita? A chi diamo il nostro assenso più spesso?
Meditiamo e approfondiamo
Angelo prete
Critica e inviti
Hai visto “Zogno notizie?”. “No, non ancora, ma è sempre in ritardo?”. “E poi, mi sembra fatto alla carlona, un po’ alla rinfusa, come di tutto... di più”. Questi alcuni commenti circolati in quel di Zogno dopo le ultime uscite del notiziario parrocchiale. Sto vivendo questa esperienza col fiato corto, con l’impegno di fare tutto e mi accorgo di arrivare a sera e di aver fatto qualcosa e di dover sempre lasciare qualcosa per il giorno dopo. E così anche il bollettino è un po’ raffazzonato e me ne dispiaccio e vi chiedo scusa. Per rimediare occorre dedicare tempo e trovare qualcuno che abbia il pallino del giornalismo. Manca una linea: ci sono tante cose, ma messe in un ordine sparso poco comprensibile. Quando si riuscirà a fare le cose al meglio? Quando “Zogno notizie” sarà il luogo del confronto, dell’approfondimento, dove ognuno possa scrivere quello che si sente e a comunicare a tutti la gioia del partecipare, del condividere, del crederci insieme? Siamo in Quaresima e tutti, in famiglia, abbiamo ricevuto un libretto di preghiere. Dov’è? Per qualcuno è troppo impegnativo, tutte le sere obbligarsi a fermare le attività, spegnere il televisore e pregare insieme, come famiglia? Occorre avere coraggio di scelte di impegno e che vanno in profondità. Non bisogna accontentarsi del libretto, del poco tempo a disposizione. Bisogna approfondire. Sono convinto che se non ci sono gli stimoli e le occasioni nuove si rimane sempre legati allo stile solito e non ci si accorge che si è cresciuti e che si ha bisogno di un respiro più ampio, che la nostra preghiera deve diventare grande insieme a noi, che dobbiamo respirare l’aria finissima delle vette, volare alto... e noi invece ci accontentiamo di “sentire” qualcosa quando partecipiamo alle celebrazioni. E che dire dei genitori dei bambini che vivono la catechesi? Una sera al mese è troppo? Sappiamo già tutto? Ci riserviamo di esserci quando si decidono le date e gli ultimi particolari dei sacramenti? In questa mentalità abita ancora il vecchio stile della catechesi che orientava tutto al ricevere i sacramenti, come se bastasse battezzare, andare a Messa, fare la comunione, cresima e penitenza per essere a posto, come se fosse un’assicurazione sulla vita. Forse che i genitori si trovano a dover rispondere a così numerose sollecitazioni che rischiano il collasso, rischiano di non aver più tempo per sé e sono chiamati continuamente a rendersi protagonisti dell’educazione dei loro figli? Non è sbagliato. C'è bisogno di genitori protagonisti nella scuola, nella catechesi, nell’educazione. E poi devono pensare anche a andare a lavorare e a tutto il resto. È veramente impegnativo fare genitori. Ci si preoccupa molto di osservare il mondo giovanile, ci si volge preoccupati alle non risposte alle proposte di catechesi o di incontri da parte dei giovani. E gli adulti? Sono già degli arrivati? Non hanno più bisogne di mettersi in cammino? Il cammino è doveroso per tutti e il Cristo Risorto ci invierà tutti ad annunciare che Lui è vivo e che in Lui ogni uomo è valore e ognuno di noi è speranza e produce speranza. Orientiamo il nostro cammino sulle orme del Figlio e riconosciamo di essere debito nei suoi confronti, capiamo il senso del vivere e del donare solo se permettiamo a Lui di mandare in crisi le nostre sicurezze e di lasciarci coinvolgere dalla sua persona. Apriamo le nostre famiglie all’incontro con il Risorto e saremo anche noi dei risorti, nuove creature pronte alla novità di Cristo.
Buon lavoro
Angelo prete
Buon lavoro
Angelo prete
PERSONE PASQUALI
Carissimi, la Pasqua è veramente un’esperienza sconvolgente, per noi, immersi continuamente in discorsi disgregativi e di menefreghismo, di morte e di tenebra, in un tempo in cui sembra che la guerra dilaghi e prenda possesso anche del nostro cuore e delle nostre comunità, a noi che siamo abituati a tenere decisamente staccate liturgia e vita, a pensare alla fede come a un qualcosa che riguarda solo la sfera degli affetti e delle sensazioni. La liturgia ci ha richiamato la verità che cambia la vita in sorriso perenne, in un desiderio irrefrenabile di condivisione e di pace: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato Lui è la nostra salvezza, in Lui abbiamo una vita nuova. Le mani offerte e gli auguri nei giorni di Pasqua si sprecano e dicono il desiderio profondo di ogni persona di vivere, di comunicare il meglio di sè, di ritrovare la gioia dell’incontro e della comunione. Ma perché questo desiderio non rimanga legato solo al giorno di Pasqua o, al massimo, al tempo pasquale, occorre che facciamo tutti l’esperienza dell’incontro con il Risorto il cui volto gioioso è lo stesso volto sfigurato “che non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” che il profeta Isaia annuncia parlando del Servo sofferente, quel Servo che è il Cristo in Croce. È l’esperienza della Chiesa a cui concorre in primo luogo la chiamata, la scelta e il progetto che viene da Dio che ci sentiamo rivolgere a cui dobbiamo rispondere. Anzitutto, quindi, dobbiamo abituarci ad essere persone pasquali. Eliminiamo dal cervello le uova e le colombe ‘pasquali’ (non è così che noi dobbiamo essere), ma l’esempio è Cristo che si dona, si mette a servizio: qualifica la vita con lo spezzettarsi per tutti, con il mettersi a disposizione di chi vuole nutrirsi di Lui. Essere pasquali significa lasciarsi mangiare, imparare lo stesso stile di Cristo. Infatti dopo aver compiuto fisicamente e spiritualmente, con tutto noi stessi, il cammino della quaresima (questo cammino è costellato di preghiere - ecco la preghiera famigliare che abbiamo distribuito, ecco le via Crucis del Venerdì, - di meditazione e approfondimento - ecco la catechesi adulti e giovani, i ritiri dei ragazzi e il lavoro per i catechisti vicariale e parrocchiale – di liturgia concelebrata e vissuta - siamo stati insieme alla samaritana, al cieco e a lazzaro a scegliere il Cristo luce e vita e acqua viva -), ora siamo invitati a continuare il cammino. Abbiamo preparato una festa e questa è la festa che non finisce mai. Infatti ogni domenica è Pasqua, ogni Messa è Pasqua: tutte le volte che ci raduniamo in due o tre nel suo nome Lui è in mezzo a noi. Ecco il vivere da “risorti” cosa significa: raccogliere l’esperienza e approfondire sempre più la risposta alla chiamata alla santità, all’amore vicendevole, alla comprensione sempre più convinta di ciò che veramente siamo: figli e fratelli. Ci accorgiamo, Signore, che tutto quanto detto finora è bellissimo, però siamo in un grande turbamento perché non vediamo, se non in minima parte, realizzato questo progetto. Sei stato troppo pretenzioso, Signore? Vuoi che voliamo troppo alti, noi che non abbiamo ali e che siamo sempre molto ruspanti? Dopo Pasqua comincerò anche il giro nelle famiglie per portare la benedizione del Signore: è l’occasione per incontrarci e conoscerci un po’ meglio. Spero di trovare il tempo e soprattutto di trovare le persone. Il mese di Maggio sarà il mese dei sacramenti donati ai nostri ragazzi: sarà anche l’occasione di riconoscere la gioia del celebrare uniti, tutti insieme, tutti pienamente compresi dell’importanza del partecipare non demandando a nessuno il nostro ruolo di protagonisti della liturgia, della catechesi: in poche parole della vita ecclesiale. La Pasqua ci trasformi in persone accoglienti e perdonanti.
Angelo prete
Angelo prete
Come si fa a capire
che si è credenti, oggi
Il cristiano non va mai in vacanza
Come si fa a capire che si è cristiani? “Io ho capito bene tutto, mi risponde il solito saputello, basta andare in chiesa, ricevere i sacramenti, pregare ogni tanto...”. È proprio così facile? Basta porre alcuni gesti, accontentarsi di fare qualche apparizione in Chiesa e poi tutto scorre via senza intoppi? Basta fare qualcosa, mettere in atto dei momenti significativi per poter dire: “Sono cristiani doc”? Non è proprio così semplice: anzi secondo me, è ancora più semplice. Basta credere che Dio ha dato inizio alla mia storia, e non soltanto alla mia, lo ha fatto perché mi vuole bene e il mio vivere non è altro che risposta a questo amore. “Quindi tutto parte dall’amore di Dio?” Sì io sento, vedo, scorgo il suo amore per me dentro la mia storia e ci metto tutta l’attenzione perché quello stesso amore guidi i miei passi, mi faccia scorgere il volto del Padre in chi mi sta vicino e mi impegni a farlo scoprire anche attraverso il mio volto. “Che storia! Non ti sembra di ripeterti spesso? Non stiamo volando troppo alto? La nostra esperienza è propria quella dei badilanti, non degli studiosi della teologia e ci troviamo in difficoltà a considerare l’esperienza cristiana come fattibile praticamente. Di solito ci siamo accontentati dei sacramenti, del vivere qualche esperienza forte e poi basta e qui invece si continua a invitare a credere, ad approfondire la fede, richiamando l’impegno allo studio e all’approfondimento; alla conoscenza e alla risposta cosciente, di chi sa quello che crede e quello che dice.” Ma quanti sono quelli che si impegnano a cercare risposte che non siano rispostine da bar o da pizzeria, che accontentino la ricerca superficiale e lasci tutto come era prima? Amici miei entriamo in un tempo sempre più impegnativo, in cui scopriremo che abbiamo a che fare con un Dio esigente, che vuole essere capito, che dice se stesso nel nostro vivere e vuole che lo comunichiamo a chi ci incontra, ai piccoli e ai grandi, dentro la loro storia, non soltanto come se fosse una scuola, un insegnamento, ma inserendolo nella vita. La catechesi degli adulti va in vacanza, ma io continuerò a mettere a disposizione in Chiesa i fascicoli per quelli di buona volontà che vogliono approfondire da soli. Non c’è la pretesa di fare chissà che cosa, ma è un tentativo, sempre migliorabile di mettersi in ascolto della Parola di Dio e di fare tesoro di quanto ci comunica ogni domenica. Il lavoro più importante che una Comunità cristiana deve svolgere è quello di far conoscere Cristo e di vivere di Lui: è ascoltare Lui che ci rende nuovi. Cari adulti non mettete da parte l’idea di andare a catechesi, anzi vi invito fin d’ora a programmare il mercoledì come il vostro giorno di catechesi da metà settembre in poi. Le vacanze sono qui, ma il cristiano non va mai in vacanza. Eppure succede che il tempo delle vacanze, il periodo in cui abbiamo più tempo libero a disposizione, proprio questo è il periodo in cui i cristiani si dimenticano di più della Messa, della domenica, dell’Eucaristia. Perché? Non possiamo dire che non abbiamo tempo. E allora? Meditiamo e facciamo scelte più coerenti con tutto il nostro credere.
Buone vacanze nel Signore a tutti.
Angelo prete
Come si fa a capire che si è cristiani? “Io ho capito bene tutto, mi risponde il solito saputello, basta andare in chiesa, ricevere i sacramenti, pregare ogni tanto...”. È proprio così facile? Basta porre alcuni gesti, accontentarsi di fare qualche apparizione in Chiesa e poi tutto scorre via senza intoppi? Basta fare qualcosa, mettere in atto dei momenti significativi per poter dire: “Sono cristiani doc”? Non è proprio così semplice: anzi secondo me, è ancora più semplice. Basta credere che Dio ha dato inizio alla mia storia, e non soltanto alla mia, lo ha fatto perché mi vuole bene e il mio vivere non è altro che risposta a questo amore. “Quindi tutto parte dall’amore di Dio?” Sì io sento, vedo, scorgo il suo amore per me dentro la mia storia e ci metto tutta l’attenzione perché quello stesso amore guidi i miei passi, mi faccia scorgere il volto del Padre in chi mi sta vicino e mi impegni a farlo scoprire anche attraverso il mio volto. “Che storia! Non ti sembra di ripeterti spesso? Non stiamo volando troppo alto? La nostra esperienza è propria quella dei badilanti, non degli studiosi della teologia e ci troviamo in difficoltà a considerare l’esperienza cristiana come fattibile praticamente. Di solito ci siamo accontentati dei sacramenti, del vivere qualche esperienza forte e poi basta e qui invece si continua a invitare a credere, ad approfondire la fede, richiamando l’impegno allo studio e all’approfondimento; alla conoscenza e alla risposta cosciente, di chi sa quello che crede e quello che dice.” Ma quanti sono quelli che si impegnano a cercare risposte che non siano rispostine da bar o da pizzeria, che accontentino la ricerca superficiale e lasci tutto come era prima? Amici miei entriamo in un tempo sempre più impegnativo, in cui scopriremo che abbiamo a che fare con un Dio esigente, che vuole essere capito, che dice se stesso nel nostro vivere e vuole che lo comunichiamo a chi ci incontra, ai piccoli e ai grandi, dentro la loro storia, non soltanto come se fosse una scuola, un insegnamento, ma inserendolo nella vita. La catechesi degli adulti va in vacanza, ma io continuerò a mettere a disposizione in Chiesa i fascicoli per quelli di buona volontà che vogliono approfondire da soli. Non c’è la pretesa di fare chissà che cosa, ma è un tentativo, sempre migliorabile di mettersi in ascolto della Parola di Dio e di fare tesoro di quanto ci comunica ogni domenica. Il lavoro più importante che una Comunità cristiana deve svolgere è quello di far conoscere Cristo e di vivere di Lui: è ascoltare Lui che ci rende nuovi. Cari adulti non mettete da parte l’idea di andare a catechesi, anzi vi invito fin d’ora a programmare il mercoledì come il vostro giorno di catechesi da metà settembre in poi. Le vacanze sono qui, ma il cristiano non va mai in vacanza. Eppure succede che il tempo delle vacanze, il periodo in cui abbiamo più tempo libero a disposizione, proprio questo è il periodo in cui i cristiani si dimenticano di più della Messa, della domenica, dell’Eucaristia. Perché? Non possiamo dire che non abbiamo tempo. E allora? Meditiamo e facciamo scelte più coerenti con tutto il nostro credere.
Buone vacanze nel Signore a tutti.
Angelo prete
San Lorenzo: giovane
al servizio di Dio e dei fratelli
Quando si arriva a Zogno il campanile che si staglia su uno stupendo sfondo di montagne ci dice che siamo in una parrocchia dedicata a S. Lorenzo, giovane diacono che, nella Chiesa di Roma di Papa Sisto II, aveva il compito di servire i poveri e distribuire loro il necessario per vivere. La Caritas diocesana dipendeva da lui. Noi, cari amici di Zogno, ci ritroveremo il 10 di agosto, come ogni anno, a far festa, a riconoscere di avere un centro, un inizio, un esempio in questo giovane che ci aiuta a riferire la nostra vita a Cristo. Infatti Lui non si è inventato il suo ministero di diacono. Lo ha ricevuto. Non ha deciso, a un certo punto della sua vita, di fare questo “mestiere”, ma si è accorto (e ha accettato di farne parte attivamente), che Dio aveva un progetto particolare per lui e ha seguito le indicazioni precise che Dio metteva sul suo cammino. Un giovane diacono. Un giovane che sceglie di mettersi a servizio. Un giovane che si spende per gli altri, come tanti catechisti, animatori, educatori che si alimentano nell’ascolto del Vangelo, nella preghiera comune, nella meditazione personale, nella celebrazione comunitaria (quando dico giovane, mi riferisco non solo all’età anagrafica, ma alla giovinezza dello Spirito che viene dalla disponibilità al Signore). Un giovane diacono cioè “servo”: il suo dovere specifico era far contenti quelli che avevano bisogno. La sua gioia più grande era vedere gli altri felici, con il necessario ad una vita dignitosa, soccorsi nelle loro necessità. Infatti, di fronte alla richiesta dell’imperatore di vedere le ricchezze della Chiesa di Roma, Lorenzo radunò tutti i poveri e glieli presentò. L’imperatore si arrabbiò pensando di essere stato preso in giro e non si accorse della verità profonda insita in quel gesto. La vera ricchezza della Chiesa è la piccolezza, l’umiltà, la povertà. Noi non abbiamo ancora compreso e, di questi tempi, le difficoltà a comprenderla sono aumentate, che cosa è la Chiesa e che cosa è importante per essere Chiesa. S. Lorenzo nostro Patrono ci dona l’occasione di approfondire e di fare le scelte secondo il cuore di Dio: sfruttiamola al meglio e non fermiamoci alla festa esterna, ma impegnamoci a riprendere con coraggio il senso dell’essere Chiesa di Cristo in cammino nel Nuovo Millennio.
Auguri a tutti e buona festa
Angelo prete
Auguri a tutti e buona festa
Angelo prete
Ottobre, mese della ripresa
C'è un bisogno di ripartenza
Luci e ombre ci accompagnano. La vita di comunità è avvolta in momenti celebrativi ricchi di significato, avvolgenti di calore e di luce: eppure c’è sempre qualcosa che non va per il verso giusto: c’è sempre qualcuno che, rivangando il passato sogna qualcosa di diverso e riversa su “altri” la “colpa” di quello che sta avvenendo. Eppure la scossa, la lampada che brilla e che illumina ogni momento di chi crede deve riportarci sempre al centro. Come è andata la festa di S. Lorenzo? “Male perché non si è fatta la processione, perché è piovuto tutto il giorno, perché non ha cantato il coro ecc”... Voci di corridoio che si rincorrono e che dicono umori, sensazioni, ma che non aiutano ad andare al centro. Chi è che fa festa? La comunità. E io dove sono? Nella Comunità? Se sono nella comunità, allora vivo la festa qualunque cosa succeda, mi impegno a superare le diatribe e le difficoltà, metto tutte le mie forze e le mie parole a cercare ciò che unisce (quante parole sparirebbero dal nostro vocabolario se fossimo veramente convinti che è questo lo stile del cristiano! Quanti atteggiamenti, quante occasioni cercheremmo per incontrare e non escludere, per non puntare il dito e non dare la colpa all’altro!). È stata festa perché abbiamo tentato di tornare alle radici, di riscoprire chi è che ci fa stare insieme (non le abitudini, non solo l’abitare uno accanto all’altro, l’essere nella stessa casa). Che cosa ci manca per essere in crescita, per essere comunità in cammino? Fiducia reciproca, impegno ad accettar chi ci è accanto senza pregiudizi e collaborando. C’è un Piano Pastorale da approfondire, da accogliere, da vivere. “I poveri li avete sempre con voi” è intitolato. Compito della Comunità parrocchiale è quello di riconoscere il volto di Cristo presente nel volto di ogni fratello. Compito primo di ogni Parrocchia è quello di “educare al ritorno frequente, personale e comunitario, a Gesù Cristo, presente nella Parola e nell’Eucaristia, nella storia concreta, con le domande, le attese, le speranze e le delusioni che scaturiscono dalla vita personale e sociale” - così ci dice il nostro Vescovo nella lettera con cui inizia il nuovo anno pastorale. Continua il Vescovo: “Compito della Parrocchia, oggi, non è quello di coltivare la fede già presente, perché trasmessa spontaneamente dall’ambiente, ma di introdurre a una fede che non c’è, che non ha sostegni nell’ambiente e che trova molte difficoltà nel modo abituale di pensare e di vivere”. Fratelli che cosa ne pensiamo di quello che va ripetendo da parecchio tempo il nostro Vescovo riguardo al clima di mancanza di fede che si respira nei nostri paesi? In primo luogo non è pessimismo, ma capacità di leggere ciò che siamo per fondare il nostro esistere sulla base unica che è Cristo e la sua Parola e la liturgia che ci fa Comunità, per essere Comunità che ama e che dona e che sente il peso di chi ha bisogno e aiuta a portare quel peso, lo risolleva dalle cadute, si impegna a riconoscere il Cristo soprattutto nel volto del fratello che soffre. Il Piano Pastorale è prima di tutto invito a leggere con gli occhi della fede la realtà che ci circonda, per diventare capaci di dare risposte “di fede” alle domande di senso che continuamente ci vengono rivolte. La pastorale, quindi, non è soltanto e nemmeno principalmente trovare qualcosa da fare, ma fondare il nostro operare su chi è la “roccia della nostra salvezza” e ogni giorno operare in suo nome nell’incontrare i fratelli.
Angelo prete
Cammino di preparazione
al MATRIMONIO CRISTIANO
In questi anni trascorsi nelle parrocchie mi sono capitate varie occasioni d’insistere sull’importanza di prepararsi adeguatamente a vivere rincontro con il Signore sia nella liturgia domenicale sia nella celebrazione dei sacramenti. I fidanzati, di solito, cercano di scansarsi, di ritenersi già preparati o non bisognosi di una specifica preparazione, convinti di aver già preparato tutto. Dopo essersi scelti, aver trovato casa e ristorante, si presentano anche in casa parrocchiale per comunicare il giorno (già scelto perché il ristorante non può aspettare - è tragico quando l’orario scelto è già occupato da un’altra coppia - allora diventa facile andare in un’altra parrocchia -) e allora ci si sente dire che bisogna vivere il Corso per Fidanzati. Facilmente si sgattaiola, si trovano palliativi (aiutati anche da amici preti compiacenti) e si corre il pericolo di non pensare il sacramento come celebrazione comunitaria. C’è bisogno di rivedere e di rivedersi su questo argomento. Occorre che le famiglie formino il senso della Comunità: bisogna partecipare in modo continuativo, non saltuario, una tantum. La comunità non è il luogo del “qualche volta”, ma della passione, del vivere, del cercare insieme, del volersi bene, del Comunicare con Cristo e tra noi ciò che fonda, alimenta, sostiene la nostra umanità: il Cristo.
Don Angelo
Angelo prete
Cammino di preparazione
al MATRIMONIO CRISTIANO
In questi anni trascorsi nelle parrocchie mi sono capitate varie occasioni d’insistere sull’importanza di prepararsi adeguatamente a vivere rincontro con il Signore sia nella liturgia domenicale sia nella celebrazione dei sacramenti. I fidanzati, di solito, cercano di scansarsi, di ritenersi già preparati o non bisognosi di una specifica preparazione, convinti di aver già preparato tutto. Dopo essersi scelti, aver trovato casa e ristorante, si presentano anche in casa parrocchiale per comunicare il giorno (già scelto perché il ristorante non può aspettare - è tragico quando l’orario scelto è già occupato da un’altra coppia - allora diventa facile andare in un’altra parrocchia -) e allora ci si sente dire che bisogna vivere il Corso per Fidanzati. Facilmente si sgattaiola, si trovano palliativi (aiutati anche da amici preti compiacenti) e si corre il pericolo di non pensare il sacramento come celebrazione comunitaria. C’è bisogno di rivedere e di rivedersi su questo argomento. Occorre che le famiglie formino il senso della Comunità: bisogna partecipare in modo continuativo, non saltuario, una tantum. La comunità non è il luogo del “qualche volta”, ma della passione, del vivere, del cercare insieme, del volersi bene, del Comunicare con Cristo e tra noi ciò che fonda, alimenta, sostiene la nostra umanità: il Cristo.
Don Angelo
Avvento: il tempo
dell'attesa dell'ospite
Carissimi comincia un nuovo anno liturgico e dobbiamo lasciarci coinvolgere dalla novità: guai a pensare alla ripetitività del ciclo liturgico. La Parola di Dio è sempre nuova, noi siamo sempre in crescita, in cammino, in ricerca e se si incontrano queste due realtà si vive e non si subisce la vita. Proviamo in questo primo numero del nuovo anno liturgico a tentare di fare nostro il piano pastorale che il Vescovo ci ha affidato. Entrando in Chiesa avrete notato il cartellone con l’annuncio e il quadro di El Greco che ci racconta visivamente il fatto del versare l’olio profumato, di grande valore, sul capo di Gesù scelto come esempio dello spreco dell’amore donato a Cristo e ai fratelli, impegno per tutta la comunità ecclesiale non solo in questo anno pastorale, ma sempre. BUON NATALE è l’augurio più bello che riceviamo da Dio al termine dell’anno civile: ci accorgiamo che Dio non smette di amarci, di voler trovare spazio nel mondo soprattutto perché il mondo questo spazio continua a negarglielo: ma l’amor di Dio è più forte della nostra ottusità e chiusura. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chi crede in Lui abbia la vita eterna ”, così S. Giovanni ci aiuta a riconoscere il dono più prezioso che il Padre ci ha messo in mano: non delle cose che si possono misurare nella preziosità della fattura o dei materiali, ma se stesso: infatti vuole che lo imitiamo, che togliamo dal nostro volto la bruttura che non permette al suo volto di brillare in noi, che permettiamo al suo amore di brillare nel nostro. Buon Natale significa rinascere, ricominciare, riprendere il cammino con più gioia perché è Dio che vuole ricominciare con noi. E io voglio ricominciare con Lui? Voglio ricominciare con i fratelli che sono mezzo per incontrarlo e riconoscerlo presente? Lo rendo presente attraverso il mio amore? Buon Natale a tutta la Comunità soprattutto agli scontenti, agli sfiduciati, a coloro che si sentono esclusi, non riconosciuti nella loro bravura e grandezza.
Buon natale a tutti Angelo prete |