1990
CONVEGNO ECCLESIALE 1990-1991
Il nostro Vescovo, Mons. Giulio Oggioni, non intende celebrare il Sinodo diocesano a conclusione della sua Visita Pastorale alla Diocesi, ma vuole supplirvi con un Convegno ecclesiale per fare di tutta la Diocesi una Chiesa secondo il Concilio.
Al "Convegno" intende poi dare il significato di "Segno" e di richiamo per convocare il popolo all'ascolto della parola di Dio.
Nella S. Scrittura, infatti, il Convegno comporta alcuni elementi:
- un invito fatto per mezzo di un profeta o di un sacerdote con autorità;
- un porsi in cammino del popolo per adunarsi in un luogo prestabilito;
- un ascolto della parola di Dio proclamata solennemente;
- una celebrazione del sacrificio che nel N.T. è la frazione del pane in forza delle parole "Fate questo in memoria di me".
Il Convegno passa, ma il popolo e la comunità, costruita sulla parola di Dio, rimane.
Il Vescovo convoca precisamente per l'ascolto della parola di Dio aggiornata al Concilio sulla Chiesa e ne traccia il percorso:
- definendo la Chiesa mistero e sacramento di salvezza che si colloca nell'orizzonte del soprannaturale ed è conoscibile solo con la fede; - affermando che il mistero si realizza nella comunione di tutta la comunità ecclesiale poichè tutti i fedeli sono responsabili della Chiesa; - precisando che tale popolo è una comunione gerarchica in cui solo il papa e i vescovi, come successori degli Apostoli, detengono l'autorità che è radicata in Cristo;
- ammettendo poi che accanto al carisma dell'autorità, esclusivo del papa e dei vescovi, esistono altri carismi per il servizio dei fratelli, carismi che lo Spirito di Cristo distribuisce, ma che sono comunque sottoposti al discernimento dell'autorità medesima, come il carisma della vita consacrata e dei laici impegnati a qualsiasi grado e ruolo nell'ambito dell'apostolato o della pastorale dove sono introdotti per una specifica vocazione anche se l'invito sembra casuale e fatto semplicemente da un amico o da un sacerdote.
Il Vescovo precisa il Fine del Convegno:
- si tratta di esaminare a tutti i livelli (di parrocchia, di vicariato e di diocesi) l'attuale condizione ecclesiale;
- e di stabilire, di conseguenza, il cammino da fare perchè la nostra Chiesa si metta in grado di offrire:
un annuncio della Parola,
una celebrazione dell'Eucaristia, un comportamento etico,
una promozione dell'uomo,
una animazione cristiana delle realtà terrestri conformi al Concilio.
Il Vescovo fissa inoltre le tappe del Convegno:
- da gennaio a dicembre 1990 deve svolgersi la fase periferica che impegna tutte le parrocchie e i vicariati a riflettere sulla situazione socioculturale-religiosa; nel dicembre si terranno a conclusione convegni vicariali con la partecipazione dei Consigli Presbiterali e Pastorali Vicariali e di altri impegnati nella pastorale sotto la guida di esperti diocesani ...
- da gennaio 1991 alla festa del Corpus Domini si svolgerà il "Convegno Diocesano" con la partecipazione dei delegati degli organismi ecclesiali coinvolti nella precedente fase periferica sui temi stabiliti come scopo del Convegno .. e si concluderà il tutto con un Congresso eucaristico come sigillo dell'impegno cristiano e cibo che fortifica il nostro cammino verso la meta prefissa di divenire "Chiesa Conciliare".
Noi a livello parrocchiale celebreremo la fase periferica del Convegno cercando di coinvolgere al primo posto tutti gli impegnati nell'ambito della pastorale con degli incontri specifici sui temi proposti allargando la partecipazione a tutte le persone di buona volontà e coinvolgendo nella misura più grande possibile tutta la popolazione attraverso la catechesi degli adulti e la predicazione soprattutto straordinaria del Triduo, della Quaresima, delle SS. Quarant'ore e dell'Ottavario dei Morti durante il corrente anno 1990.
Speriamo di poter dare così maggior concretezza alla Visita Pastorale che abbiamo appena celebrato e di poter ottenere attraverso la preghiera e la buona volontà il dono del rinnovamento della vita cristiana nella nostra parrocchia.
don Giulio
Al "Convegno" intende poi dare il significato di "Segno" e di richiamo per convocare il popolo all'ascolto della parola di Dio.
Nella S. Scrittura, infatti, il Convegno comporta alcuni elementi:
- un invito fatto per mezzo di un profeta o di un sacerdote con autorità;
- un porsi in cammino del popolo per adunarsi in un luogo prestabilito;
- un ascolto della parola di Dio proclamata solennemente;
- una celebrazione del sacrificio che nel N.T. è la frazione del pane in forza delle parole "Fate questo in memoria di me".
Il Convegno passa, ma il popolo e la comunità, costruita sulla parola di Dio, rimane.
Il Vescovo convoca precisamente per l'ascolto della parola di Dio aggiornata al Concilio sulla Chiesa e ne traccia il percorso:
- definendo la Chiesa mistero e sacramento di salvezza che si colloca nell'orizzonte del soprannaturale ed è conoscibile solo con la fede; - affermando che il mistero si realizza nella comunione di tutta la comunità ecclesiale poichè tutti i fedeli sono responsabili della Chiesa; - precisando che tale popolo è una comunione gerarchica in cui solo il papa e i vescovi, come successori degli Apostoli, detengono l'autorità che è radicata in Cristo;
- ammettendo poi che accanto al carisma dell'autorità, esclusivo del papa e dei vescovi, esistono altri carismi per il servizio dei fratelli, carismi che lo Spirito di Cristo distribuisce, ma che sono comunque sottoposti al discernimento dell'autorità medesima, come il carisma della vita consacrata e dei laici impegnati a qualsiasi grado e ruolo nell'ambito dell'apostolato o della pastorale dove sono introdotti per una specifica vocazione anche se l'invito sembra casuale e fatto semplicemente da un amico o da un sacerdote.
Il Vescovo precisa il Fine del Convegno:
- si tratta di esaminare a tutti i livelli (di parrocchia, di vicariato e di diocesi) l'attuale condizione ecclesiale;
- e di stabilire, di conseguenza, il cammino da fare perchè la nostra Chiesa si metta in grado di offrire:
un annuncio della Parola,
una celebrazione dell'Eucaristia, un comportamento etico,
una promozione dell'uomo,
una animazione cristiana delle realtà terrestri conformi al Concilio.
Il Vescovo fissa inoltre le tappe del Convegno:
- da gennaio a dicembre 1990 deve svolgersi la fase periferica che impegna tutte le parrocchie e i vicariati a riflettere sulla situazione socioculturale-religiosa; nel dicembre si terranno a conclusione convegni vicariali con la partecipazione dei Consigli Presbiterali e Pastorali Vicariali e di altri impegnati nella pastorale sotto la guida di esperti diocesani ...
- da gennaio 1991 alla festa del Corpus Domini si svolgerà il "Convegno Diocesano" con la partecipazione dei delegati degli organismi ecclesiali coinvolti nella precedente fase periferica sui temi stabiliti come scopo del Convegno .. e si concluderà il tutto con un Congresso eucaristico come sigillo dell'impegno cristiano e cibo che fortifica il nostro cammino verso la meta prefissa di divenire "Chiesa Conciliare".
Noi a livello parrocchiale celebreremo la fase periferica del Convegno cercando di coinvolgere al primo posto tutti gli impegnati nell'ambito della pastorale con degli incontri specifici sui temi proposti allargando la partecipazione a tutte le persone di buona volontà e coinvolgendo nella misura più grande possibile tutta la popolazione attraverso la catechesi degli adulti e la predicazione soprattutto straordinaria del Triduo, della Quaresima, delle SS. Quarant'ore e dell'Ottavario dei Morti durante il corrente anno 1990.
Speriamo di poter dare così maggior concretezza alla Visita Pastorale che abbiamo appena celebrato e di poter ottenere attraverso la preghiera e la buona volontà il dono del rinnovamento della vita cristiana nella nostra parrocchia.
don Giulio
Relazione del parroco al Vescovo sul
''PROBLEMA ASSISTENZA VOLONTARIATO" (1/12/1989)
La Parrocchia di Zogno già ai tempi di Mons. G. Speranza si era resa conto dell'importanza di questi problemi nell'ambito della pastorale sul piano pratico per cui aveva incrementato la S.v. sia maschile che femminile e nello stesso tempo aveva deciso di istituire una casa di accoglienza per anziani soli che prese il nome di Opera Pia Caritas. La Parrocchia tuttavia, da una quindicina d'anni almeno, s'è trovata di fronte a una nuova legislazione in materia di assistenza che non poteva ignorare per cui si è sentita in dovere di aggiornare la propria presenza nel mondo dell'assistenza tenendo conto dello spirito della nuova legge che non prevede il ricovero per gli anziani autosufficienti ma l'assistenza a domicilio e per gli altri non autosufficienti ammette il ricovero soltanto nel caso in cui sia impossibile un'adeguata assistenza a domicilio. In questi ultimi vent'anni si è provveduto, a proposito o a sproposito, anche alla chiusura degli O.N.P. rinviando alle proprie comunità d'origine i ricoverati con tutte le complicazioni del caso. In base a queste premesse la nostra Parrocchia ha fatto le seguenti scelte:
1) Trasformare la Casa di Riposo chiusa in tipo Casa Albergo per Anziani perchè potessero ritrovarsi più ambientati in paese come a casa propria.
2) Dare la precedenza assoluta ai non autosufficienti soprattutto rifiutati dalle strutture ospedaliere e dall'ambiente famiglia.
3) Creare all'interno dell'Opera Pia dei servizi specialistici di carattere fisiatrico e psichiatrico. 4) Aprire le porte agli ex O.N.P rifiutati dalle famiglie e di origine della Valbrembana.
5) Non sostituirsi ai diretti responsabili dell'assistenza Comuni e Ussl ma offrire e chiedere la più schietta collaborazione.
Da tutto ciò sono scaturite strutture e attrezzature adeguate alle nuove necessità, come:
1) La sala di fisioterapia che estende il suo servizio gestito dall'Ussl anche alle richieste e necessità esterne al Ricovero medesimo.
2) Il C.l.M. (centro d'igiene mentale), nato 15 anni almeno orsono per assistere gli ex O.N.P. ospitati nell'ambito dell'Opera Pia, servizio che venne subito esteso anche agli esterni.
3) Si aggiunge oggi anche una nuova struttura che rende possibile il completamento del servizio in materia psichiatrica (C.R.T.) nel complesso del C.P.S. con l'istituzione di primariati. 4) La struttura protetta per non-autosufficienti .. ecc.
Il tutto rientra in una reciproca intesa fra Parrocchia, Comuni e Ussl codificata mediante rispettive convenzioni.
Si deve aggiungere un'ulteriore servizio indirizzato agli handicappati realizzato con l'istituzione del C.S .E. che noi ospitiamo da anni gratuitamente nell'ambito dell'Oratorio della Parrocchia e che attualmente richiede ampliamento per soddisfare meglio le esigenze del nostro territorio. Esiste la disponibilità, da parte degli enti interessati, che verrà quanto prima definita nell'ambito di una nuova convenzione. Per quanto riguarda la gestione del Ricovero che dipende direttamente dalla Parrocchia esistono diversi aspetti da considerare sia per l'aggiornamento dell'assistenza che richiede personale tecnico, sia per quanto riguarda l'animazione o meglio l'umanizzazione, cioè il rapporto con le persone sotto l'aspetto umano, e la direzione spirituale da non ridursi soltanto alla sacramentalizzazione o pressapoco. Ci si rende conto che il problema è rilevante e che senza la collaborazione delle famiglie, che non si possono sollevare da questo obbligo naturale e cristiano, e in particolare di tante persone generose disponibili, ci si trova nell'impossibilità di mantenere modica la retta, buono il trattamento e efficiente l'animazione. Si deve fare pertanto ricorso al volontariato e alla presenza prestigiosa dei giovani in particolare, i soli capaci di ridonare piena gioia ai ricoverati, affinchè non vengano a trovarsi assembrati gli anziani da una parte, gli handicappati dall'altra mentre la comunità in cui hanno diritto di continuare a vivere si trova pienamente assente. Altro aspetto importante dell'impegno pastorale dell'assistenza da parte della Parrocchia è la sua apertura su tutta la comunità sia all'interno che all'esterno della Casa di Riposo. Tutti i gruppi ecclesiali sono presenti nel mondo della sofferenza anche se purtroppo a volte tra di loro non esiste un coordinamento che valorizzi meglio il volontariato incentrato come sforzo e testimonianza propria della comunità di fede, la Parrocchia.
d. Giulio
1) Trasformare la Casa di Riposo chiusa in tipo Casa Albergo per Anziani perchè potessero ritrovarsi più ambientati in paese come a casa propria.
2) Dare la precedenza assoluta ai non autosufficienti soprattutto rifiutati dalle strutture ospedaliere e dall'ambiente famiglia.
3) Creare all'interno dell'Opera Pia dei servizi specialistici di carattere fisiatrico e psichiatrico. 4) Aprire le porte agli ex O.N.P rifiutati dalle famiglie e di origine della Valbrembana.
5) Non sostituirsi ai diretti responsabili dell'assistenza Comuni e Ussl ma offrire e chiedere la più schietta collaborazione.
Da tutto ciò sono scaturite strutture e attrezzature adeguate alle nuove necessità, come:
1) La sala di fisioterapia che estende il suo servizio gestito dall'Ussl anche alle richieste e necessità esterne al Ricovero medesimo.
2) Il C.l.M. (centro d'igiene mentale), nato 15 anni almeno orsono per assistere gli ex O.N.P. ospitati nell'ambito dell'Opera Pia, servizio che venne subito esteso anche agli esterni.
3) Si aggiunge oggi anche una nuova struttura che rende possibile il completamento del servizio in materia psichiatrica (C.R.T.) nel complesso del C.P.S. con l'istituzione di primariati. 4) La struttura protetta per non-autosufficienti .. ecc.
Il tutto rientra in una reciproca intesa fra Parrocchia, Comuni e Ussl codificata mediante rispettive convenzioni.
Si deve aggiungere un'ulteriore servizio indirizzato agli handicappati realizzato con l'istituzione del C.S .E. che noi ospitiamo da anni gratuitamente nell'ambito dell'Oratorio della Parrocchia e che attualmente richiede ampliamento per soddisfare meglio le esigenze del nostro territorio. Esiste la disponibilità, da parte degli enti interessati, che verrà quanto prima definita nell'ambito di una nuova convenzione. Per quanto riguarda la gestione del Ricovero che dipende direttamente dalla Parrocchia esistono diversi aspetti da considerare sia per l'aggiornamento dell'assistenza che richiede personale tecnico, sia per quanto riguarda l'animazione o meglio l'umanizzazione, cioè il rapporto con le persone sotto l'aspetto umano, e la direzione spirituale da non ridursi soltanto alla sacramentalizzazione o pressapoco. Ci si rende conto che il problema è rilevante e che senza la collaborazione delle famiglie, che non si possono sollevare da questo obbligo naturale e cristiano, e in particolare di tante persone generose disponibili, ci si trova nell'impossibilità di mantenere modica la retta, buono il trattamento e efficiente l'animazione. Si deve fare pertanto ricorso al volontariato e alla presenza prestigiosa dei giovani in particolare, i soli capaci di ridonare piena gioia ai ricoverati, affinchè non vengano a trovarsi assembrati gli anziani da una parte, gli handicappati dall'altra mentre la comunità in cui hanno diritto di continuare a vivere si trova pienamente assente. Altro aspetto importante dell'impegno pastorale dell'assistenza da parte della Parrocchia è la sua apertura su tutta la comunità sia all'interno che all'esterno della Casa di Riposo. Tutti i gruppi ecclesiali sono presenti nel mondo della sofferenza anche se purtroppo a volte tra di loro non esiste un coordinamento che valorizzi meglio il volontariato incentrato come sforzo e testimonianza propria della comunità di fede, la Parrocchia.
d. Giulio
IL GIOVEDI SANTO È GIÀ PASQUA
Il Giovedì Santo è già Pasqua perchè riporta a noi il grande mandato di Gesù Cristo: "Vi ho dato l'esempio perchè anche voi facciate lo stesso" (Gv 13,13 e ss.), cioè, "Amatevi come io vi ho amato". Gesù, dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli, ha scandito questo suo mandato indicando la maniera pratica di amarsi "Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri". Da queste affermazioni scaturisce la logica della reciprocità. Tutti a terra, sprofondati come servi, a lavarci i piedi reciprocamente. Tutti schiavi, non appiattiti per una imposizione dall'esterno, ma per una nostra disponibilità interiore. L'unica via per diventare grandi, di regnare, ce la indica ancora Gesù: "Se uno di voi vuole essere grande, si faccia servo di tutti ... Il Figlio dell'uomo infatti è venuto non per farsi servire, ma per servire e per dare la vita per tutti" (Mc 10,43-45). Anche la Vergine Maria nel suo Magnificat afferma: "Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 1,52). Risorge a vita nuova, con Cristo, chi sa mettersi sotto terra come il seme nel solco per consegnarsi alla vita. Solo nell'umile servizio ai propri fratelli, nella logica della reciprocità, possiamo costituire veramente la Chiesa di Cristo. Sono diversi i nostri comportamenti contrari al Vangelo, messaggio che abbiamo la presunzione di annunciare agli altri senza esserne testimoni. C'è chi disdegna di servire e di essere servito per chiudersi nel proprio individualismo. C'è chi vuole servire ma si ribella come Pietro di essere servito per evitare di umiliare chi serve. C'è anche chi vuole servire i lontani, magari quelli del terzo mondo, ma non sa piegarsi nella reciprocità a servire i propri familiari o vicini di casa, accettando la Chiesa degli altri per rifiutare la propria. Ma Cristo ci invita a lavarci i piedi tra di noi, innanzitutto, per diventare poi capaci di lavare i piedi anche ai lontani. Se non siamo capaci di essere Chiesa tra di noi, come potremo esserlo con gli altri? Non esiste una eucaristia all'interno della nostra comunità e una lavanda dei piedi altrove. Si mancherebbe diversamente di credibilità come chi avendo una trave nell'occhio volesse, prima di levarsela, cavare la pagliuzza dall'occhio del proprio fratello. Cristo non ci considera pienamente mondi coi piedi sporchi. "Siete già mondi, come tutti i bravi cristiani, afferma Gesù rimproverando Pietro, ma i piedi li avete sporchi". "Se dunque, io Maestro e Signore, come voi mi chiamate, vi ho lavato i piedi, anche voi lavatevi i piedi a vicenda" (Gv, 13,13 e ss.). Questa è l'unica maniera per essere totalmente mondi. È un'evasione quindi dall'impegno di essere Chiesa la presunzione di poterlo essere con i lontani nel mentre rifiutiamo di esserlo coi nostri, tra di noi. Cristo ci ha dato l'esempio: discepoli se vi amerete gli uni gli altri" (Gv 13,55). Cristo non ha mai affermato la sua gigantesca statura umana e divina neppure sulla croce, dove si è lasciato impiccare dagli altri, così come quando si è sprofondato per terra a lavare i piedi ai suoi discepoli. È così che il Giovedì Santo, oltre che con l'istituzione dell'Eucaristia e del Sacerdozio, ci aiuta a capire anche il Venerdì Santo con la grande Vittima del Calvario, il Crocifisso che attraversa tutta la storia dell'umanità come il grande Vivente, e ci prepara alla gioiosa sorpresa del mattino di Pasqua di Risurrezione in cui possiamo già celebrare anche noi la nostra risurrezione, propria del seme che scende quotidianamente nel solco di Cristo per donarsi alla Vita. Lui ci ha dato l'esempio. noi non ci salveremo per la dottrina che avremo predicato, ma per la testimonianza a Cristo nei fratelli che avremo gioiosamente servito. Da queste premesse scaturisce il migliore augurio pasquale che possiamo scambiarci fraternamente di tutto cuore tra noi. Buona Pasqua.
Aff.mo don Giulio
Aff.mo don Giulio
A PROPOSITO DEL CONVEGNO ECCLESIALE
Lo stiamo celebrando in Parrocchia e nel Vicariato. Sono molti i temi proposti per la riflessione. Noi abbiamo privilegiato al primo posto il tema: “Parrocchia e Parola di Dio" che abbiamo preso in considerazione soprattutto nell'ambito della catechesi per adulti. Il nostro Dio è un Dio che parla, infatti, non è un Dio muto come Budda. E la Parola di Dio si è manifestata a noi mediante l'incarnazione in Gesù Cristo, per cui la Parola di Dio è la persona di Gesù Cristo medesimo in cui sono state create tutte le cose e in cui noi siamo rinati come figli di Dio per mezzo del battesimo. Non è certamente l'uomo per se stesso che diventa Dio, ma è Dio che si è incarnato per divinizzare l'uomo, così come afferma S. Giovanni nel prologo del suo Vangelo. Già il Salmo 81 afferma: ''Voi siete tutti figli dell'altissimo, dice il Signore" (Ps 81,1-6). Gesù Cristo cita questo testo ai suoi avversari quando gli contestano l'affermazione blasfema di dichiararsi figlio di Dio, simile al Padre: ''N on è forse scritto nella vostra legge: lo ho detto: voi siete dei? Ora se la Scrittura ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non si può annullare), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: tu bestemmi, perchè ho detto: sono Figlio di Dio" (Gv 10,34). La parola di Dio si è incarnata in Gesù Cristo divinizzandone l'umanità, ma si incarna anche in tutti noi imprimendoci quella somiglianza di Dio con cui siamo stati creati e che abbiamo perduto col peccato. Dio ha preso il volto di Cristo perchè tutti lo potessero conoscere. L'uomo infatti ha bisogno di un volto per incarnare ciò in cui crede. Dio non può essere conosciuto se non il giorno in cui se ne vede il volto. Il Cristo è la vera immagine del Padre. Quando Filippo gli chiede perentoriamente: "Mostraci il Padre!" Gesù risponde altrettanto perentoriamente: ''Filippo, chi vede me, vede anche il Padre!" (Gv 14,9). La fede non è un'ideologia, ma è l'incontro con Cristo, la parola del Padre incarnata. Dio assume il volto dell'uomo che crede, cioè che ascolta la sua Parola e la mette in pratica (Mt 12,49; Mc 3,31; Lc 8,19-21). Meglio ancora: l'uomo assume il volto di Dio quando crede alla sua parola. La Chiesa nasce dalla evangelizzazione, cioè dall'incontro con la parola di Dio, e è evangelizzante perchè proclama la parola di Dio. La Chiesa pertanto parla il linguaggio di Dio e lo comunica all'uomo per renderlo capace di parlare con Dio. La Parrocchia è il luogo privilegiato in cui si apprende questo linguaggio attraverso la predicazione e la catechesi. Rinunciare alla parola di Dio vuol dire votarsi alla morte spirituale, cioè alla morte eterna. "In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte" (Gv 8,51). La fede nasce dall'annuncio di Cristo, dice l'Apostolo Paolo: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ma come potranno invocare il Signore se non hanno creduto? E come potranno credere in lui se non ne hanno sentito parlare? E come ne sentiranno parlare se nessuno l'annunzia?" (Rm 10,14-15). "La fede dipende dall'ascolto della predicazione, ma l'ascolto è possibile se c'è chi predica Cristo" (Rm 10,17) e se c'è chi ascolta. L'uomo, come già affermato, ha bisogno di un volto per incarnare ciò in cui crede. N on basta la parola. Ecco perchè la parola di Dio ha preso il volto di Cristo che oggi brilla nel volto della Chiesa, cioè di tutti i credenti che ascoltano e mettono in pratica la parola stessa di Dio che ci divinizza e ci rende capaci di conseguire la vita eterna. Sul piano pratico, se la parola di Dio costituisce il primo interesse della nostra vita, bisogna dedicargli il tempo necessario per apprenderla e per praticarla. Da qui l'importanza di riscoprire il giorno di festa come giorno del Signore; da qui l'importanza di programmare il proprio tempo libero con attenzione al problema della catechesi e del volontariato per ascoltare e proclamare la parola di Dio e per testimoniarla con le buone opere. La verifica della nostra fede ci conduce sulla pista del denaro e del tempo libero per osservarne l'impiego; è la pista del cuore per dimostrarne le scelte in bene e in male. La prova più sicura per sapere se siamo autenticamente cristiani è la maniera con cui spendiamo le nostre risorse di denaro e di tempo. Esaminiamoci.
don Giulio
don Giulio
FESTA PATRONALE DEL 10 AGOSTO
Torna a noi ogni anno, con la sua festa, S. Lorenzo M., patrono della nostra parrocchia e dell'antico comune di Zogno, a riproporci il modello di chiesa che egli ha saputo vivere con tutta l'esuberanza della sua giovinezza, con lo slancio della sua carità e con l'eroismo così singolare del suo martirio. Ancora oggi la fede esige scelte radicali come ai tempi di S. Lorenzo: o si è martiri di Cristo con tutta la vita mettendo al bando ogni rispetto umano e dedicandosi con generoso trasporto al servizio dei fratelli più poveri e più emarginati, oppure si diventa vittime di se stessi, del proprio egoismo, del vizio dilagante. Non sembra esistano alternative: chi non vuole compromettersi per Cristo, deve compromettersi per il mondo che si è incamminato speditamente verso la catastrofe. N oi cristiani dobbiamo quanto prima sradicarci dalla contraddizione di poterei barcamenare tra una sponda e l'altra. Una delle eresie più micidiali del nostro tempo che ci porta ineluttabilmente alla apostasia è il fatto di esserci cristallizzati nel mondo di una chiesa bambina, propria di chi è in regola coi sacramenti della iniziazione senza poi aver fatto neppure un passo avanti. Si naviga nella sicurezza di una fede inaridita a cui non si ritiene di dover dedicare altro tempo. Il cristiano si trova così a dover affrontare i gravi problemi della sua esistenza da povero bambino colpito da paralisi infantile spiritualmente mortale. Si spiega così la causa che ci priva del coraggio della testimonianza propria di chi è cresciuto nella fede. Il permissivismo e la compiacente tolleranza per tutto ciò che è contrario alla formazione umana prima ancora che diventi cristiana, è già un palese tradimento della fede. Chi ha la trave nell'occhio non può essere in grado di strappare la pagliuzza dall'occhio del proprio fratello. La perversione di questa nostra chiesa bambina sfocia poi nell'adesione alle sette e alle forme eterodosse di vivere il proprio rapporto con Cristo, col Dio incarnato che ci libera dal peccato e ci salva. Si accentua nei nostri paesi una spasmodica ricerca del magico, dell'occulto, del diverso, del prodigioso inconsistente, di forme sofisticate pseudoreligiose di considerare il sacro e tutto ciò che riguarda la vita. È segno che non si fa più riferimento a Dio attraverso la retta via della S. Scrittura e del Vangelo; è segno che il vero Dio ha perduto credito e non è più colui che decide le scelte della nostra vita, forse anche perchè non siamo riusciti ad averlo alleato nella conquista di un paradiso che ricerchiamo sul mercato dei balocchi destinato assai presto a tradursi nella più sconfortante delusione capace di privarci persino della voglia di sopravvivere a questo mondo. Al posto di chiederci che cosa vuole Dio da noi, ci preoccupiamo soltanto di considerare ciò che noi vogliamo da Dio a costo di rinnegarlo se non ci concede ciò che non può darci. Un Dio etereo evanescente, che dipende dalle fatture magiche, un Dio sradicato dalla realtà umana, confinato in un trascendentalismo irreale, un Cristo manipolato che non è più il Dio incarnato che ci libera dal peccato, è il segno più evidente del fallimento disastroso della nostra chiesa bambina. Stiamo ancora celebrando il convegno ecclesiale, voluto dal nostro vescovo perchè la chiesa di Bergamo diventi chiesa conciliare, a conclusione della visita pastorale. La festa di S. Lorenzo ci offre una circostanza propizia per maturare la risposta del nostro impegno come segno della fede e dell'amore che giungono perennemente a noi dalla testimonianza del nostro patrono. Sull'esempio di S. Lorenzo decidiamoci a promuovere la nostra comunità parrocchiale come chiesa matura capace di coinvolgere ancora i giovani e gli adulti nell'ascolto e nella pratica perseverante della parola di Dio che ci divinizza e ci salva. Col più vivo desiderio di ritrovarci insieme nella solennità patronale per ricordare spiritualmente anche i lontani, saluto e bene auguro.
Aff.mo don Giulio
Aff.mo don Giulio
CONVEGNO ECCLESIALE
Con l'anno nuovo si torna alla celebrazione del Convegno Ecclesiale indetto dal Vescovo a conclusione della Visita Pastorale. Se vogliamo sinceramente divenire chiesa conciliare, scopo del convegno medesimo, dobbiamo lasciarci coinvolgere personalmente e comunitariamente nella scelta di fede che parte dalla proclamazione della parola di Dio per passare poi alla sua celebrazione nei sacramenti e alla sua testimonianza sul piano pratico della vita cristiana.
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La "Lumen Gentium" afferma (n. 28): "Le grandi realtà invisibili del Mistero di Cristo nascosto nei secoli passano attraverso le realtà corporali che ne sono segno". La Chiesa, che è tutta divina e tutta umana, è deputata pertanto a rendere visibile il mistero di Cristo con la propria umanità, che ne costituisce il segno, esercitando il proprio triplice carisma di popolo di Dio profetico, sacerdotale e regale. Ancora la "Lumen Gentium" (al n. 12) afferma: ''Le collettività dei fedeli hanno l'unzione dello Spirito Santo". E il decreto sull'apostolato dei laici (del 18 nov.1965 al 2° cap.) afferma ancora: " .. .i laici sono partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo ... " Sono cioè consacrati col santo battesimo a immagine di Cristo sommo ed eterno sacerdote cosi come i presbiteri lo sono gerarchicamente in forza al sacramento dell'ordine. I fedeli laici e presbiteri partecipano pertanto dell'unico sacerdozio di Cristo ("Lumen Gentium" n. 10). In sintesi: tutta la chiesa è rivestita del potere sacerdotale di Cristo in quanto costituisce l'unico corpo di Cristo di cui ciascuno, secondo il proprio ruolo, è responsabile. Nessun fedele può quindi estraniarsi dall'esercizio pratico del suo triplice ufficio: sacerdotale, profetico e regale. Tutta la comunità è chiamata pertanto a fare catechesi, a celebrare insieme i sacramenti e a testimoniare con tutta la vita la propria fede. Si richiede che la comunità di fede abbia ad esprimersi insieme per rendere integralmente visibile il Cristo che si estende tutto a tutte le membra vive che costituiscono il suo Corpo, cioè la Chiesa. La parola di Dio si potrebbe al limite proclamare anche con un mezzo meccanico come un disco o un nastro inciso in maniera perfetta senza rischi di slabbrature o di imperfezioni, ma non sarebbe più segno di vita umana, cioè non passerebbe più attraverso la pelle dell'uomo che la deve vivere mentre la proclama per non cadere nella stridente contraddizione propria della leggendaria gallina di Seneca che cantava bene mentre razzolava male. Anche la celebrazione della parola di Dio nei sacramenti chiama in causa tutta la comunità perchè non c'è sacramento che non sia atto della comunità medesima e pertanto richiede che venga esclusivamente celebrato in essa. Diversamente non potrebbe più esprimere la volontà salvifica di Cristo che si rende visibile o "passa attraverso le realtà corporali", cioè l'umanità, della sua Chiesa. Solo i funerali passano attraverso la comunità che vi partecipa mentre si tende a privatizzare la celebrazione degli altri riti. Questo è un discorso che dovremo riprendere con l'impegno di un maggior aggiornamento al Concilio per conseguire lo scopo del Convegno Ecclesiale.
d. Giulio |
L'AUGURIO NATALIZIO
Carissimi, desidero comunicarvi - per le feste natalizie - i miei sentimenti più sinceri di stima, di riconoscenza e di affetto; desidero che nei vostri cuori sovrabbondi la gioia, la vera gioia che scaturisce dalla dedizione piena alla causa che si serve. È così che si diventa capaci di costruire insieme la famiglia e la comunità col dono della pace che Dio ha promesso a tutti gli uomini di buona volontà o meglio agli uomini che egli ama. La pace infatti è la più grande ricompensa che possiamo ricevere per tutto il bene che facciamo, è la tranquillità di chi sa di aver fatto il proprio dovere senza aspettarsi altro per non rimanere deluso. I problemi che affliggono questa nostra povera umanità non si possono certamente risolvere con le cose che abbiamo, siano pure esse grandi ricchezze, ma con la disponibilità delle persone che sanno amare, vedi i genitori coi figli, senza attendersi altra ricompensa se non quella di poter continuare ad amare, cioè di dedicare tutta la propria vita al bene degli altri evitando il narcisismo di potersi rispecchiare nelle buone opere che si compiono. Non crediamo che Dio venga a risolvere i problemi che possiamo risolvere per conto nostro cambiando modo di vivere. Ma chi ispira tutto il da farsi e che ci da la forza di portarlo a compimento, è Gesù Cristo. Il Cristo costituisce infatti la grande realtà di Dio che ha fatto irruzione nella storia della nostra vita stabilendovi una presenza che nessuno potrà mai cancellare. Tutti dobbiamo fare i conti con questa presenza divina anche se purtroppo frequentemente la strumentalizziamo e la condanniamo all'insuccesso. Nel nome di Dio e di Cristo infatti abbiamo già disseminato troppe discordie, abbiamo consumato troppa violenza e causato troppe incredibili discriminazioni, fatti che tristemente stiamo già pagando e che dovremo pagare. Il grande male del mondo, cioè il nostro, è che non ci siamo ancora sinceramente convertiti a Cristo e pertanto non siamo ancora in grado di convertirci all'uomo in cui Cristo ha posto la sua amorosa presenza. Il Cristo noi lo vogliamo ridurre al bambinello di duemila anni or sono, magari a un pupazzetto di plastica da confinare nel presepio costruito in un angolo della casa per la circostanza delle feste natalizie e per dimenticarlo poi ancora per un anno. Ma il Cristo del nostro tempo dobbiamo scoprirlo in noi per sentirlo come esigenza urgente di conversione a Dio e ai fratelli. La Natività, dall'opera di P Carlo Gregorio Rosignoli "La Pietà ossequiosa" entra nel tardo cinquecento in Bologna. Per potersi convertire a Cristo bisogna contemporaneamente convertirsi all'uomo! Cristo e l'uomo costituiscono infatti un'unica realtà se crediamo di essere membra vive dell'unico corpo di Cristo che è la Chiesa. La grande cultura del Natale deve sfociare nell'apertura incondizionata all'uomo del nostro tempo. Non può essere il nostro, ancora una volta, il Natale dell'uomo-lupo del proprio simile.
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Lo stupendo richiamo natalizio ci sollecita a metterei in cammino sulla strada di Dio, la via del Natale di Cristo del duemila che tutti dobbiamo percorrere insieme e che conduce all'uomo. Se Dio torna, non ha altra via per giungere a noi tranne la via del cuore per chi vuole la salvezza e la pace.
Auguri vivissimi a tutti indistintamente con grande affetto. vostro don Giulio |