2013
CATECHESI E CARITÀ
Nel tempo di avvento e in preparazione al Natale, con le varie classi di catechismo abbiamo voluto dare risalto (e portare a conoscenza dei tanti che ancora non le conoscevano) le diverse realtà caritative concrete e operanti nella nostra parrocchia e “AL SERVIZIO DI...” Per esempio, nei giorni di ritiro spirituale con le classi medie, lavorando sull’argomento carità e volontariato, siamo andati personalmente sui luoghi e nelle sedi che attuano alcuni servizi: il capannone sotto le tribune del nostro campo di calcio dell’oratorio, dove il GRUPPO MISSIONARIO raccoglie e smista tutti i capi di vestiario destinati ai nostri centri missionari nel mondo, grazie all’opera instancabile dei volontari; il CENTRO DI PRIMO ASCOLTO E ACCOGLIENZA presso la casa di riposo Don Speranza, dove due altri volontari ci hanno mostrato come vengono raccolte e indirizzate al meglio le richieste di aiuto delle molte famiglie bisognose del nostro territorio (rinnovo documenti, pratiche varie, contratti, affitti, iscrizioni, ecc. ecc.) fornendo loro anche pacchi di viveri e generi di prima necessità; il CENTRO RACCOLTA VIVERI di Stabello, che tramite un lavoro capillare di stoccaggio e conservazione di alimenti donati da reti di mercato e grande distribuzione, (oltre che dalla periodica raccolta porta a porta) direttamente collegato ai referenti, provvede a raggiungere settimanalmente, con volontari preparati, i nuclei famigliari più colpiti dalla povertà. Anche nelle classi degli adolescenti si è voluta portare qualche interessante testimonianza diretta che raccontasse le gioie e le fatiche che si incontrano nei percorsi più o meno lunghi di affido temporaneo, proposti e sostenuti dal GRUPPO GENITORI AFFIDO e dall’ ASSOCIAZIONE MANO PER MANO. Qui le domande iniziali hanno riguardato subito il “problema della lingua”... come se, inevitabilmente, i bambini o ragazzi presi in affido, fossero per forza di cose stranieri o del Terzo Mondo. Riflettere con loro sul fatto che gli affidi e le adozioni riguardino invece i nostri conterranei, addirittura della nostra provincia, hanno lasciato un po’ tutti sorpresi. Come se potesse essere alquanto improbabile che alcune famiglie nostre, “benestanti e acculturate”, vivano momenti di fragilità e miseria dovuti magari a eccessi di violenza, a delinquenza, a problemi con la giustizia, a dipendenze da alcool, droga e gioco d’azzardo, a forme patologiche di esaurimenti nervosi, a rapporti, convivenze e separazioni difficili, a perdita del lavoro e della sicurezza economica, ecc ecc. Oppure ancora, la testimonianza diretta di una mamma con il suo figliolo disabile che, insieme, hanno testimoniato della fatica e della speranza che comunque attraversano le loro giornate, accompagnati e sostenuti dall’ASSOCIAZIONE POLLICINO; altra realtà del territorio, che agisce al servizio delle situazioni famigliari più provate perché causate da alcune forme di malformazioni presenti dalla nascita e non curabili. Anche qui l’importanza del sentire che c’è chi si prodiga e si presta in tanti modi per sollevare quotidianamente le famiglie da un peso non indifferente sotto tanti punti di vista. Ecco che allora si sono evidenziate le tante e tante persone (anche tra le figure che fondano, gestiscono e fanno parte di associazioni e gruppi di volontariato) che donano gratuitamente il loro tempo, le loro energie, le loro competenze e abilità nel tentativo di realizzare al meglio quei sogni di speranza e di fiducia che si possono coronare, anche se come piccole gocce d’acqua in un oceano, ma che fanno tanto bene al cuore di chi le riceve e, soprattutto, di chi le offre. Abbiamo cercato di provocare, anche con l’aiuto di giochi di gruppo, la reazione di pensiero, verbale, di azione e, speriamo tanto, di cuore, di tutti i nostri ragazzi. Abbiamo invitato qualcuno a mettere per iscritto le sue sensazioni più profonde. Leggiamole insieme: Con questa piccola riflessione proviamo a raccontare, avendole vissute in prima persona quest’estate, le nostre emozioni rispetto alle esperienze di affido, da noi due sostanzialmente condivise quasi al 100 per cento: con Dora dalla Romania, e con Kenneth da una comunità della nostra bassa provincia. Non conosciamo completamente i desideri, le aspettative, i dubbi che hanno mosso i nostri rispettivi genitori a scegliere un esperienza di affido, anche se abbiamo potuto riconoscere nelle loro spiegazioni e nei loro atteggiamenti, il desiderio di estendere ad altri bambini e ragazzini (che non sono quelli fisicamente generati) una protezione e un riparo anche solo temporanei; il desiderio di farli sentire pensati e amati anche a distanza, anche dopo, con quella sorta di prolungamento che poi nasce da tutte e due le parti; il desiderio di condivisione concreta del quotidiano (con i pasti, i giochi, l’addormentarsi e il risvegliarsi insieme, l’impegnarsi in qualche attività più o meno leggera o piacevole) come quello che noi, da sempre, viviamo nelle nostre case. Personalmente comunque, abbiamo condiviso questa decisione, essendo state prima interpellate e poi coinvolte; anche se, per la verità, speravamo di essere un po’ più capite e “scusate” a nostra volta, quando abbiamo fatto fatica ad accettarli e integrarli completamente nelle nostre giornate! Sentire sempre le frasi “mettetevi nei suoi panni... siate comprensive... dimostratevi generose... pensate a quanto ha sofferto e soffre... cercate di rendere il suo soggiorno da noi il più bello possibile... considerate quanto siete e siamo più fortunati...” ha messo a dura prova la nostra resistenza! Forse è stata anche la gelosia nei loro confronti, quella che ci ha fatto mantenere un po’ le distanze, e inconsciamente non ci pareva poi così giusto dividere con estranei le attenzioni e l’affetto della mamma e del papà... Possiamo concludere, in sostanza, che ciò che ci dà una famiglia, in termini di amore, di cura e protezione, di stimoli alla ricerca della nostra identità, di fiducia, di accompagnamento fisico e morale, di rispetto, ecc. ecc., è tutto quello che di più prezioso, anche se imperfetto, ci viene dato ogni giorno! Spesso non lo sappiamo riconoscere e valorizzare, lo diamo talmente per scontato, che lo sapremmo “vedere” solo nel momento in cui ci dovesse venire a mancare!
Ale ed Ele
Eccoci qua, siamo i ragazzi di 1ª e 2ª ado, e come di consuetudine ogni lunedì ci troviamo insieme per pregare e discutere su alcuni aspetti reali della nostra vita quotidiana. In questo lunedì di novembre abbiamo trattato un argomento molto delicato e importante: quello della disabilità. Ci hanno accompagnato in questo viaggio Michela insieme a suo figlio Luca, un ragazzo disabile costretto a vivere su una sedia a rotelle con gravi problemi. Ma nonostante questo il nostro clima sereno lo ha reso felice e molto divertito accanto a sua mamma, che ci ha spiegato cosa significa avere in famiglia un bambino “ diverso”. Che non parla, che non cammina, ma che si fa capire a modo suo. Tutti i sacrifici, i problemi, ma anche le soddisfazioni che può dare. Basti pensare a questa donna e a tutte le difficoltà che può trovare nella vita ma che lei ha deciso di accettare e di affrontare nonostante avesse già un altro figlio e alla forza di volontà con la quale lei ci ha parlato di quando è nato Luca e con la quale lei rifarebbe le stesse scelte, anche se tornasse indietro nel tempo, perche lui è una persona e, come citato da Michela, «mio figlio è una “cosa bella” un dono che la vita mi ha riservato». È in questo modo che anche noi abbiamo appreso quanto si può imparare da loro. Imparare ad apprezzarli anche per le piccole cose che fanno. Il tema della comunicazione tra mondo della “normalità” e quello della “disabilità e del disagio” è sempre più rilevante nella nostra società; dovrebbe esserci una efficace e corretta relazione e integrazione tra i due ambiti! Pensiamo solo ai molti disagi in cui si trovano i disabili, che a causa di tutti le barriere architettoniche non possono arrivare in molti luoghi (basti vedere il nostro oratorio, nella parte delle aule e della segreteria)... l’universo della “normalità” si dovrebbe definire “universo della varietà”. Se ci troviamo di fronte a loro non dobbiamo scappare, avere paura o essere restii, ma basta una parola o una semplice carezza per renderli felici, perché a loro basta davvero poco. Dobbiamo fare il grande sforzo di “pensare di più”, aprire la mente a orizzonti di significato diverso. Riuscire a vedere oltre l’handicap porta a scoprire nell’handicap grandi ricchezze per l’umanità e, di conseguenza, stimola a “pensare altrimenti”, in primis nei confronti di se stessi, rispetto al proprio limite, ai propri diversi limiti. A questo proposito, se proviamo a riflettere sul valore del limite nella disabilità, vengono in mente alcune considerazioni, che voglio elencare:
1. Il “vedere” è il primo passo per iniziare a “pensare di più”!
2. Il valore di una domanda che richiede risposte intelligenti.
Chissà quanti, dopo aver visto, si sono anche chiesti: “Ma cosa ci fanno in mezzo a noi un sordo, un cieco o una persona su una sedia a rotelle?” Loro fanno parte di noi... Sono come noi... E la società li deve accettare.
3. Il valore di un incontro “diverso” dal solito. Superati i livelli precedenti, la ricchezza di avere tra noi persone con disabilità è data dalle possibilità, che ci vengono offerte, di incontrarle, ... Nel mondo c’è un posto per tutti, sarebbe davvero una bella esperienza entrare in contatto col loro, poter capire le loro esigenze e per un giorno potersi ambientare nella loro vita...
4. Il valore di sperimentare un modo “diverso” di vivere... Ci sono persone che sono riuscite a superare l’imbarazzo di guardare, di rispondere al saluto, di aprirsi al dialogo con un disabile e, attualmente, si stanno impegnando per aiutare gli amici disabili. Così, hanno avuto la possibilità di sperimentare un modo “diverso” di vivere, che consiste nel dare una mano a chi ha qualche problema nel fare anche le cose più semplici. L’incontro con la persona con handicap è un incontro che cambia la vita, specialmente di noi giovani, in quanto inseriti in un contesto nel quale essa molte volte perde il suo significato. Siamo noi, che andiamo alla ricerca di un’esperienza forte, di incontri privilegiati con la vita “vera”, e spesso la troviamo in coloro che hanno scritto sul loro corpo, in modo più evidente degli altri, il proprio limite. Ma è proprio a partire dal limite che nascono ulteriori significati per la vita... questa è la cosa che secondo me ci insegnano maggiormente... Noi ragazzi abbiamo tutto al giorno d’oggi, ma dobbiamo imparare ad accontentarci di quello che abbiamo e non lamentarci sempre e fare tesoro di ciò che la vita ci riserva... ad ognuno di noi... Alla fine vi lasciamo questa che è una poesia bellissima di Riccardo Brumana:
Madre mia, i tuoi occhi traboccano
e specchiandomi in essi mi sento morire...
Padre mio, le tue labbra sussultano
soffri per me e questo mi fa impazzire...
Mi sforzo di parlare
ma a fatica capite il mio dire,
mi sforzo di camminare
ma per terra vado sempre a finire...
Per il mondo sono solo un “diversamente abile”
persona debole, un fardello inutile...
Per voi invece sono un fiore delicato
nato segnato da un destino sciagurato.
Vi sentite come in colpa per la mia diversità
e non cogliete l’insegnamento che la mia vita dà.
Quando mi abbracciate forte sento il vostro amore infinito
e io sorrido, poiché chi sono non l’avete ancora intuito.
Roberta T.
Ale ed Ele
Eccoci qua, siamo i ragazzi di 1ª e 2ª ado, e come di consuetudine ogni lunedì ci troviamo insieme per pregare e discutere su alcuni aspetti reali della nostra vita quotidiana. In questo lunedì di novembre abbiamo trattato un argomento molto delicato e importante: quello della disabilità. Ci hanno accompagnato in questo viaggio Michela insieme a suo figlio Luca, un ragazzo disabile costretto a vivere su una sedia a rotelle con gravi problemi. Ma nonostante questo il nostro clima sereno lo ha reso felice e molto divertito accanto a sua mamma, che ci ha spiegato cosa significa avere in famiglia un bambino “ diverso”. Che non parla, che non cammina, ma che si fa capire a modo suo. Tutti i sacrifici, i problemi, ma anche le soddisfazioni che può dare. Basti pensare a questa donna e a tutte le difficoltà che può trovare nella vita ma che lei ha deciso di accettare e di affrontare nonostante avesse già un altro figlio e alla forza di volontà con la quale lei ci ha parlato di quando è nato Luca e con la quale lei rifarebbe le stesse scelte, anche se tornasse indietro nel tempo, perche lui è una persona e, come citato da Michela, «mio figlio è una “cosa bella” un dono che la vita mi ha riservato». È in questo modo che anche noi abbiamo appreso quanto si può imparare da loro. Imparare ad apprezzarli anche per le piccole cose che fanno. Il tema della comunicazione tra mondo della “normalità” e quello della “disabilità e del disagio” è sempre più rilevante nella nostra società; dovrebbe esserci una efficace e corretta relazione e integrazione tra i due ambiti! Pensiamo solo ai molti disagi in cui si trovano i disabili, che a causa di tutti le barriere architettoniche non possono arrivare in molti luoghi (basti vedere il nostro oratorio, nella parte delle aule e della segreteria)... l’universo della “normalità” si dovrebbe definire “universo della varietà”. Se ci troviamo di fronte a loro non dobbiamo scappare, avere paura o essere restii, ma basta una parola o una semplice carezza per renderli felici, perché a loro basta davvero poco. Dobbiamo fare il grande sforzo di “pensare di più”, aprire la mente a orizzonti di significato diverso. Riuscire a vedere oltre l’handicap porta a scoprire nell’handicap grandi ricchezze per l’umanità e, di conseguenza, stimola a “pensare altrimenti”, in primis nei confronti di se stessi, rispetto al proprio limite, ai propri diversi limiti. A questo proposito, se proviamo a riflettere sul valore del limite nella disabilità, vengono in mente alcune considerazioni, che voglio elencare:
1. Il “vedere” è il primo passo per iniziare a “pensare di più”!
2. Il valore di una domanda che richiede risposte intelligenti.
Chissà quanti, dopo aver visto, si sono anche chiesti: “Ma cosa ci fanno in mezzo a noi un sordo, un cieco o una persona su una sedia a rotelle?” Loro fanno parte di noi... Sono come noi... E la società li deve accettare.
3. Il valore di un incontro “diverso” dal solito. Superati i livelli precedenti, la ricchezza di avere tra noi persone con disabilità è data dalle possibilità, che ci vengono offerte, di incontrarle, ... Nel mondo c’è un posto per tutti, sarebbe davvero una bella esperienza entrare in contatto col loro, poter capire le loro esigenze e per un giorno potersi ambientare nella loro vita...
4. Il valore di sperimentare un modo “diverso” di vivere... Ci sono persone che sono riuscite a superare l’imbarazzo di guardare, di rispondere al saluto, di aprirsi al dialogo con un disabile e, attualmente, si stanno impegnando per aiutare gli amici disabili. Così, hanno avuto la possibilità di sperimentare un modo “diverso” di vivere, che consiste nel dare una mano a chi ha qualche problema nel fare anche le cose più semplici. L’incontro con la persona con handicap è un incontro che cambia la vita, specialmente di noi giovani, in quanto inseriti in un contesto nel quale essa molte volte perde il suo significato. Siamo noi, che andiamo alla ricerca di un’esperienza forte, di incontri privilegiati con la vita “vera”, e spesso la troviamo in coloro che hanno scritto sul loro corpo, in modo più evidente degli altri, il proprio limite. Ma è proprio a partire dal limite che nascono ulteriori significati per la vita... questa è la cosa che secondo me ci insegnano maggiormente... Noi ragazzi abbiamo tutto al giorno d’oggi, ma dobbiamo imparare ad accontentarci di quello che abbiamo e non lamentarci sempre e fare tesoro di ciò che la vita ci riserva... ad ognuno di noi... Alla fine vi lasciamo questa che è una poesia bellissima di Riccardo Brumana:
Madre mia, i tuoi occhi traboccano
e specchiandomi in essi mi sento morire...
Padre mio, le tue labbra sussultano
soffri per me e questo mi fa impazzire...
Mi sforzo di parlare
ma a fatica capite il mio dire,
mi sforzo di camminare
ma per terra vado sempre a finire...
Per il mondo sono solo un “diversamente abile”
persona debole, un fardello inutile...
Per voi invece sono un fiore delicato
nato segnato da un destino sciagurato.
Vi sentite come in colpa per la mia diversità
e non cogliete l’insegnamento che la mia vita dà.
Quando mi abbracciate forte sento il vostro amore infinito
e io sorrido, poiché chi sono non l’avete ancora intuito.
Roberta T.
Appuntamento con Don Antonio Mazzi
Comunità Exodus
Durante la settimana di San Giovanni Bosco
IN ORATORIO A ZOGNO LUNEDÌ 28 GENNAIO
• alle ore 18.00 incontro con tutti gli adolescenti
• alle ore 21.00 incontro per genitori, educatori e catechisti
Comunità Exodus
Durante la settimana di San Giovanni Bosco
IN ORATORIO A ZOGNO LUNEDÌ 28 GENNAIO
• alle ore 18.00 incontro con tutti gli adolescenti
• alle ore 21.00 incontro per genitori, educatori e catechisti
NELLA NOSTRA COMUNITÀ
FESTA DI SAN GIOVANNI BOSCO DAL 26 GENNAIO AL 3 FEBBRAIO
I giovani maestri di don Bosco e dei Salesiani
Quella straordinaria “comunità narrativa” che è la famiglia salesiana nasce da un sogno che ha il sapore evangelico di Marco 9, 36-37: «Gesù prese un bambino, e lo portò in mezzo a loro, lo tenne in braccio e disse: “Chi accoglie uno di questi bambini per amor mio accoglie me. E chi accoglie me accoglie anche il Padre che mi ha mandato”». I giovani non sono solo “destinatari”, ma elemento dinamico essenziale per la Famiglia Salesiana. La storia salesiana dimostra che il lavoro tra i giovani poveri e abbandonati, destinatari privilegiati, attira le benedizioni di Dio, è sorgente di fecondità carismatica e religiosa, di fecondità vocazionale, di rigenerazione della fraternità nelle comunità, e il segreto delta freschezza e del successo delle opere. Don Bosco è interpellato da Dio attraverso i giovani: quelli rinchiusi nei carceri torinesi, quelli incontrati sulle vie, le piazze e i prati delle periferie torinesi, quelli che bussano alla sua porta per avere pane e rifugio, quelli incontrati nelle scuole popolari della città dove è chiamato per il ministero. «Gesù chiamò un bambino, lo mise in mezzo a loro e disse: “Vi assicuro che se non cambiate e non diventate come bambini non entrerete nel regno di Dio”» (Matteo 18,2-3). Frase difficile da prendere alla lettera, soprattutto da chi è quotidianamente esasperato dalla convivenza con tiranni in formato ridotto. I bambini hanno davvero qualcosa da insegnarci? Don Bosco impara dai giovani: certe note connotative del sistema preventivo sono frutto della frequentazione del loro mondo e della comunanza di vita, sentimenti, aneliti; certi aspetti qualificanti delta spiritualità giovanile di don Bosco sono tratti dalla conoscenza dell’animo giovanile e dalla scoperta delle altezze a cui essi possono arrivare; certe caratteristiche carismatiche dello spirito salesiano vengono proprio dalla sintonia con il mondo giovanile.
QUELLO CHE CI INSEGNANO I PICCOLI
Il mestiere di educatore può essere una condanna alla schiavitù e alla nevrosi o un viaggio entusiasmante che arricchisce e trasforma. Uno degli elementi che fa la differenza è la disponibilità ad imparare. Di solito gli educatore pensano a ciò che possono insegnare ai loro destinatari. Forse, una volta tanto, devono chiedersi che cosa possono imparare da loro. Il mestiere di educatore non è un estenuante fioccare di attività e interventi pratici, è un cammino spirituale: un susseguirsi di esperienze che svelano, poco a poco, il senso profondo delta vita e della persona. E in questo cammino si è spesso condotti da manine paffute sporche di Nutella che hanno appena rovinato in modo irrimediabile la nuova costosissima decorazione dell’oratorio. Perche sono loro i più vicini alle sorgenti delta vita. Fare gli educatore è scuola in cui si apprende più di quanto si riesca ad insegnare. A patto, naturalmente, di volerlo fare. Sarà facile scoprire che guardare i ragazzi è meglio che guardare la televisione o navigare su Google. È più istruttivo. Ecco alcune delle cose che ci possono insegnare i ragazzi. La crescita permanente. I ragazzi “costringono” gli educatori a conoscersi a fondo: hanno uno straordinario talento nel disintegrare i ruoli e arrivare alla “carne viva”. Si può mentire agli adulti con qualche speranza di successo: mentire ad un bambino è impossibile. I bambini avvertono le emozioni con intensità e sensibilità maggiori delle nostre e le manifestano con assoluta spontaneità. Questo provoca negli educatori una forte crescita del senso di responsabilità e la necessità di una sempre maggiore capacità di autocontrollo. Anche la mente è stimolata. Ogni giorno, la vita con i ragazzi li pone di fronte a scelte, a sfide, a problemi e difficoltà. In ogni momento della giornata la mente di un educatore è costretta a sviluppare prontezza di spirito, intelligenza del cuore, inventiva. L’attenzione. “Guarda!” I bambini desiderano la presenza dell’educatore. Non un semplice “essere lì”: vogliono un’attenzione totale, indivisa, senza giudizi o aspettative. Una presenza che riscalda, che fa diventare importante, fa sentire di valere. Essere presente significa essere disponibile: sono qui, per te. Un’attenzione pura, che non invade e non dirige, ma è intensamente presente e basta. Noi sfioriamo tutti, non siamo più attenti alle persone, neanche a quelle che amiamo. Il rispetto e la pazienza. I figli reali non sono mai simili a quelli sognati e aspettati. Si ribellano alle aspettative che impediscono loro di crescere secondo le leggi interne del loro essere. Hanno un loro ritmo, un loro progetto interno, inclinazioni originali. Diceva don Bosco: «Lasciare ai giovani piena libertà di fare le cose che loro maggiormente aggradano... E, poiché ognuno fa con piacere quello che sa di poter fare, io mi regolo con questo principio, e i miei allievi lavorano tutti, non solo con attività ma con amore» (MB, XVII, 75). Diceva ai suoi collaboratori: «Si dia agio agli allievi di esprimere liberamente i loro pensieri». Insisteva: «Li ascoltino, li lascino parlare molto». La felicita è gratitudine per la vita. I giovani sono l’investimento più importante nel campo delta realizzazione e della felicità personale. Sono un compito, talora arduo, ma anche una benedizione. La vita con i giovani può essere una faticaccia, ma quale profonda felicità può generare una giovane persona che matura affidandosi a noi con tutta la fiducia del mondo?
QUELLO CHE CI INSEGNANO I PICCOLI
Il mestiere di educatore può essere una condanna alla schiavitù e alla nevrosi o un viaggio entusiasmante che arricchisce e trasforma. Uno degli elementi che fa la differenza è la disponibilità ad imparare. Di solito gli educatore pensano a ciò che possono insegnare ai loro destinatari. Forse, una volta tanto, devono chiedersi che cosa possono imparare da loro. Il mestiere di educatore non è un estenuante fioccare di attività e interventi pratici, è un cammino spirituale: un susseguirsi di esperienze che svelano, poco a poco, il senso profondo delta vita e della persona. E in questo cammino si è spesso condotti da manine paffute sporche di Nutella che hanno appena rovinato in modo irrimediabile la nuova costosissima decorazione dell’oratorio. Perche sono loro i più vicini alle sorgenti delta vita. Fare gli educatore è scuola in cui si apprende più di quanto si riesca ad insegnare. A patto, naturalmente, di volerlo fare. Sarà facile scoprire che guardare i ragazzi è meglio che guardare la televisione o navigare su Google. È più istruttivo. Ecco alcune delle cose che ci possono insegnare i ragazzi. La crescita permanente. I ragazzi “costringono” gli educatori a conoscersi a fondo: hanno uno straordinario talento nel disintegrare i ruoli e arrivare alla “carne viva”. Si può mentire agli adulti con qualche speranza di successo: mentire ad un bambino è impossibile. I bambini avvertono le emozioni con intensità e sensibilità maggiori delle nostre e le manifestano con assoluta spontaneità. Questo provoca negli educatori una forte crescita del senso di responsabilità e la necessità di una sempre maggiore capacità di autocontrollo. Anche la mente è stimolata. Ogni giorno, la vita con i ragazzi li pone di fronte a scelte, a sfide, a problemi e difficoltà. In ogni momento della giornata la mente di un educatore è costretta a sviluppare prontezza di spirito, intelligenza del cuore, inventiva. L’attenzione. “Guarda!” I bambini desiderano la presenza dell’educatore. Non un semplice “essere lì”: vogliono un’attenzione totale, indivisa, senza giudizi o aspettative. Una presenza che riscalda, che fa diventare importante, fa sentire di valere. Essere presente significa essere disponibile: sono qui, per te. Un’attenzione pura, che non invade e non dirige, ma è intensamente presente e basta. Noi sfioriamo tutti, non siamo più attenti alle persone, neanche a quelle che amiamo. Il rispetto e la pazienza. I figli reali non sono mai simili a quelli sognati e aspettati. Si ribellano alle aspettative che impediscono loro di crescere secondo le leggi interne del loro essere. Hanno un loro ritmo, un loro progetto interno, inclinazioni originali. Diceva don Bosco: «Lasciare ai giovani piena libertà di fare le cose che loro maggiormente aggradano... E, poiché ognuno fa con piacere quello che sa di poter fare, io mi regolo con questo principio, e i miei allievi lavorano tutti, non solo con attività ma con amore» (MB, XVII, 75). Diceva ai suoi collaboratori: «Si dia agio agli allievi di esprimere liberamente i loro pensieri». Insisteva: «Li ascoltino, li lascino parlare molto». La felicita è gratitudine per la vita. I giovani sono l’investimento più importante nel campo delta realizzazione e della felicità personale. Sono un compito, talora arduo, ma anche una benedizione. La vita con i giovani può essere una faticaccia, ma quale profonda felicità può generare una giovane persona che matura affidandosi a noi con tutta la fiducia del mondo?
DAL MONTE PORA A SOTTO IL MONTE... RICORDANDO IL PAPA BUONO
Vita Comune Ado
ASSISI 2mila13
Insieme semplicemente nella pace
All’inizio del nuovo anno, da ormai 5 anni, sosto qualche giorno nella terra di Francesco con i ragazzi di 3ª media... Francesco il Santo, oggi patrono d’Italia! È una terra dove l’atmosfera è davvero speciale... respiri pace, incontri una cordiale fraternità fra la gente, gli stessi frati abbracciano e salutano tutti... e credetemi, non puoi restare indifferente a tutta questa bontà! I ragazzi vivono ad Assisi giorni di “cammino” lungo le strade della cittadella... fino all’Eremo delle carceri, luogo di silenzio e preghiera: passo dopo passo, visitando i luoghi di Francesco, nei momenti di riflessione, conoscono la figura del Santo... non intendo fare una cronistoria di questi piacevoli giorni ma esprimere la gioia che ho condiviso con il gruppo. Certamente devo dire che i ragazzi hanno dimostrato di essere interessati, partecipando bene e con stile alle varie proposte, consapevoli che l’uscita chiedeva loro impegno e maturità e dall’altra, sicuramente, si aspettavano la buona motivazione e passione da chi li ha accompagnati. Ho riconosciuto che in ognuno di loro vi è custodita una grande ricchezza ma difficilmente espressa(mi sono chiesto: saremo noi adulti incapaci di aiutarli ad esprimerla?). Ho osservato attentamente gli sguardi, il cammino dei ragazzi... ho ascoltato le loro fatiche, i loro bisogni e le intenzioni di preghiere che custodivano nel cuore... ho abbracciato le sofferenze e le preoccupazioni di alcuni di loro... asciugando anche alcune lacrime... non ho fatto nulla di straordinario, ho solo potuto esprimere al meglio, lo spero, e con semplicità la gioia che la grazia del mio ministero di sacerdote mi chiama a vivere ogni giorno. I silenzi e le parole dei ragazzi mi hanno profondamente toccato il cuore e li ho meditati in questi giorni in cui i vangeli narravano la nascita e la vita di Gesù Bambino. Da adulti spesso, pensiamo di avere solo noi problemi o pensieri che ci disturbano e ci tolgono la pace ma non è così!! I ragazzi li vediamo spumeggianti e vivaci, ma dentro, a volte, nascondono paure e dolori, altre volte attendono che qualcuno sappia leggere i bisogni più profondi ma senza irrompere nella loro vita. È così, con i ragazzi dobbiamo essere comprensivi e discreti nelle loro questioni personali, evitando di giudicarli! Per il ragazzo/a non è facile raccontare quello che stai vivendo ad un adulto anche se non è evidentemente estraneo alla sua vita ma... siamo noi grandi che dobbiamo creare la situazione giusta e il giusto clima di fiducia per permettergli/le di esprimersi liberamente. In questi giorni, sperimenti, come adulto, che il modo migliore per creare relazione e confronto con i ragazzi è L’ESSERCI per e con loro; far capire che ci sei SEMPRE, che nutri un GRANDE AMORE per loro nonostante la fatica talvolta di educarli e farli crescere e LASCIARCI GUIDARE da qualcun’ALTRO che ti indica la via buona per aiutarli a crescere in età, grazia e sapienza. Nei momenti forti e in particolare durante la celebrazione eucaristica ognuno di noi veniva trasformato, dal di dentro, dallo Spirito Santo. Lo Spirito, è Lui, che sapeva smuoverci dalla nostra insicurezza, dalla nostra paura, e liberare dal cuore parole di condivisione... Nella terra di Francesco resta ancora oggi l’eco dei nostri pensieri profondi e il segno di alcune lacrime. In due occasioni ho sentito forte lo Spirito Santo soffiare nella celebrazione eucaristica: all’Eremo e sulla tomba di San Francesco. All’Eremo, nonostante il canto non fosse dei migliori; c’era tanta pace, negli sguardi traspariva umiltà di cuore e un forte desiderio di essere consolati nell’animo, proprio come Francesco quando saliva al monte Subasio per la preghiera contemplativa. Mosso dallo Spirito Santo, ho ritenuto importante far risuonare i nomi delle persone che continuano ad amarci dal cielo: papà FRANCESCO, ANDREA, VALENTINO, GIUSEPPE, VINCENZO, mamma MIRELLA, fratello STEFANO e la figlia MARIKA custodendo nel cuore un’immensa libertà e pace: questo lo vedevi dai volti dei ragazzi!! Queste ferite, recenti o più antiche, non possono essere dimenticate, altrimenti diventano infette e sotto covano serpi, rischiando di nascondere cattiverie e odio contro Dio e i fratelli: dalle ferite si guarisce con tanta, tanta preghiera e con l’aiuto della comunità, quando quest’ultima si dimostra capace di essere vicino con l’affetto, la comprensione e il sostegno. Ecco quanto ho raccolto da questa esperienza: un gruppo di ragazzi ben vivaci, scaltri, con un grande bisogno di essere accompagnati ed educati nel cammino di Fede, motivati dall’esempio di tutti, in particolare dai propri genitori... Ragazzi semplici d’animo che, seppur giovani, già portano nel cuore grandi dolori ma anche una spiazzante capacità di trasformare con la pace e in bene, le esperienze di sofferenza che alcuni di loro hanno già vissuto. Un gruppo di ragazzi che “ti chiede”, come adulto che vivi la comunità, di prenderti cura ogni giorno dei piccoli, dei più fragili chiedendo a Dio la sapienza e l’intelletto di saper riconoscere i bisogni di chi soffre e piange nel buio e nel silenzio... Grazie a Dio, ai ragazzi, agli accompagnatori e a chi, a distanza, ci ha accompagnati con la preghiera.
Pax vobis.
don Samuele Novali
Non me l’aspettavo proprio! Per caso ecco l’occasione di visitare Assisi: da tempo desideravo avvicinarmi a questo luogo, che mi affascinava senza neppure averlo mai visto... e l’impatto è stato davvero magico! L’atmosfera che si respira è molto particolare: silenzio, pace, gioia, profondità, sono le prime sensazioni che si provano e che ancora oggi sento dentro. Anche il gruppo ha fatto “la sua parte”: don Samuele, i ragazzi di terza media, le catechiste e i vari accompagnatori, hanno subito contribuito a rendere l’esperienza davvero grande. I ragazzi stessi, che di solito a quell’età sono esuberanti e incontenibili, mi hanno stupito per la loro maturità: composti e rispettosi durante le funzioni, interessati e attenti nelle varie visite ai luoghi di San Francesco e Santa Chiara. Rimarranno con me la pace e la spiritualità di quei luoghi, finché non si ripresenterà l’occasione di tornarci! Io invece, anche quest’anno sono stato “onorato” di partecipare al viaggio ad Assisi! Come l’anno scorso ne sono uscito profondamente arricchito, sia per un mio personale cammino di fede, sia per la condivisione spirituale con i miei compagni di viaggio. I ragazzi, che ogni volta sono il punto di forza dell’esperienza, si sono mostrati attenti e curiosi nei confronti dei luoghi visitati, partecipando con molta compostezza ai momenti di preghiera e di riflessione. Un grazie a don Samuele che come sempre, è riuscito a coinvolgere tutti con semplicità estrema, raccontandoci la vita straordinaria di due icone della fede quali sono stati Francesco e Chiara. Un ciao a tutti.
Germana e Massimo
È stato proprio parlando con don Samuele, a scuola, che è uscito il suo invito a partecipare al pellegrinaggio ad Assisi con i suoi ragazzi di terza media. Non sono mai stata prima ad Assisi, pensavo di non conoscere nessuno e di non riuscire a vivere alcuni giorni, secondo il programma, in un atmosfera spirituale tanto intensa. Inoltre, mio marito Mauro, al quale ho chiesto di accompagnarmi, inizialmente era scettico sulla proposta: la sua paura era invece quella di dover pregare in continuazione, partecipare a messe noiose e mettersi continuamente in fila per chiese, basiliche, luoghi sacri... E così ho dovuto insistere! Fin dal primo mattino sul pullman, ho capito di essere in una bella compagnia, di giovani e di adulti e di ragazzini. Ragazzini vivaci e frizzanti che però hanno saputo diventare, quando necessario, silenziosi, attenti e partecipi. Secondo me, ad Assisi, si sono comportati da veri responsabili, soprattutto a tavola e nei momenti di condivisione importanti e sono capaci, più di molti adulti, di accettare l’altro con i suoi pregi e difetti. Assisi è una città meravigliosa, piena di suggestive tracce di fede e di storia, che si respirano davvero in ogni angolo, sottolineate dal percorso e dal lavoro di gruppo proposto: penso che un’occasione così preziosa non ci sarà più nella nostra vita, anche se dovessimo ritornarci, e perciò sono contenta di averla colta. Ringrazio tutti quelli che hanno condiviso in semplicità e con gioia questa nostra esperienza spirituale, così inimmaginabile!
Lidia e Mauro
Ci è stato chiesto di scrivere le nostre impressioni sul pellegrinaggio ad Assisi dei giorni 2-3-4 gennaio. Potrebbe sembrare una cosa facile, ma non lo è, dal momento che non si può considerare l’esperienza dal solo punto di vista dei fatti, dei luoghi visitati e delle persone incontrate, ma ci si basa essenzialmente su emozioni e sensazioni provate e queste, si sa, sono più difficili da esprimere!Cosa spinge una cinquantina di persone, tra cui più di trenta ragazzi, a svegliarsi alle 6.00 del mattino per poter iniziare il prima possibile la salita a piedi verso l’Eremo? O quale è il motivo per cui le stesse persone partecipano ai vespri a San Damiano all’aperto, al freddo e in piedi, causa il grande affollamento di gente? Forse nemmeno chi ha vissuto questi momenti in prima persona ha la risposta pronta. Assisi è una città magica dove si respira un’atmosfera di pace e di spiritualità; si viene abbracciati da questa aura e ci si trova capaci di lasciarsi andare a pensieri e preghiere profondi. Ai ragazzi è stato chiesto di pensare e scrivere una “regola di vita”, in vista delle scelte importanti che dovranno affrontare prossimamente. Tutte queste promesse sono state pronunciate l’ultimo giorno durante la S. Messa sulla tomba di San Francesco, presso la Basilica Inferiore. È stato un momento emozionante. Non concordo con le persone che affermano che i ragazzi d’oggi siano ingrati, prepotenti, menefreghisti e dediti solamente al divertimento ... Per ogni giovane che corrisponde a queste caratteristiche ce ne sono 100 pronti a mettersi in gioco per migliorarsi! Ci è piaciuta molto la proposta di una gita insieme tra tutti i ragazzi di terza media di Zogno e frazioni; tutti sono (siamo) molto legati al loro piccolo luogo famigliare e tutto il resto sembra un mondo lontano ... invece è stato come ritrovarsi in un grande gruppo multietnico... che tenerezza! Ben presto tutti avevano legato con tutti, con conseguenti mal di gola degli accompagnatori, che cercavano di darsi un tono e richiamarli a nanna ad un orario consono, pur sorridendo tra loro per la vivacità dei ragazzi. Noi catechisti e accompagnatori, insieme con il don, ci siamo trovati subito in sintonia e il risultato è stato un soggiorno piacevole e amicizie nate dalla comune cura verso le nostre “piccole pesti”. Vorremmo ringraziare tutti i nostri compagni di viaggio e consigliare ai genitori di far fare ai propri figli quante più esperienze possibili simili a quella di Assisi, perché i momenti che vivranno saranno sicuramente tra i regali più belli che potranno far loro.
Elena e Luca
Pax vobis.
don Samuele Novali
Non me l’aspettavo proprio! Per caso ecco l’occasione di visitare Assisi: da tempo desideravo avvicinarmi a questo luogo, che mi affascinava senza neppure averlo mai visto... e l’impatto è stato davvero magico! L’atmosfera che si respira è molto particolare: silenzio, pace, gioia, profondità, sono le prime sensazioni che si provano e che ancora oggi sento dentro. Anche il gruppo ha fatto “la sua parte”: don Samuele, i ragazzi di terza media, le catechiste e i vari accompagnatori, hanno subito contribuito a rendere l’esperienza davvero grande. I ragazzi stessi, che di solito a quell’età sono esuberanti e incontenibili, mi hanno stupito per la loro maturità: composti e rispettosi durante le funzioni, interessati e attenti nelle varie visite ai luoghi di San Francesco e Santa Chiara. Rimarranno con me la pace e la spiritualità di quei luoghi, finché non si ripresenterà l’occasione di tornarci! Io invece, anche quest’anno sono stato “onorato” di partecipare al viaggio ad Assisi! Come l’anno scorso ne sono uscito profondamente arricchito, sia per un mio personale cammino di fede, sia per la condivisione spirituale con i miei compagni di viaggio. I ragazzi, che ogni volta sono il punto di forza dell’esperienza, si sono mostrati attenti e curiosi nei confronti dei luoghi visitati, partecipando con molta compostezza ai momenti di preghiera e di riflessione. Un grazie a don Samuele che come sempre, è riuscito a coinvolgere tutti con semplicità estrema, raccontandoci la vita straordinaria di due icone della fede quali sono stati Francesco e Chiara. Un ciao a tutti.
Germana e Massimo
È stato proprio parlando con don Samuele, a scuola, che è uscito il suo invito a partecipare al pellegrinaggio ad Assisi con i suoi ragazzi di terza media. Non sono mai stata prima ad Assisi, pensavo di non conoscere nessuno e di non riuscire a vivere alcuni giorni, secondo il programma, in un atmosfera spirituale tanto intensa. Inoltre, mio marito Mauro, al quale ho chiesto di accompagnarmi, inizialmente era scettico sulla proposta: la sua paura era invece quella di dover pregare in continuazione, partecipare a messe noiose e mettersi continuamente in fila per chiese, basiliche, luoghi sacri... E così ho dovuto insistere! Fin dal primo mattino sul pullman, ho capito di essere in una bella compagnia, di giovani e di adulti e di ragazzini. Ragazzini vivaci e frizzanti che però hanno saputo diventare, quando necessario, silenziosi, attenti e partecipi. Secondo me, ad Assisi, si sono comportati da veri responsabili, soprattutto a tavola e nei momenti di condivisione importanti e sono capaci, più di molti adulti, di accettare l’altro con i suoi pregi e difetti. Assisi è una città meravigliosa, piena di suggestive tracce di fede e di storia, che si respirano davvero in ogni angolo, sottolineate dal percorso e dal lavoro di gruppo proposto: penso che un’occasione così preziosa non ci sarà più nella nostra vita, anche se dovessimo ritornarci, e perciò sono contenta di averla colta. Ringrazio tutti quelli che hanno condiviso in semplicità e con gioia questa nostra esperienza spirituale, così inimmaginabile!
Lidia e Mauro
Ci è stato chiesto di scrivere le nostre impressioni sul pellegrinaggio ad Assisi dei giorni 2-3-4 gennaio. Potrebbe sembrare una cosa facile, ma non lo è, dal momento che non si può considerare l’esperienza dal solo punto di vista dei fatti, dei luoghi visitati e delle persone incontrate, ma ci si basa essenzialmente su emozioni e sensazioni provate e queste, si sa, sono più difficili da esprimere!Cosa spinge una cinquantina di persone, tra cui più di trenta ragazzi, a svegliarsi alle 6.00 del mattino per poter iniziare il prima possibile la salita a piedi verso l’Eremo? O quale è il motivo per cui le stesse persone partecipano ai vespri a San Damiano all’aperto, al freddo e in piedi, causa il grande affollamento di gente? Forse nemmeno chi ha vissuto questi momenti in prima persona ha la risposta pronta. Assisi è una città magica dove si respira un’atmosfera di pace e di spiritualità; si viene abbracciati da questa aura e ci si trova capaci di lasciarsi andare a pensieri e preghiere profondi. Ai ragazzi è stato chiesto di pensare e scrivere una “regola di vita”, in vista delle scelte importanti che dovranno affrontare prossimamente. Tutte queste promesse sono state pronunciate l’ultimo giorno durante la S. Messa sulla tomba di San Francesco, presso la Basilica Inferiore. È stato un momento emozionante. Non concordo con le persone che affermano che i ragazzi d’oggi siano ingrati, prepotenti, menefreghisti e dediti solamente al divertimento ... Per ogni giovane che corrisponde a queste caratteristiche ce ne sono 100 pronti a mettersi in gioco per migliorarsi! Ci è piaciuta molto la proposta di una gita insieme tra tutti i ragazzi di terza media di Zogno e frazioni; tutti sono (siamo) molto legati al loro piccolo luogo famigliare e tutto il resto sembra un mondo lontano ... invece è stato come ritrovarsi in un grande gruppo multietnico... che tenerezza! Ben presto tutti avevano legato con tutti, con conseguenti mal di gola degli accompagnatori, che cercavano di darsi un tono e richiamarli a nanna ad un orario consono, pur sorridendo tra loro per la vivacità dei ragazzi. Noi catechisti e accompagnatori, insieme con il don, ci siamo trovati subito in sintonia e il risultato è stato un soggiorno piacevole e amicizie nate dalla comune cura verso le nostre “piccole pesti”. Vorremmo ringraziare tutti i nostri compagni di viaggio e consigliare ai genitori di far fare ai propri figli quante più esperienze possibili simili a quella di Assisi, perché i momenti che vivranno saranno sicuramente tra i regali più belli che potranno far loro.
Elena e Luca
OSPITI IN ROMANIA
Arriviamo che è già buio! Una fitta e densa nebbia sale dai campi che ci circondano e dai fiumi ghiacciati che li attraversano; il freddo è talmente intenso che persino i finestrini del pulmino su cui stiamo viaggiando, si sono completamente ricoperti di ghiaccio. La stanchezza, la curiosità ed il desiderio di riabbracciare chi ci aspetta, aumentano di ora in ora.... Il calore della casa dove veniamo accolti ci dona però un immediato sollievo e riesce a cancellare, in un attimo, la stanchezza, i dubbi ed i timori accumulati strada facendo. Siamo ad Onesti, in Moldavia, a circa 300 km da Bucarest, nella Casa d’accoglienza dove vivono alcuni dei bimbi che l’estate scorsa sono stati accolti nella nostra Comunità, per vivere in famiglia le loro vacanze. ‘BUNA VESTIRÈ (che in italiano significa Buon Annuncio) è il nome che le Suore di Gesù Redentore hanno scelto per questa casa, dove vengono accolti bimbi soli ed abbandonati, giovani mamme in difficoltà e adolescenti in cerca di una strada per il loro futuro e dove ciascuno può trovare, in un ambiente accogliente e sano, le condizioni favorevoli per una buona crescita fisica, intellettuale, morale ed anche spirituale.. Ed è proprio un BUON ANNUNCIO (o come si dice in Italia: UN’ANNUNCIAZIONE) l’opera di queste suore e di tutti i volontari che, con disponibilità e docilità alla voce dello Spirito, hanno reso possibile la nascita di questa missione, ‘grembo accogliente’ dove tutti possono sperimentare e vivere quotidianamente l’amore di Cristo nell’amore fraterno. Ricordo che una delle preoccupazioni maggiori che avevo nel cuore, prima del viaggio in Romania, era proprio legata allo stile di vita di questi bambini, già enormemente provati dal dolore e dalla sofferenza. “Come vivranno in questi istituti? Avranno tutto il necessario per vivere? Come verranno trattati dalle suore?”... Quanti pregiudizi affollano la nostra mente ed il nostro cuore! ‘Se saremo costrette a stabilirci in una casa... - diceva Victorine Le Dieu, fondatrice dell’ordine delle Suore di Gesù Redentore - la trasformeremo in un accogliente nido per la vita’. E vivendo con loro ti rendi conto, fin dai primi giorni, che queste parole, scritte all’ingresso della casa, non sono solo una fredda teoria, ma sono incarnate in modo reale nella vita quotidiana di queste persone. Ogni giorno infatti, le suore e i volontari che collaborano con loro, si impegnano con dedizione per creare un ambiente familiare e sano in cui i bambini vengono educati a scoprire e valorizzare le loro capacità, per costruire il loro futuro, riconciliandosi anche con il loro passato. Come ha detto Mihai, uno dei bimbi accolti dalle suore che ora studia Architettura a Bucarest, ‘...sono stato accolto a braccia aperte. Mi sono state date molteplici opportunità che, sicuramente, a casa mia non avrei potuto avere. Ho ricevuto un’educazione, una mensa, tutto quello di cui ho avuto bisogno, ma al di sopra di tutto ho ricevuto amore e comprensione, ho ricevuto affetto. Quando sono arrivato non sapevo che cosa mi avrebbe riservato il futuro, ma le suore mi hanno aperto gli occhi per poter ancora guardare con fiducia alla mia vita...’ Capisci perciò che, pur vivendo in un paese perseguitato per molti anni e quindi povero ed arretrato, questi bambini hanno avuto la Grazia di incontrare persone che li aiutano a diventare protagonisti della loro vita, per la costruzione di una società più vera e più giusta. Ringrazio quindi di cuore Suor Michela, responsabile della Missione, Suor Elenita che gestisce la casa VICTORINE a Slanic (dove vivono i bambini più piccoli) e tutte le altre suore, per l’esempio e la testimonianza che mi hanno offerto. Abbraccio con affetto e riconoscenza tutti i giovani dell’Associazione MANO PER MANO che mi hanno dato l’opportunità di conoscere e vivere questa esperienza; e a tutti coloro che hanno condiviso con me questi giorni in Romania un augurio: ‘La nostra casa vuole essere un porto nel quale si torna e dal quale ci si incammina in varie direzioni per il servizio della Carità’ (Victorine Le Dieu). MULTUMESC MULT
Betty
Betty
CARNEVALE... CARNEVALE DEI BAMBINI... E GIOCHI!
LABORATORIO LITURGICO DI FEDE - TERZA ELEMENTARE
Quest’anno la diocesi di Bergamo in collaborazione con il Museo Bernareggi ha invitato i bambini che riceveranno la prima comunione ad un’iniziativa che unisce arte e spiritualità: la visita del museo dell’antica Cattedrale di S. Vincenzo con la scoperta dei suoi tesori e un piccolo laboratorio manuale. La nostra parrocchia ha accolto l’invito e, nella nebbiosa giornata del 1° febbraio alle ore 14, eccoci tutti pronti all’area mercato per salire sul pullman che ci porterà in Città Alta dove, in P.za Vecchia, ci attendono le guide. Essendo abbastanza numerosi al nostro arrivo veniamo divisi in due gruppi: uno effettuerà prima la visita al museo e poi il laboratorio, e viceversa. Vivaci e vocianti, come al solito, ci incamminiamo verso i luoghi interessati. All’interno del museo abbiamo potuto osservare gli scavi archeologici che ci hanno portati alla riscoperta dell’antica cattedrale e la nostra guida ci ha aiutati ad immaginare come i cristiani del tempo si raccogliessero in quel medesimo luogo per pregare e celebrare l’Eucarestia. Ha mostrato alcuni oggetti che ricordano ai cristiani la vita di Gesù dalla Sua nascita alla Sua morte; croci, paramenti, oggetti sacri sopravvissuti e custoditi nel tempo che tengono viva la memoria della Sua storia. Tra tutti questi ci siamo soffermati su una piccola croce in lamina d’argento (IX-X secolo): la croce di San Procolo, che poi avremmo riprodotto nel laboratorio manuale durante il quale ci è stata brevemente raccontata la storia di questo Santo. Era un vescovo di Verona le cui reliquie insieme alla croce giunsero in cattedrale nel 1575. Dopo la visita al museo ci siamo trasferiti nei locali del seminarino dove, grazie al materiale e all’aiuto della nostra guida abbiamo potuto realizzare questa croce che porteremo sul petto il giorno della prima Comunione. Siamo partiti da una semplice lamina di rame che abbiamo plasmato e modellato con le nostre mani per avere un segno indelebile della Sua presenza nella nostra vita. Quella croce così piccola e semplice che resterà per noi bambini il ricordo di quel corpo di Gesù che quest’anno si dona a noi per la prima volta e che anche noi ci impegniamo a custodire come segno del dono più prezioso. I bambini e le catechiste ringraziano i nostri sacerdoti per averci dato la possibilità di vivere questa bella esperienza e di concretizzare ciò che impariamo a catechismo.
I bambini e i catechisti
I bambini e i catechisti
SEMINARIO A PORTE APERTE
‘SEMINARIO A PORTE APERTE’ è una proposta diocesana rivolta ai ragazzi e alle ragazze dell’ultimo anno della Scuola Primaria, per aiutarli a riflettere sul tema della vocazione, attraverso giochi ed attività. Anche quest’anno il nostro Vicariato, visto l’entusiasmo dei ragazzi che hanno partecipato alle scorse edizioni, ha pensato di aderire a questa iniziativa ed il 6 Febbraio, mossi da tanta curiosità e spinti dalla voglia di divertirci, siamo scesi in Seminario per vivere un piacevole pomeriggio insieme. ‘Ma come si può parlare di vocazione a dei bambini? Aspettiamo che diventino più grandi e consapevoli... capiranno pian piano cosa vogliono fare nella loro vita’ mi hanno detto alcune mamme quando è stata loro proposta questa attività, per i loro figli. È vero! La parola ‘VOCAZIONE’ fa uno strano effetto se viene legata al mondo dei bambini perché questo termine ha assunto, negli ultimi anni, un significato che pare sorpassato e che sembra riguardare solamente i preti o le suore.... Credo, in realtà, che questa sia una parola su cui dovrebbe invece fondarsi ogni autentica esperienza educativa perché in essa si racchiude un modo unico e stupendo di intendere la vita.... Nessuno di noi, infatti, ha chiesto di nascere, siamo stati chiamati... ‘voluti’ per qualcosa di molto importante che solo noi, con la nostra originalità, possiamo realizzare. Aiutare perciò un ragazzo a comprendere la ‘propria vocazione’ significa aiutarlo a crescere con una bussola, con un senso, con una direzione. Significa aiutarlo a capire che non è al mondo per caso, ma per costruire qualcosa e che, solo scoprendo la sua strada, riuscirà a dare un senso alla sua esistenza e ad essere veramente felice. Ed è quello che gli organizzatori dell’iniziativa hanno cercato di trasmettere ai nostri ragazzi perché la questione vocazionale non è solo capire ‘Cosa vorrei fare da grande’ ma chiedersi: ‘Chi vorrei essere da grande?’ e perciò riguarda tutti perché è la vita stessa che richiede un discernimento vocazionale. Durante il pomeriggio in seminario, io, con altre catechiste, ho seguito le bambine e, lasciandoci guidare da una giovane suora domenicana, abbiamo attraversato le viuzze e le piazze di Città Alta, alla ricerca di alcuni indizi. Siamo state ospitate in molte case ed abbiamo incontrato tante suore che, con il sorriso e molta pazienza, ci hanno donato dei ‘segreti da conservare per la vita’. Le suore di S. Grata ci hanno donato un fiammifero con un piccolo biglietto; nella casa delle Suore del Sacro Cuore abbiamo riempito un vasetto con del sale colorato; con le Suore Domenicane abbiamo costruito un tubo della pioggia; dalle suore Poverelle abbiamo trasformato del pane in un simbolo di amicizia ed infine, nella Chiesa delle Suore Canossiane, abbiamo celebrato la santa Messa. Abbiamo corso, lavorato, chiacchierato, riso ed infine cenato insieme! Abbiamo capito che sono le cose semplici che rendono vera la nostra vita... una Parola che ci illumina, un po’ di sale per dare sapore alle nostre giornate, delle relazioni vere che ci toccano il cuore, cantare e pregare insieme condividendo la bellezza di sentirsi amati e di poter amare. È questo quello che ci renderà felici, a prescindere da quello a cui saremo chiamati. Ed ecco perché ha senso parlare di Vocazione anche ai bambini. Come direbbe mio marito, grande appassionato di tiro con l’arco: ‘Ogni freccia che riesco a scoccare lascia un ricordo nel cuore ed è la somma di tutti questi ricordi che mi permetterà di tirare sempre meglio e di riuscire, un giorno, a colpire il centro del mio bersaglio.’
Betty
Betty
SAN GIOVANNI BOSCO
Don Belotti di nuovo a Zogno
Anche quest’anno il Vicariato è riuscito ad organizzare quattro incontri con don Giuseppe Belotti, che molti di noi già conoscono, ma che non perdono mai l’occasione di ascoltare volentieri, sia per la sua capacità di comunicare, che per la grande esperienza.
Ecco i temi trattati:
1 - ESSERE CONIUGI PER ESSERE GENITORI: L’EDUCAZIONE DEL CRISTIANO
2 - COSA RESTA DEL PADRE? IL RUOLO DEL PADRE E DELLA MADRE
3 - IL GRILLO PARLANTE E LA COSCIENZA
4 - EDUCARE ALLA FEDE NEI PRIMI ANNI DI VITA
In questo articolo riportiamo, per coloro che volessero una piccola traccia di riflessione, una sintesi del secondo incontro.
COSA RESTA DEL PADRE?
IL RUOLO DEL PADRE E DELLA MADRE
È il clima di pace ed armonia che fa felici i figli. Il bambino nel ventre materno instaura la prima storia d’amore della sua vita. Sicuramente è molto più facile fare la madre che fare il padre durante i nove mesi, infatti, tra la madre e il nascituro si crea una SIM-BIOSI (vita-insieme). Il corpo della donna si trasforma e fa spazio alla nuova creatura che assorbe completamente lo stato fisico ed emotivo della madre. Anche la figura del padre è determinante, anche se in modo diverso, si può dire che è l’utero sociale della madre stessa, di cui si farà carico e ne diventerà il sostegno. Una volta venuto al mondo, i genitori devono essere in grado di far nascere nel piccolo “LA FIDUCIA DEL VIVERE” che darà inizio alla “STRUTTURAZIONE DI SÈ”. Ci sono quattro tipi di attaccamento materni:
1. ATTACCAMENTO SICURO
2. ATTACCAMENTO INSICURO
3. ATTACCAMENTO ANSIOSO/AMBIVALENTE
4. ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO
Come facilmente si evince, sono atteggiamenti ricorrenti e taluni pericolosi. Il rischio è l’incesto IN-CASTUS (NO-CASTO)... La madre, infatti, deve prestare molta attenzione a non “trasformare il figlio come l’amante segreto”. Devastante sarebbe il risultato, lo impoverirebbe a tal punto da diventare “mendicante sulle strade della vita”. Bisogna quindi riuscire a tagliare il cordone ombelicale e aiutare il ragazzo alla socializzazione, (condivisione con gli altri) e alla responsabilità. CHI NON FATICA È GIÀ MORTO!! Il padre deve aiutare la compagna in questo difficile percorso. Teniamo presente che nell’età pre-adolescenziale (11-14 anni) il fisico del figlio subisce veloci cambiamenti dei quali il primo ad esserne “spiazzato” è proprio il ragazzo stesso. È come se uscisse un’altra volta dall’utero materno... A differenza però della prima, dove tutti sono pronti ad accoglierlo e a prendersi cura di lui, in questa fase si trova solo, o peggio ancora, “buttato nel mondo” senza punti di riferimento e “bombardato” da mille tentazioni (cattive compagnie, fumo, alcool, sesso...), senza essere capace di gestire la nuova situazione. È attratto dal “godimento immediato” e non conosce il desiderio dell’attesa. Solo due genitori che si vogliono bene e insieme si fanno carico della sua crescita (pur nelle difficoltà) riusciranno ad accompagnarlo con saggezza e fare di lui una persona adulta capace di abitare il mondo nel modo più bello. Non dimentichiamo che Dio ci ha dato un figlio, si è fidato di noi!
Graziella
N.B. Dopo alcuni appuntamenti “saltati” per motivi di salute, avremo ospite a Zogno don Mazzi dalla comunità Exodus, la sera del 5 marzo 2013, sempre presso la sala del Cinema Trieste.
Ecco i temi trattati:
1 - ESSERE CONIUGI PER ESSERE GENITORI: L’EDUCAZIONE DEL CRISTIANO
2 - COSA RESTA DEL PADRE? IL RUOLO DEL PADRE E DELLA MADRE
3 - IL GRILLO PARLANTE E LA COSCIENZA
4 - EDUCARE ALLA FEDE NEI PRIMI ANNI DI VITA
In questo articolo riportiamo, per coloro che volessero una piccola traccia di riflessione, una sintesi del secondo incontro.
COSA RESTA DEL PADRE?
IL RUOLO DEL PADRE E DELLA MADRE
È il clima di pace ed armonia che fa felici i figli. Il bambino nel ventre materno instaura la prima storia d’amore della sua vita. Sicuramente è molto più facile fare la madre che fare il padre durante i nove mesi, infatti, tra la madre e il nascituro si crea una SIM-BIOSI (vita-insieme). Il corpo della donna si trasforma e fa spazio alla nuova creatura che assorbe completamente lo stato fisico ed emotivo della madre. Anche la figura del padre è determinante, anche se in modo diverso, si può dire che è l’utero sociale della madre stessa, di cui si farà carico e ne diventerà il sostegno. Una volta venuto al mondo, i genitori devono essere in grado di far nascere nel piccolo “LA FIDUCIA DEL VIVERE” che darà inizio alla “STRUTTURAZIONE DI SÈ”. Ci sono quattro tipi di attaccamento materni:
1. ATTACCAMENTO SICURO
2. ATTACCAMENTO INSICURO
3. ATTACCAMENTO ANSIOSO/AMBIVALENTE
4. ATTACCAMENTO DISORGANIZZATO
Come facilmente si evince, sono atteggiamenti ricorrenti e taluni pericolosi. Il rischio è l’incesto IN-CASTUS (NO-CASTO)... La madre, infatti, deve prestare molta attenzione a non “trasformare il figlio come l’amante segreto”. Devastante sarebbe il risultato, lo impoverirebbe a tal punto da diventare “mendicante sulle strade della vita”. Bisogna quindi riuscire a tagliare il cordone ombelicale e aiutare il ragazzo alla socializzazione, (condivisione con gli altri) e alla responsabilità. CHI NON FATICA È GIÀ MORTO!! Il padre deve aiutare la compagna in questo difficile percorso. Teniamo presente che nell’età pre-adolescenziale (11-14 anni) il fisico del figlio subisce veloci cambiamenti dei quali il primo ad esserne “spiazzato” è proprio il ragazzo stesso. È come se uscisse un’altra volta dall’utero materno... A differenza però della prima, dove tutti sono pronti ad accoglierlo e a prendersi cura di lui, in questa fase si trova solo, o peggio ancora, “buttato nel mondo” senza punti di riferimento e “bombardato” da mille tentazioni (cattive compagnie, fumo, alcool, sesso...), senza essere capace di gestire la nuova situazione. È attratto dal “godimento immediato” e non conosce il desiderio dell’attesa. Solo due genitori che si vogliono bene e insieme si fanno carico della sua crescita (pur nelle difficoltà) riusciranno ad accompagnarlo con saggezza e fare di lui una persona adulta capace di abitare il mondo nel modo più bello. Non dimentichiamo che Dio ci ha dato un figlio, si è fidato di noi!
Graziella
N.B. Dopo alcuni appuntamenti “saltati” per motivi di salute, avremo ospite a Zogno don Mazzi dalla comunità Exodus, la sera del 5 marzo 2013, sempre presso la sala del Cinema Trieste.
LA CASA DI DIO E DEI FRATELLI
Proposta per Cresimandi nell’anno della Fede
Don Samuele ci ha rivolto questo invito della Diocesi di Bergamo a partecipare ad un percorso visivo e attivo insieme, per conoscere un luogo che è Museo, sito archeologico e Chiesa paleocristiana. Perciò, mercoledì 20 febbraio, con due pullman e i ragazzi delle parrocchie di Zogno, Ambria, Grumello e Stabello, ci siamo recati a Bergamo in città alta a scoprire i resti della primitiva Cattedrale dedicata a San Vincenzo e riportata alla luce dagli scavi effettuati sotto l’attuale Duomo di Sant’Alessandro Martire. Siamo stati accolti da giovani guide che, dividendoci in gruppi più piccoli, oltre a spiegarci gli scavi archeologici, hanno arricchito la visita con una “catechesi delle immagini”. Là dove era posto l’ingresso dell’antica Cattedrale, dopo avercene spiegato l’importanza nella storia della città in riferimento alle sue notevoli dimensioni, le guide ci hanno consegnato, attraverso la lettura di un salmo, la prima parola: CASA. La Chiesa è la casa dei cristiani, senza persone non c’è casa, nella casa c’è sempre un tavolo attorno al quale la famiglia si riunisce e nelle chiese il tavolo è appunto l’altare, che deve essere sempre il punto focale. Addentrandoci nella Cattedrale, siamo poi arrivati nella zona dove sono state scoperte e riportate alla luce nel loro antico splendore, alcune parti di mosaici romani, contornati da strati diversi di pavimenti di pietre dai colori piuttosto vivi; qui, grazie ad un brano di San Paolo, abbiamo scoperto la nostra seconda parola: PIETRA VIVA. Perché la comunità cresca e fiorisca, noi dobbiamo diventare pietre vive, capaci di lavorare insieme a beneficio di tutti, per sorreggerci a vicenda. Dio è la pietra d’angolo, la più importante, attorno alla quale noi dobbiamo costruire la nostra chiesa. Abbiamo poi ammirato, su un muro che proteggeva lo spazio della consacrazione, separando la parte dove stavano i preti da quella dove stavano i laici, gli affreschi del XIII secolo, in una iconostasi (posto delle immagini) conservatisi talmente bene, al punto da riconoscerne i protagonisti e poterne apprezzare ogni fattezza e colore originale: San Giovanni Battista (un poco rovinato), Sant’Anna con Maria e il Bambin Gesù, San Pietro apostolo, San Bartolomeo e Santa Caterina d’Alessandria. Di fronte ad un affresco “strappato via” dal muro originario e riportato su tela per salvarlo dalla distruzione, quatto Confratelli intenti ad assistere un povero: la guida ci ha suggerito la nostra terza parola, CARITÀ. Sant’Agostino ci ricorda, in uno dei suoi discorsi, che “mediante la fede diventiamo materiale disponibile per la costruzione... ma non diventiamo Casa di Dio se non quando siamo uniti nella carità.” Nell’ultimo ambiente delle fondamenta, abbiamo potuto ammirare, anche se molto velocemente, alcuni oggetti preziosi e simboli sacri di infinito valore, usati nelle celebrazioni liturgiche: tra questi ci è stato chiesto di memorizzare in particolare un grande piviale, ricamato con fili d’oro e seta pregiatissimi, raffigurante piccoli pezzetti di vita religiosa, di Santi e Sante della Chiesa, di immagini e figure legate al culto cristiano. Usciti dall’antica Basilica, siamo andati al Seminarino, dove altre ragazze che collaborano per questa iniziativa con il Museo Bernareggi, ci hanno messo subito all’opera: seduti in gruppetti da 6/7 ragazzi e muniti di pennelli, stampini, rulli di spugna e colori a tempera diversi, ciascuno sulla propria tela in tessuto bianco da 30x25, abbiamo impresso uno sfondo a tinta unita che ci rappresentasse e poi sopra di esso un disegno o un’ immagine che rispecchiassero il nostro “essere” oggi; con la più libera fantasia e con materiali diversi (nastri, bottoni, fili di lana e di cotone, piccoli ritagli di stoffe colorate) e tanta colla a caldo!!! abbiamo creato molti bellissimi pannelli decorati. Ce li siamo portati poi tutti a casa, perché l’invito fattoci è questo: con il contributo e l’aiuto delle altre persone della parrocchia, della comunità, dei gruppi vari che ci sono in oratorio, possiamo aggiungere nuovi pezzetti di tela che saranno poi cuciti tutti insieme con un bel filo vistoso fino a creare un enorme piviale che, grazie alla sua forma piramidale, formerà una tenda (a mo’ di tipì indiano !?!) e simboleggerà la Casa di tutti i cristiani.
Le catechiste Giovanna e Fulvia P.S. Se permettete un consiglio, cari lettori, recatevi anche voi a visitare questi scavi sotto il Duomo di Bergamo: iniziati per migliorare il riscaldamento della chiesa soprastante, sono terminati poi con un bellissimo museo e tanti tesori da guardare insieme. Tanti reperti archeologici dell’epoca romana; quello che rimane delle sepolture medioevali dentro sarcofagi e nelle tombe murali; il bello della sapienza nelle mani di chi ha tessuto e ricamato o sbalzato su lamina d’argento i manufatti di oreficeria; gli affreschi di una “teoria o processione dei Santi” che aiutavano i laici a pregare durante la messa. Insomma come ha detto Gustav Mahler: «La tradizione non è il culto delle ceneri ma è la custodia del fuoco». |
CENA PASQUALE EBRAICA
Con la cena ebraica di domenica 24 marzo, abbiamo raccolto per la Caritas Interparrocchiale un totale di € 300,00. In questo periodo sono tante le famiglie, anche della nostra comunità, che chiedono un aiuto. Cerchiamo con discrezione e generosità di raggiungerle e aiutarle...
Con la cena ebraica di domenica 24 marzo, abbiamo raccolto per la Caritas Interparrocchiale un totale di € 300,00. In questo periodo sono tante le famiglie, anche della nostra comunità, che chiedono un aiuto. Cerchiamo con discrezione e generosità di raggiungerle e aiutarle...
CRE 2mila13 - “EVERYBODY” dal 17 giugno al 12 luglio
UN CORPO MI HAI PREPARATO
Con la primavera, si inizia a respirare aria di estate e di Cre. Ecco per tutti gli oratori bergamaschi una piccola anticipazione del tema della prossima estate insieme! Continuando con il percorso tematico intrapreso negli scorsi anni, quest’anno al centro dell’attenzione ci sarà il «Corpo» di tutti e di ciascuno, «Everybody» appunto. Il «Corpo» è dimensione ed esperienza necessaria per passare dal dire al fare. Perché le parole possano trovare la possibilità di incarnarsi e di manifestarsi. Parola (Cre 2012) e Corpo (Cre 2013) sono le due dinamiche fondamentali della comunicazione e della relazione per ogni uomo. Quindi diventa immediato pensare al nostro corpo come luogo della relazione e dell’incontro con gli altri, dove è intrinsecamente legata la mia identità, l’io. Il mio corpo diventa mezzo per comunicare, con gli altri, e mezzo per vivere ed agire nel mondo.
APPUNTAMENTI DI FORMAZIONE PER GLI ANIMATORI (2ª - 3ª - 4ª superiore)
Lunedì 6-13-20 maggio ore 17.45 nel salone dell’Oratorio
Lunedì 27 maggio corso di pronto intervento ore 17.45 in Oratorio
Gli altri appuntamenti come il ritiro spirituale di mercoledì 12 giugno e le giornate di preparazione degli ambienti, storia... a tempo debito le informazioni dettagliate.
ISCRIZIONI ANIMATORI DAL 25 MARZO ALL’8 APRILE
APPUNTAMENTI DI FORMAZIONE PER GLI ANIMATORI (2ª - 3ª - 4ª superiore)
Lunedì 6-13-20 maggio ore 17.45 nel salone dell’Oratorio
Lunedì 27 maggio corso di pronto intervento ore 17.45 in Oratorio
Gli altri appuntamenti come il ritiro spirituale di mercoledì 12 giugno e le giornate di preparazione degli ambienti, storia... a tempo debito le informazioni dettagliate.
ISCRIZIONI ANIMATORI DAL 25 MARZO ALL’8 APRILE
PELLEGRINAGGIO QUARESIMALE MEDIE...
Le tappe del nostro cammino: Chiesa Parrocchiale,
Madonna dei disperati, Clausura e Oratorio
“Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. Gv 19,33-37
“Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi»”. Lc 22,14-20
ACCOGLIANO IN FAMIGLIA
Progetto Romania Estate 2013
Giovedì 21 marzo presso l’oratorio di Zogno i volontari dell’Associazione “Mano per mano” hanno incontrato le famiglie intenzionate a partecipare al progetto “AccogliAmo in famiglia”, rivolto a ospitare i piccoli amici rumeni durante la prossima estate. L’incontro, guidato da don Emilio Brozzoni, si è svolto in forma laboratoriale. La riflessione ha preso spunto dalle domande: “Perché siamo qui?”, “Perché questo cammino?”. Parole- chiave per il dialogo sono state: “motivazione, continuità/cambiamento, paure, gioie, gratuità, semplicità normalità”. Erano presenti diciassette famiglie di Zogno e di Ambivere. I partecipanti si sono lasciati con l’impegno di non guarire mai dal virus della logica di vivere nel dare amore, nella convinzione che il bene non è mai a senso unico. Il prossimo incontro è fissato per mercoledì 10 aprile.
Valentina
Valentina
PRENDI NOTA PER L’ESTATE
I NOSTRI ADOLESCENTI SCRIVONO...
Durante un momento di preghiera dal tema vocazionale, la domanda che ha guidato l’incontro e la riflessione personale è stata: che cosa chiedi al Signore per i tuoi sacerdoti? E quindi per don Giulio, don Angelo e don Samuele? Seguono alcuni pensieri...
Ti chiedo Signore di rendere i miei preti forti. Di formarli in modo giusto e di guidarli nella loro vocazione.
Aiutali a portare avanti al meglio la loro vita, a renderli coscienti della loro scelta di vita... Prego il Signore perché possa dare la forza ai nostri preti di continuare a trasmettere il messaggio di Dio in maniera sobria, chiara e realmente spirituale. Prego perché la chiesa di oggi possa essere davvero umile e povera, come dice papa Francesco, che secondo me è una persona davvero genuina e semplice...
Signore, fa che questi nostri preti possano godere di buona salute. Fa che si possano adattare al progresso in modo consapevole, intelligente e ragionato ma che sappiano sempre conservare il patrimonio (di tradizione e materiale) che i nostri avi hanno creato quando erano poveri e semplici e davano la propria vita per Gesù. Grazie Signore perché è anche grazie a loro che oggi sono orgogliosamente cristiano...
Chiedo che continuino il loro percorso con la voglia di coinvolgere noi giovani e dimostrarsi sempre pronti a nuove sfide...
Chiedo molto perseveranza, dedizione negli impegni, coraggio. Chiedo che siano soddisfatti della loro vita e che vogliano continuare il loro impegno parrocchiale...
Chiedo per i miei preti tanto coraggio, fedeltà a te, voglia, passione nell’annunciare la tua parola e tanta preghiera per noi...
Vorrei chiedere che a questi don stia a cuore ciò che fanno e che Gesù vegli su di loro... Dal mio punto di vista i miei sacerdoti sono sempre presenti non solo agli incontri importanti tra i ragazzi, ma anche ogni giorno accanto a loro...
Per i miei sacerdoti chiedo che possano vivere pienamente e con entusiasmo il loro percorso di fede. Chiedo che sappiano condividere con i fedeli la loro fede e la loro carità verso il prossimo. Chiedo che siano degli umili fedeli anche loro. Infine chiedo che sappiano, a modo loro, anche con la preghiera, aiutare le persone disagiate...
Chiedo ai miei sacerdoti di mettere in pratica quello che dicono durante gli incontri e nella predica a messa, di saper scegliere cose serie per la comunità, di dare il giusto valore alle cose e di sapere quali sono le esigenze delle persone, oggi...
Che i miei sacerdoti possano continuare ad avere sempre fede nel cuore. Che non smettano di consigliare, predicare e portarci sulla strada giusta. Chiedo che siano come papa Francesco: umili e che pensino sempre ai poveri e ai più bisognosi. Chiedo che possano sempre regalare un sorriso, una carezza agli altri...
Chiedo che i miei sacerdoti sappiano coinvolgere noi giovani, trasmettendoci passione ed entusiasmo, ma soprattutto che sappiano trasmetterci la loro fede e la parola del Signore. Inoltre che abbiano più pietà e compassione per tutti coloro che hanno difficoltà e che possano aiutarli...
Chiedo che i miei sacerdoti non perdano la speranza di avvicinare noi giovani adolescenti, un po’ svogliati, a Gesù e ci facciano vedere che Gesù è davvero fondamentale nelle nostre vite, cosa che noi fatichiamo a capire...
CARISSIMI
Ho deciso di raggiungervi con una piccola lettera. Poco prima della S. Pasqua vi ho proposto di chiedere al Signore cosa di meglio avreste desiderato per i vostri sacerdoti. Vi ringrazio perché ho trovato nelle vostre richieste le stesse cose che Gli chiedo quotidianamente anch’io. Chiedo al Signore di insegnarmi l’umiltà, di rendermi semplice, di guidarmi nella preghiera, di affinare sempre più la capacità di ascoltare i bisogni delle persone che mi mette sul mio cammino, di essere sempre coerente in ciò che dico e in ciò che faccio, di essere sempre più sensibile ai bisogni dei più piccoli e dei più poveri. Ho ancora molto da imparare: la pazienza di attendere, la forza di continuare a sperare e il coraggio. Chiedo al Signore che sia misericordioso laddove sbaglio o inciampo. Ho accolto con molto piacere l’augurio che qualcuno di voi mi ha fatto: quello di prendere come modello di umiltà e semplicità Papa Francesco. Del nuovo Papa ciò che mi ha toccato in modo particolare non è stata solo l’umiltà o la semplicità dei gesti e delle parole, ma il suo silenzio. Si, quegli istanti di silenzio con cui si è presentato mi sono parsi subito un grande dono. Come per ricordarci che è nel silenzio che possiamo ascoltare il nostro cuore e cosi aprirci all’accoglienza del Cuore di Dio, che è tutto e sempre Amore misericordioso. È proprio nel suo silenzio che mi è sembrato di vedere in Papa Francesco un uomo che sa pregare: il suo raccoglimento, il giorno della sua elezione, quando ha chiesto che il Popolo di Dio pregasse per lui e il suo silenzio durante la Via Crucis sono stati eloquenti. L’augurio che vi faccio e che mi faccio è che impariamo a pregare per tutto e per tutti; credo che la preghiera non sia tutto per un cristiano, ma che tutto cominci dalla preghiera: che ci abituiamo a ringraziare Dio Padre per quanto ci allieta, a domandargli luce, forza e coraggio per quanto ci affligge. PREGARE È AMARE!!! È riuscire a crescere nell’amore, nel distacco dal male, nella fedeltà all’amore di Dio. Credo che impara a pregare solo chi impara a tacere davanti a Dio, a resistere al silenzio di Dio. Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore il dono della preghiera, perché chi impara a pregare impara a vivere... Anch’io faccio mio l’invito del Papa che ha fatto a voi giovani la domenica delle Palme: “Voi giovani non avete vergogna della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete capito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pellegrina attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo!”. Si ragazzi, non abbiate paura! “avanti”. Ci lasciamo stupire e toccare dalle belle parole che sentiamo e poi... Il Papa vi sta chiedendo tanto, credetemi!!! Vi chiede di essere testimoni gioiosi del Signore Risorto, vi chiede di pregare, vi chiede di servire i poveri, vi chiede di amare la Chiesa, la propria comunità con impegno e costanza. Vi chiede soprattutto di non fuggire davanti alle proprie responsabilità. Ma quando uno ci chiede “tanto” a volte ci infastidisce e ne prendiamo le distanze. Carissimi ragazzi, vi voglio bene e desidero la felicità per ognuno di voi. Ogni giorno, nella semplicità dei miei gesti e, talvolta, nelle parole ferme e “rimproveranti”, esprimo l’affetto che nutro per voi. Lasciatevi prendere per mano e saliamo insieme sul monte Tabor (proprio come ha fatto Gesù con Pietro, Giovanni e Giacomo), così potremo fare esperienza di Lui. Ora mi esprimo a voi in modo personale, come si vi avessi di fronte ad uno ad uno. Di fronte alla fatica della preghiera, dell’Eucarestia domenicale, della confessione, della carità, dell’impegno nel proprio oratorio, NON FUGGIRE, è tua responsabilità fermarti e chiederti cosa il Signore desidera di meglio per te in questo momento. Lui rispetta la tua libertà, ti lascia libero/a di scegliere, è vero! Ma pensi di farcela da solo/a? Ti senti già pronto/a a scegliere cosa è meglio per te? Io continuerò a camminare al tuo fianco e ti chiedo, ogni sera, una preghiera anche per me, come io faccio per te e per ognuno di voi, affinché il Signore mi doni sapienza e prudenza nel guidare il suo gregge che mi ha affidato che siete voi.
Un abbraccio,
don Samuele Novali
Ti chiedo Signore di rendere i miei preti forti. Di formarli in modo giusto e di guidarli nella loro vocazione.
Aiutali a portare avanti al meglio la loro vita, a renderli coscienti della loro scelta di vita... Prego il Signore perché possa dare la forza ai nostri preti di continuare a trasmettere il messaggio di Dio in maniera sobria, chiara e realmente spirituale. Prego perché la chiesa di oggi possa essere davvero umile e povera, come dice papa Francesco, che secondo me è una persona davvero genuina e semplice...
Signore, fa che questi nostri preti possano godere di buona salute. Fa che si possano adattare al progresso in modo consapevole, intelligente e ragionato ma che sappiano sempre conservare il patrimonio (di tradizione e materiale) che i nostri avi hanno creato quando erano poveri e semplici e davano la propria vita per Gesù. Grazie Signore perché è anche grazie a loro che oggi sono orgogliosamente cristiano...
Chiedo che continuino il loro percorso con la voglia di coinvolgere noi giovani e dimostrarsi sempre pronti a nuove sfide...
Chiedo molto perseveranza, dedizione negli impegni, coraggio. Chiedo che siano soddisfatti della loro vita e che vogliano continuare il loro impegno parrocchiale...
Chiedo per i miei preti tanto coraggio, fedeltà a te, voglia, passione nell’annunciare la tua parola e tanta preghiera per noi...
Vorrei chiedere che a questi don stia a cuore ciò che fanno e che Gesù vegli su di loro... Dal mio punto di vista i miei sacerdoti sono sempre presenti non solo agli incontri importanti tra i ragazzi, ma anche ogni giorno accanto a loro...
Per i miei sacerdoti chiedo che possano vivere pienamente e con entusiasmo il loro percorso di fede. Chiedo che sappiano condividere con i fedeli la loro fede e la loro carità verso il prossimo. Chiedo che siano degli umili fedeli anche loro. Infine chiedo che sappiano, a modo loro, anche con la preghiera, aiutare le persone disagiate...
Chiedo ai miei sacerdoti di mettere in pratica quello che dicono durante gli incontri e nella predica a messa, di saper scegliere cose serie per la comunità, di dare il giusto valore alle cose e di sapere quali sono le esigenze delle persone, oggi...
Che i miei sacerdoti possano continuare ad avere sempre fede nel cuore. Che non smettano di consigliare, predicare e portarci sulla strada giusta. Chiedo che siano come papa Francesco: umili e che pensino sempre ai poveri e ai più bisognosi. Chiedo che possano sempre regalare un sorriso, una carezza agli altri...
Chiedo che i miei sacerdoti sappiano coinvolgere noi giovani, trasmettendoci passione ed entusiasmo, ma soprattutto che sappiano trasmetterci la loro fede e la parola del Signore. Inoltre che abbiano più pietà e compassione per tutti coloro che hanno difficoltà e che possano aiutarli...
Chiedo che i miei sacerdoti non perdano la speranza di avvicinare noi giovani adolescenti, un po’ svogliati, a Gesù e ci facciano vedere che Gesù è davvero fondamentale nelle nostre vite, cosa che noi fatichiamo a capire...
CARISSIMI
Ho deciso di raggiungervi con una piccola lettera. Poco prima della S. Pasqua vi ho proposto di chiedere al Signore cosa di meglio avreste desiderato per i vostri sacerdoti. Vi ringrazio perché ho trovato nelle vostre richieste le stesse cose che Gli chiedo quotidianamente anch’io. Chiedo al Signore di insegnarmi l’umiltà, di rendermi semplice, di guidarmi nella preghiera, di affinare sempre più la capacità di ascoltare i bisogni delle persone che mi mette sul mio cammino, di essere sempre coerente in ciò che dico e in ciò che faccio, di essere sempre più sensibile ai bisogni dei più piccoli e dei più poveri. Ho ancora molto da imparare: la pazienza di attendere, la forza di continuare a sperare e il coraggio. Chiedo al Signore che sia misericordioso laddove sbaglio o inciampo. Ho accolto con molto piacere l’augurio che qualcuno di voi mi ha fatto: quello di prendere come modello di umiltà e semplicità Papa Francesco. Del nuovo Papa ciò che mi ha toccato in modo particolare non è stata solo l’umiltà o la semplicità dei gesti e delle parole, ma il suo silenzio. Si, quegli istanti di silenzio con cui si è presentato mi sono parsi subito un grande dono. Come per ricordarci che è nel silenzio che possiamo ascoltare il nostro cuore e cosi aprirci all’accoglienza del Cuore di Dio, che è tutto e sempre Amore misericordioso. È proprio nel suo silenzio che mi è sembrato di vedere in Papa Francesco un uomo che sa pregare: il suo raccoglimento, il giorno della sua elezione, quando ha chiesto che il Popolo di Dio pregasse per lui e il suo silenzio durante la Via Crucis sono stati eloquenti. L’augurio che vi faccio e che mi faccio è che impariamo a pregare per tutto e per tutti; credo che la preghiera non sia tutto per un cristiano, ma che tutto cominci dalla preghiera: che ci abituiamo a ringraziare Dio Padre per quanto ci allieta, a domandargli luce, forza e coraggio per quanto ci affligge. PREGARE È AMARE!!! È riuscire a crescere nell’amore, nel distacco dal male, nella fedeltà all’amore di Dio. Credo che impara a pregare solo chi impara a tacere davanti a Dio, a resistere al silenzio di Dio. Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore il dono della preghiera, perché chi impara a pregare impara a vivere... Anch’io faccio mio l’invito del Papa che ha fatto a voi giovani la domenica delle Palme: “Voi giovani non avete vergogna della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete capito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pellegrina attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo!”. Si ragazzi, non abbiate paura! “avanti”. Ci lasciamo stupire e toccare dalle belle parole che sentiamo e poi... Il Papa vi sta chiedendo tanto, credetemi!!! Vi chiede di essere testimoni gioiosi del Signore Risorto, vi chiede di pregare, vi chiede di servire i poveri, vi chiede di amare la Chiesa, la propria comunità con impegno e costanza. Vi chiede soprattutto di non fuggire davanti alle proprie responsabilità. Ma quando uno ci chiede “tanto” a volte ci infastidisce e ne prendiamo le distanze. Carissimi ragazzi, vi voglio bene e desidero la felicità per ognuno di voi. Ogni giorno, nella semplicità dei miei gesti e, talvolta, nelle parole ferme e “rimproveranti”, esprimo l’affetto che nutro per voi. Lasciatevi prendere per mano e saliamo insieme sul monte Tabor (proprio come ha fatto Gesù con Pietro, Giovanni e Giacomo), così potremo fare esperienza di Lui. Ora mi esprimo a voi in modo personale, come si vi avessi di fronte ad uno ad uno. Di fronte alla fatica della preghiera, dell’Eucarestia domenicale, della confessione, della carità, dell’impegno nel proprio oratorio, NON FUGGIRE, è tua responsabilità fermarti e chiederti cosa il Signore desidera di meglio per te in questo momento. Lui rispetta la tua libertà, ti lascia libero/a di scegliere, è vero! Ma pensi di farcela da solo/a? Ti senti già pronto/a a scegliere cosa è meglio per te? Io continuerò a camminare al tuo fianco e ti chiedo, ogni sera, una preghiera anche per me, come io faccio per te e per ognuno di voi, affinché il Signore mi doni sapienza e prudenza nel guidare il suo gregge che mi ha affidato che siete voi.
Un abbraccio,
don Samuele Novali
IL CORPO: UNA LETTERA TEMATICA
E LE INTENZIONI EDUCATIVE DEL CRE 2mila13 (17 giugno - 12 luglio)
1. Il corpo luogo della relazione
Non c’è niente come il colore, l’odore, il rumore di un amico... Se è proprio necessario, se siamo distanti, possiamo tentare di relazionarci con una mail o con un sms, via skype o face-book... ma vuoi mettere la diretta? Si vede subito - dalla faccia, da come mette la bocca, dagli occhi e dal rossore, dal movimento delle mani - cosa pensa e cosa vuole un tuo amico: non occorrono neanche le parole. Il primo “medium” è il corpo: ci permette di riconoscere l’altro, di affezionarci ai suoi modi, di distinguerlo fra mille, di raggiungere la sua anima. I ragazzi rischiano di ricorrere sempre più a forme intermediate di relazioni, per evitare frustrazioni e tenere la situazione sotto controllo, per non coinvolgersi troppo e decidere di volta in volta quanto giocarsi e quanto trattenersi. Vogliamo che trovino il gusto della diretta, dell’avere degli amici veri e non solo delle reti virtuali e che provino il gusto di stare anche “fisicamente” con gli altri.
2. Il corpo contenitore dell’identità
Il mio corpo sono io. A volte non mi piace tanto come sono e, per di più, temo di non piacere agli altri, così come sono. A volte cerco, col mio corpo, di far vedere qualcosa di ciò che sono io dentro; altre volte, al contrario, cerco di mascherarmi con i vestiti, con i modi di fare perché non mi fido e ho paura della disapprovazione. Possiamo giocare col corpo, mascherarlo, provare vari vestiti e pose, però ad un certo punto sarà importante riuscire a stare bene dentro la propria pelle (vestiti compresi): non possiamo continuare a metterci i vestiti degli altri. Eppure, a volte, abbiamo l’impressione di essere chiusi dentro i nostri vestiti come dentro una corazza; celati dietro il nostro trucco come una difesa, mediati nel nostro profilo web come in una vetrina. I ragazzi crescono in un mondo di cose finte dove l’apparire viene prima dell’essere, la forma viene prima della sostanza e hanno a disposizione un’infinità di strumenti con i quali possono “adattare” la propria identità prima che gli altri entrino davvero in contatto con la loro realtà. Vogliamo incoraggiare le ragazze e i ragazzi a guadagnare una maggiore confidenza nella propria positività, a ricercare, progressivamente, il bello di essere come sono; a superare la tendenza a giudicare secondo le apparenze.
3. Il corpo come mezzo di comunicazione
Paese che vai, lingua che trovi. Imparare a leggere i gesti è come imparare una lingua nuova. A volte non siamo capaci di capire i gesti degli altri. A volte emettiamo segnali (gesti) che gli altri non riescono a capire ed è come comunicare con linguaggi ignoti. Le parole passano attraverso il corpo e senza questa mediazione (e senza la capacità di comprenderla) sarebbero solo dei suoni senza dimensione. È il corpo (inteso come la persona, complessivamente, nella sua profondità ed estensione) che trasforma una sequenza di sillabe in emozioni e sentimenti, musicalità ed atmosfera, mettendoci in contatto con tutta l’intimità dell’altro. I ragazzi sono immersi nel mondo della comunicazione ma spesso è una comunicazione veloce e rumorosa. C’è una povertà di significato della gestualità e della comunicazione non verbale: sia a livello di emissione che di decodifica. C’è molta fretta nella comunicazione e si perde molto in attenzione e concentrazione. Vogliamo che possano sperimentare le infinite variazioni che il nostro corpo può modulare: la ricchezza del gesto, della voce, delle posizioni e l’importanza si saper “controllare” il proprio corpo per valorizzarlo in tutto il suo potenziale espressivo.
4. Il corpo come strumento per agire sulla realtà
Tra i piaceri più grandi vi è quello del produrre qualcosa, di usare le proprie mani, i propri piedi, la propria bocca per “creare” qualcosa. Non per niente “felice” rimanda, etimologicamente, alla dimensione della fecondità, della produttività. Non si agisce sulla realtà solo pensando (neanche intensamente). Tra il dire e il fare c’è di mezzo... la fatica, il provarci e riprovarci. E non si nasce imparati. Ora, imparare richiede sempre una specie di “patire”. Ma ne vale la pena. Quando uno fatica, si sente anche più vivo, esce da un mondo di plastica... e mette in gioco le sue infinite e peculiari possibilità. I ragazzi trovano molte cose già fatte. Non sanno come funzionano, perché se qualcosa non va si cambia. Non hanno pazienza. Non hanno manualità. E hanno sempre meno occasioni per fare fatica, per mettere alla prova le loro energie, per avere la misura dei loro limiti e delle loro capacità. Vogliamo che possano provare il gusto del fare, del costruire con le proprie mani, del faticare insieme.
Non c’è niente come il colore, l’odore, il rumore di un amico... Se è proprio necessario, se siamo distanti, possiamo tentare di relazionarci con una mail o con un sms, via skype o face-book... ma vuoi mettere la diretta? Si vede subito - dalla faccia, da come mette la bocca, dagli occhi e dal rossore, dal movimento delle mani - cosa pensa e cosa vuole un tuo amico: non occorrono neanche le parole. Il primo “medium” è il corpo: ci permette di riconoscere l’altro, di affezionarci ai suoi modi, di distinguerlo fra mille, di raggiungere la sua anima. I ragazzi rischiano di ricorrere sempre più a forme intermediate di relazioni, per evitare frustrazioni e tenere la situazione sotto controllo, per non coinvolgersi troppo e decidere di volta in volta quanto giocarsi e quanto trattenersi. Vogliamo che trovino il gusto della diretta, dell’avere degli amici veri e non solo delle reti virtuali e che provino il gusto di stare anche “fisicamente” con gli altri.
2. Il corpo contenitore dell’identità
Il mio corpo sono io. A volte non mi piace tanto come sono e, per di più, temo di non piacere agli altri, così come sono. A volte cerco, col mio corpo, di far vedere qualcosa di ciò che sono io dentro; altre volte, al contrario, cerco di mascherarmi con i vestiti, con i modi di fare perché non mi fido e ho paura della disapprovazione. Possiamo giocare col corpo, mascherarlo, provare vari vestiti e pose, però ad un certo punto sarà importante riuscire a stare bene dentro la propria pelle (vestiti compresi): non possiamo continuare a metterci i vestiti degli altri. Eppure, a volte, abbiamo l’impressione di essere chiusi dentro i nostri vestiti come dentro una corazza; celati dietro il nostro trucco come una difesa, mediati nel nostro profilo web come in una vetrina. I ragazzi crescono in un mondo di cose finte dove l’apparire viene prima dell’essere, la forma viene prima della sostanza e hanno a disposizione un’infinità di strumenti con i quali possono “adattare” la propria identità prima che gli altri entrino davvero in contatto con la loro realtà. Vogliamo incoraggiare le ragazze e i ragazzi a guadagnare una maggiore confidenza nella propria positività, a ricercare, progressivamente, il bello di essere come sono; a superare la tendenza a giudicare secondo le apparenze.
3. Il corpo come mezzo di comunicazione
Paese che vai, lingua che trovi. Imparare a leggere i gesti è come imparare una lingua nuova. A volte non siamo capaci di capire i gesti degli altri. A volte emettiamo segnali (gesti) che gli altri non riescono a capire ed è come comunicare con linguaggi ignoti. Le parole passano attraverso il corpo e senza questa mediazione (e senza la capacità di comprenderla) sarebbero solo dei suoni senza dimensione. È il corpo (inteso come la persona, complessivamente, nella sua profondità ed estensione) che trasforma una sequenza di sillabe in emozioni e sentimenti, musicalità ed atmosfera, mettendoci in contatto con tutta l’intimità dell’altro. I ragazzi sono immersi nel mondo della comunicazione ma spesso è una comunicazione veloce e rumorosa. C’è una povertà di significato della gestualità e della comunicazione non verbale: sia a livello di emissione che di decodifica. C’è molta fretta nella comunicazione e si perde molto in attenzione e concentrazione. Vogliamo che possano sperimentare le infinite variazioni che il nostro corpo può modulare: la ricchezza del gesto, della voce, delle posizioni e l’importanza si saper “controllare” il proprio corpo per valorizzarlo in tutto il suo potenziale espressivo.
4. Il corpo come strumento per agire sulla realtà
Tra i piaceri più grandi vi è quello del produrre qualcosa, di usare le proprie mani, i propri piedi, la propria bocca per “creare” qualcosa. Non per niente “felice” rimanda, etimologicamente, alla dimensione della fecondità, della produttività. Non si agisce sulla realtà solo pensando (neanche intensamente). Tra il dire e il fare c’è di mezzo... la fatica, il provarci e riprovarci. E non si nasce imparati. Ora, imparare richiede sempre una specie di “patire”. Ma ne vale la pena. Quando uno fatica, si sente anche più vivo, esce da un mondo di plastica... e mette in gioco le sue infinite e peculiari possibilità. I ragazzi trovano molte cose già fatte. Non sanno come funzionano, perché se qualcosa non va si cambia. Non hanno pazienza. Non hanno manualità. E hanno sempre meno occasioni per fare fatica, per mettere alla prova le loro energie, per avere la misura dei loro limiti e delle loro capacità. Vogliamo che possano provare il gusto del fare, del costruire con le proprie mani, del faticare insieme.
ACCOGLIAMO IN FAMIGLIA
Progetto ZOGNO-ROMANIA CRE 2mila13
Mercoledì 10 aprile, in oratorio, si è tenuto il secondo incontro di formazione per il progetto di accoglienza estiva “AccogliAmo in famiglia”. L’incontro è stato guidato, anche in questa occasione, da Don Emilio Brozzoni e sono presenti oltre alle famiglie che nei mesi di giugno/luglio accoglieranno un bambino dalla Romania anche il gruppo famiglie affidi della media Val Brembana e Serina che hanno vissuto, vivono e hanno intenzione di vivere l’esperienza dell’affido. Dopo un breve riassunto di cosa ci si è detti durante il nostro precedente appuntamento è il gruppo affidi della media Val Brembana e Serina ad aprire la serata con le loro testimonianze sull’affido: abbiamo potuto sentire il racconto di famiglie impegnate in affidi temporanei, diurni (dove il bambino/a resta in famiglia fino a dopo cena) e di affidi, per così dire, “di gruppo” dove quattro famiglie hanno collaborato per aiutare una giovane mamma con il suo bimbo di pochi mesi a raggiungere l’autonomia e molte altre esperienze. Grazie a queste testimonianze abbiamo potuto ascoltare parole di solidarietà, di gratuità e di amore, abbiamo capito che l’esperienza dell’affido non è facile sia per i genitori che per i figli e, soprattutto, abbiamo scoperto/ci siamo ricordati che l’affido è una scelta spinta dalla fede e uno modo per tradurre in gesti e segni le parole. Dopo questi racconti la parola è passata al gruppo di famiglie del progetto “AccogliAmo in famiglia” che ha posto qualche domanda sull’argomento dell’affido e riportato le loro esperienze. Questo ci ha permesso di giungere alla conclusione che bisogna cercare di fare il meglio che si può per questi bambini anche se di fronte a loro, alla loro storia, ci si sente impotenti ma bisogna ricordarsi che quello che si fa è, per loro, l’unico spiraglio e che qualunque atto di solidarietà è buono e fa del bene.
Valentina
Valentina
CATECHISTE E MAMME CATECHISTE!
Può starci?!
Una sera d’estate con mio marito e le mie due bimbe abbiamo deciso di fare una passeggiata e ci siamo ritrovati in oratorio a parlare con Don Samuele. Cercava alcune mamme che fossero disponibili a seguire i bambini di prima elementare a catechismo. Io catechista? Si sono credente e praticante ma parlare a bambini ancora così piccoli della Parola di Dio che anche per me risulta spesso ancora in molti punti difficile, mi sembrava un impegno non proprio alla mia altezza. Ma senza catechiste niente catechismo e tenendo molto al fatto che anche le mie bambine in un futuro avessero potuto affrontare questo cammino ho deciso di mettermi in gioco. Mi avrebbe solo fatto bene. Insieme alla mia cara amica e mamma Monica abbiamo iniziato questo percorso. Ci siamo ritrovate davanti a tutti quei bimbi ed un po’ di paura c’è stata... se sbagliamo a trasmettere qualche messaggio? Se non riusciamo a rispondere a modo alle loro domande?... Non è stato facile capire il linguaggio ed il modo per porsi a bambini che vivono le loro giornate di praticità e poi in fondo anche per noi è difficile capire chi sia veramente Dio, che siamo tutti fratelli o che dobbiamo pregare qualcuno che si sente solo dentro al nostro cuore ma che mai puoi vedere. Ma i bambini ci hanno veramente stupite. Mano a mano trascorrevano i sabati eravamo tutti più consapevoli del cammino che stavamo facendo e fra giochi, lavoretti, canti e preghiere abbiamo terminato questo nostro primo anno insieme. Per me è stato sicuramente un modo per avvicinarmi ancora di più a quelli che sono i messaggi di Dio, mi ha dato spesso spunto di dialogo e di confronto con mio marito, mi ha avvicinato ancora di più a Monica, mi ha fatto conoscere la realtà di molti bambini e di molte famiglie ma soprattutto mi ha permesso di accogliere nel mio cuore 15 differenti bambini con pensieri e modi diversi, e scoprire un po’ del loro mondo e di come riescono, a volte meglio di noi grandi, a lasciarsi stupire dalle cose della Vita. Spesso noi adulti partiamo col pensiero di dover insegnare sempre qualche cosa ai bambini e poi ci ritroviamo noi a dover reimparare, grazie a loro, a vedere con semplicità le cose che Dio ci ha donato, cose semplici, pensieri semplici. Riescono con poco a chiarire concetti che per noi sono ormai un lontano ricordo. È stato un cammino impegnativo ma che ripeterei. Se possibile vorrei dare un consiglio a tutte quelle mamme o papà che come me non si sentono all’altezza, o che pensano di non farcela per l’impegno, il tempo o altro, di provare anche solo un paio di volte ad accompagnare i propri bambini in questo percorso perché non arricchisce solo il bambino ma anche la mamma o il papà che vive un’esperienza di Vita con il proprio figlio. Quante volte avrete detto ai vostri bimbi, PROVA altrimenti non saprai mai come sarà...
Laura Buongiorno mi presento, mi chiamo Monica ed a settembre 2012 mi sono ritrovata ben 15 bimbi che, curiosi come solo loro possono essere, erano pronti ad ascoltare “La Parola di Dio” nel cammino della catechesi. Insieme con mamma Laura, anche lei alla sua prima esperienza, ho iniziato questo percorso di Fede spinta anche dalla voglia di crescere insieme con mio figlio Leonardo. Da semplici mamme, non ci siamo poste... nessun traguardo pensando che i bimbi di questa età (6/7 anni) più che di nozioni o testi avessero bisogno di iniziare un piccolo approccio con Gesù nella preghiera e nella frequentazione della Messa domenicale. L’inizio è stato burrascoso. Cosa rispondere a domande come “Chi è Dio?” o “Come è possibile che Dio e Gesù siano la stessa persona?”. Domande a bruciapelo e così dirette che ci hanno un po’ demoralizzate. Basilare è stato approfondire alcuni argomenti con Don Samuele, rispolverare vecchi concetti, confrontarci avendo modo di accrescere le nostre conoscenze in materia. Così l’anno è trascorso ed è stata una piacevole esperienza ma ciò che più resterà vivo nel nostro ricordo è l’affetto, la simpatia, il rispetto che ci hanno dimostrato i “Nostri Bimbi”: non c’è ricompensa migliore. Monica |
ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO
BENTORNATI
Ingredienti necessari: Attesa, Ansia, Curiosità, Amore, Aspettative, Programmi, Desiderio, Apprensione, Interesse. Dosate con cura, rispettando le proporzioni, aggiungete l’Esperienza e le Conoscenze maturate lo scorso anno, tanta voglia di stare insieme, un goccio di premura, l’immancabile voglia di divertirsi ed infine un pizzico di imprevisto. Eccovi servita, per il secondo anno consecutivo, la ricetta dell’accoglienza dei ragazzini provenienti dagli orfa-notrofi/Missione delle suore di Gesù Redentore di Onesti e Slanic Moldova in Romania! Grazie all’Associazione Onlus “Mano per Mano”, anche quest’anno (dal 15 giugno al 16 luglio) dieci famiglie di Zogno e Ambivere accoglieranno nelle loro case un gruppo di bambini orfani o abbandonati da genitori, in condizioni economiche e sociali disagiate e insostenibili. A fare da “quartier generale” l’Oratorio di Zogno e il suo riferimento don Samuele che, con la riconosciuta disponibilità ed esperienza maturata, diventano con le attività del C.R.E., il fulcro intorno cui ruoterà per tutto il periodo questa seconda avventura. Sabato 15 giugno le famiglie erano sul sagrato in trepidante attesa, dopo aver ingannato il tempo ricordando episodi e aneddoti dello scorso anno; ed ecco che, accompagnati da chiassosi caroselli di clacson, fanno il loro arrivo i nostri ospiti: Mihai, Dora, Valerian, Ionela, Andrei e poi Ana, Roberta, Alin e... ma dov’è? Che fine ha fatto ? Che sia rimasto in aeroporto? No, eccolo!!! Mancava solo lui, il “giamburrasca”, la “simpatica canaglia” del gruppo, il biondino Ionut! Tutti ad abbracciarlo e tutti a sghignazzare verso il papà che lo accoglierà nella sua famiglia. Lo scorso anno, gli occhioni curiosi e timorosi di questi bambini crearono un poco di imbarazzo anche in noi, al punto di frenare, ma solo inizialmente, ogni manifestazione di gioia; quest’anno è tutta un’altra musica: appena scesi dalle auto dei ragazzi dell’Associazione, ci sono corsi incontro sorridendo e abbracciandoci. La vita ci può offrire innumerevoli situazioni per emozionarci e questi bambini ci dimostrano ancora una volta come il senso dell’attesa sia una di queste; la loro presenza e la loro esperienza particolare di vita ci aiutano a cancellare tutte le nostre insicurezze, le nostre paure e, inevitabilmente, contribuiscono a farci apprezzare maggiormente la nostra realtà. Accogliere e quindi condividere con questi bambini, anche per un breve periodo, la propria casa, i propri affetti, il proprio tempo, si rivela un’esperienza unica, bella, salubre, anche se spesso bisogna fare i conti con l’egoismo, la gelosia e l’insensibilità dei nostri figli. Malgrado queste difficoltà, che si percepiscono come sconfitte e amare delusioni, quello che silenziosamente pervade il cuore di queste famiglie è la convinzione “di fare qualcosa di buono” e le famiglie se lo dicono con i racconti, interrogandosi a vicenda o, semplicemente, sorridendosi: perché quando ci sono buoni e sani interessi comuni, c’è comunicazione, e le parole diventano superflue. La fatica, dicevamo, ci sarà anche quest'anno; sicuramente passato l’iniziale entusiasmo, la routine quotidiana porterà a galla le inevitabili situazioni e dinamiche di competizione e di piccole gelosie, per guadagnarsi e riguadagnarsi le simpatie e le attenzioni dei vari famigliari, da parte degli ospiti e da parte dei nostri ragazzi. Ma anche questa volta, anche questa estate, la speranza che unisce tutti quanti è quella di riuscire ad offrire una degna ospitalità ai bambini rumeni, così come quella di riuscire a mandare un messaggio forte che apra una breccia nel cuore dei nostri ragazzi; perché si sa, non sempre si vede tutto con gli occhi e non sempre si impara tutto usando la testa, ma occorre ascoltare anche le emozioni e non vergognarsi di condividerle. Il tema del Cre di quest’anno, IL CORPO, sembra capitare proprio ad hoc: con tutte le sue caratteristiche fisiche e strutturali, quindi dal colore della pelle, al tipo di capelli, al timbro di voce, alle diversità somatiche di ciascuno, dovremmo imparare ad accogliere, accettare, condividere pregi e difetti in un’ottica di fraternità consapevole. La messa di apertura del periodo Cre ha permesso di presentare al grande gruppo di 350 e più bambini e ragazzi, quello piccolo e sparuto dei bambini della Romania: ci siamo augurati, con il sostegno e l’intercessione di Maria, di poter trascorrere un mese all’insegna dell’amicizia, del divertimento e dell’impegno, sempre in sintonia e nella convinzione che insieme si cresce!
Antonio
Antonio
ATLETI DI DIO… ALL’OPERA!
Crediamo di far piacere a tutti portando all’attenzione quelle che sono anche le belle fatiche fisiche dei nostri ragazzi! Anzitutto, in data 2 giugno, presso le Scuole Medie di Celadina, la squadra zognese di misto maschile UNDER 13 Pallavolo si è qualificata PRIMA alle fasi regionali. Ragazzi e ragazze del 2000 e 2001, quindi dodici e tredicenni, che dopo un’annata tutto sommato facile e ricca di vittorie, hanno sostenuto gli incontri finali in gare combattutissime, portando a casa però il podio più alto! Senza voler confondere il sacro con il profano, ma anzi cogliendo come propizio il felice collegamento, tornano alla mente i percorsi sportivi conosciuti in questo anno catechistico in preparazione alla Santa Cresima e alle persone speciali che hanno saputo esprimere in gesti e atteggiamenti i doni dello Spirito Santo. Distinguendosi appunto come ATLETI DI DIO, che è quello che abbiamo augurato tutti ai nostri ragazzi. Il dono di sé, delle proprie capacità e qualità, in quello che fa parte del nostro quotidiano (come in questo caso l’attività sportiva e tutto ciò che è ad essa collegata) a favore di compagni-avversari che crescono e maturano insieme, in un clima di rispetto e impegno che deve sempre essere il principale obiettivo. Complimenti davvero a tutti e un augurio di sempre maggiori soddisfazioni ! Anche nella palestra dell’oratorio si è svolto un torneo di pallavolo per squadre miste a partire dai 16 anni: diversi ragazzi, in assoluta serenità, divertendosi un sacco a partire dalla scelta dei nomi che pareva dovevano essere i più assurdi e incomprensibili possibile, si sono sfidati in alcune serate per tre settimane, da maggio al 7 giugno, giungendo ad una semifinale e ad una finale che hanno tenuto col fiato sospeso tutto il pubblico di tifosi che li ha sempre applauditi e incitati. Un grazie doveroso agli organizzatori e agli arbitri e a don Samuele che ben volentieri ospita gli atleti, festeggia con loro e li premia, riconoscendo anche la miglior giocatrice e il miglior giocatore! Questi “assaggi” di partite, permettono di scaldare gli animi e di pianificare il torneo di beach-volley ormai classico, all’interno della settimana di sagra in onore di San Lorenzo. Il desiderio di misurarsi e soprattutto di divertirsi, senza escludere impegno e fatica, soprattutto se saranno pomeriggi di sole e di caldo dopo una giornata di lavoro o di studio, rendono ancor più preziosa la disponibilità a creare gruppo, a coinvolgersi gli uni gli altri, a confrontarsi nell’abilità sportiva senza perdere di vista la correttezza e l’umiltà. Fieri e contenti anche solo di partecipare! Bravi ragazzi, i vostri famigliari e tifosi vi sosterranno sempre con affetto e simpatia! A presto...
IL CRE DEI PIÙ PICCOLI
Ognuno di noi, partecipando al CRE impara qualcosa dagli altri, senza l’ostacolo dell’età. Noi animatrici possiamo insegnare ai bambini a giocare, a comportarsi secondo un certo modo, ma loro ci insegnano qualcosa ogni giorno. I bambini infatti insegnano a noi moltissime cose, spesso dimenticate, come la semplicità con cui si rapportano con noi o l’innocenza con cui accolgono la vita in ogni suo aspetto; ed è fondamentale comprendere questo aspetto del CRE, per renderlo importante e gradito non solo ai bambini ma anche ai nostri compagni di viaggio e ai genitori. Quest’anno con grande emozione abbiamo riabbracciato anche Jonut e Roberta, i bambini rumeni già venuti l’anno scorso. Qui di seguito alcune animatrici esporranno a Voi lettori le proprie considerazioni terminato questo cammino.
• Quest’anno sono stata impegnata per il periodo del CRE con i bambini dell’asilo. È stata un’esperienza molto significativa per me. A differenza dell’anno scorso, in cui ero impegnata con i bambini di seconda e terza elementare, quest’anno c’è stato bisogno di una maggiore attenzione e di maggiore impegno verso i bambini, sia nelle uscite che in oratorio. Nel corso del mese ho avuto diverse soddisfazioni nel vedere miglioramenti da parte di alcuni bambini e ancora più gioia per l’attaccamento e l’affetto dimostratomi. Con il CRE Asilo, due occhi per seguirli e due gambe per rincorrerli sembrano non bastare, ma lo sforzo è ripagato con il loro sorriso nel vederti, pronti per una nuova avventura insieme.
Paola
• All’inizio non ero sicura di farcela, avevo una gran paura di non essere in grado di badare a tanti bambini insieme... poi pian pianino mi sono sentita conquistata dai loro bronci, dai loro sorrisi... ed eccomi qua, al terzo anno di CRE. Con loro non si sente il tempo che passa e ogni giorno imparo anch’io qualcosa da loro. Penso che ogni essere umano ha qualcosa da dare, da condividere e per questo sono qui... all’anno prossimo bambini
Edi
• Dopo l’esperienza positiva dell’anno scorso ho deciso di rifare l’animatrice al CRE, e devo dire che quest’anno i bambini sono veramente tanti e con tanta voglia di fare e giocare. Molti già li conoscevo e con gran piacere mi accorgo che anche loro si ricordano di me. La giornata è molto impegnativa ma pensare al loro entusiasmo, ai loro sorrisi e all’allegria che trasmettono mi ripaga di tutta la fatica.
Simonetta
• La mia esperienza come animatrice del CRE è stata emozionante. È stata la mia prima esperienza in un gruppo di animazione presso l’oratorio e sono pronta a ripeterla. I bambini che ho seguito, quelli dell’asilo, sono molto teneri e bravi, eccetto poche eccezioni. Mi sono trovata bene e a mio agio con le altre animatrici. Per ultimo posso aggiungere che il Don Samuele è veramente “forte”! Simpaticissimo Don Angelo.
Danays
• Ciao a tutti, quest’anno per me è stata la seconda esperienza come animatrice al CRE, e sinceramente mi ha entusiasmato maggiormente perché mi hanno affidato il gruppo dei bambini che frequentano la scuola materna e tanti di questi bambini mi si sono affezionati sin da subito. Ho vissuto dei bellissimi pomeriggi in compagnia e devo dire che nonostante la responsabilità che si ha nel fare l’animatrice, è stata un’esperienza positiva che sicuramente ripeterò. Un saluto a Don Samuele e Don Angelo e a tutti quelli che hanno contribuito a rendere sempre più funzionale e bello il nostro CRE!!!
Mayelin
Ringraziamo Don Angelo che ogni giorno veniva a trovarci, e un grazie particolare alle mamme che per il primo anno sono venute al CRE, sperando di riaverle con noi anche l’anno prossimo, considerati i ragguardevoli numeri di iscrizioni raggiunti quest’anno... ben 61 bambini.
Le animatrici
• Quest’anno sono stata impegnata per il periodo del CRE con i bambini dell’asilo. È stata un’esperienza molto significativa per me. A differenza dell’anno scorso, in cui ero impegnata con i bambini di seconda e terza elementare, quest’anno c’è stato bisogno di una maggiore attenzione e di maggiore impegno verso i bambini, sia nelle uscite che in oratorio. Nel corso del mese ho avuto diverse soddisfazioni nel vedere miglioramenti da parte di alcuni bambini e ancora più gioia per l’attaccamento e l’affetto dimostratomi. Con il CRE Asilo, due occhi per seguirli e due gambe per rincorrerli sembrano non bastare, ma lo sforzo è ripagato con il loro sorriso nel vederti, pronti per una nuova avventura insieme.
Paola
• All’inizio non ero sicura di farcela, avevo una gran paura di non essere in grado di badare a tanti bambini insieme... poi pian pianino mi sono sentita conquistata dai loro bronci, dai loro sorrisi... ed eccomi qua, al terzo anno di CRE. Con loro non si sente il tempo che passa e ogni giorno imparo anch’io qualcosa da loro. Penso che ogni essere umano ha qualcosa da dare, da condividere e per questo sono qui... all’anno prossimo bambini
Edi
• Dopo l’esperienza positiva dell’anno scorso ho deciso di rifare l’animatrice al CRE, e devo dire che quest’anno i bambini sono veramente tanti e con tanta voglia di fare e giocare. Molti già li conoscevo e con gran piacere mi accorgo che anche loro si ricordano di me. La giornata è molto impegnativa ma pensare al loro entusiasmo, ai loro sorrisi e all’allegria che trasmettono mi ripaga di tutta la fatica.
Simonetta
• La mia esperienza come animatrice del CRE è stata emozionante. È stata la mia prima esperienza in un gruppo di animazione presso l’oratorio e sono pronta a ripeterla. I bambini che ho seguito, quelli dell’asilo, sono molto teneri e bravi, eccetto poche eccezioni. Mi sono trovata bene e a mio agio con le altre animatrici. Per ultimo posso aggiungere che il Don Samuele è veramente “forte”! Simpaticissimo Don Angelo.
Danays
• Ciao a tutti, quest’anno per me è stata la seconda esperienza come animatrice al CRE, e sinceramente mi ha entusiasmato maggiormente perché mi hanno affidato il gruppo dei bambini che frequentano la scuola materna e tanti di questi bambini mi si sono affezionati sin da subito. Ho vissuto dei bellissimi pomeriggi in compagnia e devo dire che nonostante la responsabilità che si ha nel fare l’animatrice, è stata un’esperienza positiva che sicuramente ripeterò. Un saluto a Don Samuele e Don Angelo e a tutti quelli che hanno contribuito a rendere sempre più funzionale e bello il nostro CRE!!!
Mayelin
Ringraziamo Don Angelo che ogni giorno veniva a trovarci, e un grazie particolare alle mamme che per il primo anno sono venute al CRE, sperando di riaverle con noi anche l’anno prossimo, considerati i ragguardevoli numeri di iscrizioni raggiunti quest’anno... ben 61 bambini.
Le animatrici
EVERYBODY... 450 RAGAZZI E ANIMATORI CRE
Un altro mese è passato. Il tempo non ci ha sempre assistito: a volte pioveva, a volte faceva freddo. Ma niente e nessuno poteva fermare l’entusiasmo dei bambini. I maschietti non potevano mai rinunciare alla partita a calcio, anche se pioveva. Giocare, ridere, divertirsi sono le uniche cose che contano per tutti coloro che hanno partecipato al CRE. Noi animatori ci siamo preparati per circa un mese, cercando di capire al meglio il tema proposto dalla diocesi, e i temi che il Don ci suggeriva. Ci siamo preparati e ci siamo impegnati davanti a tutta la comunità e credo che, alla fine di questo periodo, possiamo essere fieri del nostro impegno e dell’ottima riuscita di questo Cre. Come al solito i bimbi si sono affezionati a noi. Quando un animatore doveva andare via, c’era sempre un po’ di tristezza. Soprattutto i più piccoli, che sono i più coccoloni. I bambini, i veri protagonisti, si sono divertiti e tornavano a casa sempre sorridenti, anche se un po’ stanchi. Hanno imparato a stare con i loro compagni nelle aule, durante i lavoretti che le mamme avevano preparato per loro, e ad accogliere anche i bambini della Romania, che sono tornati nella nostra comunità anche quest’anno. Il momento dei giochi era sempre il più atteso. Magari non era il loro gioco preferito, ma aderivano sempre, con tanta voglia. Quando vincevano erano molto contenti, se perdevano erano un po’ più tristi, ma erano pronti a ricominciare a giocare. Se poi erano giochi in cui era prevista l’acqua, cercavano in tutti i modi di farsi bagnare! Noi di prima elementare non giocavamo perché avevamo a disposizione la piscina: per i bambini era il divertimento principale. Quando ci incontravamo alle due, la prima domanda era sempre se saremmo andati in piscina. Per noi animatrici era più difficile perché l’acqua era fredda, loro non si fermavano mai. Continuavano a tuffarsi, schizzarsi, nuotare e giocare con noi. E ovviamente non volevano mai uscire! Ana, la bambina della Romania che era nel nostro gruppo, si è trovata molto bene grazie a Larisa, una mamma che parla la sua lingua, e ad Arianna, la figlia, con cui spesso giocava. Con le animatrici del mio gruppo, che non conoscevo, si è creato un bel rapporto e abbiamo lavorato bene insieme, divertendoci e facendo tante fotografie anche con i bambini. Un giorno, parlando con la mamma di uno dei miei bambini, questa mi ha ringraziato perché il figlio si era divertito molto in piscina e tutti i giorni tornava a casa contento dopo il pomeriggio in oratorio. Credo che per un animatore sentire una mamma felice, che ti ringrazia per quello che fai, sia molto bello e stimolante. È finita un’altra avventura. Mi rimane ancora del tempo per riposarmi prima di ricominciare la scuola, ma sono sicura che non dimenticherò tutti i bambini che ho incontrato e le animatrici che ho conosciuto. Grazie a tutti, di cuore!
Cristina
Cristina
UN CORPO MI HAI PREPARATO
Laboratorio liturgico
Un’idea nata da don Samuele lo scorso anno per i bambini delle elementari e proposta, come si suol dire, “in punta di piedi”, con timore, ma allo stesso tempo convinto che fosse una bella opportunità. Inserire un momento così particolare in un CRE era davvero una scelta coraggiosa, mi ha quindi incaricata di portare avanti questa esperienza che si è dimostrata subito impegnativa, ma allo stesso tempo affascinante. I ragazzi che hanno partecipato sono stati coinvolti in prima persona e si sono sentiti protagonisti di un’avventura tutta da scoprire. La prima piacevole sorpresa è stato il numero degli iscritti: più di ottanta.
Seguendo il titolo del CRE di quest’anno (Everybody), abbiamo scelto dal Vangelo alcuni episodi evangelici riguardanti quattro incontri particolari che Gesù fa con la sua gente dove il protagonista è appunto il corpo.
• La guarigione dei dieci lebbrosi
• La guarigione dell’emorroissa
• La risurrezione di Lazzaro
• L’ultima cena
La scelta non è stata casuale, infatti, oltre alle guarigioni del corpo, questi brani hanno altri aspetti che mi sembrava opportuno sottolineare: l’atto di fede che li accomuna, il ringraziamento, il grande valore dell’amicizia e il bellissimo aspetto umano di Gesù, che nel brano della risurrezione di Lazzaro, è messo in evidenza in modo marcato. Gli incontri si sono svolti nel grande salone del nostro Oratorio sfruttando la scenografia che ormai è diventata parte integrante dell’ambiente e alla quale di volta in volta, abbiamo aggiunto dei segni che rimandavano a quanto vissuto insieme. Veniva proclamato il brano di Vangelo al quale seguiva la spiegazione, ma sono stati i ragazzi i veri protagonisti per tutti e quattro gli incontri, trasformandosi all’occorrenza in “attori” che con disinvoltura ma grande trasporto, si immedesimavano nella parte. È stato sorprendente vederli così attenti e partecipi, curiosi di scoprire la figura di Gesù che sentono amico e compagno di viaggio. Nell’ultimo incontro abbiamo vissuto un momento davvero speciale: è stata imbandita una tavola attorno alla quale ci siamo seduti in cerchio, fra noi c’era don Samuele con i paramenti liturgici, che dava un tono solenne al momento. Dopo aver letto e spiegato il brano di Vangelo che racconta dell’Ultima Cena, il ragazzo più grande del gruppo (Giuseppe) ha lavato i piedi a 12 bimbi di prima elementare, aiutato da don Samuele che li asciugava. Questo a sottolineare lo spirito di servizio al quale tutti siamo chiamati imitando l’esempio che Gesù ci ha lasciato. I bimbi erano attentissimi e hanno partecipato con attenzione in un religioso silenzio. In un secondo momento don Samuele ci ha fatto “rivivere” l’istituzione dell’Eucaristia: si è posto di fronte a tutti e con gesti lenti e solenni ha spezzato il pane che poi ha distribuito invitandoci a mangiarlo concentrandoci sul gesto che stavamo compiendo. Alla fine, raccogliendo le briciole rimaste, ha portato alla nostra attenzione il fatto che in alcune parti del mondo, ci sono bambini che non hanno nemmeno quelle per sfamarsi, invitandoci quindi a non sprecare tutto ciò che per dono riceviamo ogni giorno. In un momento di raccoglimento abbiamo pregato per chi ci sta più a cuore con l’impegno di sforzarci a prenderci cura l’uno dell’altro. Come ricordo di questa esperienza, è stata consegnata ad ognuno una crocetta di legno, perché attraverso la croce possiamo riconoscere che Gesù si è donato a noi e per noi è risorto. La preghiera finale è stata recitata da una bambina rumena, da un ragazzo musulmano e da noi cristiani, a sottolineare che nella preghiera siamo tutti fratelli. È stata un’esperienza bellissima, che ha lasciato nel mio cuore una gioia immensa, ma mi ha anche portato a riflettere che con i nostri ragazzi bisogna davvero puntare alto, perché LORO CI SONO. Tocca a noi adulti essere affettuosi compagni di viaggio, nei quali loro possano sempre vedere testimoni credibili. Grazie a don Samuele per la stimolante opportunità e grazie anche a Matteo Prando, Pietro Barcella e Mattia Carnevale, preziosissimi collaboratori. Alla prossima!
Graziella
Seguendo il titolo del CRE di quest’anno (Everybody), abbiamo scelto dal Vangelo alcuni episodi evangelici riguardanti quattro incontri particolari che Gesù fa con la sua gente dove il protagonista è appunto il corpo.
• La guarigione dei dieci lebbrosi
• La guarigione dell’emorroissa
• La risurrezione di Lazzaro
• L’ultima cena
La scelta non è stata casuale, infatti, oltre alle guarigioni del corpo, questi brani hanno altri aspetti che mi sembrava opportuno sottolineare: l’atto di fede che li accomuna, il ringraziamento, il grande valore dell’amicizia e il bellissimo aspetto umano di Gesù, che nel brano della risurrezione di Lazzaro, è messo in evidenza in modo marcato. Gli incontri si sono svolti nel grande salone del nostro Oratorio sfruttando la scenografia che ormai è diventata parte integrante dell’ambiente e alla quale di volta in volta, abbiamo aggiunto dei segni che rimandavano a quanto vissuto insieme. Veniva proclamato il brano di Vangelo al quale seguiva la spiegazione, ma sono stati i ragazzi i veri protagonisti per tutti e quattro gli incontri, trasformandosi all’occorrenza in “attori” che con disinvoltura ma grande trasporto, si immedesimavano nella parte. È stato sorprendente vederli così attenti e partecipi, curiosi di scoprire la figura di Gesù che sentono amico e compagno di viaggio. Nell’ultimo incontro abbiamo vissuto un momento davvero speciale: è stata imbandita una tavola attorno alla quale ci siamo seduti in cerchio, fra noi c’era don Samuele con i paramenti liturgici, che dava un tono solenne al momento. Dopo aver letto e spiegato il brano di Vangelo che racconta dell’Ultima Cena, il ragazzo più grande del gruppo (Giuseppe) ha lavato i piedi a 12 bimbi di prima elementare, aiutato da don Samuele che li asciugava. Questo a sottolineare lo spirito di servizio al quale tutti siamo chiamati imitando l’esempio che Gesù ci ha lasciato. I bimbi erano attentissimi e hanno partecipato con attenzione in un religioso silenzio. In un secondo momento don Samuele ci ha fatto “rivivere” l’istituzione dell’Eucaristia: si è posto di fronte a tutti e con gesti lenti e solenni ha spezzato il pane che poi ha distribuito invitandoci a mangiarlo concentrandoci sul gesto che stavamo compiendo. Alla fine, raccogliendo le briciole rimaste, ha portato alla nostra attenzione il fatto che in alcune parti del mondo, ci sono bambini che non hanno nemmeno quelle per sfamarsi, invitandoci quindi a non sprecare tutto ciò che per dono riceviamo ogni giorno. In un momento di raccoglimento abbiamo pregato per chi ci sta più a cuore con l’impegno di sforzarci a prenderci cura l’uno dell’altro. Come ricordo di questa esperienza, è stata consegnata ad ognuno una crocetta di legno, perché attraverso la croce possiamo riconoscere che Gesù si è donato a noi e per noi è risorto. La preghiera finale è stata recitata da una bambina rumena, da un ragazzo musulmano e da noi cristiani, a sottolineare che nella preghiera siamo tutti fratelli. È stata un’esperienza bellissima, che ha lasciato nel mio cuore una gioia immensa, ma mi ha anche portato a riflettere che con i nostri ragazzi bisogna davvero puntare alto, perché LORO CI SONO. Tocca a noi adulti essere affettuosi compagni di viaggio, nei quali loro possano sempre vedere testimoni credibili. Grazie a don Samuele per la stimolante opportunità e grazie anche a Matteo Prando, Pietro Barcella e Mattia Carnevale, preziosissimi collaboratori. Alla prossima!
Graziella
ZOGNO – GRUMELLO DE’ ZANCHI
Durante il C.R.E. i ragazzi di 3ª media e di 1ª ado, hanno fatto la raccolta di cibo per le famiglie bisognose della nostra comunità che il gruppo Caritas Interparrocchiale provvederà a distribuire.
Abbiamo raccolto:
Pasta kg. 213
Farina 00 - Gialla kg. 22
Sale kg. 4
Sardine kg. 12
Piselli n. 108
Buste risotto n. 8
Caffè n. 24
Pasta Plasmon n. 7
Camomilla - The n. 6
Cioccolato n. 1
Vino n. 3
Salse - sughi n. 16
Dai n. 1
Latte l. 3
Dentifricio n. 1
Caramelle kg. 1,5
Piatti fondo n. 2
Riso kg. 58
Zucchero kg. 46
Fagioli - lenticchie n. 154
Tonno n. 211
Pomodori n. 138
Simmenthal n. 60
Budino n. 3
Omogeneizzati n. 24
Cappuccino solubile n. 5
Olio l. 23
Sottaceti n. 5
Miele n. 1
Torrone n. 1
Pannolini n. 1
Fazzoletti n. 1
Aceto n. 1
€. 383,00
Durante il C.R.E. i ragazzi di 3ª media e di 1ª ado, hanno fatto la raccolta di cibo per le famiglie bisognose della nostra comunità che il gruppo Caritas Interparrocchiale provvederà a distribuire.
Abbiamo raccolto:
Pasta kg. 213
Farina 00 - Gialla kg. 22
Sale kg. 4
Sardine kg. 12
Piselli n. 108
Buste risotto n. 8
Caffè n. 24
Pasta Plasmon n. 7
Camomilla - The n. 6
Cioccolato n. 1
Vino n. 3
Salse - sughi n. 16
Dai n. 1
Latte l. 3
Dentifricio n. 1
Caramelle kg. 1,5
Piatti fondo n. 2
Riso kg. 58
Zucchero kg. 46
Fagioli - lenticchie n. 154
Tonno n. 211
Pomodori n. 138
Simmenthal n. 60
Budino n. 3
Omogeneizzati n. 24
Cappuccino solubile n. 5
Olio l. 23
Sottaceti n. 5
Miele n. 1
Torrone n. 1
Pannolini n. 1
Fazzoletti n. 1
Aceto n. 1
€. 383,00
PERCHÉ ACCOGLIAMO?
Siamo una famiglia di Zogno che l’anno scorso,con altre 12 famiglie Jia vissuto l’esperienza di accogliere per un mese, ciascuna un piccolo orfano rumeno proveniente dalla casa Buna Vestire di Onestie di Slanic Moldova, gestite dalle suore di Gesù Redentore della fondazione Victorine le Dieu. Contattati dai ragazzi dell’associazione “Mano per mano“, che da ormai 10 anni collaborano con le suore organizzando attività ricreative più volte all’anno e sostenendo anche economicamente la missione, dopo un breve confronto fra tutta la famiglia, abbiamo deciso di intraprendere questa esperienza. Pur essendo vero che l’associazione ci ha accompagnato con un percorso preparatorio fatto da una serie di incontri con don Emilio Broz-zoni, è innegabile che all’interno della nostra famiglia cominciava un certo fermento e cominciavano a nascere una serie di dubbi che ci facevano porre delle domande... ”come faremo con la lingua? Si ambienterà facilmente o soffrirà di nostalgia? Saremo capaci di fare le sorelle? E come genitori, cosa dovremo concedere e cosa dovremo negare?” Questi dubbi sono svaniti immediatamente, quando il 15 giugno dell’anno scorso i bimbi sono arrivati sul sagrato e dopo un breve discorso di accoglienza di don Samuele, ci sono stati presentati. In questa circostanza si è capito subito che la lingua era l’ultimo dei problemi: incontrare due occhi così innocenti e sinceri che chiedono solo di affidarsi a te, non solo ti tolgono i dubbi su quello che stai facendo ma a stento riescono a farti trattenere le lacrime. Il mese, come tutti ricorderanno, (e come è successo anche quest’anno) è passato molto in fretta e l’unica cosa veramente faticosa di tutta l’esperienza rimane senza dubbio l’accompagnare i bimbi in aeroporto il giorno del loro rientro in Romania. Dobbiamo riconoscere, che se da parte nostra l’esperienza è stata vissuta nella maniera più semplice possibile (abbiamo fatto il papà , la mamma e le sorelle cosi come siamo capaci) la presenza della piccola Roberta è diventata sempre più forte e radicata tant’ è che non c’è stato giorno, dopo la sua partenza, che uno di noi non pensasse a lei nominandola. Non avremmo mai immaginato che una creatura cosi piccola e indifesa affidandosi totalmente al nostro affetto ed alla nostra accoglienza avrebbe potuto creare un legame cosi forte e profondo. Dal giorno della sua partenza è come se avesse legato un filo conduttore tra la nostra famiglia e la Romania. La conseguenza di questo attaccamento ci ha portati a pensare di poter andare a visitare l’istituto dove Roberta e gli altri bimbi passano il resto dei mesi dell’anno;quando i ragazzi dell’associazione ci hanno chiesto se volevamo accompagnarli in Romania durante le vacanze di Natale, è stata per noi l’occasione che stavamo aspettando. L’unica prerogativa per noi, era comunque che l’esperienza la vivessimo tutti e 4 insieme,cosi come avevamo vissuto l’accoglienza. Dal 30 Dicembre 2012 al 6 Gennaio 2013, abbiamo trascorso un periodo nella casa rumena vivendo non più l’esperienza di essere ACCOGLIENTI ma quella di essere ACCOLTI .Questo passaggio è stato per noi importante perché, al di là di verificare le condizioni di vita materiale dei nostri bimbi (che sono forse meglio di come ce le aspettavamo), ci ha dato la possibilità di vivere pienamente il significato dell’essere parte di una comunità. Le parole COMUNITÀ, ACCOGLIENZA, DIVERSITÀ, CONDI-VISIONE ci capita spesso di sentirle come buoni propositi e valori da perseguire, ma nella vita di tutti i giorni, presi dalla solita routine, impegnati nel difendere quello che siamo con quel poco che (magari faticosamente) ci siamo costruiti, ci dimentichiamo del vero senso di queste parole. Il vivere in una comunità dove 30 persone devono dividersi quel poco che riescono a procurarsi sulla tavola, sicuramente ti può riportare al vero senso di quei valori che dicevamo prima. Questi contesti di semplicità e condivisione sono terreno fertile per far nascere quei sentimenti che portano a legami ed affetti sinceri, che non sono mai per convenienza. Provate ad immaginare quanto profondo potrebbe essere il legame con una persona che divide con voi lo stesso pezzo di pane o beve dallo stesso bicchiere... non è la stessa cosa che succede in una famiglia? Ecco che per noi l’esperienza rumena è stata l’esperienza di essere accolti veramente, in una grande, ma soprattutto vera FAMIGLIA. Così se siamo partiti per la Romania pensando alla piccola che avevamo ospitato per un mese, siamo tornati ai primi di Gennaio ripensando quotidianamente a tutti i nostri piccoli fratelli, non vedendo l’ora che arrivasse Giugno per aprire la nostra casa e ripetere l’esperienza dell’accoglienza, ma avendo nel cuore anche le suore che faticosamente cercano di regalare a questi bimbi le premesse per un cammino di vita il più dignitoso possibile. In fin dei conti questi bimbi, come tantissimi in altre parti del mondo, che colpa hanno se non quella di essere nati nel posto sbagliato? E il cercare di aiutarli e volergli bene, non è il tentativo da parte nostra di riportare un po’ di giustizia sociale? Se riflettiamo su questa cosa, come possiamo accettare certe logiche di chiusura nei confronti del diverso solo perché non è fortunato come noi? Comunque il legame della nostra famiglia con la Romania si rafforza sempre più, tanto che decidiamo di tesserarci all’associazione “Mano per mano” per cercare di portare il nostro contributo tutto l’anno nelle varie attività, finalizzate alla raccolta di fondi e materiale da poter inviare alle suore per la difficile gestione delle due case che ospitano i nostri amici. A tal proposito vorrei ricordare che durante la sagra di S. Lorenzo sarà allestita in oratorio una mostra fotografica con scatti fatti da un membro dell’associazione durante i vari viaggi, offrendo a chi fosse interessato l’opportunità di respirare un po’ di profumo di Romania: incontrando poi le varie famiglie che hanno vissuto l’esperienza dell’accoglienza o qualche ragazzo dell’associazione, si potranno approfondire alcuni temi o semplicemente si potranno raccogliere informazioni sull’attività dell’associazione o sugli orfanotrofi rumeni. Sperando che queste riflessioni, maturate all’interno della nostra famiglia, possano far nascere qualche spunto di interesse in chi ci legge, auguriamo a tutti buone vacanze.
Gianfranco e Giuliana con Michela ed Aurora |
BORGO SAN LORENZO
Toscana 2mila13
Lunedì 22 luglio... ore 7.30... drin... drin... drin.... silenzio, calma, immobilismo... dopo una settimana di “Buoooongioornooooo!!”, porte sbattute, code in bagno e mugugni mattutini, la sveglia stamattina lascia un po’ di amaro in bocca. Dopo 10 minuti mi decido comunque ad alzarmi e nella mia stanza regna una strana atmosfera... nessuno mi ha ancora chiamato, salutato, “fulminato con lo sguardo”, chiesto o risposto; mi sembra quasi di essere tornata sul pullman dell’andata, seduta in mezzo a 63 adolescenti assonnati, inconsapevoli, divisi in piccoli gruppetti che si studiano fra loro. Una iniziale diffidenza che, dopo una accaldata giornata di sole a Viareggio, si trasforma subito in sana complicità, appena varcati i cancelli della nostra casa a Borgo San Lorenzo: infatti, fra scelta delle camere, lavaggio dei piatti e prime pulizie, il gruppone è già bello che formato... L’indomani, grazie a un sonno ristoratore e una colazione “ricaricante” preparata dalla nostra Claudia, siamo tutti belli pronti per il primo lavoro di gruppo: i ragazzi si mettono in gioco personalmente raccontando un episodio della loro vita in cui hanno ricevuto il perdono, riuscendo, alla fine, a capire anche che cosa sia questo difficile cammino, che si compie solo con passi lenti e consapevoli. Passi che invece si velocizzano appena il Don pronuncia la parola “PISCINA!!”. Tutti in sella, sotto i 38 gradi di oggi, passiamo un bel pomeriggio tra tuffi acrobatici, partite di beach e granite rinfrescanti. Dopo una nottata un po’ movimentata (il gioco notturno tra selve oscure aveva forse fatto effetto??!!) il mercoledì è la giornata dedicata alla spiritualità... di buon mattino partiamo alla volta di Firenze che ri-scopriamo grazie ad una tecnologica “caccia al tesoro”. Pausa pranzo, e ripartiamo... verso le 17.00 “Giotto bus” ci scaraventa – nel vero senso della parola - in quel di Romena: l’atmosfera bucolica ci entra subito dentro... riesci ad annusarla, toccarla e anche a sentirla, tramite le parole di Don Gigi che, partendo dalla sua esperienza personale di perdono, riesce a scuotere i ragazzi su temi odierni, come il rapporto genitori-figli e la crisi dei valori. Dopo cena e dopo una guida tortuosa rientriamo a casa verso le 22,00 per una tanto attesa doccia e per la nostra agognata compieta... Verso le 5.30 riceviamo una sorpresa... la camera degli animatori viene inebriata dal profumo di brioches... ma purtroppo tutte le porte delle camere sono spalancate e ben presto siamo tutti svegli. La giornata che ci attende si preannuncia faticosa: 14 km di sali-scendi in sella alle nostre fidate 2 ruote ci dividono dal lago di Bilancino, ma per le 11,00 arriviamo sani e salvi in spiaggia (o quasi... qualcuno si era fermato a far benzina...!!!) dove le canoe e i wind-surf ci aspettano. Anche qui il caldo si fa sentire, ma un po’ di acqua abbronzante e due nuotate in mezzo ai trotoni del lago ci rinfrescano corpo e mente... A fine giornata qualcuno ha problemi di movimento ma ancora non si capisce se a causa della biciclettata o di un esagerata esposizione al sole... Venerdì, anche se un po’ acciaccati, riusciamo a portare a termine con successo il secondo lavoro di gruppo: realizzare una scenetta partendo dal testo di una canzone, una parabola, un film, riguardante diversi tipi di perdono, un perdono; che, dopo cena, riusciamo perfino a strappare al bagnino che, in piscina, chiude un occhio (o forse due!!) sui nostri balli scatenati e sui nostri giochi coinvolgenti! ...Il tempo vola... e il risveglio di sabato porta con sé qualcosa di malinconico, di nostalgico, che viene per qualche ora stemperato durante la sesta edizione della “corrida di Borgo San Lorenzo” con divertentissime esibizioni di giovani Bear Grylls, Michael Jackson in erba e imitazioni conosciute. Il tradizionale falò nella notte sancisce la fine di questa avventura nelle colline toscane... le alte lingue di fuoco portano con sè gioie, sorrisi, scuse, perdoni, abbracci e lacrime (che sfuggono anche alle due veterane!). L’atmosfera del focolare domestico aiuta a esprimere dei sentiti ringraziamenti: in particolare, grazie ai miei compagni di “letto”di “ghiaccio” e di “citronella”, grazie ai sei aiuto animatori (sapete che vi voglio bene!!!) con cui da ormai cinque settimane condivido le mie giornate; un grazie “delizioso” a Claudia, Lucio, Anita e Aldo per averci viziato con i loro manicaretti e un grazie di cuore a te... nostra guida e nostro rifugio... Ops, dimenticavo!!!! “ADO... pronti... si ritorna a Borgo!!! il gruppo della Sara pulisce i bagni!!!”.
Con affetto
Sara
Con affetto
Sara
ASSISI – SENIGALLIA 2013
Da un po’ di anni a questa parte don Samuele propone a noi giovani (dalla 3ª superiore in su) un’uscita vallare, nella quale si richiede impegno spirituale e fisico, ma anche tanta voglia di divertirsi insieme. Tutto iniziò con Assisi-Loreto, seguito dalla GMG in Spagna e la più recente Croazia-Medjougorie dello scorso anno; il 2013 ha previsto invece il cammino della pace Gubbio-Assisi, nel quale i giovani partecipanti, muniti di bastoni e integratori, hanno percorso 42 km a piedi su strade dissestate in soli due giorni! L’esperienza, durata una settimana, è stata così suddivisa: i primi tre giorni sono stati dedicati alla riflessione personale durante il cammino (primo giorno: Gubbio-Biscina 25 km; secondo giorno: Valfabbrica-Assisi 17 km) e alla preghiera nella cittadina di S. Francesco, dove abbiamo potuto visitare i luoghi dove era solito ritirarsi in solitudine per pregare (Eremo delle carceri, La Verna, chiesa di S.Chiara e Basilica) e dove abbiamo potuto fortunatamente partecipare ai fantastici vespri cantati della chiesa di S. Damiano. I successivi tre giorni sono stati invece tempo di svago e riposo in spiaggia dopo la lunga fatica del cammino. Quando il don ha lanciato la proposta i ragazzi, molto scettici sul discorso fede-cammino, hanno bocciato l’idea; ma alla fine dopo i diversi inviti di don Samu, piano piano ci siamo ricreduti e anche se all’ultimo momento, nonostante la titubanza iniziale, abbiamo accettato. Infine, la combriccola era formata da 30 giovani volenterosi provenienti per il 70% da Zogno e Ambria, accompagnati da don Samuele, Paci e Katy, e per il restante 30% dall’alta valle Brembana (Branzi e Carona) con don Giovanni, Malpensata con Michela e Mario e Valbrembo. È stato molto importante il momento della partenza: durante la messa delle 7.30 don Giulio e le suore ci hanno fatto un profondo discorso sulla fede e sul cammino, regalandoci come simbolo un ciondolo a forma di sandalo, la benedizione di S. Francesco scritta a mano da loro e un diario di bordo dove annotare ciò che facevamo, ma anche le nostre riflessioni e preghiere. La maggior parte di noi aveva accettato pensando che fosse solamente una vacanza, ma alla fine ci siamo ricreduti: i giorni di cammino sono stati duri per tutti, fisicamente per il sonno e i vari dolori, e spiritualmente. Non in senso negativo ma perché ognuno di noi si è messo in gioco, lontano dalla civiltà e dalle piccole cose che durante questa vacanza abbiamo capito essere delle ricchezze, come un letto comodo e una doccia fresca. Ma la lezione più importante che ci siamo portati a casa è che: uniti si riesce ad affrontare qualsiasi situazione, condividendo e affidandosi gli uni agli altri, con umiltà e con l’esempio che ci ha dato S. Francesco. Noi personalmente è la prima volta che partecipiamo a un’esperienza così forte: la fatica ha contraddistinto questa uscita rendendola diversa, ma non per questo meno interessante. Anzi, ci ha fatto crescere molto e ci ha legate di più alla chiesa. Facendo parte della fascia d’età di 4ª-5ª superiore, abbiamo già partecipato a diverse proposte offerte dall’oratorio, quali: vite comuni invernali, Toscana, esperienze caritative, catechesi e uscite vallari, le quali sono improntate sulla formazione, sull’aggregazione e sulla preghiera. Ma confrontando le cose abbiamo capito che essendo più grandi e responsabili, dobbiamo anche continuare ad accrescere la nostra fede e impegnarci di più nel servizio alla nostra comunità e nella preghiera. Durante quest’esperienza l’abbiamo capito e interiorizzato, dimostrandolo concretamente scegliendo di continuare la catechesi ai bambini delle elementari e aiutandoli nello spazio compiti, ben due pomeriggi a settimana in oratorio, durante l’anno scolastico. Sappiamo che alcuni ragazzi non si impegnano e non partecipano alla vita in oratorio, ma comunque li invitiamo a provare cosa significhi avere una seconda casa: quindi non abbiate paura e fatevi avanti! le porte sono sempre aperte! Vi auguriamo di non abbandonare la fede durante la crescita, poiché durante l’adolescenza sappiamo che si tende ad essere ribelli e non ci si vuole avvicinare a Dio, anzi si tende ad allontanarsi. Voi siate decisi, è facile uscirne ma è ancora più intenso affidarsi allo Spirito Santo. Speriamo che riuscirete a dare il giusto peso a ogni cosa. Ora vi lasciamo alla pagina seguente con le foto che riassumono la nostra settimana. Ciao a tutti, è stato un piacere!
Francesca Zanchi & Mara Benigni
Francesca Zanchi & Mara Benigni
SPAZIO COMPITI
Con il mese di Ottobre, il nostro Oratorio è ripartito con tutte le sue attività ma, da quest’anno, è ‘decollato’ un nuovo progetto che intende offrire ai bambini della scuola Primaria la possibilità di trascorrere delle giornata insieme, per studiare, imparare e divertirsi: lo SPAZIO COMPITI. Ogni LUNEDÌ ed ogni GIOVEDÌ, al termine delle lezioni scolastiche, alcuni volontari accompagnano i bambini in oratorio per il pranzo ed un piccolo momento ricreativo. Alle ore 14,30 inizia quindi il momento di studio vero e proprio ed i bambini, dopo essere stati suddivisi in piccoli gruppi di livello, svolgono i loro compiti scolastici, con l’aiuto di alcuni volontari (insegnanti ed adolescenti). Il lavoro viene concluso verso le ore 16 per la merenda ed un altro momento di svago e poi, verso le 16.30 arrivano le mamme (attrezzate con ogni sorta di materiale e con un sacco di fantasia) e si iniziano i laboratori manuali creativi. È bello vedere questi bimbi che mangiano insieme, che si aiutano nei compiti, che colorano ed impastano con entusiasmo, che creano, progettano e realizzano oggetti di ogni tipo. È altrettanto bello, però, vedere ragazzi e ragazze che dedicano un po’ del loro tempo ai bimbi più piccoli, imparando ad essere corresponsabili e protagonisti dei luoghi in cui anche loro sono cresciuti. È bello avere un oratorio dove si possano vivere queste cose! E allora... faccio mie le parole di T. Lasconi per evidenziare un concetto che ritengo molto importante: “Per qualcuno l’oratorio è il luogo dove poter intrattenere i ragazzi con i più tradizionali giochi, “l’importante è che non stanno per strada ” ; per qualcun altro è il luogo dove si fa catechesi e si celebra qualche liturgia, “perché oratorio significa luogo dove si prega”; per altri ancora... “è qualcosa di più complesso” . Io sono fra quelli che la pensano proprio così e questa esperienza dello Spazio Compiti, insieme a tante altre, mi ha fatto nuovamente comprendere che: “l’oratorio non può ridursi né a sala giochi, né ad aula di catechismo, né a bar dove vedere le partite, né a campo dove giocare...l’oratorio è qualcosa di più...”. É l’insieme di tutte queste cose ma è, soprattutto, un ambiente educativo, un modo di stare insieme che aiuta i ragazzi a crescere e a trovare se stessi dentro una relazione unica e personale. Il luogo dove noi adulti siamo chiamati a far vivere ai ragazzi un’autentica esperienza di Chiesa e di Comunità, a partire dalla quotidianità in cui essi vivono, per far crescere, come direbbe Don Bosco: “degli onesti cittadini e dei buoni cristiani”.
Betty
Lo spazio compiti: un altro modo di vivere l’oratorio per i bambini?, per le famiglie?. No, per tutti noi!! Ma, concretamente, per chi è il progetto dello Spazio compiti? È per noi che desideriamo essere una comunità viva che sa condividere gli spazi e tempi in modo costruttivo. Ai nostri bambini, si dà un’occasione bella e preziosa per vivere l’oratorio, un modo nuovo per fare i compiti, per giocare... per crescere insieme e non solo!! Credo molto in questa progetto che abbiamo già sperimentato durante il CRE: educa i ragazzi a responsabilizzarsi, a collaborare, a mettersi in gioco... chiede agli adolescenti e alle mamme impegnate la disponibilità, la pazienza, la capacità di ascoltare, correggere, educare; senza dimenticare che i bambini vogliono da noi grandi, prima di tutto, coerenza in quanto insegniamo e chiediamo a loro. Lo spazio compiti non è un “servizio” di cui usufruire e tantomeno non vuole "supplire” alla figura del genitore, ma è una collaborazione che si offre alle famiglie una proposta formativa, creativa ed educativa dal sapore comunitario che sta a cuore ad ogni singola persona, in questo caso, i piccoli della nostra comunità. Questa novità non vuole “smorzare” l’impegno per il catechismo che è innanzitutto per noi cristiani un appuntamento edificante e fecondo, che chiede puntualità, impegno, ascolto, confronto, preghiera... che fa CRESCERE nell’animo spirituale, ma è un opportunità di portare nella vita ciò che si vive a catechismo. Lo spazio compiti è una possibilità di vivere gli spazi della Parrocchia senza chiusure, si vive insieme e si condividono momenti di gioia con ragazzi di altre culture o religioni. Lo spazio compiti è visto come un ponte tra la spensieratezza delle vacanze CRE e l’impegno scolastico e catechistico. Ad ora sono iscritti 40 ragazzi... c’è ancora posto con la possibilità di parteciparvi o solo il lunedì o giovedì, oppure entrambi i giorni.
Vi aspetto
don Samuele Novali
Betty
Lo spazio compiti: un altro modo di vivere l’oratorio per i bambini?, per le famiglie?. No, per tutti noi!! Ma, concretamente, per chi è il progetto dello Spazio compiti? È per noi che desideriamo essere una comunità viva che sa condividere gli spazi e tempi in modo costruttivo. Ai nostri bambini, si dà un’occasione bella e preziosa per vivere l’oratorio, un modo nuovo per fare i compiti, per giocare... per crescere insieme e non solo!! Credo molto in questa progetto che abbiamo già sperimentato durante il CRE: educa i ragazzi a responsabilizzarsi, a collaborare, a mettersi in gioco... chiede agli adolescenti e alle mamme impegnate la disponibilità, la pazienza, la capacità di ascoltare, correggere, educare; senza dimenticare che i bambini vogliono da noi grandi, prima di tutto, coerenza in quanto insegniamo e chiediamo a loro. Lo spazio compiti non è un “servizio” di cui usufruire e tantomeno non vuole "supplire” alla figura del genitore, ma è una collaborazione che si offre alle famiglie una proposta formativa, creativa ed educativa dal sapore comunitario che sta a cuore ad ogni singola persona, in questo caso, i piccoli della nostra comunità. Questa novità non vuole “smorzare” l’impegno per il catechismo che è innanzitutto per noi cristiani un appuntamento edificante e fecondo, che chiede puntualità, impegno, ascolto, confronto, preghiera... che fa CRESCERE nell’animo spirituale, ma è un opportunità di portare nella vita ciò che si vive a catechismo. Lo spazio compiti è una possibilità di vivere gli spazi della Parrocchia senza chiusure, si vive insieme e si condividono momenti di gioia con ragazzi di altre culture o religioni. Lo spazio compiti è visto come un ponte tra la spensieratezza delle vacanze CRE e l’impegno scolastico e catechistico. Ad ora sono iscritti 40 ragazzi... c’è ancora posto con la possibilità di parteciparvi o solo il lunedì o giovedì, oppure entrambi i giorni.
Vi aspetto
don Samuele Novali
ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO - ZOGNO
Formazione educatori e operatori pastorali e responsabili dei vari gruppi
Invito aperto anche ai genitori
Esperto: Dott. Luigi Ferrari
“Il linguaggio per amare”
Educare l’affettività e la sessualità in Oratorio
CORPO, CUORE E CERVELLO – martedì 14 gennaio ore 20.30-22.30
Un po’ di teoria: pubertà, adolescenza e crescita cognitiva.
PROIBITO PROIBIRE – martedì 21 gennaio ore 20.30-22.30
Qualche idea sulla morale sessuale della Chiesa, regole, obblighi e divieti: perché e per chi.
QUESTIONE DI STILE – martedì 28 gennaio ore 20.30-22.30
Gli stili educativi e relazionali: quando la forma è la vera sostanza.
Esperto: Dott. Luigi Ferrari
“Il linguaggio per amare”
Educare l’affettività e la sessualità in Oratorio
CORPO, CUORE E CERVELLO – martedì 14 gennaio ore 20.30-22.30
Un po’ di teoria: pubertà, adolescenza e crescita cognitiva.
PROIBITO PROIBIRE – martedì 21 gennaio ore 20.30-22.30
Qualche idea sulla morale sessuale della Chiesa, regole, obblighi e divieti: perché e per chi.
QUESTIONE DI STILE – martedì 28 gennaio ore 20.30-22.30
Gli stili educativi e relazionali: quando la forma è la vera sostanza.
PORTE APERTE IN SEMINARIO
Uscita Interparrocchiale
Mercoledì 13 novembre, dopo aver accolto l’invito del Vescovo; abbiamo vissuto la nostra prima uscita Vicariale insieme ai nostri compagni di quinta elementare di Ambria, Poscante e Stabello: dopo aver convinto gli indecisi siamo arrivati a 58 ragazzi e ragazze. Dopo aver giocato e condiviso la merenda ci siamo divisi tra maschi e femmine. I ragazzi guidati dai seminaristi hanno prima ascoltato la storia di Gesù che ha risuscitato il ragazzo di Nain, in seguito hanno scoperto i posti più significativi del seminario, facendo dei giochi a sfondo vocazionale, infatti dovevano trovare tutto ciò che serve per poter far funzionare un orologio. Al termine dei giochi tutti i ragazzi si sono ritrovati insieme e così, con l’aiuto dei seminaristi, hanno scoperto che Gesù, regalando al ragazzo di Nain di nuovo la vita, è come se gli ricaricasse l’orologio, il tempo della vita. E quotidianamente nella loro vita, che è lo sfondo del loro orologio, le lancette indicano la direzione da seguire, ed infine la batteria rappresenta l’energia e quindi nel loro caso la preghiera, l’impegno nell’andare a Messa. In conclusione i ragazzi hanno capito che non si può vivere senza tempo...senza ritmo, e per questo i seminaristi gli hanno detto che il loro vivere in seminario è proprio scandito da un grande ticchettio, fatto di campanelle, appuntamenti, giochi, studio, preghiera...è il tempo dell'imparare a scegliere e seguire Gesù. Anche le ragazze, guidate da alcune giovani, hanno corso da un monastero all'altro attraverso le vie di Città Alta ed in ogni ‘casa’ c’era qualcuno che le accoglieva e le faceva lavorare, giocare e riflettere. Anche per loro il tema era quello del tempo: tempo prezioso, tempo da non perdere, tempo da scoprire, tempo da vivere in prima persona.... E proprio questo “mettersi in gioco” l'ha ben spiegato don Andrea (Padre Spirituale dei seminaristi) a tutti i ragazzi durante la S. Messa; ha sottolineato che l’amico più prezioso è Gesù che ha dato la vita per noi e quindi ha invitato i ragazzi a prendersi cura degli amici, di permettere ai don di entrare nei loro cuori, con l’augurio di trovare la giusta direzione. Al termine della S. Messa don Andrea ha spiegato ai ragazzi che la Madonna presente in Chiesa è senza un braccio perché si dice che sia in giro a cercare nuovi seminaristi e ci ha detto che è stata una donazione del nostro caro don Giulio. Terminata la S. Messa abbiamo cenato tutti insieme e alla fine don Andrea ha regalato a tutti i don degli oratori presenti un orologio, proprio per far in modo che i ragazzi si ricordino tutto ciò che hanno scoperto in questa giornata speciale. Prima di ritornare a casa, siamo tornati in Chiesa per un momento di preghiera solo noi del Vicariato di Zogno; don Samuele ha inviato i ragazzi di chiedere «Signore, cosa vuoi che io faccia per te?» durante le preghiere della sera. Concludiamo con le parole di un seminarista cari ragazzi, cari chierichetti non sotterrate i vostri talenti, scommettete sui grandi ideali, andate controcorrente, una vita senza sfide non esiste, e un ragazzo che non sa affrontarle senza mettersi in gioco è senza spina dorsale.
Livia e Betty
Livia e Betty
COMUNITÀ SHALOM 17 novembre 2013:
Domenica 17 novembre noi, ragazzi adolescenti, ci siamo recati, insieme al Don e agli animatori, presso la comunità Shalom a Palazzolo sull’Oglio. Questa comunità fu fondata nel giugno del 1986 grazie al contributo di suor Rosalina che, da sempre dedita ai ragazzi, decise di donare interamente la propria vita al servizio di giovani che si trovano nel rischiosissimo tunnel della droga e che soffrono dei tipici disagi dell’età adolescenziale. La casa, una vecchia cascina donata da alcuni benefattori della città, con l’aiuto dei giovani e dei 6000 volontari attivi in tutta Italia, è stata resa accogliente e funzionale. I ragazzi che intraprendono il cammino sono accettati senza nessuna richiesta di denaro alle famiglie né allo stato vivendo di lavoro offerto da imprese locali, allevamento di bestiame e coltivazione di verdura in serra. La giornata è scandita dalla preghiera e dalla lode al Cristo. Molti giovani, durante questi anni trascorsi in comunità, hanno riscoperto il gusto della preghiera con l’aiuto di Suor. Rosalina che li ha guidati lungo questo difficilissimo ma appagante percorso. Dopo alcune testimonianze la frase che più mi è piaciuta è la seguente “Una persona è veramente libera non quando gli è consentito fare ciò che vuole, ma se e solo se ha imparato a distinguere con estrema fermezza ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”.Seguono alcune considerazioni scritte dai ragazzi che hanno partecipato alle testimonianze.
Prando
La visita alla comunità “Shalom” a Palazzolo è stata, per me, un’esperienza davvero intensa e carica di significato. Trovarsi faccia a faccia con giovani (chi più chi meno!) disponibili a parlare apertamente del proprio passato, dei propri errori e delle proprie difficoltà mi ha aperto gli occhi a realtà differenti, parallele alla vita quotidiana della maggior parte di noi, che però spesso non vengono considerate o nemmeno le si immagina. Trovo che sia stato un buon modo per mettersi a confronto con questi ragazzi e entrare nell’ottica della loro quotidianità attuale paragonandola alla nostra: in questo, ho riscoperto l’autenticità del valore della vita e di quanto sia importante non sprecarla in futilità e scelte affrettate. Spero di ripetere l’esperienza anche in futuro, sia per me stessa sia per tutti i ragazzi della nostra parrocchia che non hanno potuto partecipare: ESPERIENZA VALIDA E ASSOLUTAMENTE DA RIFARE!
Sara Guidi
I ragazzi di questa comunità mi hanno stupito perché mi sono resa conto che anche se avevano problemi con le famiglie e quindi erano entrati in brutte strade sono riusciti a superare le difficoltà e ad andare avanti aiutandosi a vicenda. Mi è piaciuto molto il modo in cui ci hanno salutato, cioè con delle canzoni e ballando tutti insieme, penso che aiuti loro anche un po’ a dimenticare i momenti brutti e difficili che hanno passato.
Letizia
Vedere il cambiamento negli occhi di quei ragazzi e di quegli adulti ha fatto scaturire in noi forti emozioni in quanto è un attimo smarrire la strada giusta ma ci vogliono anni per ritrovarla; ci ha stupite il loro attaccamento alla fede, la quale risulta per loro quasi salvifica quando per noi il semplice andare a messa la domenica è una gran fatica e ciò fa riflettere! L’elemento che abbiamo apprezzato di più è stato il ‘ritorno’ al passato, alla vita senza tecnologie, basata sul confronto, spesso scontro, costruttivo, sull’amicizia, quella con la A maiuscola e sulla tolleranza. La loro forza di volontà, la loro perseveranza e il loro ottimismo sono senza dubbio degni di complimenti e per questo possiamo solo augurar loro il meglio sia all’interno che soprattutto all’esterno della comunità!
Sara e Simona
Quella alla comunità Shalom è stata un’esperienza che penso che sia molto utile per i ragazzi della mia età!!! Ascoltare direttamente le testimonianze di quei ragazzi che alla nostra età facevano già uso di sostanze ci ha fatto capire che bisogna stare molto attenti a non cadere nel giro di droga, alcool, spaccio! perché si rischia di rovinare la propria vita per leggerezza e superficialità! Mi ha colpito molto quanta determinazione e fatica sono necessarie per uscire da ogni sorta di dipendenza, ho apprezzato il coraggio dei ragazzi che hanno scelto di entrare in comunità e soprattutto l’essersi fidati delle persone che ancora credevano in loro!!!
Matteo Castiglioni
La visita alla comunità di Shalom mi è piaciuta molto, perché, grazie alle testimonianze degli ospiti, ho capito i vari motivi per cui i ragazzi si spingono verso la strada della tossicodipendenza e dell’alcolismo; ho capito che ognuno ha bisogno di alcune regole per sentirsi veramente libero.
Mattia Carnevale
Prando
La visita alla comunità “Shalom” a Palazzolo è stata, per me, un’esperienza davvero intensa e carica di significato. Trovarsi faccia a faccia con giovani (chi più chi meno!) disponibili a parlare apertamente del proprio passato, dei propri errori e delle proprie difficoltà mi ha aperto gli occhi a realtà differenti, parallele alla vita quotidiana della maggior parte di noi, che però spesso non vengono considerate o nemmeno le si immagina. Trovo che sia stato un buon modo per mettersi a confronto con questi ragazzi e entrare nell’ottica della loro quotidianità attuale paragonandola alla nostra: in questo, ho riscoperto l’autenticità del valore della vita e di quanto sia importante non sprecarla in futilità e scelte affrettate. Spero di ripetere l’esperienza anche in futuro, sia per me stessa sia per tutti i ragazzi della nostra parrocchia che non hanno potuto partecipare: ESPERIENZA VALIDA E ASSOLUTAMENTE DA RIFARE!
Sara Guidi
I ragazzi di questa comunità mi hanno stupito perché mi sono resa conto che anche se avevano problemi con le famiglie e quindi erano entrati in brutte strade sono riusciti a superare le difficoltà e ad andare avanti aiutandosi a vicenda. Mi è piaciuto molto il modo in cui ci hanno salutato, cioè con delle canzoni e ballando tutti insieme, penso che aiuti loro anche un po’ a dimenticare i momenti brutti e difficili che hanno passato.
Letizia
Vedere il cambiamento negli occhi di quei ragazzi e di quegli adulti ha fatto scaturire in noi forti emozioni in quanto è un attimo smarrire la strada giusta ma ci vogliono anni per ritrovarla; ci ha stupite il loro attaccamento alla fede, la quale risulta per loro quasi salvifica quando per noi il semplice andare a messa la domenica è una gran fatica e ciò fa riflettere! L’elemento che abbiamo apprezzato di più è stato il ‘ritorno’ al passato, alla vita senza tecnologie, basata sul confronto, spesso scontro, costruttivo, sull’amicizia, quella con la A maiuscola e sulla tolleranza. La loro forza di volontà, la loro perseveranza e il loro ottimismo sono senza dubbio degni di complimenti e per questo possiamo solo augurar loro il meglio sia all’interno che soprattutto all’esterno della comunità!
Sara e Simona
Quella alla comunità Shalom è stata un’esperienza che penso che sia molto utile per i ragazzi della mia età!!! Ascoltare direttamente le testimonianze di quei ragazzi che alla nostra età facevano già uso di sostanze ci ha fatto capire che bisogna stare molto attenti a non cadere nel giro di droga, alcool, spaccio! perché si rischia di rovinare la propria vita per leggerezza e superficialità! Mi ha colpito molto quanta determinazione e fatica sono necessarie per uscire da ogni sorta di dipendenza, ho apprezzato il coraggio dei ragazzi che hanno scelto di entrare in comunità e soprattutto l’essersi fidati delle persone che ancora credevano in loro!!!
Matteo Castiglioni
La visita alla comunità di Shalom mi è piaciuta molto, perché, grazie alle testimonianze degli ospiti, ho capito i vari motivi per cui i ragazzi si spingono verso la strada della tossicodipendenza e dell’alcolismo; ho capito che ognuno ha bisogno di alcune regole per sentirsi veramente libero.
Mattia Carnevale