CAMMINARE INSIEME
NELLA GIOIA DEL VANGELO
Lettera circolare del Vescovo Francesco
per l'anno pastorale 2016-2017
Care sorelle e fratelli,
una “lettera circolare” non comincia con appellativi come questi, piuttosto evoca documenti freddi, essenziali, pratici. Quest’anno ho pensato di scrivervi una lettera circolare, che non avesse le caratteristiche della freddezza, ma un poco quelle della praticità essenziale.
Il motivo di questa scelta è dettato dall’ultima visita vicariale non ancora conclusa e da alcune esigenze che ho raccolto nel corso di quest’ultimo “viaggio” in Diocesi.
Mi auguro che le proposte contenute in questa “circolare” possano suscitare il vostro interesse e avviare un processo di condivisione alimentato dalla fede e dalla cordiale appartenenza alla nostra comunità cristiana.
L’ORIZZONTE
L’orizzonte di questo percorso è rappresentato dalla Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco. Nel Convegno ecclesiale di Firenze del novembre scorso, egli stesso ha indicato a tutte le comunità cristiane in Italia il compito di approfondire questo testo ritenuto programmatico per il suo servizio e per la missione della Chiesa:
“Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii Gaudium per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato”.
Tra le indicazioni fondamentali della Lettera del Papa, desidero condividere particolarmente queste:
L’ICONA
L’immagine evangelica che unifica l’orizzonte delineato dalla Lettera del Papa e il percorso che ci proponiamo è quella dei discepoli di Emmaus. Non mi soffermo a commentarla, invitando ciascuno ed ogni comunità a individuare il modo più efficace di utilizzare le “schede” preparate per l’itinerario catechistico di quest’anno.
“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (EG 1).
In queste parole che aprono la Lettera del Papa, ritroviamo in sintesi l’esperienza dei discepoli di Emmaus e la narrazione di ciò che avviene nell’esistenza di una donna e di un uomo che si aprono al Vangelo.
LA VISITA VICARIALE
Iniziamo dalla visita vicariale: si tratta della quinta che compio in questi sette anni ed è rivolta agli operatori pastorali della carità nei diversi ambiti della vita: dalla famiglia al lavoro, dalla fragilità alla cultura, dalla politica al volontariato.
Le cinque visite vicariali mi hanno permesso di conoscere con una certa rapidità il volto e il vissuto della Chiesa che vive in Bergamo e di stabilire relazioni che, pur limitate, mi hanno arricchito di sentimenti di meraviglia, di riconoscenza, di speranza.
Di meraviglia per la ricchezza e la solidità delle nostre comunità e della loro fede; di riconoscenza per la testimonianza e per la dedizione di preti, consacrati e laici; di speranza per una tenuta che, nonostante l’evidente secolarismo della mentalità e della vita, si manifesta nella presenza capillare delle nostre parrocchie, in un numero di preti ancora elevato, nella cura non solo esteriore delle tradizioni, in una generosità personale e organizzata che supera l’immaginazione, in un’organizzazione robusta e ad ampio raggio, nella presenza di molte iniziative sociali e culturali e nella bellezza di chiese ed opere d’arte. Particolarmente, questa quinta visita mi ha permesso di incontrare presbiteri, consacrati e laici attorno all’affascinante esperienza della carità.
L’esito di questi incontri, non conclusivo, ma già ben delineato, può essere raccolto attorno ad alcune constatazioni:
Gli aspetti che richiedono una rinnovata attenzione sono:
Viviamo in un contesto che ha privilegiato la produzione e mortificato la generazione: un segno emblematico è l’impressionante contrazione demografica in molti paesi, tra i quali proprio l’Italia. La produzione, necessaria, ha come esito il prodotto; la generazione ha come frutto la vita. Constatiamo ogni giorno che non mancano prodotti, ma viene a mancare il senso e il gusto della vita.
Anche la pastorale è esposta a questo rischio: moltiplica prodotti, proposte, iniziative, ma soffre di sterilità spirituale e comunitaria.
Mi sembra necessario ritrovare le condizioni per una generatività delle nostre comunità, consapevoli che l’esperienza della fede in Cristo è capace di questo.
Gli orientamenti che scaturiscono da questi incontri sono:
“Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del «sensus fidei», con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro” (EG 198).
LA RIFORMA DEI VICARIATI
Nel corso di quest’ultima visita, ho avvertito crescere e delinearsi in maniera sempre più chiara l’esigenza di un ripensamento e di un rilancio dei Vicariati locali.
La storia e la definizione dei Vicariati locali, merita di essere approfondita per cogliere le ragioni e le modalità con cui sono stati realizzati.
La situazione attuale è caratterizzata dalla presenza di ventotto Vicariati locali. Ogni Vicariato è presieduto da un Vicario locale nominato dal Vescovo; gli organismi previsti sono il Consiglio presbiterale vicariale e il Consiglio pastorale vicariale. I confini e le finalità del Vicariato e le responsabilità del Vicario locale sono definiti dal Vescovo e ultimamente riproposti dal Sinodo diocesano.
A partire dal Concilio la fisionomia del Vicariato assume sempre più i connotati dell’impegno pastorale in rapporto al “territorio”, inteso come insieme dei mondi vitali e rappresentativi e delle loro interazioni; proprio per questo diventa luogo ecclesiale in cui si esprime in modo significativo la vocazione e la missione dei laici e la loro corresponsabilità.
Il Vicariato diventa condizione concreta di promozione e coordinamento di una pastorale condivisa.
La situazione iniziale segnata da fervore e speranza si è progressivamente indebolita per ragioni che ricordo sommariamente: il venir meno della spinta partecipativa a tutti i livelli; la pesantezza e l’impressione di inutilità degli organismi pastorali; la debolezza del Vicariato nei confronti della Parrocchia e della figura del Parroco; la nascita delle Unità pastorali e la sensazione di una moltiplicazione insostenibile di strutture ecclesiali; il ripiegamento su dinamiche interne alla comunità cristiana; la difficoltà ad esprimere in modo generativo il rapporto tra comunità cristiana, società civile, storia contemporanea; il venir meno di una presenza laicale a livello di responsabilità programmatiche; la difficoltà a sostenere le finalità iniziali del Vicariato a fronte della diminuzione e dell’invecchiamento del clero e anche dei laici. Un segnale in questo senso è rappresentato dal fatto che circa la metà dei Vicariati locali non ha costituito e non avverte più la necessità del Consiglio pastorale vicariale. Le ragioni ricordate mi sembra richiedano una riforma di questa struttura ecclesiale.
“L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” (EG 23).
Si tratta di perseguire quattro finalità pastorali:
L’orizzonte della riforma è delineato dalla prospettiva dell’evangelizzazione e del servizio evangelico della Chiesa ad ogni persona umana; dal riconoscimento del ministero presbiterale, della vocazione laicale sia personale che comunitaria, della testimonianza della vita consacrata e dei diversi carismi, nelle loro connotazioni proprie; dalla collaborazione tra i diversi soggetti ecclesiali nella prospettiva di forme di incontro, dialogo e sinergia con i soggetti istituzionali, sociali e culturali presenti sul territorio.
La riforma prevede la definizione di Vicariati di dimensioni più grandi, che assumono il nome di Vicariati territoriali.
Le maggiori dimensioni non sono semplicemente l’allargamento degli attuali Vicariati, ma espressione di coerenza geografica e storica e soprattutto di rilevanza sociale e culturale: rappresentano concretamente la condizione che consente di perseguire con maggior efficacia le finalità indicate.
La struttura del Vicariato è costituita dalle parrocchie, dalle unità pastorali, dalle fraternità presbiterali, dalle comunità di vita consacrata e dalle aggregazioni laicali presenti in quel territorio.
Gli organismi che danno forma al Vicariato sono: il Consiglio pastorale territoriale, la Giunta presbiterale, il Vicario territoriale.
LA COSTITUZIONE DELLE FRATERNITÀ PRESBITERALI
La sommaria descrizione della riforma dei Vicariati, mette in evidenza due aspetti di grande importanza: la proiezione del Vicariato territoriale in direzione di prospettive esistenziali, sociali e culturali definite dai cinque ambiti di Verona; la promozione della responsabilità laicale in rapporto a questa figura di Vicariato.
Tra le conseguenze più vistose di queste scelte possiamo annoverare la costituzione di un unico Consiglio vicariale: il Consiglio pastorale territoriale, sulla cui composizione e finalità ritorneremo in altra occasione.
L’allargamento quantitativo del Vicariato e le sue nuove competenze pongono in modo nuovo la questione della figura e della missione del presbitero e particolarmente del presbiterio nella sua forma locale.
Ogni presbitero ordinato entra in un legame particolare con il Vescovo e con gli altri presbiteri. Il Concilio ha evidenziato in maniera forte questa appartenenza e nei decenni trascorsi abbiamo cercato di manifestarla concretamente in modi diversi.
Ora, in occasione di questa riforma, si tratta di rilanciarla attraverso una figura relativamente nuova: quella della “fraternità presbiterale”.
Si tratta innanzitutto di uno stile di vita che caratterizza l’intera comunità cristiana e che Papa Francesco ha ultimamente indicato come la risposta cristiana alla frammentazione, alle divisioni, alle ostilità e alle guerre del nostro tempo.
“Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la «mistica» di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio" (EG 87).
"Lì sta la vera guarigione, dal momento che il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono. Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un «piccolo gregge» (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità!” (EG 92).
Ricordo con discrezione che io stesso ho dedicato al tema della fraternità la lettera pastorale del 2012.
I Vescovi italiani, riflettendo sulla vita del presbitero e sul discernimento della vocazione a questo ministero, hanno recentemente sottolineato come decisiva la dimensione della fraternità, indicandola come necessaria modalità del ministero pastorale e non semplicemente come “oasi” di rigenerazione spirituale per alcuni. Si tratta di prospettare condizioni favorevoli ad un rilancio ecclesiale della “fraternità presbiterale” come stile di vita.
Ma questa espressione non indica soltanto uno stile: nell’ambito della riforma dei Vicariati, essa diventa indicativa di un concreto modo di stabilire i rapporti tra preti che vivono sullo stesso territorio. Date le dimensioni che assume il prospettato Vicariato territoriale, diventa necessario riformulare i rapporti tra presbiteri, privilegiando le dimensioni relazionali.
La “fraternità presbiterale” consiste in relazioni impegnative tra un numero limitato di presbiteri (una ventina), che vivono e lavorano in parrocchie contigue e si alimenta ad una serie di impegni condivisi che vengono definiti da loro stessi, dal presbiterio diocesano nel suo insieme e dal Vescovo. Già oggi il presbiterio di un Vicariato vive queste relazioni, spesso connotate da scelte e impegni pastorali condivisi. Ora si tratta di accentuare questi aspetti relazionali nella prospettiva di modalità nuove di servizio pastorale.
La “fraternità presbiterale” prende dunque la forma di un gruppo di presbiteri che vivendo rapporti significativi tra loro, diventano segno e testimonianza di una fraternità più vasta che abbraccia l’intera comunità: non si tratta dunque di una fraternità chiusa ed esclusiva, piuttosto di un segno e di un fermento che alimenti le relazioni dell’intera comunità.
Particolarmente, la “fraternità presbiterale” si propone di favorire l’alimentazione della fede del presbitero e delle sue competenze pastorali, l’esperienza della Grazia del ministero, uno stile di vita in cui gli aspetti comunitari possano emergere in maniera significativa, la condivisione dell’impegno pastorale.
Si tratta nel corso di quest’anno, di definire le finalità della fraternità presbiterale, le modalità della loro costituzione, le condizioni della loro esistenza, alla luce di queste indicazioni.
Le “fraternità presbiterali” non saranno una struttura ecclesiale parallela o alternativa al Vicariato territoriale; in ogni Vicariato vi saranno più “fraternità presbiterali”; ogni fraternità prevederà la figura di un “presidente” o “primus inter pares” che potremmo chiamare “moderatore della fraternità”.
La storia di molteplici esperienze già vissute e quella delle Comunità presbiterali diocesane arricchiranno questo processo.
UN CAMMINO NEL SEGNO DELLA CONDIVISIONE
Le considerazioni che vi ho sottoposto rappresentano l’avvio di un cammino che coinvolge le comunità ed i presbiteri e diventa rappresentativo di uno stile in cui le relazioni fraterne e la passione per l’annuncio del Vangelo non sono solo l’esito finale, ma la forma stessa del processo che stiamo avviando.
Ritengo che il Vescovo in prima persona debba accompagnare e accompagnarsi in modo significativo a questo percorso. Si tratta di un itinerario biennale impegnativo per me, le comunità e i presbiteri, che ora vi sottopongo. Per ragioni di chiarezza prospetto due percorsi distinti, ma non distanti.
Il primo percorso è relativo alla “riforma dei Vicariati”.
Anno pastorale 2016-2017
Il secondo percorso è relativo alle “fraternità presbiterali”
Anno pastorale 2016-2017
Il Vescovo sarà presente una volta in ogni Consiglio presbiterale vicariale sia nel primo che nel secondo anno pastorale. Il cammino sarà accompagnato da sussidi e da persone dedicate a questo.
Come si può constatare si tratti di un cammino impegnativo che si propone di alimentare una condivisione non semplicemente formale e strutturale, ma soprattutto far crescere una coscienza ecclesiale diffusa in ordine alla missione della Chiesa e alla fraternità come stile di vita.
Non trascureremo i temi che nel triennio trascorso ci siamo proposti e la vita quotidiana delle nostre comunità ecclesiali.
In questo orizzonte desidero consegnarvi una decisione che mi sembra ineludibile: per poter accompagnare questo cammino e soprattutto alimentarne il significato condividendolo con tutte le realtà della nostra Diocesi, debbo necessariamente rimandare e ripensare la Visita pastorale programmata e le modalità con cui realizzarla.
Concludo questa lettera, sottoponendovi due temi che accompagnano i percorsi indicati.
AMORIS LAETITIA
Desidero manifestarvi alcune riflessioni che aprono ad un cammino più impegnativo e prolungato. La Lettera del Papa consegna alla Chiesa e all’umanità la bellezza ed il valore della famiglia.
È necessaria una lettura attenta e assimilata del testo nella sua interezza a livello personale e comunitario
Per quanto riguarda gli sposi e le famiglie, come pure le persone che vivono in situazioni delicate dal punto di vista matrimoniale e familiare, i criteri fondamentali e inseparabili che connotano l’azione pastorale della Chiesa nel segno della misericordia, sono quelli dell’accompagnamento, del discernimento evangelico e dell’integrazione.
Il discernimento evangelico è necessario sui molteplici aspetti della vita coniugale e familiare, che oggi assumono connotati personali particolarmente marcati: in questo orizzonte si collocano anche le situazione delicate dal punto di vista matrimoniale e familiare.
Il discernimento evangelico prevede come soggetti principali le persone stesse che vivono la condizione coniugale e familiare nelle molteplici forme che oggi assumono: sotto questo profilo l’importanza della coscienza di ciascuno e della sua formazione appare evidente.
Il discernimento evangelico richiede anche il confronto con una guida spirituale, spesso riconosciuta nella figura del presbitero, sia per quanto riguarda la sua responsabilità nei confronti della comunità che gli è affidata, sia per quanto riguarda il suo ministero di annunciatore della Parola e di servitore della Grazia misericordiosa di Dio.
Il discernimento evangelico attinge alla fede, alla preghiera, all’azione dello Spirito Santo e alla Parola di Dio, all’insegnamento della Chiesa, agli orientamenti pastorali del Vescovo e prevede sempre un “cammino” di fede e di conversione.
In questo momento chiedo, particolarmente ai presbiteri, di agire con prudenza e pazienza, evitando di fissare criteri, mentre maturano orientamenti condivisi che evitino di esporre il popolo di Dio e ciascuna persona a scelte che disorientano per la loro varietà e possano essere smentite dalle indicazioni che matureranno: sia per quanto riguarda le situazioni personali di fede, sia per quanto riguarda compiti e incarichi comunitari.
Per formulare questi orientamenti desidero coinvolgere con me, gli organismi pastorali diocesani e un gruppo di persone particolarmente competenti in pastorale familiare, che possano concludere il loro lavoro entro la fine di quest’anno.
SEMINAGIONE GIOVANI
Con un numero rilevante di giovani, molti dei quali tra i venti e i trentanni, ho condiviso la partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Cracovia. Con particolare gioia abbiamo sentito risuonare nei discorsi di Papa Francesco la parola “seminagione” e abbiamo riconosciuto in lui e nei suoi gesti l’immagine del seminatore. Nelle sue parole forti appare con evidenza questa duplice condizione: i giovani sono nello stesso tempo “campo” da seminare di Vangelo e “seminatori” di Vangelo.
Da più di un anno ho chiesto a coloro che più direttamente sono impegnati nella pastorale giovanile di avviare un processo che rilanci il rapporto tra Vangelo, fede e giovani venti-trentenni. Si tratta di un arco della vita in cui si prospettano esperienze tra le più belle e decisive. Per ragioni diverse sembra che sia anche il momento della distanza più marcata tra la comunità cristiana e le giovani generazioni. Non ritengo che possiamo rassegnarci, attendendo un ritorno che avverrà in altri momenti dell’esistenza. Nello stesso tempo non vorrei che si definissero troppo velocemente iniziative, proposte, cammini che, se troppo strutturati, rischiano di esaurirsi in se stessi.
Ritengo che l’immagine della seminagione sia fortemente generativa e dinamica e possa arricchirsi di una molteplicità di contributi.
Alcuni criteri che possono ispirare questa “seminagione” sono:
Conclusione
La lettera “Evangelii Gaudium” rappresenta la fonte che ispira questo cammino.
Non si tratta di un’operazione organizzativa, che poteva essere realizzata in tempi molto più brevi: piuttosto si tratta della possibilità di far diventare una concreta riforma strutturale, l’occasione di un ripensamento condiviso che favorisca la conversione ecclesiale alla quale la nostra Comunità diocesana non vuole sottrarsi.
“Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione […] La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza «fedeltà della Chiesa alla propria vocazione», qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo” (EG 26).
Care sorelle e fratelli, lo Spirito Santo illuminerà i nostri passi, fortificherà le nostre mani, santificherà la nostra vita, rinnoverà la nostra Chiesa. Interceda per noi Maria, Madre della Chiesa, San Giovanni XXIII, testimone della generatività dello Spirito e della Chiesa, Sant’Alessandro nostro Patrono.
+ Francesco, vescovo
Solennità di Sant’Alessandro
26 agosto 2016
NELLA GIOIA DEL VANGELO
Lettera circolare del Vescovo Francesco
per l'anno pastorale 2016-2017
Care sorelle e fratelli,
una “lettera circolare” non comincia con appellativi come questi, piuttosto evoca documenti freddi, essenziali, pratici. Quest’anno ho pensato di scrivervi una lettera circolare, che non avesse le caratteristiche della freddezza, ma un poco quelle della praticità essenziale.
Il motivo di questa scelta è dettato dall’ultima visita vicariale non ancora conclusa e da alcune esigenze che ho raccolto nel corso di quest’ultimo “viaggio” in Diocesi.
Mi auguro che le proposte contenute in questa “circolare” possano suscitare il vostro interesse e avviare un processo di condivisione alimentato dalla fede e dalla cordiale appartenenza alla nostra comunità cristiana.
L’ORIZZONTE
L’orizzonte di questo percorso è rappresentato dalla Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” di Papa Francesco. Nel Convegno ecclesiale di Firenze del novembre scorso, egli stesso ha indicato a tutte le comunità cristiane in Italia il compito di approfondire questo testo ritenuto programmatico per il suo servizio e per la missione della Chiesa:
“Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii Gaudium per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avrete individuato”.
Tra le indicazioni fondamentali della Lettera del Papa, desidero condividere particolarmente queste:
- ritrovare la gioia del Vangelo e del suo annuncio;
- uscire dai confini di una fede rassicurante e di una comunità ripiegata e andare incontro ad ogni persona umana nella sua libertà, nella sua profondità, nella sua sofferenza;
- riconoscere nella figura del povero il volto di Cristo che ci interpella e ci evangelizza;
- adottare uno stile di vita cristiana personale e comunitaria capace di comunicare il fascino del Vangelo e di alimentare la fraternità tra le persone umane.
L’ICONA
L’immagine evangelica che unifica l’orizzonte delineato dalla Lettera del Papa e il percorso che ci proponiamo è quella dei discepoli di Emmaus. Non mi soffermo a commentarla, invitando ciascuno ed ogni comunità a individuare il modo più efficace di utilizzare le “schede” preparate per l’itinerario catechistico di quest’anno.
“La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” (EG 1).
In queste parole che aprono la Lettera del Papa, ritroviamo in sintesi l’esperienza dei discepoli di Emmaus e la narrazione di ciò che avviene nell’esistenza di una donna e di un uomo che si aprono al Vangelo.
LA VISITA VICARIALE
Iniziamo dalla visita vicariale: si tratta della quinta che compio in questi sette anni ed è rivolta agli operatori pastorali della carità nei diversi ambiti della vita: dalla famiglia al lavoro, dalla fragilità alla cultura, dalla politica al volontariato.
Le cinque visite vicariali mi hanno permesso di conoscere con una certa rapidità il volto e il vissuto della Chiesa che vive in Bergamo e di stabilire relazioni che, pur limitate, mi hanno arricchito di sentimenti di meraviglia, di riconoscenza, di speranza.
Di meraviglia per la ricchezza e la solidità delle nostre comunità e della loro fede; di riconoscenza per la testimonianza e per la dedizione di preti, consacrati e laici; di speranza per una tenuta che, nonostante l’evidente secolarismo della mentalità e della vita, si manifesta nella presenza capillare delle nostre parrocchie, in un numero di preti ancora elevato, nella cura non solo esteriore delle tradizioni, in una generosità personale e organizzata che supera l’immaginazione, in un’organizzazione robusta e ad ampio raggio, nella presenza di molte iniziative sociali e culturali e nella bellezza di chiese ed opere d’arte. Particolarmente, questa quinta visita mi ha permesso di incontrare presbiteri, consacrati e laici attorno all’affascinante esperienza della carità.
L’esito di questi incontri, non conclusivo, ma già ben delineato, può essere raccolto attorno ad alcune constatazioni:
- l’imponenza quantitativa delle proposte parrocchiali e vicariali in ordine alla solidarietà e alla vicinanza alle diverse dimensioni dell’esistenza;
- la forza della dedizione e dell’incontro reale con donne e uomini di ogni estrazione, nel segno della relazione personale e personalizzante;
- la varietà delle iniziative di cui le nostre comunità sono capaci;
- lo spessore dei gesti quotidiani e non organizzati;
- l’intelligenza e la preparazione di molti negli ambiti pastorali ed esistenziali in cui operano;
- la presenza apprezzata, a volte scontata, sfruttata o criticata, nelle diverse realtà territoriali.
Gli aspetti che richiedono una rinnovata attenzione sono:
- la formazione e l’autoformazione di chi opera;
- la generatività delle nostre opere e il rapporto con il “territorio”;
- la dimensione evangelizzante della carità;
- la declinazione della carità nei diversi ambiti di vita, in un contesto segnato dal problema dell’invecchiamento e del futuro, dal cambiamento nel mondo del lavoro, da una progettualità debole e limitata, da dinamiche individualiste.
Viviamo in un contesto che ha privilegiato la produzione e mortificato la generazione: un segno emblematico è l’impressionante contrazione demografica in molti paesi, tra i quali proprio l’Italia. La produzione, necessaria, ha come esito il prodotto; la generazione ha come frutto la vita. Constatiamo ogni giorno che non mancano prodotti, ma viene a mancare il senso e il gusto della vita.
Anche la pastorale è esposta a questo rischio: moltiplica prodotti, proposte, iniziative, ma soffre di sterilità spirituale e comunitaria.
Mi sembra necessario ritrovare le condizioni per una generatività delle nostre comunità, consapevoli che l’esperienza della fede in Cristo è capace di questo.
Gli orientamenti che scaturiscono da questi incontri sono:
- la cura delle proposte, con particolare attenzione alla qualità delle relazioni personali;
- la prospettiva di un lavoro pastorale che consideri l’esistenza umana nella sua unità, privilegiando un approccio delineato dagli ambiti di vita indicati nel Convegno di Verona;
- il riconoscimento e la promozione della dignità e responsabilità dei laici;
- la consapevolezza dell’importanza della dimensione educativa in tutte le sue declinazioni, iniziative e proposte della comunità;
- la coscienza del valore evangelizzante delle nostre azioni personali e comunitarie, in modo che il Vangelo possa raggiungere il cuore e le “periferie” dell’esistenza di ciascuno;
- la condivisione di prospettive e percorsi con il “territorio” nella varietà e ricchezza delle sue espressioni e istituzioni;
- il riconoscimento e la promozione della soggettività dei poveri.
“Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del «sensus fidei», con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro” (EG 198).
LA RIFORMA DEI VICARIATI
Nel corso di quest’ultima visita, ho avvertito crescere e delinearsi in maniera sempre più chiara l’esigenza di un ripensamento e di un rilancio dei Vicariati locali.
La storia e la definizione dei Vicariati locali, merita di essere approfondita per cogliere le ragioni e le modalità con cui sono stati realizzati.
La situazione attuale è caratterizzata dalla presenza di ventotto Vicariati locali. Ogni Vicariato è presieduto da un Vicario locale nominato dal Vescovo; gli organismi previsti sono il Consiglio presbiterale vicariale e il Consiglio pastorale vicariale. I confini e le finalità del Vicariato e le responsabilità del Vicario locale sono definiti dal Vescovo e ultimamente riproposti dal Sinodo diocesano.
A partire dal Concilio la fisionomia del Vicariato assume sempre più i connotati dell’impegno pastorale in rapporto al “territorio”, inteso come insieme dei mondi vitali e rappresentativi e delle loro interazioni; proprio per questo diventa luogo ecclesiale in cui si esprime in modo significativo la vocazione e la missione dei laici e la loro corresponsabilità.
Il Vicariato diventa condizione concreta di promozione e coordinamento di una pastorale condivisa.
La situazione iniziale segnata da fervore e speranza si è progressivamente indebolita per ragioni che ricordo sommariamente: il venir meno della spinta partecipativa a tutti i livelli; la pesantezza e l’impressione di inutilità degli organismi pastorali; la debolezza del Vicariato nei confronti della Parrocchia e della figura del Parroco; la nascita delle Unità pastorali e la sensazione di una moltiplicazione insostenibile di strutture ecclesiali; il ripiegamento su dinamiche interne alla comunità cristiana; la difficoltà ad esprimere in modo generativo il rapporto tra comunità cristiana, società civile, storia contemporanea; il venir meno di una presenza laicale a livello di responsabilità programmatiche; la difficoltà a sostenere le finalità iniziali del Vicariato a fronte della diminuzione e dell’invecchiamento del clero e anche dei laici. Un segnale in questo senso è rappresentato dal fatto che circa la metà dei Vicariati locali non ha costituito e non avverte più la necessità del Consiglio pastorale vicariale. Le ragioni ricordate mi sembra richiedano una riforma di questa struttura ecclesiale.
“L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno” (EG 23).
Si tratta di perseguire quattro finalità pastorali:
- promuovere e alimentare il rapporto con il “territorio”, assumendo come riferimento i cinque ambiti indicati dal Convegno ecclesiale di Verona: amore e relazioni, lavoro e festa, fragilità umane, tradizioni ed educazione, cittadinanza e politica;
- suscitare e riconoscere la corresponsabilità dei laici a partire dalle loro competenze negli ambiti ricordati;
- sostenere una formazione qualificata degli operatori pastorali;
- delineare alcune forme di intesa pastorale nell’ambito del Vicariato.
L’orizzonte della riforma è delineato dalla prospettiva dell’evangelizzazione e del servizio evangelico della Chiesa ad ogni persona umana; dal riconoscimento del ministero presbiterale, della vocazione laicale sia personale che comunitaria, della testimonianza della vita consacrata e dei diversi carismi, nelle loro connotazioni proprie; dalla collaborazione tra i diversi soggetti ecclesiali nella prospettiva di forme di incontro, dialogo e sinergia con i soggetti istituzionali, sociali e culturali presenti sul territorio.
La riforma prevede la definizione di Vicariati di dimensioni più grandi, che assumono il nome di Vicariati territoriali.
Le maggiori dimensioni non sono semplicemente l’allargamento degli attuali Vicariati, ma espressione di coerenza geografica e storica e soprattutto di rilevanza sociale e culturale: rappresentano concretamente la condizione che consente di perseguire con maggior efficacia le finalità indicate.
La struttura del Vicariato è costituita dalle parrocchie, dalle unità pastorali, dalle fraternità presbiterali, dalle comunità di vita consacrata e dalle aggregazioni laicali presenti in quel territorio.
Gli organismi che danno forma al Vicariato sono: il Consiglio pastorale territoriale, la Giunta presbiterale, il Vicario territoriale.
LA COSTITUZIONE DELLE FRATERNITÀ PRESBITERALI
La sommaria descrizione della riforma dei Vicariati, mette in evidenza due aspetti di grande importanza: la proiezione del Vicariato territoriale in direzione di prospettive esistenziali, sociali e culturali definite dai cinque ambiti di Verona; la promozione della responsabilità laicale in rapporto a questa figura di Vicariato.
Tra le conseguenze più vistose di queste scelte possiamo annoverare la costituzione di un unico Consiglio vicariale: il Consiglio pastorale territoriale, sulla cui composizione e finalità ritorneremo in altra occasione.
L’allargamento quantitativo del Vicariato e le sue nuove competenze pongono in modo nuovo la questione della figura e della missione del presbitero e particolarmente del presbiterio nella sua forma locale.
Ogni presbitero ordinato entra in un legame particolare con il Vescovo e con gli altri presbiteri. Il Concilio ha evidenziato in maniera forte questa appartenenza e nei decenni trascorsi abbiamo cercato di manifestarla concretamente in modi diversi.
Ora, in occasione di questa riforma, si tratta di rilanciarla attraverso una figura relativamente nuova: quella della “fraternità presbiterale”.
Si tratta innanzitutto di uno stile di vita che caratterizza l’intera comunità cristiana e che Papa Francesco ha ultimamente indicato come la risposta cristiana alla frammentazione, alle divisioni, alle ostilità e alle guerre del nostro tempo.
“Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la «mistica» di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio" (EG 87).
"Lì sta la vera guarigione, dal momento che il modo di relazionarci con gli altri che realmente ci risana invece di farci ammalare, è una fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono. Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un «piccolo gregge» (Lc 12,32), i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo (cfr Mt 5,13-16). Sono chiamati a dare testimonianza di una appartenenza evangelizzatrice in maniera sempre nuova. Non lasciamoci rubare la comunità!” (EG 92).
Ricordo con discrezione che io stesso ho dedicato al tema della fraternità la lettera pastorale del 2012.
I Vescovi italiani, riflettendo sulla vita del presbitero e sul discernimento della vocazione a questo ministero, hanno recentemente sottolineato come decisiva la dimensione della fraternità, indicandola come necessaria modalità del ministero pastorale e non semplicemente come “oasi” di rigenerazione spirituale per alcuni. Si tratta di prospettare condizioni favorevoli ad un rilancio ecclesiale della “fraternità presbiterale” come stile di vita.
Ma questa espressione non indica soltanto uno stile: nell’ambito della riforma dei Vicariati, essa diventa indicativa di un concreto modo di stabilire i rapporti tra preti che vivono sullo stesso territorio. Date le dimensioni che assume il prospettato Vicariato territoriale, diventa necessario riformulare i rapporti tra presbiteri, privilegiando le dimensioni relazionali.
La “fraternità presbiterale” consiste in relazioni impegnative tra un numero limitato di presbiteri (una ventina), che vivono e lavorano in parrocchie contigue e si alimenta ad una serie di impegni condivisi che vengono definiti da loro stessi, dal presbiterio diocesano nel suo insieme e dal Vescovo. Già oggi il presbiterio di un Vicariato vive queste relazioni, spesso connotate da scelte e impegni pastorali condivisi. Ora si tratta di accentuare questi aspetti relazionali nella prospettiva di modalità nuove di servizio pastorale.
La “fraternità presbiterale” prende dunque la forma di un gruppo di presbiteri che vivendo rapporti significativi tra loro, diventano segno e testimonianza di una fraternità più vasta che abbraccia l’intera comunità: non si tratta dunque di una fraternità chiusa ed esclusiva, piuttosto di un segno e di un fermento che alimenti le relazioni dell’intera comunità.
Particolarmente, la “fraternità presbiterale” si propone di favorire l’alimentazione della fede del presbitero e delle sue competenze pastorali, l’esperienza della Grazia del ministero, uno stile di vita in cui gli aspetti comunitari possano emergere in maniera significativa, la condivisione dell’impegno pastorale.
Si tratta nel corso di quest’anno, di definire le finalità della fraternità presbiterale, le modalità della loro costituzione, le condizioni della loro esistenza, alla luce di queste indicazioni.
Le “fraternità presbiterali” non saranno una struttura ecclesiale parallela o alternativa al Vicariato territoriale; in ogni Vicariato vi saranno più “fraternità presbiterali”; ogni fraternità prevederà la figura di un “presidente” o “primus inter pares” che potremmo chiamare “moderatore della fraternità”.
La storia di molteplici esperienze già vissute e quella delle Comunità presbiterali diocesane arricchiranno questo processo.
UN CAMMINO NEL SEGNO DELLA CONDIVISIONE
Le considerazioni che vi ho sottoposto rappresentano l’avvio di un cammino che coinvolge le comunità ed i presbiteri e diventa rappresentativo di uno stile in cui le relazioni fraterne e la passione per l’annuncio del Vangelo non sono solo l’esito finale, ma la forma stessa del processo che stiamo avviando.
Ritengo che il Vescovo in prima persona debba accompagnare e accompagnarsi in modo significativo a questo percorso. Si tratta di un itinerario biennale impegnativo per me, le comunità e i presbiteri, che ora vi sottopongo. Per ragioni di chiarezza prospetto due percorsi distinti, ma non distanti.
Il primo percorso è relativo alla “riforma dei Vicariati”.
Anno pastorale 2016-2017
- Assemblea diocesana di settembre: presentazione della lettera circolare.
- Consiglio pastorale vicariale: nei mesi di novembre e gennaio, approfondimento delle ragioni, finalità e caratteristiche della riforma dei Vicariati. Nei mesi di marzo e maggio, elaborazione di uno “strumento di lavoro” per la riforma e la sua attuazione e definizione provvisoria dei confini dei Vicariati territoriali.
- Assemblea diocesana di settembre: presentazione del cammino annuale.
- Assemblee dei Consigli pastorali parrocchiali suddivisi per i Vicariati territoriali provvisori: nei mesi di novembre, gennaio e marzo, approfondimento dello “strumento di lavoro” in relazione ai compiti e alla composizione del Consiglio pastorale territoriale, alla figura del Vicario territoriale e di altre figure; al regolamento elettorale. Nel mese di maggio elezioni del Consiglio pastorale territoriale e nomina del Vicario territoriale.
- Assemblea diocesana di settembre: presentazione della lettera pastorale per l'anno 2018-2019 ai Consigli pastorali territoriali.
Il secondo percorso è relativo alle “fraternità presbiterali”
Anno pastorale 2016-2017
- Assemblea presbiterale di settembre sul tema “presbiterio e fraternità”.
- Consigli presbiterali vicariali: nel corso delle riunioni dell’anno pastorale, approfondimento delle ragioni della riforma dei Vicariati e del rapporto tra fraternità presbiterale e comunità cristiana; elaborazione di uno strumento di lavoro per la riforma dei Vicariati e di uno strumento di lavoro per la fraternità presbiterale, definizione provvisoria dei confini dei Vicariati territoriali e della composizione delle fraternità presbiterali.
- Assemblea presbiterale di giugno: presentazione del itinerario dell’anno 2017-2018.
- Assemblea presbiterale di settembre: presentazione dello strumento di lavoro per la riforma dei Vicariati e le fraternità presbiterali.
- Consigli presbiterali vicariali: nel corso delle riunioni dell’anno pastorale, approfondimento dello strumento di lavoro in ordine alla riforma dei Vicariati e delle fraternità presbiterali; definizione della composizione delle fraternità presbiterali e definizione del moderatore.
- Elezioni del Consiglio pastorale territoriale e nomina del Vicario territoriale nel mese di maggio.
- Elezione del Consiglio presbiterale diocesano nel mese di giugno.
- Assemblea presbiterale di giugno: presentazione della lettera pastorale per l’anno 2018-2019 e avvio delle fraternità presbiterali.
Il Vescovo sarà presente una volta in ogni Consiglio presbiterale vicariale sia nel primo che nel secondo anno pastorale. Il cammino sarà accompagnato da sussidi e da persone dedicate a questo.
Come si può constatare si tratti di un cammino impegnativo che si propone di alimentare una condivisione non semplicemente formale e strutturale, ma soprattutto far crescere una coscienza ecclesiale diffusa in ordine alla missione della Chiesa e alla fraternità come stile di vita.
Non trascureremo i temi che nel triennio trascorso ci siamo proposti e la vita quotidiana delle nostre comunità ecclesiali.
In questo orizzonte desidero consegnarvi una decisione che mi sembra ineludibile: per poter accompagnare questo cammino e soprattutto alimentarne il significato condividendolo con tutte le realtà della nostra Diocesi, debbo necessariamente rimandare e ripensare la Visita pastorale programmata e le modalità con cui realizzarla.
Concludo questa lettera, sottoponendovi due temi che accompagnano i percorsi indicati.
AMORIS LAETITIA
Desidero manifestarvi alcune riflessioni che aprono ad un cammino più impegnativo e prolungato. La Lettera del Papa consegna alla Chiesa e all’umanità la bellezza ed il valore della famiglia.
È necessaria una lettura attenta e assimilata del testo nella sua interezza a livello personale e comunitario
Per quanto riguarda gli sposi e le famiglie, come pure le persone che vivono in situazioni delicate dal punto di vista matrimoniale e familiare, i criteri fondamentali e inseparabili che connotano l’azione pastorale della Chiesa nel segno della misericordia, sono quelli dell’accompagnamento, del discernimento evangelico e dell’integrazione.
Il discernimento evangelico è necessario sui molteplici aspetti della vita coniugale e familiare, che oggi assumono connotati personali particolarmente marcati: in questo orizzonte si collocano anche le situazione delicate dal punto di vista matrimoniale e familiare.
Il discernimento evangelico prevede come soggetti principali le persone stesse che vivono la condizione coniugale e familiare nelle molteplici forme che oggi assumono: sotto questo profilo l’importanza della coscienza di ciascuno e della sua formazione appare evidente.
Il discernimento evangelico richiede anche il confronto con una guida spirituale, spesso riconosciuta nella figura del presbitero, sia per quanto riguarda la sua responsabilità nei confronti della comunità che gli è affidata, sia per quanto riguarda il suo ministero di annunciatore della Parola e di servitore della Grazia misericordiosa di Dio.
Il discernimento evangelico attinge alla fede, alla preghiera, all’azione dello Spirito Santo e alla Parola di Dio, all’insegnamento della Chiesa, agli orientamenti pastorali del Vescovo e prevede sempre un “cammino” di fede e di conversione.
In questo momento chiedo, particolarmente ai presbiteri, di agire con prudenza e pazienza, evitando di fissare criteri, mentre maturano orientamenti condivisi che evitino di esporre il popolo di Dio e ciascuna persona a scelte che disorientano per la loro varietà e possano essere smentite dalle indicazioni che matureranno: sia per quanto riguarda le situazioni personali di fede, sia per quanto riguarda compiti e incarichi comunitari.
Per formulare questi orientamenti desidero coinvolgere con me, gli organismi pastorali diocesani e un gruppo di persone particolarmente competenti in pastorale familiare, che possano concludere il loro lavoro entro la fine di quest’anno.
SEMINAGIONE GIOVANI
Con un numero rilevante di giovani, molti dei quali tra i venti e i trentanni, ho condiviso la partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Cracovia. Con particolare gioia abbiamo sentito risuonare nei discorsi di Papa Francesco la parola “seminagione” e abbiamo riconosciuto in lui e nei suoi gesti l’immagine del seminatore. Nelle sue parole forti appare con evidenza questa duplice condizione: i giovani sono nello stesso tempo “campo” da seminare di Vangelo e “seminatori” di Vangelo.
Da più di un anno ho chiesto a coloro che più direttamente sono impegnati nella pastorale giovanile di avviare un processo che rilanci il rapporto tra Vangelo, fede e giovani venti-trentenni. Si tratta di un arco della vita in cui si prospettano esperienze tra le più belle e decisive. Per ragioni diverse sembra che sia anche il momento della distanza più marcata tra la comunità cristiana e le giovani generazioni. Non ritengo che possiamo rassegnarci, attendendo un ritorno che avverrà in altri momenti dell’esistenza. Nello stesso tempo non vorrei che si definissero troppo velocemente iniziative, proposte, cammini che, se troppo strutturati, rischiano di esaurirsi in se stessi.
Ritengo che l’immagine della seminagione sia fortemente generativa e dinamica e possa arricchirsi di una molteplicità di contributi.
Alcuni criteri che possono ispirare questa “seminagione” sono:
- l’ascolto, l'apprezzamento di una ricchezza di esperienze giovanili in cui riconoscere il seme del Vangelo;
- la dimensione comunitaria di un dinamismo che si arricchisce di tante pluralità;
- la coltivazione e l’accompagnamento nel segno della libertà dei giovani con i quali condividiamo un cammino;
- la fiducia di adulti ed educatori nei loro confronti e la promozione di loro responsabilità;
- la condivisione del Vangelo nelle terre esistenziali della loro età;
- la proposta diretta di Gesù e del suo Vangelo;
- l’attenzione alla dimensione “spirituale” tutt’altro che assente in loro;
- la considerazione seria della dimensione vocazionale della vita, particolarmente nel tempo della giovinezza.
Conclusione
La lettera “Evangelii Gaudium” rappresenta la fonte che ispira questo cammino.
Non si tratta di un’operazione organizzativa, che poteva essere realizzata in tempi molto più brevi: piuttosto si tratta della possibilità di far diventare una concreta riforma strutturale, l’occasione di un ripensamento condiviso che favorisca la conversione ecclesiale alla quale la nostra Comunità diocesana non vuole sottrarsi.
“Il Concilio Vaticano II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una permanente riforma di sé per fedeltà a Gesù Cristo: «Ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in un’accresciuta fedeltà alla sua vocazione […] La Chiesa peregrinante verso la meta è chiamata da Cristo a questa continua riforma, di cui essa, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno». Ci sono strutture ecclesiali che possono arrivare a condizionare un dinamismo evangelizzatore; ugualmente, le buone strutture servono quando c’è una vita che le anima, le sostiene e le giudica. Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza «fedeltà della Chiesa alla propria vocazione», qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo” (EG 26).
Care sorelle e fratelli, lo Spirito Santo illuminerà i nostri passi, fortificherà le nostre mani, santificherà la nostra vita, rinnoverà la nostra Chiesa. Interceda per noi Maria, Madre della Chiesa, San Giovanni XXIII, testimone della generatività dello Spirito e della Chiesa, Sant’Alessandro nostro Patrono.
+ Francesco, vescovo
Solennità di Sant’Alessandro
26 agosto 2016