UN CUORE CHE ASCOLTA

INCIPIT
IL COLLE DELLA NASCA
Il mitico Colle della Nasca è la meta decisiva, alla quale ogni padre vorrebbe condurre suo figlio. È l'approdo di un tirocinio, al quale il maestro accompagna il discepolo. È la porta attraverso la quale entrare nella condizione adulta. È il bene assoluto e necessario: "Andiamo insieme sul Colle della Nasca". È un'immagine narrativa che ho letto in un libro di Michele Serra, "Gli sdraiati". Ne cito alcuni passaggi solo come intonazione.
"Dovresti venire con me al Colle della Nasca. Tu non hai idea di come ti piacerebbe. Tu non hai idea di quanto ti farebbe bene. Sono sei ore di cammino: non troppe non poche. Si suda e si tace. Quando ti vedo così pallido, penso che ti farebbe molto bene venire con me al Colle della Nasca. So che non ti piace camminare, ma guarda che è solo un pregiudizio. Camminare è una guarigione. Un'esperienza di salvezza. Mi devi credere. Te lo chiedo per piacere. Non farlo per me. Fallo per te. Dì la verità: tu muori dalla voglia di venire con me al Colle della Nasca. Ma pur di non darmi questa soddisfazione, ti ostini a fingere di non averne alcuna vogiia. Se vieni con me ti pago. Se non vieni con me al Colle della Nasca sento che potrei morire di crepacuore. Se non vieni con me al Colle della Nasca, ti rompo la schiena a bastonate. Credo che sotto ipnosi tu potresti agevolmente salire insieme a me al Colle della Nasca. Poi un giorno ci sei venuto, al Colle della Nasca. E finalmente ti ho visto. Eri in alto. Molto più in alto di me, appena sotto alla sommità del colle ... Molto più alto di me".
Questa Lettera Pastorale apre un triennio dedicato ai giovani, contrassegnato dalla decisione di Papa Francesco di programmare il prossimo Sinodo dei Vescovi di tutto il mondo proprio per loro.
GIOVANI: UN PROBLEMA E UNA SPERANZA ... DEGLI ADULTI?
Proprio dall'immagine evocata e da queste poche righe emerge un criterio fondamentale, che ritengo debba orientare le nostre riflessioni e decisioni pastorali: i giovani non sono un mondo a parte, ma rappresentano un'età della vita in rapporto con le altre. I rapporti tra generazioni delineano di volta in volta la figura dell'adulto, del giovane, del bambino, molto più di quello che può stabilire l'età anagrafica. Questo significa che pensare e lavorare per i giovani e con i giovani, coinvolge inevitabilmente il modo di concepire la condizione dell'adulto, dell'adolescente e contemporaneamente i rapporti tra le diverse età della vita. Isolare la considerazione dei giovani dalle altre fasi dell'esistenza, è come estrarre una frase da un ragionamento o da una narrazione più ampia, con l'evidente pericolo di travisarne il significato. Di conseguenza, questo triennio non riguarda soltanto i giovani, ma l'intera comunità cristiana e il suo modo di vivere e testimoniare la fede in Gesù e la bellezza del Vangelo.
LETTERA ALLA COMUNITÀ
Per queste ragioni, la Lettera Pastorale è indirizzata a tutti coloro che riconoscono e si riconoscono nella comunità cristiana, con la speranza che lo sguardo, il volto, la mente ed il cuore dei giovani diventino un appello e addirittura una provocazione per una rinnovata e condivisa gioia del Vangelo. Scopo di questa Lettera è di indicare i criteri che ispirano la proposta triennale, lasciando agli Uffici pastorali della Curia diocesana e soprattutto alle Parrocchie, Unità pastorali e Vicariati, la definizione di
UNA BUONA STORIA
"Fino a quando hai una buona storia e qualcuno a cui raccontarla, sarai salvo".
I giovani sono una buona storia e sono felice di potervi raccontare alcuni recenti capitoli che ho condiviso con loro. Non si tratta di cronache, ma d'impronte che danno forma al cuore, di lumi che accendono lo sguardo.
PELLEGRINAGGIO ASSISI - ROMA 2014
Seicento giovani in cammino: con loro una quarantina di preti, il Vescovo, gli alpini, gli organizzatori. Alcuni vengono da molto lontano: Bolivia, Cuba, Costa d'Avorio. Sei giorni, per una ventina di kilometri ogni giorno. Fatica e soddisfazione, condivisione e accoglienza, preghiera e gioia. Assisi e il Santo Frate, Roma e il Santo Padre. Sue le parole, sua la sorpresa: "Siete bravi voi bergamaschi!". L'immagine e l'esperienza del cammino raccontano della vita, ma l'impronta lasciata dal "camminare insieme" introduce nel segreto della vita. Questo non lo vogliamo dimenticare: è un secondo criterio a cui ispirare pensieri, gesti e decisioni di questi anni.
GIUBILEO DELLA MISERICORDIA CON I CARCERATI 2016
La tradizionale Veglia delle Palme diventa celebrazione del Giubileo della Misericordia con i giovani. Sono più di duemila raccolti all'Ortomercato: approderanno, camminando, alla parrocchia della Celadina. A metà del cammino una tappa indimenticabile, preparata da alcuni e vissuta da tutti: un corteo interminabile entra, come mai è successo, nei cortili del carcere cittadino. Le persone detenute si affacciano alle grate: si ascoltano testimonianze, si prega e infine pur nell'oscurità della sera e la distanza inevitabile si incrociano sguardi e si aprono i cuori. Esperienza viva di misericordia condivisa, di risurrezioni minime e possibili, di vicinanze che superano severi confini.
GMG CRACOVIA 2016
Ancora in tanti: questa volta lontano e insieme ai giovani di ogni angolo del mondo. Fatica e festa si mescolano. Universalità e appartenenza si intrecciano. Un vecchio e milioni di giovani si incontrano, si parlano, s'intendono, si rigenerano. La fede sembra a portata di mano. La misericordia diventa incontro, riconciliazione, perdono, solidarietà... Consapevolezza dell'unicità dell' evento e desiderio che tutto non si spenga, come al chiudersi del sipario a fine spettacolo. Responsabilità condivisa di coltivare il chicco di grano seminato nella terra buona. Esigenza di "connettere" esperienze buone.
LETTERE GRUPPO SAMUELE 2017
Il Gruppo Samuele... non è un gruppo! Ancora una volta un cammino, un percorso condiviso tra giovani e adulti: una possibilità di esplorare la vita alla luce della fede e di poterla realizzare adesso. Sono circa vent'anni che si rinnova questa proposta: centinaia, ormai migliaia di giovani l'hanno raccolta e assecondata. Tra le caratteristiche due lettere personali indirizzate al Vescovo: una all'inizio, l'altra alla fine del percorso. Le conserviamo: sarebbe un meraviglioso libro di fede, di fede giovane, di fede e vita intrecciate nel segno della ricerca, dell'inquietudine, della sofferenza e della gioia, della generosità, della speranza. Creare condizioni reali perché il cuore si apra: le meraviglie della profondità dell'interiorità di ciascuno, particolarmente dei giovani, sono un dono per ogni età della vita e per ciascuna comunità.
CRE, CARITAS, MISSIONE
Ho condiviso storie di eventi unici, ma dobbiamo riconoscere le connessioni che li uniscono e li rendono profondamente significativi. Si tratta di esperienze prolungate nel tempo, ricorrenti e ripetute, preparate ed elaborate: sto pensando alle migliaia di giovani impegnati nelle proposte estive organizzate da parrocchie, oratori e associazioni, alle centinaia di giovani che nel tempo hanno vissuto esperienze missionarie e solidali, proposte da Centro Missionario e Caritas, Comunità religiose e associazione laicali, in molti paesi del mondo. Non si tratta di "avventure" vissute come turismo a buon mercato o possibilità di nuove e forti emozioni, ma di spazi di vita capaci di lasciare una traccia profonda, nella misura in cui vengono seriamente preparati e pazientemente assimilati. La cura della singola persona e della relazione rappresentano una condizione decisiva perché le esperienze vissute e condivise manifestino tutta la loro potenzialità generativa.
EDUCATORI, ANIMATORI, ALLENATORI, CATECHISTI...
Alle narrazioni che ho ricordato, desidero unire il ricordo e il riconoscimento di tanti giovani impegnati negli ambiti più diversi della vita della comunità cristiana e della società, nel segno di una disponibilità generosa e competente e di una fedeltà alla dimensione quotidiana dell'esistenza, che dev'essere l'esito di ogni percorso. La creazione di luoghi. e di tempi in cui queste dimensioni quotidiane dell'impegno dei giovani possono essere condivise, riconosciute e approfondite, è necessaria, per non lasciare che si svuotino della ricchezza vitale che posseggono. In questo orizzonte, l'esperienza delle associazioni e dei movimenti corrisponde in modo efficace alle esigenze ricordate.
"Le cose statiche non vanno. Soprattutto con i giovani. Quando io ero giovane, la moda era fare riunioni. Oggi le cose statiche come le riunioni non vanno bene. Si deve lavorare con i giovani facendo cose, lavorando, con le missioni popolari, il lavoro sociale, con l'andare ogni settimana a dar da mangiare ai senzatetto. I giovani trovano il Signore nell'azione ..." (Papa Francesco).
UN’INEVITABILE DOMANDA
PERCHÉ L’EVIDENTE DISTANZA TRA I GIOVANI E LA FEDE IN DIO?
La buona storia di cui ho riassunto alcuni capitoli, potrebbe continuare, ma alcune domande si impongono: "Perché allora appare sempre più evidente la distanza dei giovani dalla fede e ancor più dalla comunità cristiana? Che cosa alimenta questa presa di distanza? Come si spiega che nel momento più denso di speranze e di scelte fondamentali, Dio, Gesù e il suo Vangelo siano giudicati insignificanti?". Sembra di dover concludere: "Sul più bello, Dio non c'entra".
RISPOSTE RICORRENTI
Sinteticamente elenco alcune risposte che ricorrono, soprattutto da parte degli adulti. "È sempre stato così... poi ritornano": non ci resta che attendere pazientemente. Rimane comunque l'interrogativo circa la divaricazione tra Vangelo e vita, in una delle età più dense e promettenti. "È la secolarizzazione ... non possiamo farci niente": cerchiamo di coltivare quelli che ancora rimangono. È certamente una prospettiva seria, ma comunque connotata dalla rassegnazione. "È una nuova religione: Dio a modo mio". In realtà la distanza è nei confronti del Dio delle religioni: si ricerca una relazione personale con Dio, che spesso diventa un Dio personale, appunto "Dio, a modo mio". "Abbiamo fallito ... le abbiamo tentate tutte": non si tratta semplicemente di rassegnazione, ma di una resa. "Non ci resta che pregare e aspettare tempi migliori".
RISPOSTE INSUFFICIENTI
L’elenco potrebbe continuare e ritengo possa essere un utile esercizio, a partire dall'ascolto delle ragioni che i giovani stessi esprimono. È necessaria una verifica approfondita e insieme un'interpretazione sapiente, richiesta non solo dalla lettura della realtà, ma anche dalla consapevolezza dell'impressionante sforzo compiuto in questi decenni dalla comunità cristiana con e per i giovani.
L'IMMAGINE DEL "PICCOLO RESTO" E LA PROSPETTIVA UNIVERSALE
Una prospettiva che si presenta con realismo, sensatezza e ispirazione biblica è quella del "piccolo resto": concentriamoci su coloro che ci stanno. Non possiamo però dimenticare che il "piccolo resto" biblicamente inteso, non è una scelta esclusiva o il frutto di una rassegnazione sconsolata. Si tratta piuttosto di una primizia, di un germoglio, di una presenza generativa: il Vangelo rimane sempre e comunque per tutti e a tutti va annunciato e testimoniato.
"Abbiamo ascoltato il Vangelo, abbiamo pregato, abbiamo cantato; abbiamo portato i fiori alla Madonna, alla Madre; e abbiamo portato la Croce, che viene da Cracovia e domani sarà consegnata ai giovani di Panama. Da Cracovia a Panama; e, in mezzo, il Sinodo. Un Sinodo dal quale nessun giovane deve sentirsi escluso! [Qualcuno potrebbe dire:] «Ma... facciamo il Sinodo per i giovani cattolici... per i giovani che appartengono alle associazioni cattoliche, così è più forte...». No! Il Sinodo è il Sinodo per e di tutti i giovani! I giovani sono i protagonisti. «Ma anche i giovani che si sentono agnostici?». Sì! «Anche i giovani che hanno la fede tiepida?». Sì! «Anche i giovani che sono lontani dalla Chiesa?». Sì! «Anche i giovani che - non so se c'è qualcuno ... forse ci sarà qualcuno - i giovani che si sentono atei?». Sì! (Papa Francesco nella Veglia per la GMG 2017).
SEMINAGIONE GIOVANI
UN'ESPRESSIONE, MOLTE INTERPRETAZIONI
In questi ultimi anni, alla luce del Sinodo diocesano, abbiamo avviato un percorso intitolandolo "Seminagione Giovani". Si tratta di un'espressione volutamente aperta: i due sostantivi che la compongono possono essere variamente interpretati. L’immagine della seminagione evoca le parabole e lo stile evangelico: i giovani possono essere immaginati come il campo della semina, ma anche come il seme o addirittura come i seminatori. Questa varietà di interpretazioni vorrebbe comunque introdurre ad un' esperienza viva, piuttosto che ad un progetto o ad un programma. Ho più volte ricordato che l'immagine della seminagione evoca uno stile, un convincimento, una speranza, piuttosto che un'organizzazione serrata e definita.
IL CAMMINO COMPIUTO: LA LETTERA CIRCOLARE
Nella lettera circolare dello scorso anno scrivevo:
"Ritengo che !'immagine della seminagione sia fortemente generativa e dinamica e possa arricchirsi di una molteplicità di contributi. Alcuni criteri che possono ispirare questa "seminagione" sono: l'ascolto, l'apprezzamento di una ricchezza di esperienze giovanili in cui riconoscere il seme del Vangelo; la dimensione comunitaria di un dinamismo che si arricchisce di tante pluralità; la coltivazione e l'accompagnamento nel segno della libertà dei giovani con i quali condividiamo un cammino; la fiducia di adulti ed educatori nei loro confronti e la promozione di loro responsabilità; la condivisione del Vangelo nelle terre esistenziali della loro età; la proposta diretta di Gesù e del suo Vangelo; l'attenzione alla dimensione "spirituale" tutt'altro che assente in loro; la considerazione seria della dimensione vocazionale della vita, particolarmente nel tempo della giovinezza".
In questo orizzonte si collocano le esperienze ricordate in principio, l'attività dell'Ufficio per la Pastorale dell'Età Evolutiva, dell'Ufficio per la Pastorale delle Vocazioni, la settimana di formazione del clero a Siusi, il tavolo delle Associazioni e dei Movimenti, alcune proposte di evangelizzazione proposte a livello diocesano, vicariale e parrocchiale. Sono indicazioni ed esperienze da continuare ad aver presenti nei prossimi anni e che in parte approfondirò nei prossimi capitoli.
IL CRITERIO DEL "RICONOSCIMENTO"
Nella "Seminagione Giovani", il primo criterio da perseguire è quello del "riconoscimento". Non si tratta semplicemente di vedere ed osservare l'esistente: non si tratta di una constatazione. Si tratta piuttosto di uno sguardo già illuminato dal Vangelo e capace di riconoscere il Regno inaugurato da Gesù nella storia e particolarmente nella vita, nelle esperienze e nelle speranze dei giovani. A fronte della bontà di tante iniziative e della tentazione di moltiplicarle, il criterio del "riconoscimento" rappresenta il primo passo di un percorso che privilegia le dimensioni dell'incontro, della conoscenza, della collaborazione, della simpatia e finalmente della generatività.
LA PROSPETTIVA "GENERATIVA"
Scrivevo ancora nella Lettera circolare:
“Viviamo in un contesto che ha privilegiato la produzione e mortificato la generazione: un segno emblematico è !'impressionante contrazione demografica in molti paesi, tra i quali proprio !'Italia. La produzione, necessaria, ha come esito il prodotto; la generazione ha come frutto la vita. Constatiamo ogni giorno che non mancano prodotti, ma viene a mancare il senso e il gusto della vita. Anche la pastorale è esposta a questo rischio: moltiplica prodotti, proposte, iniziative, ma soffre di sterilità spirituale e comunitaria. Mi sembra necessario ritrovare le condizioni per una generatività delle nostre comunità, consapevoli che l'esperienza della fede in Cristo è capace di questo".
La "Seminagione Giovani" che intendiamo continuare, incoraggiati dalle prospettive del prossimo Sinodo dei Vescovi, vorrebbe alimentare le condizioni per la generazione e lo sviluppo di una vita sensata e buona per tutti coloro che attraversano la giovinezza.
MEMO GENERATIVI
In questa parte della Lettera cercherò di condividere il frutto dei percorsi descritti e dei criteri che cammin facendo sono emersi come capaci di alimentare speranze e relazioni, particolarmente tra giovani e adulti, tra giovani e comunità. Li intitolo "memo generativi": non si tratta di riflessioni compiute, ma di appunti da sviluppare insieme. I primi tre delineano la posta in gioco; gli altri cinque suggeriscono degli stili per le nostre comunità.
LE TERRE ESISTENZIALI
L'esperienza missionaria e particolarmente le visite missionarie, hanno contribuito a delineare l'immagine delle "terre esistenziali". Un tempo l'attività missionaria prevedeva l'abbandono del proprio Paese verso regioni spesso sconosciute, da esplorare, conoscere ed evangelizzare. Oggi queste terre non hanno a che fare con la geografia: sotto questo profilo le nostre conoscenze e le nostre esplorazioni si sono moltiplicate oltre ogni calcolo. Sono le "terre esistenziali" quelle che si presentano sconfinate e in gran parte sconosciute, quasi che ogni generazione non possa semplicemente ripercorrere i sentieri tracciati da chi l'ha preceduta, ma continuamente ne debba aprire di nuovi. L'arco di vita che calcoliamo (se un calcolo o una misura si adatta a questa esplorazione) è quello che va all'incirca dai venti ai trent'anni. Si tratta dunque di una terra esistenziale, nella quale inoltrarci, lasciandoci guidare da chi l'abita: inevitabilmente faremo delle scelte privilegiando alcuni percorsi e trascurandone altri. Gli scenari che si impongono con particolare evidenza sono quelli della solitudine e dei legami: le relazioni con la famiglia delle nostre origini, con coloro che dall'inizio tutti hanno chiamato padre, madre, fratello, sorella. Un rapporto che sembra oggi più rilevante e decisivo di un tempo, in cui continuamente si ripropongono tensioni tra una rassicurazione deresponsabilizzante e necessità doverose di autonomia e responsabilità. Ma il mondo dei legami non è solo quello della famiglia: sempre più ampio diventa per conoscenze, rapporti amichevoli, amicizie profonde, relazioni d'amore. È anche il mondo delle connessioni, delle amicizie social, delle relazioni virtuali. È il mondo dei sentimenti, delle emozioni e delle sensazioni. È il mondo della sessualità liberata e comunque fragile e delicata. In questo paesaggio non è raro trovare l'esperienza della solitudine. A volte come scelta e come stile; il più delle volte come sofferenza e condanna. Lo scenario dei legami e delle solitudini, non può essere separato da altri che si aprono nella terra esistenziale della giovinezza, particolarmente quello che è connotato dalla dimensione del futuro. È qui che ritroviamo le scelte, i sentimenti, le speranze e le delusioni che assumono il volto dei percorsi di studio, dei loro tempi e delle loro distanze; il volto delle prime esperienze lavorative, delle ricerche inutili, della precarietà e dello sfruttamento, della concretezza, della pazienza e della responsabilità, delle attese e delle pretese. La questione dello studio e del lavoro assume connotati profondamente mutati nel giro di pochi anni e si rivela decisiva in rapporto alla percezione del futuro da parte dei giovani contemporanei. Prospettive come quelle dell'abitare, del risparmiare, dell'appartenere e del partecipare assumono colorazioni cangianti. I percorsi universitari e quelli di introduzione al lavoro, rappresentano esperienze di vita da non sottovalutare, quasi fossero periodi di stallo o di passaggio da subire con rassegnazione, in maniera puramente strumentale o addirittura come alibi all'irresponsabilità e alla pigrizia. La definizione di stili di vita nuovi, capaci di sostenere le grandi sfide del nostro tempo come quella delle migrazioni mondiali, della sostenibilità ambientale, dell'ingiustizia globale, dell'interconnessione sempre più decisiva, del rischio della tecnocrazia, della comunicazione pervasiva, sembra essere impresa impossibile in termini comunitari e insostenibile a livello individuale: nello stesso tempo è ciò che le giovani generazioni avvertono come inevitabile e al quale già si stanno disponendo. Tra i tanti scenari di questa terra esistenziale, non possiamo trascurare quello rappresentato dalle fatiche e sofferenze della condizione giovanile. Il termine "disagio" con il quale si abbracciavano queste situazioni sembra scomparso, ma non sono scomparse queste esperienze, anzi si sono globalizzate.
"In molte parti del mondo i giovani sperimentano condizioni di particolare durezza, al cui interno diventa difficile aprire lo spazio per autentiche scelte di vita, in assenza di margini anche minimi di esercizio della libertà. Pensiamo ai giovani in situazione di povertà ed esclusione; a quelli che crescono senza genitori o famiglia, oppure non hanno la possibilità di andare a scuola; ai bambini e ragazzi di strada di tante periferie; ai giovani disoccupati, sfollati e migranti; a quelli che sono vittime di sfruttamento, tratta e schiavitù; ai bambini e ai ragazzi arruolati a forza in bande criminali o in milizie irregolari; alle spose bambine o alle ragazze costrette a sposarsi contro la loro volontà. Troppi sono nel mondo coloro che passano direttamente dall'infanzia all'età adulta e a un carico di responsabilità che non hanno potuto scegliere. Spesso le bambine, le ragazze e le giovani donne devono affrontare difficoltà ancora maggiori rispetto ai loro coetanei" (Documento preparatorio al Sinodo 2018).
Alcuni di questi drammi sembrano lontani dal nostro contesto: in realtà assumono volti diversi per rappresentare medesime sofferenze. Pensiamo all' esperienze di abbandono e di emarginazione, di precarietà e di sfruttamento spesso mascherato; di debolezze psicologiche e psichiche; di degenerazione fisica e morale; di alienazione in paradisi artificiali che si rivelano inferni reali.
"Assistiamo oggi ad una forma di "male dell'anima" e di "isolamento patologico" dei giovani che vivono sulla soglia di un "presente sospeso", dove «il presente diventa il tutto e contemporaneamente diventa il niente». Oggi nei giovani vi è un assenza "patologica" di futuro sul quale è "proibito" scommettere: esiste un loro blocco verso il futuro che è la causa dell' emergenza educativa, frutto della mancata maturazione di una coscienza responsabile di fronte a sé, agli altri e al mondo" (Documento preparatorio al Sinodo 2018).
Nella terra esistenziale della condizione giovanile, vorrei sottolineare come "segno dei tempi", capace di interpellarci, la presenza significativa di giovani immigrati. Nel mondo della globalizzazione delle esperienze, dei rapporti, dei viaggi e degli spostamenti, il volto giovane di persone che provengono da molti paesi del mondo, alimenta dinamiche che diventano sempre più importanti e delineano evidentemente la figura del nostro territorio. Abbiamo iniziato ad esplorare una terra esistenziale in cui 1'attesa indefinita sembra connotare la vita di gran parte dei giovani occidentali, facilmente disposti ad una consumazione ineluttabile del tempo presente. Si tratta di una descrizione sommaria e proprio per questo esposta al pericolo di rivelarsi inadeguata e ingiusta. L'ho proposta solo per alimentare la consapevolezza della comunità cristiana in rapporto alla necessità di prendere in seria considerazione questa "terra" così cambiata rispetto a quando è stata abitata dagli adulti di oggi. La proposta del Vangelo e la possibilità della fede deve percorrere le strade di questa terra.
LA PROPOSTA DEL VANGELO
Desidero aprire questo secondo "memo generativo" con una citazione del Messaggio del Concilio Vaticano II ai giovani (1965):
"È a nome di Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l'appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell'odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell'entusiasmo un mondo migliore di quello attuale! La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore. Ricca di un lungo passato sempre in essa vivente, e camminando verso la perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera giovinezza del mondo. Essa possiede ciò che fa la forza o la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove conquiste. Guardatela, e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e l'amico dei giovani".
L'annuncio del Vangelo è il compito fondamentale della comunità cristiana. È un annuncio connotato dalla gioia, che ha conquistato gli annunciatori ed è diventata la ragione che alimenta il desiderio di comunicare la gioia del Vangelo.
"La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia" (Evangelii Gaudium, n. 20).
Papa Francesco ne ha fatto il programma per sé e per tutta la Chiesa. Un annuncio che privilegia i piccoli e i poveri, ma non esclude nessuno. Un annuncio rivolto ai giovani, a tutti i giovani, a ciascun giovane nella sua concreta condizione. Un annuncio che da sempre esercita un particolare fascino sui giovani, per la loro connaturata predisporre a riconoscere ciò che bello, buono, giusto, vero e santo. Continua Papa Francesco in Evangelii Gaudium: "Anche se non sempre è facile accostare i giovani, si sono fatti progressi in due ambiti: la consapevolezza che tutta la comunità li evangelizza e li educa, e l'urgenza che essi abbiano un maggiore protagonismo" (n. 106). Sono due criteri indispensabili all'annuncio del Vangelo ai giovani d'oggi. Altri si uniscono a questi: la contaminazione tra Vangelo e vita di ciascun giovane; la sorpresa di un annuncio che precede ogni merito ed ogni calcolo; la credibilità di chi evangelizza perché si lascia continuamente evangelizzare; un clima di libertà che non asseconda l'indifferenza diffusa, ma diventa condizione per interpellare la coscienza di ciascuno; una ricaduta sociale dell'annuncio, che ha come caratteristica fondamentale l'accoglienza e il riconoscimento del povero.
"L'annuncio del Vangelo deve soddisfare alcune qualità (EG 164- 1'12): deve esprimere che l'amore di Dio sta prima di ogni obbligazione morale e religiosa; non è riducibile ad una formazione dottrinale; non deve imporre la libertà, ma appellarsi alla libertà; deve infondere gioia e forza; pur essendo centrato sulla Parola, deve esibire gli adeguati rimandi ai segni liturgici e alle esigenze della vita di carità; deve sfruttare le possibilità che la via della bellezza offre; deve essere azione ecclesiale e non awentura in solitaria. Vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna sono, in continuità con il contenuto, le qualità dell'evangelizzatore. Il primato evangelico della persona ne è la condizione di possibilità" (Carrara don Paolo).
Di fronte a questi giovani, la comunità dei credenti è chiamata a trasformarsi e a farsi solidale. Il passo da compiere è quello di trasformare le comunità ecclesiali in "luoghi" dove si "impara" a credere e dove si "impara" a pregare; luoghi nei quali si può decidere di credere; luoghi di generazione alla fede; luoghi a misura di quei laboratori della fede auspicati da Giovanni Paolo II; luoghi in cui gli stessi giovani possano affrontare la loro ignoranza rispetto al Gesù dei Vangeli, le loro pretese in riferimento alla loro esistenza e alla Chiesa; luoghi di respiro, di libertà, di passaggi e di paesaggi da contemplare, da ammirare, da interrogare e da mettere alla prova; luoghi in cui elaborare il disagio culturale che li attanaglia; luoghi facilmente transitabili, sottratti alla mania clericale della diaconia ad ogni costo. Quindi la pastorale giovanile non è chiamata a concentrare la sua attenzione su "una" azione specificamente progettata per i giovani, ma sul tessuto quotidiano e feriale, che la comunità cristiana deve sapere abitare maggiormente.
LA PROSPETTIVA VOCAZIONALE
L'annuncio del Vangelo e la proposta della fede assumono per i giovani i connotati di un appello che dà forma alla loro esistenza. Non si tratta di conoscere e aderire a delle idee, non si tratta di discutere sull'esistenza di Dio, ma di sperimentare come la fede e il Vangelo possano alimentare il gusto della vita, la speranza che supera il confine del presente consumato, una progettualità che non si riduce al pur necessario posto di lavoro. In questo senso l'annuncio del Vangelo assume una prospettiva inevitabilmente vocazionale. Siamo consapevoli che la parola vocazione è di difficile comprensione. Per molti è ancora una questione che investe coloro che hanno scelto di consacrarsi a Dio, come preti, frati e suore. In questi decenni, i più sensibili e attenti alla vita della Chiesa, sono entrati nella prospettiva che anche altre esperienze di vita, come il matrimonio o una radicale dedizione al prossimo, possono essere riconosciute come risposta ad una vocazione. In un gergo più comune, la parola vocazione indica una particolare attitudine, una via sulla quale una persona ha realizzato se stessa, specialmente nel suo lavoro. In realtà la parola vocazione rimane incomprensibile e insignificante per la maggioranza dei giovani. Alcune espressioni che possono rappresentare un terreno di incontro, una possibilità d'intesa sono rappresentate dalle immagini del progetto e del destino, del desiderio e del sogno. Non sono termini estranei alla dimensione vocazionale, che comunque si qualifica per un aspetto assolutamente originale e decisivo. La vocazione, rispetto ad ogni altro termine, evoca una relazione, un discorso che implica una parola diversa dalla mia, un dialogo con un altro, addirittura con l'Altro. La vocazione introduce alla possibilità di una relazione con Dio, capace di dar forma alla mia vita, alla mia libertà, alle mie scelte fondamentali e dunque al mio futuro e al mio destino. La vocazione è una Parola che Dio riserva alla mia persona unica, irripetibile ed originale nella storia dell'umanità e nella vita dell'universo. Non si tratta di un progetto definito da scoprire e poi da realizzare, nemmeno di un destino prefigurato e ineluttabile: si tratta piuttosto della forma della mia esistenza che si delinea nell'incontro e nel dialogo con Dio, vissuto nella ricerca, nella fede, nell'ascolto, nella preghiera, nell'esperienza della vita e del Vangelo, nella condivisione con altri e soprattutto nell'esercizio della libertà capace di impegnare l'esistenza in scelte che la connotano profondamente. Le possibilità che questa prospettiva ogni giorno ci riserva sono molte e di volta in volta contrassegnano giornate, tempi, situazioni, impegni e relazioni. L'esperienza della libertà ci introduce alla profonda avvertenza che la nostra vita non è un bene di consumo da utilizzare al meglio e nemmeno una fatalità da cavalcare come l'onda da un surfista. La nostra vita non è solo un dato, ma è un dono: frutto dunque non di un caso, ma di un amore. Vocazione è allora il segreto della vita che viene riconosciuta come dono d'amore e chiamata a farsi dono d'amore nella fantasia delle possibilità e delle scelte che ciascuno compie. La vocazione rivela che la nostra libertà si dispiega non nell'assoluta e radicale autonomia, il cui esito è l'altrettanto radicale solitudine, ma in relazioni d'amore, la cui sorgente inesauribile è Dio: il Dio narrato nella vicenda e nella persona di Gesù. Vocazione significa dunque la rilevanza del rapporto tra la fede e la vita: una fede capace di ispirare la vita, di darle forma, di trasformarla in un dono d'amore e quindi di realizzarla. La vocazione è il modo di credere di tutti e in modo particolare di una persona giovane. All'interno di questo triennio, l'anno pastorale 2018-2019 avrà una connotazione vocazionale particolare.
Come dicevo all'inizio di questo capitolo, intendo ora suggerire alle nostre comunità alcuni atteggiamenti, che possano delineare lo stile con il quale connotare il rapporto della comunità cristiana con le giovani generazioni.
CAMMINARE INSIEME
L'immagine della strada e del cammino mantengono ancora una intensa capacità evocativa. Rappresentano la vita nel suo dispiegarsi, nel succedersi dei giorni e insieme una direzione ed una meta, frutto di scelte e spesso di combinazioni. La strada è evocativa anche di Gesù e del suo Vangelo che si propongono come via e come guida o compagni di viaggio o recuperanti i dispersi, i perduti, gli affaticati... il cammino evoca una decisione, una fatica, la persona nel suo viaggio, un movimento... La proposta o se volete la necessità è quella di camminare insieme: percorrere la medesima strada, accompagnarsi e aspettarsi, adottare il passo di chi fa più fatica, a volte più avanti, altre volte accanto o indietro. La condivisione del cammino è spesso silenziosa, in ascolto: una presenza simpatica. Condividere il cammino significa condividere la fatica, pur nella diversità di come la si sperimenta. Camminare insieme significa aprire una relazione, una reciprocità non invasiva. È vero: i giovani vogliono e devono fare la loro strada, ma non disdegnano la compagnia di chi non si sostituisce a loro, di chi non si impalca a maestro, di chi crede in loro.
Suggerisco alcune esperienze:
- I Pellegrinaggi per adolescenti e giovani proposti a livello parrocchiale o vicariale dove, oltre a raggiungere una meta, si impara a condividere uno stile sobrio ed essenziale .
- L'esperienza "Giovani in missione" proposta dal Centro Missionario Diocesano ovvero viaggi in cui si ampliano gli orizzonti e si intrecciano nuove relazioni con culture differenti .
- I Progetti lavoro della "San Vincenzo" dove si ha la possibilità di aprire gli occhi sulle fragilità di alcuni giovani del nostro territorio e si condivide con loro un pezzo di strada perché si ricomponga un'autonomia di vita.
LASCIARSI INTERROGARE
La domanda è un luogo di incontro tra generazioni diverse, tra comunità cristiana e giovani. Il Vangelo è zeppo di domande, tra cui quella che illuminerà il nostro percorso: "Che cosa cercate?". Il cammino è sempre ricerca per giovani e adulti e quando si è trovato ciò che si cercava ci si rende conto che il cammino si apre a nuovi orizzonti. A volte la domanda diventa impellente, altre volte va suscitata. È necessario aprire spazi perché si possano condividere domande senza l'ansia della risposta e senza la paura del giudizio. Spesso la distanza tra generazioni nasce da una incomunicabilità che è frutto della mortificazione delle domande e della possibilità di porle. I giovani interpellano i cristiani in mille modi: domande esplicite e dirette, attese curiose e interessate, provocazioni sconcertanti e urticanti. Non dobbiamo aver paura delle domande, anzi la comunità cristiana dev'essere luogo in cui le domande trovano convinta cittadinanza, perché le risposte abbiano una credibilità convincente.
Suggerisco alcune esperienze:
- Il percorso "Sulla soglia" proposto dal Centro Universitario Sant'Andrea (CUSA) nel quale si approfondiscono tematiche che attraversano la Parola di Dio e l'esperienza umana, mettendo a fuoco anche quelle scomode e cercando risposte che diano sapore alla vita .
- Il "Gruppo Samuele" dove si approfondisce la propria fede nel confronto con altri giovani coetanei della Diocesi .
- I percorsi della "Fraternità Effatà" dove si possono vivere cammini di discernimento a 360° .
- Gli incontri vocazionali proposti dal Seminario Vescovile e dalle Congregazioni religiose dove un giovane può verificare come impegnare la sua libertà a servizio di Dio e della Chiesa.
IMPARARE A RICONOSCERE
Una caratteristica evidente della nostra cultura e anche della nostra fede è rappresentata dal verbo fare, lavorare, intraprendere, amare, donare, aiutare ... È così forte questa cultura che diventa addirittura ingombrante: non c'è posto per altri, non c'è posto per i giovani. La giovinezza si prolunga oltre ogni immaginazione e si è creato un ingorgo che impedisce ai più giovani di avanzare. Sono i verbi attivi quelli che caratterizzano la nostra vita e la sua riuscita: i verbi passivi sono attese, a volte pretese, ma sembrano insufficienti e incapaci di riempire la vita.
"Nelle lingue classiche esistevano anche le forme deponenti: che sono forme verbali passive con significato attivo. Esiste cioè una forma dell'azione in cui tu sei l'attore ma «deponi» un po' della tua potenza di attore. Non perché sei buono, ma perché ti rendi conto che non sei mai del tutto padrone della situazione anche nel momento in cui agisci. Ti rendi conto che riesci a generare qualcosa non se la realtà la vuoi afferrare, dominare, controllare, ma se con la realtà (cioè gli altri, le condizioni ambientali... ) stai in dialogo, te ne fai interpellare, te ne prendi cura per farla crescere. È il porsi relazionalmente rispetto alla realtà che depone la tua potenza. La vita è deponenza e noi drammaticamente abbiamo perso questa idea nella nostra grammatica, per cui non riusciamo più a capirla. La vita è essere attivi, senza voler essere padroni" (Mauro Magatti).
Questa scelta dà forma ad una comunità cristiana capace di riconoscere i giovani, il dono della loro giovinezza, le novità di cui sono inevitabilmente portatori, senza diventarne i giudici e senza accettarle rassegnati. Una comunità capace di riconoscere nei giovani, il rinnovarsi del Regno di Dio che germina nonostante ogni delusione o stanchezza.
Suggerisco alcune esperienze:
- L'esperienza "Giovani per il mondo" della Caritas Diocesana, l'Operazione Mato Grosso, il SERMIG (Servizio Missionario Giovanile), ecc. che sono esperienze in realtà periferiche delle città o dell'esistenza dove offrire ascolto, condivisione e servizio .
- La Scuola di formazione sociopolitica "We care" proposta dalle ACLI e dal1'Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro che è un percorso formativo per accompagnare i giovani ad un ingresso più consapevole in un mondo adulto .
- Tutti i percorsi formativi ed esperienziali offerti dal1'associazionismo laico (cfr. LIBERA, Associazione Volontari Ospedalieri - AVO, Associazione per il Bambino in Ospedale - ABIO, ecc.) e di cui noi conosciamo molto poco.
DONARSI FIDUCIA
Il superamento di ogni distanza avviene a partire da un credito di fiducia che si accorda a chi non l'ha ancora meritata. Avviene così in ogni relazione, ma anche nei rapporti tra generazione. È necessario un credito di fiducia nei confronti dei giovani da parte degli adulti e dell'intera comunità cristiana. Si tratta di ammettere una diversità, a volte anche marcata e insieme la possibilità che percorrendo strade diverse si giunga alla stessa meta. Più delicato è il credito di fiducia che la comunità cristiana attende dai giovani. Le indagini che si ripetono non vedono la Chiesa in vetta alle realtà alle quali i giovani attribuiscono fiducia, fatto salvo che questa cresce dentro esperienze, rapporti e testimonianze che si connotano ai loro occhi per credibilità, autenticità e coraggio. In questo momento la figura di Papa Francesco è evidentemente emblematica, ma non può essere isolata, rispetto ad uno stile e ad una credibilità che la comunità nel suo insieme è chiamata ad esprimere. Accordare fiducia ai giovani, significa lasciare loro lo spazio nella Chiesa e nella società, incoraggiare le esperienze ispirate al Vangelo e ai grandi valori umani che propone, riconoscere i segni del Regno di cui sono portatori e alimentarli. Suscitare fiducia da parte dei giovani esige una credibilità evangelica che non consiste nella perfezione, ma in una perenne e gioiosa conversione, nella testimonianza di una speranza irriducibile.
Suggerisco alcune esperienze:
- L'Azione Cattolica, particolarmente nel settore giovani, capace di una formazione integrale della personalità secondo il Vangelo e della disposizione all'assunzione di responsabilità laicali .
- La FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e i movimenti ecclesiali con connotazioni più sociali (ACLI, Comunione e Liberazione, Movimento Cristiano Lavoratori, ecc.) che sono realtà che promuovono una presenza attiva dentro la Chiesa e la società incoraggiando la formazione alla cittadinanza.
- L'esperienza di evangelizzazione "Luce nella notte" che valorizza il protagonismo giovanile.
CONDIVIDERE LA GIOIA
Non si può essere felici da soli. Non possiamo essere cristiani senza condividere la gioia, la gioia del Vangelo. Siamo chiamati a interrogarci se la comunità cristiana testimonia la gioia evangelica, la gioia di essere cristiani. Non siamo impermeabili alla sofferenza e anche alla tristezza, non siamo indifferenti a quella degli altri, ma proprio dal Vangelo possiamo attingere e condividere una gioia capace di abitare e trasformare anche le prove più dolorose. Condividere la gioia significa accogliere quella di cui i giovani sono portatori e che sembra così esposta alla delusione e alla sfiducia. Testimoniare la gioia cristiana significa riconoscere, valorizzare e dare consistenza alle esperienze di gioia che i giovani vivono, perché non si esauriscono in una consumazioni di piaceri e sensazioni destinate ad un esaurimento sempre più drammatico.
Suggerisco alcune esperienze:
- I percorsi formativi, gli esercizi spirituali, gli itinerari di preparazione al matrimonio proposti da oratori, parrocchie e/o vicariati.
- La Scuola di preghiera diocesana.
- L'AGESCI e il suo affascinante progetto educativo
- Il "Rinnovamento nello Spirito" e 1'esperienza della preghiera connotata dalla gioia.
Indicazioni programmatiche
Le riflessioni che ho proposto sono il primo passo di un percorso che si dispiega in tre anni, una specie di ouverture. In collaborazione con gli uffici diocesani che si occupano di pastorale giovanile, indico ora in termini sintetici l'articolazione di questo percorso e gli strumenti che lo favoriscono.
IL CAMMINO DEI PROSSIMI TRE ANNI
Per i prossimi anni pastorali, vengono proposte tre attenzioni che si ispirano al "documento preparatorio" redatto in vista del Sinodo del 2018. Di seguito, il contenuto di ciascuna insieme all'orientamento pastorale di massima per ogni anno:
- ANNO PASTORALE 2017-18: come già detto in precedenza, ci è chiesto di "contestualizzare" il più ampiamente possibile i giovani di oggi, avendo particolare cura nel riconoscere le esperienze e i segni di presenza e di chiamata di Dio. A questo compito saranno invitati gli adulti e i giovani appartenenti alle diverse realtà ecclesiali della nostra Diocesi: parrocchie, associazioni e movimenti. Uscire, ascoltare, confrontarsi e riflettere saranno le principali azioni richieste da questa attenzione.
- ANNO PASTORALE 2018-19: ci sarà chiesto di interpretare la vita di ciascuno (non solo dei giovani) e ogni azione pastorale alla luce della fede nel Vangelo di Gesù. Una lettura sapiente, ispirata dalla Parola, capace di far emergere i segni evangelici che muovono la storia di oggi. Ciò significherà investire in modo particolare sulla "proposta diretta di Gesù e del suo Vangelo" (cfr. Lettera circolare, anno 2016- 17) e sul discernimento vocazionale che questa stessa proposta chiede.
- ANNO PASTORALE 2019-20: sulla scorta dell'Esortazione apostolica post-sinodale che ci sarà consegnata da Papa Francesco, saremo chiamati a scegliere gli orientamenti pastorali e gli strumenti più adeguati per una rinnovata "pastorale giovanile vocazionale".
LE TAPPE E GLI STRUMENTI PER L'ANNO PASTORALE 2017-18
In continuità con la "Seminagione Giovani" proposta in Diocesi già dallo scorso anno e in comunione con il cammino che la Chiesa, in particolare quella italiana, sta compiendo in vista del Sinodo del 2018, propongo che:
- Ogni comunità cristiana adulta (per esempio attraverso un'assemblea parrocchiale, il consiglio pastorale parrocchiale, il consiglio dell'oratorio o l'équipe educativa ecc.) e la componente adulta di ogni associazione o movimento ecclesiale (attraverso la sua assemblea, la presidenza o il consiglio direttivo ecc.), grazie a tre schede appositamente elaborate, si interroghi circa le "terre esistenziali" abitate dai giovani e già richiamate in questa lettera pastorale. Le tre schede chiederanno una riflessione circa gli "incontri", la "cura" e i "progetti" di cui gli adulti sono capaci verso i giovani di oggi e anche una verifica dell'efficacia delle diverse azioni pastorali messe in atto ormai da diversi decenni nelle nostre realtà.
- L’attenzione all' ascolto e al riconoscimento sarà proposto anche ai giovani appartenenti alle nostre realtà ecclesiali (parrocchie, oratori, associazioni e movimenti). Nel corso di questa lettera pastorale, abbiamo intuito che il "piccolo resto" non è soltanto una sterile categoria sociologica bensì una realtà che, nonostante la sua piccolezza, è chiamata a grande generatività, La condizione affinché lo sia, è la capacità di lasciarsi interrogare dentro i luoghi e i tempi più feriali, avendo particolarmente a cuore la cura delle singole relazioni che si possono instaurare. Il sussidio "CERCATORICERCATI", appositamente preparato da un gruppo di sacerdoti e di giovani bergamaschi, avrà la finalità di sostenere e accompagnare l'ascolto degli adulti (sacerdoti e laici) nei confronti dei giovani e soprattutto dei giovani di loro stessi. Il sussidio conterrà alcune domande fondamentali e provocherà la riflessione attraverso i diversi linguaggi della cultura contemporanea.
- Nell'ottica del "donarsi fiducia" precedentemente evocato, l'attraversamento delle terre esistenziali di tutti i giovani avverrà tramite chi già le abita, ovvero i giovani stessi. Due anni fa e in vista della Seminagione Giovani, alcuni giovani provenienti dalle diverse realtà ecclesiali della nostra Diocesi costituirono un tavolo di condivisione e di riflessione circa la loro condizione di giovani credenti oltre che quella dei loro coetanei. In altre parole, un tavolo "giovane" delle associazioni e dei movimenti. Negli scorsi mesi, ulteriormente provocato dall'indizione del Sinodo e dalle parole di Papa Francesco stesso, questo tavolo ha elaborato un progetto di ascolto di tutti i giovani bergamaschi, in collaborazione con l'Università degli Studi di Bergamo e altre realtà rilevanti del territorio. Il progetto contemplerà il protagonismo di tutti i giovani che nella nostra Diocesi desidereranno esserne interpreti, oltre a svariate azioni di incontro e di ascolto nei luoghi da loro stessi maggiormente frequentati. Le finalità, certamente ardite, saranno di ascoltare ma soprattutto dare voce ad un mondo giovanile "vero, buono, bello, giusto e santo", spesso sommerso e perciò sconosciuto ai più: abbiamo bisogno di buone e nuove storie da raccontare e siamo sicuri della loro esistenza sul nostro territorio.
- Per favorire la ripresa di alcuni brani biblici sul tema, sono state predisposte alcune schede per la catechesi, la meditazione, la riflessione e la preghiera con gli adulti nelle comunità parrocchiali dal titolo: "Il discepolo che Gesù amava".
GLI APPUNTAMENTI DIOCESANI
- Gli ascolti proposti non saranno fine a se stessi. Ogni realtà, adulta o giovane che sia, sarà invitata a condividere a livello diocesano ciò che avrà riflettuto. Il frutto di questa condivisione sarà certamente il punto di partenza per l'interpretare e lo scegliere dei prossimi anni ma vorrà essere anche l'occasione di un convegno finalizzato ad una elaborazione il più condivisa possibile di quanto emerso nelle singole realtà.
- Un altro momento significativo che riproporrà simbolicamente una buona storia già ricordata in questa lettera e darà ancora una volta concretezza al criterio del "camminare insieme", sarà il pellegrinaggio da Ortona a Roma cui ogni giovane della nostra Diocesi (dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti) sarà invitato a partecipare durante l'agosto 2018. Il cammino, che andrà dalle spoglie di San Tommaso apostolo a quelle di San Pietro, avrà un respiro mondiale e certamente italiano perché sarà fatto anche da altri giovani che, su altri sentieri e negli stessi giorni, converranno a Roma per una veglia di preghiera insieme a Papa Francesco in preparazione al Sinodo.
Eventi particolari
Prima di concludere, desidero ricordare alcuni momenti particolarmente significativi per la nostra Diocesi: si tratta del 50° Anniversario dell'inaugurazione del Seminario attuale e 450° della sua Fondazione, che verranno celebrati secondo un programma semplice e nello stesso tempo significativo. Una riflessione specifica sul Seminario e il suo futuro verrà alimentata dall'incontro del Rettore con tutto il presbiterio diocesano, negli attuali Vicariati e dalle indicazioni pastorali dell'anno 2018- 2019, con particolare connotazione vocazionale. Ricordiamo anche il 150° anniversario dell' Azione Cattolica, consapevoli della sua preziosa opera formativa, che diventa sempre più necessaria. Alla fine del mese di maggio e per la prima decade di giugno accoglieremo e ospiteremo l'urna con la salma di San Giovanni XXIII: si tratta di un dono che mi auguro raccolga non solo molte persone, ma soprattutto l'espressione di una fede corale che sostenga l'impegno di vita cristiana, alla luce della testimonianza e della santità dell'indimenticato Pontefice. A questi due eventi si accompagna la Riforma dei Vicariati e la costituzione delle Fraternità presbiterali, secondo i percorsi e le scadenze indicate nella Lettera circolare dello scorso anno, rilanciate da incontri e strumenti di lavoro appositamente predisposti, in vista della loro costituzione. Infine, come ci eravamo proposti, consegnerò all'inizio di quest'anno pastorale, gli Orientamenti relativi all'Esortazione apostolica postsinodale sulla famiglia, Amoris Laetitia, di Papa Francesco, con la speranza di rendere un servizio alle famiglie e ai presbiteri.
Conclusione: l’icona del discepolo amato
La Chiesa italiana ha scelto di illuminare e rappresentare la proposta pastorale sui giovani con il Vangelo di Giovanni, in cui il discepolo amato, rappresenta e testimonia la sua esperienza di fede in Gesù. La tradizione lo presenta come il più giovane dei discepoli, colui che fa dell'amore di Gesù la sorgente viva della sua fede, della sua vocazione e della sua missione. È l'icona, che nel corso dell'anno verrà proposta con linguaggi e modalità diverse, con la quale intendo consegnarvi questa Lettera pastorale e le considerazioni che contiene. Il Signore accompagni i nostri passi, quelli dei giovani del nostro tempo e della nostra Comunità diocesana.
+ Francesco, vescovo
Bergamo, 26 agosto 2017
Sant'Alessandro, Patrono della Città e della Diocesi
IL COLLE DELLA NASCA
Il mitico Colle della Nasca è la meta decisiva, alla quale ogni padre vorrebbe condurre suo figlio. È l'approdo di un tirocinio, al quale il maestro accompagna il discepolo. È la porta attraverso la quale entrare nella condizione adulta. È il bene assoluto e necessario: "Andiamo insieme sul Colle della Nasca". È un'immagine narrativa che ho letto in un libro di Michele Serra, "Gli sdraiati". Ne cito alcuni passaggi solo come intonazione.
"Dovresti venire con me al Colle della Nasca. Tu non hai idea di come ti piacerebbe. Tu non hai idea di quanto ti farebbe bene. Sono sei ore di cammino: non troppe non poche. Si suda e si tace. Quando ti vedo così pallido, penso che ti farebbe molto bene venire con me al Colle della Nasca. So che non ti piace camminare, ma guarda che è solo un pregiudizio. Camminare è una guarigione. Un'esperienza di salvezza. Mi devi credere. Te lo chiedo per piacere. Non farlo per me. Fallo per te. Dì la verità: tu muori dalla voglia di venire con me al Colle della Nasca. Ma pur di non darmi questa soddisfazione, ti ostini a fingere di non averne alcuna vogiia. Se vieni con me ti pago. Se non vieni con me al Colle della Nasca sento che potrei morire di crepacuore. Se non vieni con me al Colle della Nasca, ti rompo la schiena a bastonate. Credo che sotto ipnosi tu potresti agevolmente salire insieme a me al Colle della Nasca. Poi un giorno ci sei venuto, al Colle della Nasca. E finalmente ti ho visto. Eri in alto. Molto più in alto di me, appena sotto alla sommità del colle ... Molto più alto di me".
Questa Lettera Pastorale apre un triennio dedicato ai giovani, contrassegnato dalla decisione di Papa Francesco di programmare il prossimo Sinodo dei Vescovi di tutto il mondo proprio per loro.
GIOVANI: UN PROBLEMA E UNA SPERANZA ... DEGLI ADULTI?
Proprio dall'immagine evocata e da queste poche righe emerge un criterio fondamentale, che ritengo debba orientare le nostre riflessioni e decisioni pastorali: i giovani non sono un mondo a parte, ma rappresentano un'età della vita in rapporto con le altre. I rapporti tra generazioni delineano di volta in volta la figura dell'adulto, del giovane, del bambino, molto più di quello che può stabilire l'età anagrafica. Questo significa che pensare e lavorare per i giovani e con i giovani, coinvolge inevitabilmente il modo di concepire la condizione dell'adulto, dell'adolescente e contemporaneamente i rapporti tra le diverse età della vita. Isolare la considerazione dei giovani dalle altre fasi dell'esistenza, è come estrarre una frase da un ragionamento o da una narrazione più ampia, con l'evidente pericolo di travisarne il significato. Di conseguenza, questo triennio non riguarda soltanto i giovani, ma l'intera comunità cristiana e il suo modo di vivere e testimoniare la fede in Gesù e la bellezza del Vangelo.
LETTERA ALLA COMUNITÀ
Per queste ragioni, la Lettera Pastorale è indirizzata a tutti coloro che riconoscono e si riconoscono nella comunità cristiana, con la speranza che lo sguardo, il volto, la mente ed il cuore dei giovani diventino un appello e addirittura una provocazione per una rinnovata e condivisa gioia del Vangelo. Scopo di questa Lettera è di indicare i criteri che ispirano la proposta triennale, lasciando agli Uffici pastorali della Curia diocesana e soprattutto alle Parrocchie, Unità pastorali e Vicariati, la definizione di
UNA BUONA STORIA
"Fino a quando hai una buona storia e qualcuno a cui raccontarla, sarai salvo".
I giovani sono una buona storia e sono felice di potervi raccontare alcuni recenti capitoli che ho condiviso con loro. Non si tratta di cronache, ma d'impronte che danno forma al cuore, di lumi che accendono lo sguardo.
PELLEGRINAGGIO ASSISI - ROMA 2014
Seicento giovani in cammino: con loro una quarantina di preti, il Vescovo, gli alpini, gli organizzatori. Alcuni vengono da molto lontano: Bolivia, Cuba, Costa d'Avorio. Sei giorni, per una ventina di kilometri ogni giorno. Fatica e soddisfazione, condivisione e accoglienza, preghiera e gioia. Assisi e il Santo Frate, Roma e il Santo Padre. Sue le parole, sua la sorpresa: "Siete bravi voi bergamaschi!". L'immagine e l'esperienza del cammino raccontano della vita, ma l'impronta lasciata dal "camminare insieme" introduce nel segreto della vita. Questo non lo vogliamo dimenticare: è un secondo criterio a cui ispirare pensieri, gesti e decisioni di questi anni.
GIUBILEO DELLA MISERICORDIA CON I CARCERATI 2016
La tradizionale Veglia delle Palme diventa celebrazione del Giubileo della Misericordia con i giovani. Sono più di duemila raccolti all'Ortomercato: approderanno, camminando, alla parrocchia della Celadina. A metà del cammino una tappa indimenticabile, preparata da alcuni e vissuta da tutti: un corteo interminabile entra, come mai è successo, nei cortili del carcere cittadino. Le persone detenute si affacciano alle grate: si ascoltano testimonianze, si prega e infine pur nell'oscurità della sera e la distanza inevitabile si incrociano sguardi e si aprono i cuori. Esperienza viva di misericordia condivisa, di risurrezioni minime e possibili, di vicinanze che superano severi confini.
GMG CRACOVIA 2016
Ancora in tanti: questa volta lontano e insieme ai giovani di ogni angolo del mondo. Fatica e festa si mescolano. Universalità e appartenenza si intrecciano. Un vecchio e milioni di giovani si incontrano, si parlano, s'intendono, si rigenerano. La fede sembra a portata di mano. La misericordia diventa incontro, riconciliazione, perdono, solidarietà... Consapevolezza dell'unicità dell' evento e desiderio che tutto non si spenga, come al chiudersi del sipario a fine spettacolo. Responsabilità condivisa di coltivare il chicco di grano seminato nella terra buona. Esigenza di "connettere" esperienze buone.
LETTERE GRUPPO SAMUELE 2017
Il Gruppo Samuele... non è un gruppo! Ancora una volta un cammino, un percorso condiviso tra giovani e adulti: una possibilità di esplorare la vita alla luce della fede e di poterla realizzare adesso. Sono circa vent'anni che si rinnova questa proposta: centinaia, ormai migliaia di giovani l'hanno raccolta e assecondata. Tra le caratteristiche due lettere personali indirizzate al Vescovo: una all'inizio, l'altra alla fine del percorso. Le conserviamo: sarebbe un meraviglioso libro di fede, di fede giovane, di fede e vita intrecciate nel segno della ricerca, dell'inquietudine, della sofferenza e della gioia, della generosità, della speranza. Creare condizioni reali perché il cuore si apra: le meraviglie della profondità dell'interiorità di ciascuno, particolarmente dei giovani, sono un dono per ogni età della vita e per ciascuna comunità.
CRE, CARITAS, MISSIONE
Ho condiviso storie di eventi unici, ma dobbiamo riconoscere le connessioni che li uniscono e li rendono profondamente significativi. Si tratta di esperienze prolungate nel tempo, ricorrenti e ripetute, preparate ed elaborate: sto pensando alle migliaia di giovani impegnati nelle proposte estive organizzate da parrocchie, oratori e associazioni, alle centinaia di giovani che nel tempo hanno vissuto esperienze missionarie e solidali, proposte da Centro Missionario e Caritas, Comunità religiose e associazione laicali, in molti paesi del mondo. Non si tratta di "avventure" vissute come turismo a buon mercato o possibilità di nuove e forti emozioni, ma di spazi di vita capaci di lasciare una traccia profonda, nella misura in cui vengono seriamente preparati e pazientemente assimilati. La cura della singola persona e della relazione rappresentano una condizione decisiva perché le esperienze vissute e condivise manifestino tutta la loro potenzialità generativa.
EDUCATORI, ANIMATORI, ALLENATORI, CATECHISTI...
Alle narrazioni che ho ricordato, desidero unire il ricordo e il riconoscimento di tanti giovani impegnati negli ambiti più diversi della vita della comunità cristiana e della società, nel segno di una disponibilità generosa e competente e di una fedeltà alla dimensione quotidiana dell'esistenza, che dev'essere l'esito di ogni percorso. La creazione di luoghi. e di tempi in cui queste dimensioni quotidiane dell'impegno dei giovani possono essere condivise, riconosciute e approfondite, è necessaria, per non lasciare che si svuotino della ricchezza vitale che posseggono. In questo orizzonte, l'esperienza delle associazioni e dei movimenti corrisponde in modo efficace alle esigenze ricordate.
"Le cose statiche non vanno. Soprattutto con i giovani. Quando io ero giovane, la moda era fare riunioni. Oggi le cose statiche come le riunioni non vanno bene. Si deve lavorare con i giovani facendo cose, lavorando, con le missioni popolari, il lavoro sociale, con l'andare ogni settimana a dar da mangiare ai senzatetto. I giovani trovano il Signore nell'azione ..." (Papa Francesco).
UN’INEVITABILE DOMANDA
PERCHÉ L’EVIDENTE DISTANZA TRA I GIOVANI E LA FEDE IN DIO?
La buona storia di cui ho riassunto alcuni capitoli, potrebbe continuare, ma alcune domande si impongono: "Perché allora appare sempre più evidente la distanza dei giovani dalla fede e ancor più dalla comunità cristiana? Che cosa alimenta questa presa di distanza? Come si spiega che nel momento più denso di speranze e di scelte fondamentali, Dio, Gesù e il suo Vangelo siano giudicati insignificanti?". Sembra di dover concludere: "Sul più bello, Dio non c'entra".
RISPOSTE RICORRENTI
Sinteticamente elenco alcune risposte che ricorrono, soprattutto da parte degli adulti. "È sempre stato così... poi ritornano": non ci resta che attendere pazientemente. Rimane comunque l'interrogativo circa la divaricazione tra Vangelo e vita, in una delle età più dense e promettenti. "È la secolarizzazione ... non possiamo farci niente": cerchiamo di coltivare quelli che ancora rimangono. È certamente una prospettiva seria, ma comunque connotata dalla rassegnazione. "È una nuova religione: Dio a modo mio". In realtà la distanza è nei confronti del Dio delle religioni: si ricerca una relazione personale con Dio, che spesso diventa un Dio personale, appunto "Dio, a modo mio". "Abbiamo fallito ... le abbiamo tentate tutte": non si tratta semplicemente di rassegnazione, ma di una resa. "Non ci resta che pregare e aspettare tempi migliori".
RISPOSTE INSUFFICIENTI
L’elenco potrebbe continuare e ritengo possa essere un utile esercizio, a partire dall'ascolto delle ragioni che i giovani stessi esprimono. È necessaria una verifica approfondita e insieme un'interpretazione sapiente, richiesta non solo dalla lettura della realtà, ma anche dalla consapevolezza dell'impressionante sforzo compiuto in questi decenni dalla comunità cristiana con e per i giovani.
L'IMMAGINE DEL "PICCOLO RESTO" E LA PROSPETTIVA UNIVERSALE
Una prospettiva che si presenta con realismo, sensatezza e ispirazione biblica è quella del "piccolo resto": concentriamoci su coloro che ci stanno. Non possiamo però dimenticare che il "piccolo resto" biblicamente inteso, non è una scelta esclusiva o il frutto di una rassegnazione sconsolata. Si tratta piuttosto di una primizia, di un germoglio, di una presenza generativa: il Vangelo rimane sempre e comunque per tutti e a tutti va annunciato e testimoniato.
"Abbiamo ascoltato il Vangelo, abbiamo pregato, abbiamo cantato; abbiamo portato i fiori alla Madonna, alla Madre; e abbiamo portato la Croce, che viene da Cracovia e domani sarà consegnata ai giovani di Panama. Da Cracovia a Panama; e, in mezzo, il Sinodo. Un Sinodo dal quale nessun giovane deve sentirsi escluso! [Qualcuno potrebbe dire:] «Ma... facciamo il Sinodo per i giovani cattolici... per i giovani che appartengono alle associazioni cattoliche, così è più forte...». No! Il Sinodo è il Sinodo per e di tutti i giovani! I giovani sono i protagonisti. «Ma anche i giovani che si sentono agnostici?». Sì! «Anche i giovani che hanno la fede tiepida?». Sì! «Anche i giovani che sono lontani dalla Chiesa?». Sì! «Anche i giovani che - non so se c'è qualcuno ... forse ci sarà qualcuno - i giovani che si sentono atei?». Sì! (Papa Francesco nella Veglia per la GMG 2017).
SEMINAGIONE GIOVANI
UN'ESPRESSIONE, MOLTE INTERPRETAZIONI
In questi ultimi anni, alla luce del Sinodo diocesano, abbiamo avviato un percorso intitolandolo "Seminagione Giovani". Si tratta di un'espressione volutamente aperta: i due sostantivi che la compongono possono essere variamente interpretati. L’immagine della seminagione evoca le parabole e lo stile evangelico: i giovani possono essere immaginati come il campo della semina, ma anche come il seme o addirittura come i seminatori. Questa varietà di interpretazioni vorrebbe comunque introdurre ad un' esperienza viva, piuttosto che ad un progetto o ad un programma. Ho più volte ricordato che l'immagine della seminagione evoca uno stile, un convincimento, una speranza, piuttosto che un'organizzazione serrata e definita.
IL CAMMINO COMPIUTO: LA LETTERA CIRCOLARE
Nella lettera circolare dello scorso anno scrivevo:
"Ritengo che !'immagine della seminagione sia fortemente generativa e dinamica e possa arricchirsi di una molteplicità di contributi. Alcuni criteri che possono ispirare questa "seminagione" sono: l'ascolto, l'apprezzamento di una ricchezza di esperienze giovanili in cui riconoscere il seme del Vangelo; la dimensione comunitaria di un dinamismo che si arricchisce di tante pluralità; la coltivazione e l'accompagnamento nel segno della libertà dei giovani con i quali condividiamo un cammino; la fiducia di adulti ed educatori nei loro confronti e la promozione di loro responsabilità; la condivisione del Vangelo nelle terre esistenziali della loro età; la proposta diretta di Gesù e del suo Vangelo; l'attenzione alla dimensione "spirituale" tutt'altro che assente in loro; la considerazione seria della dimensione vocazionale della vita, particolarmente nel tempo della giovinezza".
In questo orizzonte si collocano le esperienze ricordate in principio, l'attività dell'Ufficio per la Pastorale dell'Età Evolutiva, dell'Ufficio per la Pastorale delle Vocazioni, la settimana di formazione del clero a Siusi, il tavolo delle Associazioni e dei Movimenti, alcune proposte di evangelizzazione proposte a livello diocesano, vicariale e parrocchiale. Sono indicazioni ed esperienze da continuare ad aver presenti nei prossimi anni e che in parte approfondirò nei prossimi capitoli.
IL CRITERIO DEL "RICONOSCIMENTO"
Nella "Seminagione Giovani", il primo criterio da perseguire è quello del "riconoscimento". Non si tratta semplicemente di vedere ed osservare l'esistente: non si tratta di una constatazione. Si tratta piuttosto di uno sguardo già illuminato dal Vangelo e capace di riconoscere il Regno inaugurato da Gesù nella storia e particolarmente nella vita, nelle esperienze e nelle speranze dei giovani. A fronte della bontà di tante iniziative e della tentazione di moltiplicarle, il criterio del "riconoscimento" rappresenta il primo passo di un percorso che privilegia le dimensioni dell'incontro, della conoscenza, della collaborazione, della simpatia e finalmente della generatività.
LA PROSPETTIVA "GENERATIVA"
Scrivevo ancora nella Lettera circolare:
“Viviamo in un contesto che ha privilegiato la produzione e mortificato la generazione: un segno emblematico è !'impressionante contrazione demografica in molti paesi, tra i quali proprio !'Italia. La produzione, necessaria, ha come esito il prodotto; la generazione ha come frutto la vita. Constatiamo ogni giorno che non mancano prodotti, ma viene a mancare il senso e il gusto della vita. Anche la pastorale è esposta a questo rischio: moltiplica prodotti, proposte, iniziative, ma soffre di sterilità spirituale e comunitaria. Mi sembra necessario ritrovare le condizioni per una generatività delle nostre comunità, consapevoli che l'esperienza della fede in Cristo è capace di questo".
La "Seminagione Giovani" che intendiamo continuare, incoraggiati dalle prospettive del prossimo Sinodo dei Vescovi, vorrebbe alimentare le condizioni per la generazione e lo sviluppo di una vita sensata e buona per tutti coloro che attraversano la giovinezza.
MEMO GENERATIVI
In questa parte della Lettera cercherò di condividere il frutto dei percorsi descritti e dei criteri che cammin facendo sono emersi come capaci di alimentare speranze e relazioni, particolarmente tra giovani e adulti, tra giovani e comunità. Li intitolo "memo generativi": non si tratta di riflessioni compiute, ma di appunti da sviluppare insieme. I primi tre delineano la posta in gioco; gli altri cinque suggeriscono degli stili per le nostre comunità.
LE TERRE ESISTENZIALI
L'esperienza missionaria e particolarmente le visite missionarie, hanno contribuito a delineare l'immagine delle "terre esistenziali". Un tempo l'attività missionaria prevedeva l'abbandono del proprio Paese verso regioni spesso sconosciute, da esplorare, conoscere ed evangelizzare. Oggi queste terre non hanno a che fare con la geografia: sotto questo profilo le nostre conoscenze e le nostre esplorazioni si sono moltiplicate oltre ogni calcolo. Sono le "terre esistenziali" quelle che si presentano sconfinate e in gran parte sconosciute, quasi che ogni generazione non possa semplicemente ripercorrere i sentieri tracciati da chi l'ha preceduta, ma continuamente ne debba aprire di nuovi. L'arco di vita che calcoliamo (se un calcolo o una misura si adatta a questa esplorazione) è quello che va all'incirca dai venti ai trent'anni. Si tratta dunque di una terra esistenziale, nella quale inoltrarci, lasciandoci guidare da chi l'abita: inevitabilmente faremo delle scelte privilegiando alcuni percorsi e trascurandone altri. Gli scenari che si impongono con particolare evidenza sono quelli della solitudine e dei legami: le relazioni con la famiglia delle nostre origini, con coloro che dall'inizio tutti hanno chiamato padre, madre, fratello, sorella. Un rapporto che sembra oggi più rilevante e decisivo di un tempo, in cui continuamente si ripropongono tensioni tra una rassicurazione deresponsabilizzante e necessità doverose di autonomia e responsabilità. Ma il mondo dei legami non è solo quello della famiglia: sempre più ampio diventa per conoscenze, rapporti amichevoli, amicizie profonde, relazioni d'amore. È anche il mondo delle connessioni, delle amicizie social, delle relazioni virtuali. È il mondo dei sentimenti, delle emozioni e delle sensazioni. È il mondo della sessualità liberata e comunque fragile e delicata. In questo paesaggio non è raro trovare l'esperienza della solitudine. A volte come scelta e come stile; il più delle volte come sofferenza e condanna. Lo scenario dei legami e delle solitudini, non può essere separato da altri che si aprono nella terra esistenziale della giovinezza, particolarmente quello che è connotato dalla dimensione del futuro. È qui che ritroviamo le scelte, i sentimenti, le speranze e le delusioni che assumono il volto dei percorsi di studio, dei loro tempi e delle loro distanze; il volto delle prime esperienze lavorative, delle ricerche inutili, della precarietà e dello sfruttamento, della concretezza, della pazienza e della responsabilità, delle attese e delle pretese. La questione dello studio e del lavoro assume connotati profondamente mutati nel giro di pochi anni e si rivela decisiva in rapporto alla percezione del futuro da parte dei giovani contemporanei. Prospettive come quelle dell'abitare, del risparmiare, dell'appartenere e del partecipare assumono colorazioni cangianti. I percorsi universitari e quelli di introduzione al lavoro, rappresentano esperienze di vita da non sottovalutare, quasi fossero periodi di stallo o di passaggio da subire con rassegnazione, in maniera puramente strumentale o addirittura come alibi all'irresponsabilità e alla pigrizia. La definizione di stili di vita nuovi, capaci di sostenere le grandi sfide del nostro tempo come quella delle migrazioni mondiali, della sostenibilità ambientale, dell'ingiustizia globale, dell'interconnessione sempre più decisiva, del rischio della tecnocrazia, della comunicazione pervasiva, sembra essere impresa impossibile in termini comunitari e insostenibile a livello individuale: nello stesso tempo è ciò che le giovani generazioni avvertono come inevitabile e al quale già si stanno disponendo. Tra i tanti scenari di questa terra esistenziale, non possiamo trascurare quello rappresentato dalle fatiche e sofferenze della condizione giovanile. Il termine "disagio" con il quale si abbracciavano queste situazioni sembra scomparso, ma non sono scomparse queste esperienze, anzi si sono globalizzate.
"In molte parti del mondo i giovani sperimentano condizioni di particolare durezza, al cui interno diventa difficile aprire lo spazio per autentiche scelte di vita, in assenza di margini anche minimi di esercizio della libertà. Pensiamo ai giovani in situazione di povertà ed esclusione; a quelli che crescono senza genitori o famiglia, oppure non hanno la possibilità di andare a scuola; ai bambini e ragazzi di strada di tante periferie; ai giovani disoccupati, sfollati e migranti; a quelli che sono vittime di sfruttamento, tratta e schiavitù; ai bambini e ai ragazzi arruolati a forza in bande criminali o in milizie irregolari; alle spose bambine o alle ragazze costrette a sposarsi contro la loro volontà. Troppi sono nel mondo coloro che passano direttamente dall'infanzia all'età adulta e a un carico di responsabilità che non hanno potuto scegliere. Spesso le bambine, le ragazze e le giovani donne devono affrontare difficoltà ancora maggiori rispetto ai loro coetanei" (Documento preparatorio al Sinodo 2018).
Alcuni di questi drammi sembrano lontani dal nostro contesto: in realtà assumono volti diversi per rappresentare medesime sofferenze. Pensiamo all' esperienze di abbandono e di emarginazione, di precarietà e di sfruttamento spesso mascherato; di debolezze psicologiche e psichiche; di degenerazione fisica e morale; di alienazione in paradisi artificiali che si rivelano inferni reali.
"Assistiamo oggi ad una forma di "male dell'anima" e di "isolamento patologico" dei giovani che vivono sulla soglia di un "presente sospeso", dove «il presente diventa il tutto e contemporaneamente diventa il niente». Oggi nei giovani vi è un assenza "patologica" di futuro sul quale è "proibito" scommettere: esiste un loro blocco verso il futuro che è la causa dell' emergenza educativa, frutto della mancata maturazione di una coscienza responsabile di fronte a sé, agli altri e al mondo" (Documento preparatorio al Sinodo 2018).
Nella terra esistenziale della condizione giovanile, vorrei sottolineare come "segno dei tempi", capace di interpellarci, la presenza significativa di giovani immigrati. Nel mondo della globalizzazione delle esperienze, dei rapporti, dei viaggi e degli spostamenti, il volto giovane di persone che provengono da molti paesi del mondo, alimenta dinamiche che diventano sempre più importanti e delineano evidentemente la figura del nostro territorio. Abbiamo iniziato ad esplorare una terra esistenziale in cui 1'attesa indefinita sembra connotare la vita di gran parte dei giovani occidentali, facilmente disposti ad una consumazione ineluttabile del tempo presente. Si tratta di una descrizione sommaria e proprio per questo esposta al pericolo di rivelarsi inadeguata e ingiusta. L'ho proposta solo per alimentare la consapevolezza della comunità cristiana in rapporto alla necessità di prendere in seria considerazione questa "terra" così cambiata rispetto a quando è stata abitata dagli adulti di oggi. La proposta del Vangelo e la possibilità della fede deve percorrere le strade di questa terra.
LA PROPOSTA DEL VANGELO
Desidero aprire questo secondo "memo generativo" con una citazione del Messaggio del Concilio Vaticano II ai giovani (1965):
"È a nome di Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l'appello dei vostri fratelli, ed a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell'odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate: generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell'entusiasmo un mondo migliore di quello attuale! La Chiesa vi guarda con fiducia e con amore. Ricca di un lungo passato sempre in essa vivente, e camminando verso la perfezione umana nel tempo e verso i destini ultimi della storia e della vita, essa è la vera giovinezza del mondo. Essa possiede ciò che fa la forza o la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove conquiste. Guardatela, e voi ritroverete in essa il volto di Cristo, il vero eroe, umile e saggio, il profeta della verità e dell'amore, il compagno e l'amico dei giovani".
L'annuncio del Vangelo è il compito fondamentale della comunità cristiana. È un annuncio connotato dalla gioia, che ha conquistato gli annunciatori ed è diventata la ragione che alimenta il desiderio di comunicare la gioia del Vangelo.
"La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia" (Evangelii Gaudium, n. 20).
Papa Francesco ne ha fatto il programma per sé e per tutta la Chiesa. Un annuncio che privilegia i piccoli e i poveri, ma non esclude nessuno. Un annuncio rivolto ai giovani, a tutti i giovani, a ciascun giovane nella sua concreta condizione. Un annuncio che da sempre esercita un particolare fascino sui giovani, per la loro connaturata predisporre a riconoscere ciò che bello, buono, giusto, vero e santo. Continua Papa Francesco in Evangelii Gaudium: "Anche se non sempre è facile accostare i giovani, si sono fatti progressi in due ambiti: la consapevolezza che tutta la comunità li evangelizza e li educa, e l'urgenza che essi abbiano un maggiore protagonismo" (n. 106). Sono due criteri indispensabili all'annuncio del Vangelo ai giovani d'oggi. Altri si uniscono a questi: la contaminazione tra Vangelo e vita di ciascun giovane; la sorpresa di un annuncio che precede ogni merito ed ogni calcolo; la credibilità di chi evangelizza perché si lascia continuamente evangelizzare; un clima di libertà che non asseconda l'indifferenza diffusa, ma diventa condizione per interpellare la coscienza di ciascuno; una ricaduta sociale dell'annuncio, che ha come caratteristica fondamentale l'accoglienza e il riconoscimento del povero.
"L'annuncio del Vangelo deve soddisfare alcune qualità (EG 164- 1'12): deve esprimere che l'amore di Dio sta prima di ogni obbligazione morale e religiosa; non è riducibile ad una formazione dottrinale; non deve imporre la libertà, ma appellarsi alla libertà; deve infondere gioia e forza; pur essendo centrato sulla Parola, deve esibire gli adeguati rimandi ai segni liturgici e alle esigenze della vita di carità; deve sfruttare le possibilità che la via della bellezza offre; deve essere azione ecclesiale e non awentura in solitaria. Vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna sono, in continuità con il contenuto, le qualità dell'evangelizzatore. Il primato evangelico della persona ne è la condizione di possibilità" (Carrara don Paolo).
Di fronte a questi giovani, la comunità dei credenti è chiamata a trasformarsi e a farsi solidale. Il passo da compiere è quello di trasformare le comunità ecclesiali in "luoghi" dove si "impara" a credere e dove si "impara" a pregare; luoghi nei quali si può decidere di credere; luoghi di generazione alla fede; luoghi a misura di quei laboratori della fede auspicati da Giovanni Paolo II; luoghi in cui gli stessi giovani possano affrontare la loro ignoranza rispetto al Gesù dei Vangeli, le loro pretese in riferimento alla loro esistenza e alla Chiesa; luoghi di respiro, di libertà, di passaggi e di paesaggi da contemplare, da ammirare, da interrogare e da mettere alla prova; luoghi in cui elaborare il disagio culturale che li attanaglia; luoghi facilmente transitabili, sottratti alla mania clericale della diaconia ad ogni costo. Quindi la pastorale giovanile non è chiamata a concentrare la sua attenzione su "una" azione specificamente progettata per i giovani, ma sul tessuto quotidiano e feriale, che la comunità cristiana deve sapere abitare maggiormente.
LA PROSPETTIVA VOCAZIONALE
L'annuncio del Vangelo e la proposta della fede assumono per i giovani i connotati di un appello che dà forma alla loro esistenza. Non si tratta di conoscere e aderire a delle idee, non si tratta di discutere sull'esistenza di Dio, ma di sperimentare come la fede e il Vangelo possano alimentare il gusto della vita, la speranza che supera il confine del presente consumato, una progettualità che non si riduce al pur necessario posto di lavoro. In questo senso l'annuncio del Vangelo assume una prospettiva inevitabilmente vocazionale. Siamo consapevoli che la parola vocazione è di difficile comprensione. Per molti è ancora una questione che investe coloro che hanno scelto di consacrarsi a Dio, come preti, frati e suore. In questi decenni, i più sensibili e attenti alla vita della Chiesa, sono entrati nella prospettiva che anche altre esperienze di vita, come il matrimonio o una radicale dedizione al prossimo, possono essere riconosciute come risposta ad una vocazione. In un gergo più comune, la parola vocazione indica una particolare attitudine, una via sulla quale una persona ha realizzato se stessa, specialmente nel suo lavoro. In realtà la parola vocazione rimane incomprensibile e insignificante per la maggioranza dei giovani. Alcune espressioni che possono rappresentare un terreno di incontro, una possibilità d'intesa sono rappresentate dalle immagini del progetto e del destino, del desiderio e del sogno. Non sono termini estranei alla dimensione vocazionale, che comunque si qualifica per un aspetto assolutamente originale e decisivo. La vocazione, rispetto ad ogni altro termine, evoca una relazione, un discorso che implica una parola diversa dalla mia, un dialogo con un altro, addirittura con l'Altro. La vocazione introduce alla possibilità di una relazione con Dio, capace di dar forma alla mia vita, alla mia libertà, alle mie scelte fondamentali e dunque al mio futuro e al mio destino. La vocazione è una Parola che Dio riserva alla mia persona unica, irripetibile ed originale nella storia dell'umanità e nella vita dell'universo. Non si tratta di un progetto definito da scoprire e poi da realizzare, nemmeno di un destino prefigurato e ineluttabile: si tratta piuttosto della forma della mia esistenza che si delinea nell'incontro e nel dialogo con Dio, vissuto nella ricerca, nella fede, nell'ascolto, nella preghiera, nell'esperienza della vita e del Vangelo, nella condivisione con altri e soprattutto nell'esercizio della libertà capace di impegnare l'esistenza in scelte che la connotano profondamente. Le possibilità che questa prospettiva ogni giorno ci riserva sono molte e di volta in volta contrassegnano giornate, tempi, situazioni, impegni e relazioni. L'esperienza della libertà ci introduce alla profonda avvertenza che la nostra vita non è un bene di consumo da utilizzare al meglio e nemmeno una fatalità da cavalcare come l'onda da un surfista. La nostra vita non è solo un dato, ma è un dono: frutto dunque non di un caso, ma di un amore. Vocazione è allora il segreto della vita che viene riconosciuta come dono d'amore e chiamata a farsi dono d'amore nella fantasia delle possibilità e delle scelte che ciascuno compie. La vocazione rivela che la nostra libertà si dispiega non nell'assoluta e radicale autonomia, il cui esito è l'altrettanto radicale solitudine, ma in relazioni d'amore, la cui sorgente inesauribile è Dio: il Dio narrato nella vicenda e nella persona di Gesù. Vocazione significa dunque la rilevanza del rapporto tra la fede e la vita: una fede capace di ispirare la vita, di darle forma, di trasformarla in un dono d'amore e quindi di realizzarla. La vocazione è il modo di credere di tutti e in modo particolare di una persona giovane. All'interno di questo triennio, l'anno pastorale 2018-2019 avrà una connotazione vocazionale particolare.
Come dicevo all'inizio di questo capitolo, intendo ora suggerire alle nostre comunità alcuni atteggiamenti, che possano delineare lo stile con il quale connotare il rapporto della comunità cristiana con le giovani generazioni.
CAMMINARE INSIEME
L'immagine della strada e del cammino mantengono ancora una intensa capacità evocativa. Rappresentano la vita nel suo dispiegarsi, nel succedersi dei giorni e insieme una direzione ed una meta, frutto di scelte e spesso di combinazioni. La strada è evocativa anche di Gesù e del suo Vangelo che si propongono come via e come guida o compagni di viaggio o recuperanti i dispersi, i perduti, gli affaticati... il cammino evoca una decisione, una fatica, la persona nel suo viaggio, un movimento... La proposta o se volete la necessità è quella di camminare insieme: percorrere la medesima strada, accompagnarsi e aspettarsi, adottare il passo di chi fa più fatica, a volte più avanti, altre volte accanto o indietro. La condivisione del cammino è spesso silenziosa, in ascolto: una presenza simpatica. Condividere il cammino significa condividere la fatica, pur nella diversità di come la si sperimenta. Camminare insieme significa aprire una relazione, una reciprocità non invasiva. È vero: i giovani vogliono e devono fare la loro strada, ma non disdegnano la compagnia di chi non si sostituisce a loro, di chi non si impalca a maestro, di chi crede in loro.
Suggerisco alcune esperienze:
- I Pellegrinaggi per adolescenti e giovani proposti a livello parrocchiale o vicariale dove, oltre a raggiungere una meta, si impara a condividere uno stile sobrio ed essenziale .
- L'esperienza "Giovani in missione" proposta dal Centro Missionario Diocesano ovvero viaggi in cui si ampliano gli orizzonti e si intrecciano nuove relazioni con culture differenti .
- I Progetti lavoro della "San Vincenzo" dove si ha la possibilità di aprire gli occhi sulle fragilità di alcuni giovani del nostro territorio e si condivide con loro un pezzo di strada perché si ricomponga un'autonomia di vita.
LASCIARSI INTERROGARE
La domanda è un luogo di incontro tra generazioni diverse, tra comunità cristiana e giovani. Il Vangelo è zeppo di domande, tra cui quella che illuminerà il nostro percorso: "Che cosa cercate?". Il cammino è sempre ricerca per giovani e adulti e quando si è trovato ciò che si cercava ci si rende conto che il cammino si apre a nuovi orizzonti. A volte la domanda diventa impellente, altre volte va suscitata. È necessario aprire spazi perché si possano condividere domande senza l'ansia della risposta e senza la paura del giudizio. Spesso la distanza tra generazioni nasce da una incomunicabilità che è frutto della mortificazione delle domande e della possibilità di porle. I giovani interpellano i cristiani in mille modi: domande esplicite e dirette, attese curiose e interessate, provocazioni sconcertanti e urticanti. Non dobbiamo aver paura delle domande, anzi la comunità cristiana dev'essere luogo in cui le domande trovano convinta cittadinanza, perché le risposte abbiano una credibilità convincente.
Suggerisco alcune esperienze:
- Il percorso "Sulla soglia" proposto dal Centro Universitario Sant'Andrea (CUSA) nel quale si approfondiscono tematiche che attraversano la Parola di Dio e l'esperienza umana, mettendo a fuoco anche quelle scomode e cercando risposte che diano sapore alla vita .
- Il "Gruppo Samuele" dove si approfondisce la propria fede nel confronto con altri giovani coetanei della Diocesi .
- I percorsi della "Fraternità Effatà" dove si possono vivere cammini di discernimento a 360° .
- Gli incontri vocazionali proposti dal Seminario Vescovile e dalle Congregazioni religiose dove un giovane può verificare come impegnare la sua libertà a servizio di Dio e della Chiesa.
IMPARARE A RICONOSCERE
Una caratteristica evidente della nostra cultura e anche della nostra fede è rappresentata dal verbo fare, lavorare, intraprendere, amare, donare, aiutare ... È così forte questa cultura che diventa addirittura ingombrante: non c'è posto per altri, non c'è posto per i giovani. La giovinezza si prolunga oltre ogni immaginazione e si è creato un ingorgo che impedisce ai più giovani di avanzare. Sono i verbi attivi quelli che caratterizzano la nostra vita e la sua riuscita: i verbi passivi sono attese, a volte pretese, ma sembrano insufficienti e incapaci di riempire la vita.
"Nelle lingue classiche esistevano anche le forme deponenti: che sono forme verbali passive con significato attivo. Esiste cioè una forma dell'azione in cui tu sei l'attore ma «deponi» un po' della tua potenza di attore. Non perché sei buono, ma perché ti rendi conto che non sei mai del tutto padrone della situazione anche nel momento in cui agisci. Ti rendi conto che riesci a generare qualcosa non se la realtà la vuoi afferrare, dominare, controllare, ma se con la realtà (cioè gli altri, le condizioni ambientali... ) stai in dialogo, te ne fai interpellare, te ne prendi cura per farla crescere. È il porsi relazionalmente rispetto alla realtà che depone la tua potenza. La vita è deponenza e noi drammaticamente abbiamo perso questa idea nella nostra grammatica, per cui non riusciamo più a capirla. La vita è essere attivi, senza voler essere padroni" (Mauro Magatti).
Questa scelta dà forma ad una comunità cristiana capace di riconoscere i giovani, il dono della loro giovinezza, le novità di cui sono inevitabilmente portatori, senza diventarne i giudici e senza accettarle rassegnati. Una comunità capace di riconoscere nei giovani, il rinnovarsi del Regno di Dio che germina nonostante ogni delusione o stanchezza.
Suggerisco alcune esperienze:
- L'esperienza "Giovani per il mondo" della Caritas Diocesana, l'Operazione Mato Grosso, il SERMIG (Servizio Missionario Giovanile), ecc. che sono esperienze in realtà periferiche delle città o dell'esistenza dove offrire ascolto, condivisione e servizio .
- La Scuola di formazione sociopolitica "We care" proposta dalle ACLI e dal1'Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro che è un percorso formativo per accompagnare i giovani ad un ingresso più consapevole in un mondo adulto .
- Tutti i percorsi formativi ed esperienziali offerti dal1'associazionismo laico (cfr. LIBERA, Associazione Volontari Ospedalieri - AVO, Associazione per il Bambino in Ospedale - ABIO, ecc.) e di cui noi conosciamo molto poco.
DONARSI FIDUCIA
Il superamento di ogni distanza avviene a partire da un credito di fiducia che si accorda a chi non l'ha ancora meritata. Avviene così in ogni relazione, ma anche nei rapporti tra generazione. È necessario un credito di fiducia nei confronti dei giovani da parte degli adulti e dell'intera comunità cristiana. Si tratta di ammettere una diversità, a volte anche marcata e insieme la possibilità che percorrendo strade diverse si giunga alla stessa meta. Più delicato è il credito di fiducia che la comunità cristiana attende dai giovani. Le indagini che si ripetono non vedono la Chiesa in vetta alle realtà alle quali i giovani attribuiscono fiducia, fatto salvo che questa cresce dentro esperienze, rapporti e testimonianze che si connotano ai loro occhi per credibilità, autenticità e coraggio. In questo momento la figura di Papa Francesco è evidentemente emblematica, ma non può essere isolata, rispetto ad uno stile e ad una credibilità che la comunità nel suo insieme è chiamata ad esprimere. Accordare fiducia ai giovani, significa lasciare loro lo spazio nella Chiesa e nella società, incoraggiare le esperienze ispirate al Vangelo e ai grandi valori umani che propone, riconoscere i segni del Regno di cui sono portatori e alimentarli. Suscitare fiducia da parte dei giovani esige una credibilità evangelica che non consiste nella perfezione, ma in una perenne e gioiosa conversione, nella testimonianza di una speranza irriducibile.
Suggerisco alcune esperienze:
- L'Azione Cattolica, particolarmente nel settore giovani, capace di una formazione integrale della personalità secondo il Vangelo e della disposizione all'assunzione di responsabilità laicali .
- La FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e i movimenti ecclesiali con connotazioni più sociali (ACLI, Comunione e Liberazione, Movimento Cristiano Lavoratori, ecc.) che sono realtà che promuovono una presenza attiva dentro la Chiesa e la società incoraggiando la formazione alla cittadinanza.
- L'esperienza di evangelizzazione "Luce nella notte" che valorizza il protagonismo giovanile.
CONDIVIDERE LA GIOIA
Non si può essere felici da soli. Non possiamo essere cristiani senza condividere la gioia, la gioia del Vangelo. Siamo chiamati a interrogarci se la comunità cristiana testimonia la gioia evangelica, la gioia di essere cristiani. Non siamo impermeabili alla sofferenza e anche alla tristezza, non siamo indifferenti a quella degli altri, ma proprio dal Vangelo possiamo attingere e condividere una gioia capace di abitare e trasformare anche le prove più dolorose. Condividere la gioia significa accogliere quella di cui i giovani sono portatori e che sembra così esposta alla delusione e alla sfiducia. Testimoniare la gioia cristiana significa riconoscere, valorizzare e dare consistenza alle esperienze di gioia che i giovani vivono, perché non si esauriscono in una consumazioni di piaceri e sensazioni destinate ad un esaurimento sempre più drammatico.
Suggerisco alcune esperienze:
- I percorsi formativi, gli esercizi spirituali, gli itinerari di preparazione al matrimonio proposti da oratori, parrocchie e/o vicariati.
- La Scuola di preghiera diocesana.
- L'AGESCI e il suo affascinante progetto educativo
- Il "Rinnovamento nello Spirito" e 1'esperienza della preghiera connotata dalla gioia.
Indicazioni programmatiche
Le riflessioni che ho proposto sono il primo passo di un percorso che si dispiega in tre anni, una specie di ouverture. In collaborazione con gli uffici diocesani che si occupano di pastorale giovanile, indico ora in termini sintetici l'articolazione di questo percorso e gli strumenti che lo favoriscono.
IL CAMMINO DEI PROSSIMI TRE ANNI
Per i prossimi anni pastorali, vengono proposte tre attenzioni che si ispirano al "documento preparatorio" redatto in vista del Sinodo del 2018. Di seguito, il contenuto di ciascuna insieme all'orientamento pastorale di massima per ogni anno:
- ANNO PASTORALE 2017-18: come già detto in precedenza, ci è chiesto di "contestualizzare" il più ampiamente possibile i giovani di oggi, avendo particolare cura nel riconoscere le esperienze e i segni di presenza e di chiamata di Dio. A questo compito saranno invitati gli adulti e i giovani appartenenti alle diverse realtà ecclesiali della nostra Diocesi: parrocchie, associazioni e movimenti. Uscire, ascoltare, confrontarsi e riflettere saranno le principali azioni richieste da questa attenzione.
- ANNO PASTORALE 2018-19: ci sarà chiesto di interpretare la vita di ciascuno (non solo dei giovani) e ogni azione pastorale alla luce della fede nel Vangelo di Gesù. Una lettura sapiente, ispirata dalla Parola, capace di far emergere i segni evangelici che muovono la storia di oggi. Ciò significherà investire in modo particolare sulla "proposta diretta di Gesù e del suo Vangelo" (cfr. Lettera circolare, anno 2016- 17) e sul discernimento vocazionale che questa stessa proposta chiede.
- ANNO PASTORALE 2019-20: sulla scorta dell'Esortazione apostolica post-sinodale che ci sarà consegnata da Papa Francesco, saremo chiamati a scegliere gli orientamenti pastorali e gli strumenti più adeguati per una rinnovata "pastorale giovanile vocazionale".
LE TAPPE E GLI STRUMENTI PER L'ANNO PASTORALE 2017-18
In continuità con la "Seminagione Giovani" proposta in Diocesi già dallo scorso anno e in comunione con il cammino che la Chiesa, in particolare quella italiana, sta compiendo in vista del Sinodo del 2018, propongo che:
- Ogni comunità cristiana adulta (per esempio attraverso un'assemblea parrocchiale, il consiglio pastorale parrocchiale, il consiglio dell'oratorio o l'équipe educativa ecc.) e la componente adulta di ogni associazione o movimento ecclesiale (attraverso la sua assemblea, la presidenza o il consiglio direttivo ecc.), grazie a tre schede appositamente elaborate, si interroghi circa le "terre esistenziali" abitate dai giovani e già richiamate in questa lettera pastorale. Le tre schede chiederanno una riflessione circa gli "incontri", la "cura" e i "progetti" di cui gli adulti sono capaci verso i giovani di oggi e anche una verifica dell'efficacia delle diverse azioni pastorali messe in atto ormai da diversi decenni nelle nostre realtà.
- L’attenzione all' ascolto e al riconoscimento sarà proposto anche ai giovani appartenenti alle nostre realtà ecclesiali (parrocchie, oratori, associazioni e movimenti). Nel corso di questa lettera pastorale, abbiamo intuito che il "piccolo resto" non è soltanto una sterile categoria sociologica bensì una realtà che, nonostante la sua piccolezza, è chiamata a grande generatività, La condizione affinché lo sia, è la capacità di lasciarsi interrogare dentro i luoghi e i tempi più feriali, avendo particolarmente a cuore la cura delle singole relazioni che si possono instaurare. Il sussidio "CERCATORICERCATI", appositamente preparato da un gruppo di sacerdoti e di giovani bergamaschi, avrà la finalità di sostenere e accompagnare l'ascolto degli adulti (sacerdoti e laici) nei confronti dei giovani e soprattutto dei giovani di loro stessi. Il sussidio conterrà alcune domande fondamentali e provocherà la riflessione attraverso i diversi linguaggi della cultura contemporanea.
- Nell'ottica del "donarsi fiducia" precedentemente evocato, l'attraversamento delle terre esistenziali di tutti i giovani avverrà tramite chi già le abita, ovvero i giovani stessi. Due anni fa e in vista della Seminagione Giovani, alcuni giovani provenienti dalle diverse realtà ecclesiali della nostra Diocesi costituirono un tavolo di condivisione e di riflessione circa la loro condizione di giovani credenti oltre che quella dei loro coetanei. In altre parole, un tavolo "giovane" delle associazioni e dei movimenti. Negli scorsi mesi, ulteriormente provocato dall'indizione del Sinodo e dalle parole di Papa Francesco stesso, questo tavolo ha elaborato un progetto di ascolto di tutti i giovani bergamaschi, in collaborazione con l'Università degli Studi di Bergamo e altre realtà rilevanti del territorio. Il progetto contemplerà il protagonismo di tutti i giovani che nella nostra Diocesi desidereranno esserne interpreti, oltre a svariate azioni di incontro e di ascolto nei luoghi da loro stessi maggiormente frequentati. Le finalità, certamente ardite, saranno di ascoltare ma soprattutto dare voce ad un mondo giovanile "vero, buono, bello, giusto e santo", spesso sommerso e perciò sconosciuto ai più: abbiamo bisogno di buone e nuove storie da raccontare e siamo sicuri della loro esistenza sul nostro territorio.
- Per favorire la ripresa di alcuni brani biblici sul tema, sono state predisposte alcune schede per la catechesi, la meditazione, la riflessione e la preghiera con gli adulti nelle comunità parrocchiali dal titolo: "Il discepolo che Gesù amava".
GLI APPUNTAMENTI DIOCESANI
- Gli ascolti proposti non saranno fine a se stessi. Ogni realtà, adulta o giovane che sia, sarà invitata a condividere a livello diocesano ciò che avrà riflettuto. Il frutto di questa condivisione sarà certamente il punto di partenza per l'interpretare e lo scegliere dei prossimi anni ma vorrà essere anche l'occasione di un convegno finalizzato ad una elaborazione il più condivisa possibile di quanto emerso nelle singole realtà.
- Un altro momento significativo che riproporrà simbolicamente una buona storia già ricordata in questa lettera e darà ancora una volta concretezza al criterio del "camminare insieme", sarà il pellegrinaggio da Ortona a Roma cui ogni giovane della nostra Diocesi (dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti) sarà invitato a partecipare durante l'agosto 2018. Il cammino, che andrà dalle spoglie di San Tommaso apostolo a quelle di San Pietro, avrà un respiro mondiale e certamente italiano perché sarà fatto anche da altri giovani che, su altri sentieri e negli stessi giorni, converranno a Roma per una veglia di preghiera insieme a Papa Francesco in preparazione al Sinodo.
Eventi particolari
Prima di concludere, desidero ricordare alcuni momenti particolarmente significativi per la nostra Diocesi: si tratta del 50° Anniversario dell'inaugurazione del Seminario attuale e 450° della sua Fondazione, che verranno celebrati secondo un programma semplice e nello stesso tempo significativo. Una riflessione specifica sul Seminario e il suo futuro verrà alimentata dall'incontro del Rettore con tutto il presbiterio diocesano, negli attuali Vicariati e dalle indicazioni pastorali dell'anno 2018- 2019, con particolare connotazione vocazionale. Ricordiamo anche il 150° anniversario dell' Azione Cattolica, consapevoli della sua preziosa opera formativa, che diventa sempre più necessaria. Alla fine del mese di maggio e per la prima decade di giugno accoglieremo e ospiteremo l'urna con la salma di San Giovanni XXIII: si tratta di un dono che mi auguro raccolga non solo molte persone, ma soprattutto l'espressione di una fede corale che sostenga l'impegno di vita cristiana, alla luce della testimonianza e della santità dell'indimenticato Pontefice. A questi due eventi si accompagna la Riforma dei Vicariati e la costituzione delle Fraternità presbiterali, secondo i percorsi e le scadenze indicate nella Lettera circolare dello scorso anno, rilanciate da incontri e strumenti di lavoro appositamente predisposti, in vista della loro costituzione. Infine, come ci eravamo proposti, consegnerò all'inizio di quest'anno pastorale, gli Orientamenti relativi all'Esortazione apostolica postsinodale sulla famiglia, Amoris Laetitia, di Papa Francesco, con la speranza di rendere un servizio alle famiglie e ai presbiteri.
Conclusione: l’icona del discepolo amato
La Chiesa italiana ha scelto di illuminare e rappresentare la proposta pastorale sui giovani con il Vangelo di Giovanni, in cui il discepolo amato, rappresenta e testimonia la sua esperienza di fede in Gesù. La tradizione lo presenta come il più giovane dei discepoli, colui che fa dell'amore di Gesù la sorgente viva della sua fede, della sua vocazione e della sua missione. È l'icona, che nel corso dell'anno verrà proposta con linguaggi e modalità diverse, con la quale intendo consegnarvi questa Lettera pastorale e le considerazioni che contiene. Il Signore accompagni i nostri passi, quelli dei giovani del nostro tempo e della nostra Comunità diocesana.
+ Francesco, vescovo
Bergamo, 26 agosto 2017
Sant'Alessandro, Patrono della Città e della Diocesi