2021
Carissime comunità di Zogno, Ambria, Grumello de’ Zanchi e Spino,
a tutti e a ciascuno il mio saluto che nasce da un cuore frastornato tra la gioia e l’entusiasmo di poter percorrere con voi un pezzo di strada insieme condividendo quello che siamo e il timore e la paura di non corrispondere fino in fondo a quanto il Signore mi chiede venendo tra voi. Dopo 25 anni dalla mia ordinazione sacerdote mi lascio guidare dalle due “frasi”, che avevo scelto per l’immaginetta di ordinazione e che continuano ad illuminare la mia vita: “Canterò per sempre l’amore del Signore” (dai Salmi) e “Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio basta”. (S. Teresa d’Avila)
Innanzitutto concedetemi di ringraziare don Angelo per il dono della sua vita al Signore nel servizio, in questi 20 anni, alle nostre parrocchie. Rimanendo tra noi, sono contento di poter continuare a collaborare con lui.
Un saluto grande, pieno di riconoscenza, a don Simone per come mi ha accolto, per la passione e il lavoro che è sotto gli occhi di tutti. Il Signore ti benedica don Simone.
Fraterno il saluto a tutti i confratelli: don Giacomo, don Pasquale, don Luciano, don Sandro, don Mario e don Luca con i quali desidero crescere non solo nella collaborazione, ma soprattutto nella fraternità, in quanto noi preti non siamo colleghi di lavoro, bensì fratelli nel ministero.
Altrettanto affettuoso il saluto alle religiose e alle monache claustrali: mi affido tanto alle vostre preghiere.
Un saluto caro e fraterno a tutti i sacerdoti nativi e a tutti quelli che hanno “lavorato” nelle nostre parrocchie.
Non mancherò di ricordare, in una delle prime celebrazioni, anche i sacerdoti e le religiose che ora vivono nelle braccia del Dio della vita e tra questi Mons. Giulio Gabanelli.
Un grazie non formale, ma cordiale a tutti gli operatori pastorali che pian piano sto incontrando affinché nel conoscersi possiamo crescere nell’amicizia e nella stima reciproca.
È la prima volta che scrivo sul nostro notiziario interparrocchiale come “parroco”. Dice il diritto canonico che il parroco è: “il sacerdote a cui è conferita in titolo una parrocchia, con la cura delle anime e con giurisdizione propria, benché subordinata all'autorità dell'ordinario del luogo”. A prescindere dai titoli, dai compiti, dalle responsabilità, mi chiamo don Mauro e preferirei essere chiamato così perché, rubando una frase di S. Agostino: “Per voi sono pastore, con voi sono fratello”.
In questi giorni, soprattutto quando riuscivo a ritagliarmi un po' di tempo per stare davanti al Signore, tante sono state le domande su come raccogliere l’eredità che mi viene consegnata e su come impostare il cammino che ci attende. Ma in queste domande c’era un errore di fondo: avevano come soggetto il mio “io”. Allora ho chiesto al Signore: “Signore, tu cosa desideri per queste comunità? Tutte queste persone sono tue; Tu le ami prima di me; Tu conosci le loro storie, le hai già salvate per pura Grazia. Cosa sogni per loro?”.
E la risposta non si è fatta attendere: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».
Non è questione di numeri o di statistiche: bastano due o tre. Già una coppia può formare una comunità abitata da Cristo, una famiglia. E poi un insieme di famiglie, fino a formare la grande famiglia che è la chiesa, la comunità cristiana. C'è però una condizione da rispettare, irrinunciabile: “Nel mio nome". Che cosa vuol dire essere comunità riuniti nel nome del Signore? Vuol dire essere riuniti nel nome di uno che aveva e ha la passione della fraternità.
Là dove ci si riunisce in nome di qualcos’altro (finalità utilitaristiche, interessi di parte, vantaggi dichiarati o inconfessati), ci sarà convivenza, ma non comunità. Per questo non sempre una famiglia è anche una comunità: può essere una semplice convivenza di persone.
E convivenza può essere, in un certo senso, anche un’assemblea liturgica che vede riunite molte persone, apparentemente in nome di Cristo.
In realtà non basta pronunciare tutti insieme il nome di Cristo per essere comunità.
Se manca l’amore, quell'assemblea è solo una somma di molte persone, estranee le une alle altre.
Perché ci sia comunità vera, bisogna che all'interno si possa sentire come un solo respiro, una comune trepidazione, una passione corale.
La comunità esiste là dove ci si accoglie con reciproca simpatia, si soffre e si gioisce insieme, si cerca insieme di realizzare il pieno compimento della legge che, come ci ricorda san Paolo, è l’amore.
Era questo il sogno di Gesù e lo è tutt’ oggi: creare una grande famiglia dove regnasse la legge della fraternità.
Questa la sua volontà per la Chiesa e per le “nostre chiese”: una comunità che fosse segno di unità, di riconciliazione, di pace. Perché Dio è Padre e non può che volere l'unione di tutti i suoi figli.
Unità che non vuol dire fusione e confusione. Ciascuno è sé stesso, con i suoi doni e i suoi limiti. Tu sei tu e io sono io: diversi, certo, eppure, nonostante tutto, uniti.
Questo allora il “mio” e “nostro” sogno. Un sogno che si traduce in impegno personale e comunitario e che abiterà sempre più l’azione pastorale: uomini e donne che si riuniscono per dare un senso alto alla vita (e non un qualunque senso), che si interrogano, che tentano di trovare una risposta agli interrogativi che portano dentro attingendo alla sapienza del vangelo; uomini e donne che pregano insieme, si accolgono reciprocamente perché sentono che qualcuno li accoglie e li ama; uomini e donne che, per la presenza di Cristo, intuiscono che l'amore è tutto e che tutto vince l’Amore.
Mentre vi abbraccio tutti, un saluto speciale ai ragazzi e ai giovani e una carezza a tutti gli anziani e ammalati.
E grazie a Te Signore, perché operi cose prodigiose, nella storia di ogni singola persona che danno volto alle nostre comunità nel segno dell’unità e della comunione fraterna.
Don Mauro
GRAZIE, don Mauro, per aver rinnovato il tuo SÌ, al Signore e per aver accettato di prendere sulle tue spalle noi, tuo gregge. Insieme cammineremo sulle strade che il Signore, traccerà davanti alle nostre scelte e decisioni, per il bene nostro e della sua Santa Chiesa. Auguri e buon apostolato tra noi!
La tua Unità Pastorale di Zogno
Innanzitutto concedetemi di ringraziare don Angelo per il dono della sua vita al Signore nel servizio, in questi 20 anni, alle nostre parrocchie. Rimanendo tra noi, sono contento di poter continuare a collaborare con lui.
Un saluto grande, pieno di riconoscenza, a don Simone per come mi ha accolto, per la passione e il lavoro che è sotto gli occhi di tutti. Il Signore ti benedica don Simone.
Fraterno il saluto a tutti i confratelli: don Giacomo, don Pasquale, don Luciano, don Sandro, don Mario e don Luca con i quali desidero crescere non solo nella collaborazione, ma soprattutto nella fraternità, in quanto noi preti non siamo colleghi di lavoro, bensì fratelli nel ministero.
Altrettanto affettuoso il saluto alle religiose e alle monache claustrali: mi affido tanto alle vostre preghiere.
Un saluto caro e fraterno a tutti i sacerdoti nativi e a tutti quelli che hanno “lavorato” nelle nostre parrocchie.
Non mancherò di ricordare, in una delle prime celebrazioni, anche i sacerdoti e le religiose che ora vivono nelle braccia del Dio della vita e tra questi Mons. Giulio Gabanelli.
Un grazie non formale, ma cordiale a tutti gli operatori pastorali che pian piano sto incontrando affinché nel conoscersi possiamo crescere nell’amicizia e nella stima reciproca.
È la prima volta che scrivo sul nostro notiziario interparrocchiale come “parroco”. Dice il diritto canonico che il parroco è: “il sacerdote a cui è conferita in titolo una parrocchia, con la cura delle anime e con giurisdizione propria, benché subordinata all'autorità dell'ordinario del luogo”. A prescindere dai titoli, dai compiti, dalle responsabilità, mi chiamo don Mauro e preferirei essere chiamato così perché, rubando una frase di S. Agostino: “Per voi sono pastore, con voi sono fratello”.
In questi giorni, soprattutto quando riuscivo a ritagliarmi un po' di tempo per stare davanti al Signore, tante sono state le domande su come raccogliere l’eredità che mi viene consegnata e su come impostare il cammino che ci attende. Ma in queste domande c’era un errore di fondo: avevano come soggetto il mio “io”. Allora ho chiesto al Signore: “Signore, tu cosa desideri per queste comunità? Tutte queste persone sono tue; Tu le ami prima di me; Tu conosci le loro storie, le hai già salvate per pura Grazia. Cosa sogni per loro?”.
E la risposta non si è fatta attendere: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».
Non è questione di numeri o di statistiche: bastano due o tre. Già una coppia può formare una comunità abitata da Cristo, una famiglia. E poi un insieme di famiglie, fino a formare la grande famiglia che è la chiesa, la comunità cristiana. C'è però una condizione da rispettare, irrinunciabile: “Nel mio nome". Che cosa vuol dire essere comunità riuniti nel nome del Signore? Vuol dire essere riuniti nel nome di uno che aveva e ha la passione della fraternità.
Là dove ci si riunisce in nome di qualcos’altro (finalità utilitaristiche, interessi di parte, vantaggi dichiarati o inconfessati), ci sarà convivenza, ma non comunità. Per questo non sempre una famiglia è anche una comunità: può essere una semplice convivenza di persone.
E convivenza può essere, in un certo senso, anche un’assemblea liturgica che vede riunite molte persone, apparentemente in nome di Cristo.
In realtà non basta pronunciare tutti insieme il nome di Cristo per essere comunità.
Se manca l’amore, quell'assemblea è solo una somma di molte persone, estranee le une alle altre.
Perché ci sia comunità vera, bisogna che all'interno si possa sentire come un solo respiro, una comune trepidazione, una passione corale.
La comunità esiste là dove ci si accoglie con reciproca simpatia, si soffre e si gioisce insieme, si cerca insieme di realizzare il pieno compimento della legge che, come ci ricorda san Paolo, è l’amore.
Era questo il sogno di Gesù e lo è tutt’ oggi: creare una grande famiglia dove regnasse la legge della fraternità.
Questa la sua volontà per la Chiesa e per le “nostre chiese”: una comunità che fosse segno di unità, di riconciliazione, di pace. Perché Dio è Padre e non può che volere l'unione di tutti i suoi figli.
Unità che non vuol dire fusione e confusione. Ciascuno è sé stesso, con i suoi doni e i suoi limiti. Tu sei tu e io sono io: diversi, certo, eppure, nonostante tutto, uniti.
Questo allora il “mio” e “nostro” sogno. Un sogno che si traduce in impegno personale e comunitario e che abiterà sempre più l’azione pastorale: uomini e donne che si riuniscono per dare un senso alto alla vita (e non un qualunque senso), che si interrogano, che tentano di trovare una risposta agli interrogativi che portano dentro attingendo alla sapienza del vangelo; uomini e donne che pregano insieme, si accolgono reciprocamente perché sentono che qualcuno li accoglie e li ama; uomini e donne che, per la presenza di Cristo, intuiscono che l'amore è tutto e che tutto vince l’Amore.
Mentre vi abbraccio tutti, un saluto speciale ai ragazzi e ai giovani e una carezza a tutti gli anziani e ammalati.
E grazie a Te Signore, perché operi cose prodigiose, nella storia di ogni singola persona che danno volto alle nostre comunità nel segno dell’unità e della comunione fraterna.
Don Mauro
GRAZIE, don Mauro, per aver rinnovato il tuo SÌ, al Signore e per aver accettato di prendere sulle tue spalle noi, tuo gregge. Insieme cammineremo sulle strade che il Signore, traccerà davanti alle nostre scelte e decisioni, per il bene nostro e della sua Santa Chiesa. Auguri e buon apostolato tra noi!
La tua Unità Pastorale di Zogno
METTERCI LA FACCIA
Prima di tutto permettetemi di dirvi grazie per l’accoglienza che mi avete riservato in queste prime settimane del mio essere con voi e per voi. Vi confido che il periodo che sto vivendo è abitato da tanti pensieri, desideri, sentimenti e preoccupazioni che, momentaneamente, frullano nella testa e nel cuore. Il tempo mi permetterà di mettere ordine e così di “metterci la faccia”.
Sto incontrando una realtà complessa e ben strutturata: l’organizzazione pastorale, condivisa e sostenuta dalla fraternità tra noi sacerdoti; il cammino di comunione dell’unità pastorale, espresso dalla passione dell’equipe; l’attenzione e la cura alle nostre chiese e alla dimensione liturgica, grazie alla sensibilità dei sagristi; la vitalità dei nostri oratori con tutte le loro iniziative e proposte, sostenute dal nostro don Simone e dei vari collaboratori; i vari gruppi e associazioni. È mio desiderio entrare a far parte di questa storia nel rispetto delle singole parrocchie che compongono la nostra unità pastorale, dove molti, in vari modi e in diversi gruppi, ci mettono la faccia. Vi chiedo la pazienza affinché possa avere il tempo di conoscervi e di farmi conoscere con il mio stile, di intraprendere alcuni percorsi e di avviarne altri, di giungere a delle scelte, che inevitabilmente prenderemo, ma soprattutto di poterci raccontare e di condividere la nostra fede. E’ proprio in questo cammino di fede che siamo chiamati a metterci la faccia. La fede, ce lo ricordava bene il papa emerito Benedetto: “Non è teoria, filosofia o idea, ma è un incontro… un incontro personale con Gesù (…). Per un verso la fede è un contatto profondamente personale con Dio, che mi tocca nel mio vissuto più intimo in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed entrare in comunione con lui. Ma al tempo stesso questa realtà personale ha inseparabilmente a che fare con la comunità”. Se la fede è un incontro tra noi e Dio, possiamo dire che Dio ci ha messo la faccia. Il Natale che ci apprestiamo a vivere da cristiani, ci ricorda fondamentalmente questo: Dio, in quel “Bambino nato a Betlemme, avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”, ci ha mostrato la sua faccia, il suo volto. Quando due persone cercano di costruire una relazione autentica, si guardano negli occhi, si fidano a tal punto da consegnarsi l’uno all’altro, senza pudore o vergogna, appunto: non si vergognano di metterci la faccia. Magari correndo il rischio di non essere capiti, di essere fraintesi o addirittura rifiutati. (Penso che Dio viva spesso questa esperienza). Ma se non ci metti la faccia non potrai mai dire di avere investito tutto te stesso nel volere una relazione vera. Ecco: Dio in Gesù ha investito tutto se stesso per mostrare il suo volto, per farci conoscere fino in fondo cosa porta nel suo cuore. Quel Bambino è la certezza che Dio non è l’avversario dell’uomo, ma il suo alleato. In Gesù noi possiamo accogliere la drammaticità e la meraviglia di un Dio che ci mette la faccia affinché come singoli e come comunità cristiana possiamo impegnarci concreatamene a creare legami di vera fraternità dove nessuno venga considerato o trattato come uno “scarto”; dove ogni essere umano, a qualsiasi popolo, razza o religione appartenga possa trovare uno sguardo, un sorriso, una parola buona, posto accogliente; dove non si ha paura a prendersi a cuore gli uni gli altri nella concretezza della vita, dove la vita accade… mettendoci la faccia. È con questi pensieri che rivogo a tutti e a ciascuno i miei auguri più fraterni di un sereno Natale, assicurando la mia preghiera a chi passerà questi giorni con qualche preoccupazione e un po’ di tristezza nel cuore. Possa il Bambino di Betlemme spronarci a trasformare la poesia e le nenie del Natale in un impegno di vita, mettendoci la faccia. Don Mauro |
FACCIA A FACCIA
E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI
Care famiglie, sono talmente grato del libretto di preghiera che è stato preparto per questo cammino di avvento. Come da me suggerito nella lettera Pastorale, desidera farsi “companatico” per il vostro cammino di preghiera e, a sua volta, la preghiera farsi “pane” dell’amore in famiglia. Pane spezzato e condiviso, tra i grandi e i piccoli, perché la vita che accade nelle vostre case possa ritrovare forza e vigore.
Il cammino di avvento desidera allenarci ad un incontro autentico con il Signore, faccia a faccia. Questo tempo sarà un progressivo rischiararsi di quel paesaggio notturno nel quale ci addentreremo, fino allo splendore che si diffonde dalla grotta di Betlemme. Il divino si fa Bambino, viene ad abitare in mezzo a noi e illumina la nostra vita di senso nuovo. Mentre la vita accade, nasce tra le case in una famiglia semplice e circondato da qualche pastore, con i suoi animali.
Dunque, vi invito a spalancare la porta della vostra casa e il cuore della vostra famiglia al Dio che viene. Non abbiate paura della vita che vi potrà trovare, anzi affidatela alle Sue mani, perché possa essere benedetta e salvata.
Vi accompagno e prego per voi!
Buon avvento
+Francesco
Con questi sentimenti il nostro Vescovo ci augura un buon cammino di avvento in preparazione all’evento meraviglioso di Dio che visita il suo popolo. A noi, in questo tempo che tenta di riprendere la sua “normalità” pur restando un tempo difficile, l’invito ad accogliere la vita la dove la vita accade con uno sguardo e attenzione particolare alle famiglie.
La fatica di questo lungo periodo di pandemia non ci impedisce di andare all’essenziale per vivere bene le cose che siamo chiamati a fare ogni giorno, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio che può illuminare anche questo tempo: il silenzio e la preghiera personale, familiare e comunitaria, ci aiutino ad accogliere la vita e ad accorgerci che lì Dio ci incontra là dove la vita accade.
Buon cammino di avvento.
Don Mauro, don Simone
e i sacerdoti dell’unità pastorale
Il cammino di avvento desidera allenarci ad un incontro autentico con il Signore, faccia a faccia. Questo tempo sarà un progressivo rischiararsi di quel paesaggio notturno nel quale ci addentreremo, fino allo splendore che si diffonde dalla grotta di Betlemme. Il divino si fa Bambino, viene ad abitare in mezzo a noi e illumina la nostra vita di senso nuovo. Mentre la vita accade, nasce tra le case in una famiglia semplice e circondato da qualche pastore, con i suoi animali.
Dunque, vi invito a spalancare la porta della vostra casa e il cuore della vostra famiglia al Dio che viene. Non abbiate paura della vita che vi potrà trovare, anzi affidatela alle Sue mani, perché possa essere benedetta e salvata.
Vi accompagno e prego per voi!
Buon avvento
+Francesco
Con questi sentimenti il nostro Vescovo ci augura un buon cammino di avvento in preparazione all’evento meraviglioso di Dio che visita il suo popolo. A noi, in questo tempo che tenta di riprendere la sua “normalità” pur restando un tempo difficile, l’invito ad accogliere la vita la dove la vita accade con uno sguardo e attenzione particolare alle famiglie.
La fatica di questo lungo periodo di pandemia non ci impedisce di andare all’essenziale per vivere bene le cose che siamo chiamati a fare ogni giorno, lasciandoci guidare dalla Parola di Dio che può illuminare anche questo tempo: il silenzio e la preghiera personale, familiare e comunitaria, ci aiutino ad accogliere la vita e ad accorgerci che lì Dio ci incontra là dove la vita accade.
Buon cammino di avvento.
Don Mauro, don Simone
e i sacerdoti dell’unità pastorale