1987
NEL CORRENTE ANNO 1987
Nel corrente anno 1987 per noi di Zogno sono previste due celebrazioni straordinarie: le Missioni predicate al popolo dal 2 al 12 aprile prossimo e la Visita Pastorale del vescovo di Bergamo Mons. Giulio Oggioni entro i prossimi mesi di settembre-ottobre. Storicamente parlando la visita pastorale è stata voluta dal Concilio di Trento, con scadenza quinquennale o almeno decennale, mentre le missioni sono state promosse dai vescovi in preparazione alla visita medesima e in momenti di rilassamento morale a cui le nostre popolazioni si sono frequentemente abbandonate. In quest'anno per noi di Zogno i due avvenimenti tornano a congiungersi per conseguire insieme lo stesso scopo, cioè la verifica della fede e dei costumi a livello di comunità parrocchiale. Ricordiamo le grandi croci che venivano elevate sui nostri sagrati e a volte sui monti incombenti sui nostri paesi nella circostanza di queste celebrazioni per richiamarne alla mente dei "cristifideles", cioè dei cristiani, il ricordo con tutti i buoni propositi maturati insieme che avrebbero dovuto dare col tempo i loro abbondanti frutti. Ecco ad esempio i propositi fatti nelle ultime missioni celebrate da noi dal 19 marzo a13 aprile 1977 con l'intervento dei padri Passionisti:
1°) Mantenerci in un contesto di fede: attraverso la preghiera, lo studio del Vangelo, la presenza attiva nella catechesi, la partecipazione alla vita liturgica per esprimere come cristiani il nostro cammino verso il Regno di Dio fatto insieme come chiesa o comunità di fede.
2°) Mantenerci in un contesto di autentica carità che non è fatta di elemosine ma di coinvolgimento personale, senza deleghe, nel mondo dell'accoglienza in casa e fuori casa per evitare il rifiuto dell'uomo emarginandolo e abbandonandolo a se stesso o nelle istituzioni commettendo così il peccato che grida vendetta al cospetto di Dio definito nel catechismo famigerato di Pio X "oppressione dei poveri" siano essi fanciulli, handicappati, giovani, operai senza lavoro o sfruttati, malati, anziani, alienati, sbandati, peccatori.
Come siano andate le cose in questo decennio 1977-1987 ciascuno faccia il proprio esame di coscienza che ripeteremo poi insieme ad alta voce nelle imminenti missioni. Interverranno i preti del S. Cuore in Bergamo specializzati nella predicazione premettendo un'inchiesta condotta tra i giovani e i coniugi; installeranno una stazione radio per mettersi in contatto con tutta la popolazione e per dare a tutti la possibilità di esprimersi; svolgeranno la rappresentazione vivente di 17 quadri biblici e promuoveranno come delle tavole rotonde al posto del tradizionale dialogo fatto ai tempi tra due sacerdoti di cui uno sosteneva la parte del diavolo o dell'ignorante e l'altro la parte dell'angelo buono o del sapiente. Le missioni verranno celebrate contemporaneamente al centro e al Carmine come si fa di solito. La missione deve essere intesa come la festa prolungata della parola di Dio. Il libro di Neemia ci offre una stupenda immagine dell'avvenimento che stiamo per celebrare. Vi si narra infatti (Ne. 8,ss.) che la prima volta in cui si è riunito il popolo in festa dopo l'esilio per celebrare la parola di Dio: "Il sacerdote Esdra portò la legge sulla piazza davanti alla porta delle Acque e lesse all'assemblea dallo spuntare della luce sino a mezzogiorno mentre tutto il popolo porgeva l'orecchio per ascoltare il libro della legge. Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto il popolo rispose - Amen, amen - alzando le mani, inginocchiandosi e prostrandosi con la faccia per terra davanti al Signore!" Anche noi siamo reduci dall' esilio dove abbiamo conosciuto la tristezza della schiavitù del nostro egoismo e della nostra infedeltà a Dio e ai fratelli. Prima abbiamo preteso di poter adattare il Vangelo, come se fosse un morbido mantello, alle pieghe della nostra pelle e poi ci siamo scandalizzati della sua inutilità. Il Vangelo infatti non vale più niente se non si torna a riadattare la nostra pelle alle sue pieghe. Purtroppo il messaggio di Gesù nei suoi discorsi delle Beatitudini e del Giudizio Universale non è più nei nostri cuori. Abbiamo ancora nel contempo la presunzione di poterei sostenere di fronte al mondo con un discorso missionario squallido che mira a ribaltare anche le popolazioni del terzo mondo nella pozzanghera del nostro consumismo senza riconoscere intanto che il cristiano deve essere missionario di se stesso prima di poterlo essere per gli altri. Se vogliamo anticipare una risposta alla precisa domanda che dovremo porci nelle prossime missioni "Di che cosa abbiamo bisogno noi di Zogno perchè ciascuno ritrovi se stesso e perchè tutti insieme abbiamo a ritrovarci come comunità di fede", possiamo esprimerci così:
1°) Abbiamo bisogno di preghiera. Non basta parlare di Dio. Anche gli atei ne parlano. Bisogna parlare con Dio col linguaggio del silenzio interiore dove Dio si fa sentire e non vuole risposte se non sul piano pratico della nostra conversione.
2°) Abbiamo bisogno di obbedienza. È la virtù che ci distacca nettamente dal comportamento dei nostri progenitori e ci mette in piena comunione con Cristo per fare insieme la volontà del Padre. "Nessuno può servire a due padroni ... " (Mt 6,24). "Non tutti quelli che dicono - Signore, Signore - entreranno nel regno dei cieli, ma soltanto quelli che avranno fatto la volontà del Padre mio che sta nei cieli" (Mt 7,21). Chi non sa obbedire, non sa regnare!
Le nuove generazioni ci accusano di avere loro lasciato mancate i modelli. Noi siamo responsabili di essere caduti in contraddizione col messaggio evangelico per cui da troppo tempo sulle nostre labbra non ha più credibili- . tà. Ecco quindi a nostra disposizione le sante missioni, occasione propizia per ricuperare credibilità riaffermandoci nella coerenza della fedeltà a Dio e ai fratelli. Le missioni costituiscono inoltre la migliore preparazione alla Visita Pastorale di settembre-ottobre 1987 se vogliamo renderei capaci di esprimerci come comunità nella fede alla parola di Dio e nell'obbedienza ai suoi comandamenti.
Con affetto,
don Giulio Gabanelli
1°) Mantenerci in un contesto di fede: attraverso la preghiera, lo studio del Vangelo, la presenza attiva nella catechesi, la partecipazione alla vita liturgica per esprimere come cristiani il nostro cammino verso il Regno di Dio fatto insieme come chiesa o comunità di fede.
2°) Mantenerci in un contesto di autentica carità che non è fatta di elemosine ma di coinvolgimento personale, senza deleghe, nel mondo dell'accoglienza in casa e fuori casa per evitare il rifiuto dell'uomo emarginandolo e abbandonandolo a se stesso o nelle istituzioni commettendo così il peccato che grida vendetta al cospetto di Dio definito nel catechismo famigerato di Pio X "oppressione dei poveri" siano essi fanciulli, handicappati, giovani, operai senza lavoro o sfruttati, malati, anziani, alienati, sbandati, peccatori.
Come siano andate le cose in questo decennio 1977-1987 ciascuno faccia il proprio esame di coscienza che ripeteremo poi insieme ad alta voce nelle imminenti missioni. Interverranno i preti del S. Cuore in Bergamo specializzati nella predicazione premettendo un'inchiesta condotta tra i giovani e i coniugi; installeranno una stazione radio per mettersi in contatto con tutta la popolazione e per dare a tutti la possibilità di esprimersi; svolgeranno la rappresentazione vivente di 17 quadri biblici e promuoveranno come delle tavole rotonde al posto del tradizionale dialogo fatto ai tempi tra due sacerdoti di cui uno sosteneva la parte del diavolo o dell'ignorante e l'altro la parte dell'angelo buono o del sapiente. Le missioni verranno celebrate contemporaneamente al centro e al Carmine come si fa di solito. La missione deve essere intesa come la festa prolungata della parola di Dio. Il libro di Neemia ci offre una stupenda immagine dell'avvenimento che stiamo per celebrare. Vi si narra infatti (Ne. 8,ss.) che la prima volta in cui si è riunito il popolo in festa dopo l'esilio per celebrare la parola di Dio: "Il sacerdote Esdra portò la legge sulla piazza davanti alla porta delle Acque e lesse all'assemblea dallo spuntare della luce sino a mezzogiorno mentre tutto il popolo porgeva l'orecchio per ascoltare il libro della legge. Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto il popolo rispose - Amen, amen - alzando le mani, inginocchiandosi e prostrandosi con la faccia per terra davanti al Signore!" Anche noi siamo reduci dall' esilio dove abbiamo conosciuto la tristezza della schiavitù del nostro egoismo e della nostra infedeltà a Dio e ai fratelli. Prima abbiamo preteso di poter adattare il Vangelo, come se fosse un morbido mantello, alle pieghe della nostra pelle e poi ci siamo scandalizzati della sua inutilità. Il Vangelo infatti non vale più niente se non si torna a riadattare la nostra pelle alle sue pieghe. Purtroppo il messaggio di Gesù nei suoi discorsi delle Beatitudini e del Giudizio Universale non è più nei nostri cuori. Abbiamo ancora nel contempo la presunzione di poterei sostenere di fronte al mondo con un discorso missionario squallido che mira a ribaltare anche le popolazioni del terzo mondo nella pozzanghera del nostro consumismo senza riconoscere intanto che il cristiano deve essere missionario di se stesso prima di poterlo essere per gli altri. Se vogliamo anticipare una risposta alla precisa domanda che dovremo porci nelle prossime missioni "Di che cosa abbiamo bisogno noi di Zogno perchè ciascuno ritrovi se stesso e perchè tutti insieme abbiamo a ritrovarci come comunità di fede", possiamo esprimerci così:
1°) Abbiamo bisogno di preghiera. Non basta parlare di Dio. Anche gli atei ne parlano. Bisogna parlare con Dio col linguaggio del silenzio interiore dove Dio si fa sentire e non vuole risposte se non sul piano pratico della nostra conversione.
2°) Abbiamo bisogno di obbedienza. È la virtù che ci distacca nettamente dal comportamento dei nostri progenitori e ci mette in piena comunione con Cristo per fare insieme la volontà del Padre. "Nessuno può servire a due padroni ... " (Mt 6,24). "Non tutti quelli che dicono - Signore, Signore - entreranno nel regno dei cieli, ma soltanto quelli che avranno fatto la volontà del Padre mio che sta nei cieli" (Mt 7,21). Chi non sa obbedire, non sa regnare!
Le nuove generazioni ci accusano di avere loro lasciato mancate i modelli. Noi siamo responsabili di essere caduti in contraddizione col messaggio evangelico per cui da troppo tempo sulle nostre labbra non ha più credibili- . tà. Ecco quindi a nostra disposizione le sante missioni, occasione propizia per ricuperare credibilità riaffermandoci nella coerenza della fedeltà a Dio e ai fratelli. Le missioni costituiscono inoltre la migliore preparazione alla Visita Pastorale di settembre-ottobre 1987 se vogliamo renderei capaci di esprimerci come comunità nella fede alla parola di Dio e nell'obbedienza ai suoi comandamenti.
Con affetto,
don Giulio Gabanelli
PASQUA 1987
Nell'imminenza della Pasqua 1987, dal 2 al 12 aprile, i preti del S. Cuore di Bergamo predicano la Missione al popolo, avvenimento che si rinnova fra noi ogni dieci anni. È un'occasione propizia e preziosa per indurci a fare il nostro esame di coscienza ad alta voce e per verificare comunitariamente il nostro modo di essere cristiani. Cristiano è colui che col battesimo entra a far parte ufficialmente, come figlio di Dio, della comunità di fede che è la parrocchia, luogo naturale dove la Chiesa, mistero del popolo di Dio, si rende visibile attraverso le persone che vi partecipano. La scelta del Battesimo ci impegna praticamente, nel rito viene infatti espressamente significato, in una triplice dimensione di fede, cioè dell'annuncio, della celebrazione e della testimonianza della parola di Dio. Nella nostra parrocchia, di nome siamo tutti cristiani perchè battezzati, ma solo l'1% circa si rende disponibile per la catechesi e solo il 30% circa celebra insieme l'Eucarestia domenicale con presenze molto passive e marginali. Speriamo siano molti di più quelli che vivono della parola di Dio. I diversi gruppi ecclesiali che figurano di gestire insieme la pastorale parrocchiale affaticano a fare comunione tra di loro perchè riflettono anch'essi il comportamento assai diffuso tra la nostra gente di trincerarsi dietro un'idea individualistica di Chiesa basata sul dogma del "se mi piace, quando e finchè mi piace, come e con chi mi piace!". Dobbiamo sinceramente accusarci di essere una Chiesa malata di individualismo cronico segno di grettezza che ci impedisce di essere gli uni per gli altri nella piena condivisione. La nostra parrocchia è ricca di strutture ma alquanto povera d'impegno pastorale. Accusa infatti un'afasia progressiva perchè affatica assai a pregare e a celebrare insieme con entusiasmo la parola di Dio. Risulta pertanto una Chiesa poco incline al proselitismo perchè sprovvista di carica sufficiente ad esprimere il grande fatto di fede che accompagna l'uomo nelle sue scelte quotidiane. La nostra popolazione continua fortunatamente a sentirsi ancorata a una forte tradizione religiosa che sta tuttavia affievolendosi ma da cui si può ripartire comunque con lo slancio del rinnovamento e della conversione; la tradizione da sola infatti non può costituire la soluzione di un problema religioso che esige un'adesione prettamente personale. Cerchiamo ora d'individuare insieme alcuni comportamenti negativi che espongono la nostra comunità all'insuccesso. Il rifiuto di tutto ciò che fanno o hanno fatto gli altri impedisce a ciascuno di noi di metterei il nostro contributo personale alla promozione della parrocchia. La condanna di tutti quelli che non la pensano come noi è segno di meschinità che ci impedisce di accettare le persone per l'abito che portano. Il fatto di far ricadere sempre sugli altri la responsabilità dei nostri insuccessi spirituali ci impedisce di adottare un rimedio efficace. L'incapacità di aprire l'animo alla condivisione di tutto ciò che non rientra nell'ambito della nostra religione del "se mi piace e con chi mi piace" continua ad accusare il nostro individualismo e grettezza già denunciati sopra. L'ambizione di poter gestire anche solo una briciola di potere ci rende insofferenti di ogni altro potere di cui ci scandalizziamo finchè non si trova nelle nostre mani. Una piaga delle nostre comunità parrocchiali è senz'altro la guerra sostenuta con la tattica dello spillo dalla punta avvelenata con cui si colpisce invisibilmente l'avversario senza concedergli il diritto di potersi difendere. A furia di punzecchiare, d'irritare, di far soffrire, anche i colossi cadono miseramente come cagnacci tormentati dalle pulci che si rivoltano contro se stessi a mordersi disperatamente. Di questa tattica dello spillo fanno largo uso i buoni cristiani e le persone che sostengono così vigliaccamente una guerra da incoscienti provocando la divisione di cui Cristo afferma "ogni regno in sè diviso crolla" fosse pure quello di satana. Questi sono alcuni aspetti negativi di una realtà che annovera a suo vantaggio anche tanto bene fra tutti i ceti della parrocchia. Molti giovani di buona volontà, che abbiamo, bastano da soli a restituire il credito a questo nostro paese che a volte sfigura perchè tutti sanno vedere il male mentre pochi sanno considerare il bene. L'esame di coscienza serve a diagnosticare i difetti da correggere ma non per suscitare lo scandalo e lo scoraggiamento. Dalla presente circostanza si deve ripartire per realizzare in tutti noi quel rinnovamento spirituale che la nostra situazione ben analizzata richiede.
Buona Pasqua di tutto cuore a tutti.
aff.mo d. Giulio G.
Buona Pasqua di tutto cuore a tutti.
aff.mo d. Giulio G.
IL DOPO MISSIONE
ARIA FRESCA PER UN AMBIENTE NUOVO
I risultati della nostra Missione 2-12 aprile scorso, se computati in base alle presenze del 30% circa della popolazione, potrebbero sembrare assai scarsi. Si nutre tuttavia la speranza che, senza far ricorso al proverbio "Chi si accontenta gode", la Missione abbia fatto bene anche a quelli che non l'hanno frequentata direttamente. Il fuoco riscalda e la luce illumina tutti quelli che sono nella casa e non soltanto quelli che li hanno accesi; così il sale dà sapore a tutta la massa e il lievito la fa fermentare. Ovviamente si richiede la buona volontà da parte di tutti perchè la massa sia un impasto fatto di buona farina. Sono affermazioni facili ma non scontate, purtroppo, soprattutto quando si tratta di persone, che costituiscono la stramaggioranza della gente, ammalate di allergia cronica religiosamente parlando. Fin dal Conco di Trento, soprattutto in tempi di rilassamento morale, i vescovi facevano precedere alle loro visite pastorali la Missione predicata al popolo per riformarne i costumi facendo intervenire valenti e rinomati oratori. I risultati eccellenti di quella predicazione risultano chiaramente documentati negli atti delle Visite Pastorali dal 1500 al 1900 circa dove si dichiara sotto giuramento da parte di attendibili testimoni che nella parroccha di Zogno, ad esempio, non esistevano nè usurai, nè ladri, nè concubini, nè bestemmiatori, nè eretici, nè scandalosi o pubblici peccatori, nè inconfessi e nè incomunicati, facevano cioè tutti indistintamente Pasqua accostandosi ai sacramenti della confessione e della comunione. I risultati della nostra Missione attualmente sono ben diversi perchè è cambiata radicalmente la situazione. A quei tempi la corruzione era soprattutto monopolio dei ceti privilegiati mentre ora coinvolge anche le masse minacciando la sopravvivenza medesima dell'uomo sopra la faccia della terra. Ne stiamo constatando i malefici effetti persino nell'ambito ecologico. Stiamo diventando, incredibilmente anche nel mondo cristiano, un popolo indifferente al problema della fede che non incide più nelle scelte morali della nostra esistenza. Una società che abbatte i comandamenti di Dio abbatte se stessa. La storia, che amiamo definire "Maestra di vita" magari senza esserne discepoli e fra molti equivoci, ci insegna che quando l'uomo si illude di poter costruire ogni sua sicurezza solamente sul benessere materiale trascurando i valori morali e spirituali della vita, crolla nella più sconcertante abiezione. "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde l'anima!" (Lc 9,25). Così facendo l'uomo perde anche il mondo che si illudeva di aver conquistato e senza aspettare il sopraggiungere della vita eterna. L'inquinamento ecologico è una prova inconfutabile dell'inquinamento morale che sovverte i valori della vita. Questa nuova pestilenza ci trascina irrimediabilmente nella catastrofe; a differenza delle pestilenze del passato, questa, o si arresta cambiando tutti insieme il modo di vivere o non potrà conoscere riprese perchè il dopo vuol dire la fine del mondo. La pestilenza del 1630 a Zogno, secondo le statistiche del Ghirardelli raccolte nell'immediato dopo peste prima della sua morte avvenuta nel 1641, ha sterminato N° 426 persone su 730 abitanti, per cui ne sono sopravvissute N° 304. Lo Stato d'Anime del 1° Marzo 1666, a distanza di 35 anni dalla pestilenza, annovera in Zogno, Parrocchia di S. Lorenzo, già più di 700 anime che diverranno 1000 nel 1699 nonostante il succedersi dì altre pestilenze meno disastrose certamente di quella ricordata del 1630. Dopo le pestilenze subentra sempre una ripresa che non sarà assolutamente possibile avere dopo la pestilenza irreversibile dell'inquinamento se non a distanza di chissà quanto tempo qualora volessimo tuttavia deciderci a cambiare modo di vivere. Con la Missione 2-12 aprile abbiamo iniziato ufficialmente la nostra preparazione anche alla visita pastorale del prossimo autunno. Il vescovo verrà tra noi quale primo responsabile della nostra parrocchia perchè successore degli Apostoli nella Chiesa di Bergamo per verificare l'ortodossia della nostra fede e la testimonianza della nostra vita cristiana e per rianimare in noi la speranza come pellegrini in cammino verso la casa del Padre. Dobbiamo convincerci che con l'intimismo e l'individualismo che ci permettono di estraniarci dalla comunità parrocchiale non risolviamo i nostri problemi religiosi. Il proverbio dice che una rondine da sola non fa primavera e che un gregge disperso senza pastore è destinato ai lupi e ai ladri. La Chiesa di Cristo per noi di Zogno è la Parrocchia di S. Lorenzo. Non aspettiamo che vengano i preti a prenderci per il collo, facciamoci avanti in forza del nostro sacerdozio comune o battesimale a chiedere spazio per una presenza impegnata nell'ambito della catechesi, dell'animazione liturgica e della testimonianza caritativa nella misura del nostro tempo libero da dedicare ai problemi Oratorio, Ricovero, Assistenza, Cultura e Terzo Mondo visto in una dimensione missionaria universale. Il nostro dopo Missione sia caratterizzato quindi dall'impegno di ricuperare tutti i valori affossati per il nostro egoismo che ci ha impedito di crescere come cristiani e come comunità. Il detto evangelico "Si salva soltanto chi sa perdersi" riassume tutto un programma di apertura e di pieno servizio a Dio e al prossimo. Aria fresca per un ambiente nuovo! Ecco il motto per il nostro dopo Missione e per celebrare bene la visita pastorale.
Con affetto
don Giulio G.
Con affetto
don Giulio G.
LA FESTA PATRONALE DI S. LORENZO
La festa di S. Lorenzo capita purtroppo nel periodo delle vacanze mentre molta gente nostra si trova lontana al mare e ai monti anche se in parte viene sostituita da forestieri e soprattutto dai nostri emigranti che tornano per le ferie. Per tutti i presenti e gli assenti rimane comunque una scadenza annuale di primaria importanza a motivo del richiamo che esercita tuttora sulla nostra comunità che da oltre un millennio si definisce la Comunità di S. Lorenzo Martire. Si avvertono ancora infatti i valori spirituali che ci esprimono con una fisionomia inconfondibile decisamente laurenziana come ad esempio la grinta e il brio giovanile con cui si affrontano le asperità della vita nel nostro ambiente alla maniera dei muli sempre decisi a proseguire sul proprio cammino sbarazzandone moralmente le difficoltà a colpi di calcio orgogliosamente assestati non alle persone ma alle situazioni da vincere. Evitiamo di essere dei pecoroni col rischio di perdere la nostra identità zognese. Cerchiamo pertanto di avere le idee chiare in fatto di umanità e di fede per poterle perseguire fedelmente a tutti i costi. Se la nostra Chiesa deve continuare a essere la Chiesa di S. Lorenzo "giovane-generoso-eroico" nel bene, dovunque veniamo a trovarci nella circostanza della festa del nostro Santo protettore, troviamo il tempo e l'impegno di considerare e di vivere queste dimensioni autentiche di promozione umana e cristiana. È questo l'augurio che presento a tutta la popolazione nella felice ricorrenza della festa patronale che ci farà gioiosamente sentire tutti uniti in un cuor solo e un'anima sola.
Con affetto,
don Giulio G.
Con affetto,
don Giulio G.
MENTALITÀ DA PARROCCHIA DA COMBATTERE
In una lettera al quotidiano "La Repubblica" del 2 marzo 1987, citata anche da "Vita Pastorale" del maggio scorso, un fervente comunista auspicava che il suo partito PCI, abbandonasse quella mentalità da parrocchia dove tutti hanno voce in capitolo ma nessuno si assume poi la responsabilità e l'impegno di fare. La lettera manifestava indubbiamente una duplice esperienza, di parrocchia e di sezione comunista, in cui sono chiamati in causa nè il parroco nè il segretario di sezione solitamente accusati di autoritarismo. Vengono stranamente chiamati in causa i membri di base che sia in parrocchia che nel partito si esauriscono in chiacchere senza passare all'azione. In questo caso si riconosce che la parrocchia ha fatto un passo avanti, non è più una rocca inespugnabile covo di una mentalità da ghetto dove non è concessa la parola al gregge governato a colpi di bastone. In parrocchia finalmente tutti possono parlare anche a sproposito. Siamo in troppi a saper dire le cose belle che non sappiamo fare. L'osservazione fatta dal compagno comunista, che io vorrei chiamare fratello o almeno amico, è quanto mai veritiera e azzeccata e, se colta come messaggio che ci giunge dalla sponda opposta, ci provoca nel nostro immobilismo e ci sprona a passare dalle proposte alla realizzazione in prima persona. L'idea di una chiesa clericale, pertanto, non è più tanto dei preti quanto della gente che continua a chiamare in causa il prete come il "deus ex machina" tuttofare a cui si demanda la soluzione dei problemi che non sono fra l'altro di sua esclusiva competenza. Ci stiamo accorgendo anche noi a Zogno, in modo particolare a livello di Oratorio, che il prete tuttofare non esiste più e che prima di essere pastore è anche lui una pecora del gregge di Cristo come tutte le altre, anche se deve mantenere il suo ruolo specifico di educatore alla fede, ma nel contesto di una comunità che collabora lasciandosi investire da tutti i problemi che riguardano integralmente la vita dei giovani e della famiglia. La base deve cominciare a sentirsi protagonista per tutto ciò che desidera promuovere e chiede venga realizzato nella propria comunità e ciò con il prete quando c'è e senza il prete nel caso venga a mancare. Il piano pastorale 1987-1988, sia a livello di parrocchia che di vicariato, intende privilegiare il problema giovani puntando in modo particolare le nostre scelte sul bipolarismo "annunzio-testimonianza". Tutti i gruppi ecclesiali sono tenuti a tenere presente questa scelta che deve costituire la caratteristica fondamentale di tutta la nostra pastorale nel prossimo anno e saranno chiamati a studiare il problema-giovani per mettersi in grado di decidere insieme quale tipo di annuncio e di testimonianza e i tempi medesimi entro i quali muoversi per dare compimento a questo progetto di lavoro maturato nel suo insieme in seno al cons. P.P.. È logico che si richieda un maggior coinvolgimento dell'elemento giovanile a livello decisionale e operativo. Non spetta tuttavia soltanto ai giovani decidere da soli le proprie scelte che poi finiscono per pesare sulle spalle di tutti. Si chiederà pertanto indistintamente ai giovani e ai non più giovani che vogliono educarsi e educare alla fede che si incarna nella realtà quotidiana della vita a tutti i livelli di dedicarsi in modo tutto particolare alla valorizzazione dell'Oratorio senza aspettarsi ancora una volta che siano soltanto i preti a doversi sostituire a una comunità assente sul piano a volte anche decisionale e soprattutto sul piano operativo.
d. Giulio G.
d. Giulio G.
SAGRA DI S. LORENZO 1987
La gente ha bisogno di uscire insieme per incontrarsi, per scambiarsi il saluto e la simpatia, per sentirsi comunità con tutte le persone e le famiglie di un paese, per sentirsi folla che cammina insieme, che si contempla narcisisticamente ammirandosi e compiacendosi di potersi riconoscere nella cordialità e nell'amicizia. La gara offre l'occasione propizia in cui si possono incontrare tra di loro anche quelli che non vanno in chiesa e che non condividono le stesse idee religiose e politiche pur condividendo umanamente i valori fondamentali della vita individualmente e comunitariamente. È questa, la sagra, un'occasione provvidenziale per l'incontro spontaneo tra giovani e non più giovani, magari timidi che non trovano ordinariamente la forza di esporsi, che si ricercano perchè dalla conoscenza possano scaturire lusinghiere soluzioni per il problema matrimonio. Anche le famiglie, incontrandosi insieme, possono conoscersi meglio e aprirsi reciprocamente tra di loro per promuovere nell'amicizia iniziative d'interesse vicendevole e comunitario. Anche questa è una stupenda maniera di fare chiesa rompendo le barriere dell'individualismo di tanta gente che si reputa cristiana mentre è impegnata egoisticamente a farsi soltanto gli interessi propri ignorando l'esistenza e i diritti degli altri. Ecco quanto è avvenuto in occasione della sagra di S. Lorenzo celebrata in quest'anno in maniera più accentuata anche perchè favorita da una maggiore capacità di accoglienza nell'ambiente parrocchia dato il recente aggiornamento realizzato all'oratorio. Sono sfilate a migliaia le persone coinvolte come in una marcia spontanea e pacifica alla ricerca di ciò che la gente sente di avere estremamente bisogno. A gruppi le famiglie e gli amici hanno raggiunto il sagrato e l'oratorio trasformandosi in una folla in festa, meravigliosamente e sorprendemente matura che ha fatto scomparire di colpo il solito teppismo e vandalismo che infesta di solito l'ambiente e imperversa a volte nella confusione del viavai quando alle persone non viene proposto uno scopo ben preciso e programmato. Si è notata l'importanza di offrire preventivamente un preciso significato al concorso della folla coinvolgendola attraverso manifestazioni che la rendono protagonista perchè possa sentirsi in festa insieme e celebrare i valori che una comunità più che millenaria porta con sè nella propria cultura e nella propria storia con tutti quegli aggiornamenti che i nostri tempi richiedono. In certi funerali affollati la gente appare come una teoria interminabile di condannati all'ergastolo o alla fucilazione che si scambiano sommessamente tra di loro soltanto che cordoglio e rimpianto. In certe manifestazioni pseudo-sportive la folla è divorata dal tifo agonistico tramutandosi in una immensa canaglia scatenata all'assalto gli uni degli altri capace soltanto di disseminare brutalmente rabbia e terrore. Finalmente in questa nostra sagra abbiamo potuto ammirare una meravigliosa folla senza rivalità e antagonismi lieta di sentirsi gioiosamente comunità in festa. Un grazie sincero a tutti i promotori, collaboratori e partecipanti.
don Giulio
don Giulio
L'INCONTRO CON DIO
(PROBLEMA GIOVANI)
In questi tempi torna a imperare l'individualismo suggerito dalla smania di potere per far soldi, che poi si sprecano perlopiù nell'edonismo più sfrenato e nella ricerca insaziabile di divertimento. Fortunatamente non tutti i giovani si lasciano trasportare da questa corrente e conservano e coltivano in sè il desiderio del divino, cercano cioè Dio. Sembra tuttavia che si stiano orientando alla ricerca di Dio al di là delle strutture e sembrano capaci, nel gran traffico della vita quotidiana, di cogliere il silenzio di Dio, dimensione quasi sconosciuta nel mondo cattolico. Non risulterebbe pertanto necessario, secondo questo orientamento, andare a Messa la domenica e finire in una chiesa affollata per realizzare il proprio incontro con Dio dato che ciò non può avvenire se non nel proprio intimo, più intimo, direbbe S. Agostino. La struttura dovrebbe ritenersi così superata e deviante per chi volesse fare il cammino del silenzio ed evitare il rischio di scambiare il mezzo per il fine. Forse sotto questo comportamento, che non sembra tuttavia dilagante per il numero ristretto di chi ha fatto la scelta, si annida ancora una volta la tentazione di evadere per rifugiarsi, sia pure con pretesto religioso, nell'individualismo stigmatizzato già in passato come comportamento della "virgo singularis" cioè della vergine che fa eccezione, che rifiuta la plebaglia del mondo corrotto per andare a vivere tra cielo e terra. Praticamente la struttura, almeno per noi cattolici, è l'organizzazione pastorale che trova il suo centro nella parrocchia, istituzione che nessuno può definire di diritto divino e perciò immutabile perchè Cristo non l'ha fondata; è un'invenzione, sia pure ispirata da esigenze pratiche e indispensabili, voluta dagli uomini, che mira a esprimere la comunità di fede, cioè la Chiesa fondata da Cristo. Rappresenta, come afferma il Conco Vat. II°, la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra (CL. 42). La parrocchia porta con sè l'esperienza di molti secoli ed è in cammino, sia pure con l'esigenza di un continuo aggiornamento, verso mete ancora assai lontane, sembra cioè che non risulti per nulla agonizzante nè che stia facendo i conti con altre soluzioni alternative o sostitutive. Dovremmo trovare pertanto il coraggio di definire la parrocchia come la migliore struttura sinora inventata dagli uomini sotto la guida dello Spirito Santo, che non abbandona mai la sua Chiesa, capace di esprimere la presenza salvifica di Cristo nel mondo costituendone come comunità il segno sacramentale, cioè visibile ed efficace, del popolo di Dio in cammino verso la vita eterna. Il cristianesimo mira a promuovere la persona nell'ambito della sua comunità come frutto che non può maturare se non sul suo albero naturale. L'individuo diventa che Chiesa solo quando si identifica con la sua comunità di fede. L'isolamento, deciso sia pure per motivi religiosi, costituisce una pseudoricerca di Dio che si conclude con la perdita della fede perchè il Dio dell'individualismo non esiste. Dio è amore diffusivo di se stesso che riporta l'uomo sempre sulla via del ritorno a sè e ai fratelli.
don Giulio G.
don Giulio G.
NATALE 1987
Il Natale rischia di essere divorato con tutti i suoi valori di promozione della persona e della famiglia, quindi della comunità, perchè nelle nostre case è atteso dalla più diabolica strega di tutti i tempi, la TV. La TV si è ormai insediata da tempo nelle nostre abitazioni proiettandovi un incredibile modello consumistico di vivere capace di sradicare qualsiasi cultura e religione per sostituirvi la cultura della morte. Questo pestifero mezzo di comunicazione costituisce, oggi, la somma autorità, a scapito di ogni altra autorità e norma morale, e fa da padrona di casa esercitandovi la tirannide più spaventosa perchè si è impadronita del cervello della gente che coinvolge senza scampo strumentalizzandolo sotto tutti i gli aspetti della vita mentre suscita l'illusione di rendere finalmente libero l'uomo che figura di promuovere come arbitro inappellabile di tutte le proprie scelte. Abbiamo sottovalutato lo strapotere di mamma tivù salutata con tanto entusiasmo alla sua prima comparsa con la fiducia che avrebbe associato universalmente l'umanità come tanti buoni fratelli attorno alla stessa mensa. In realtà si è rivelata ben presto matrigna dalle subdole macchinazioni della maga Circe. La tivù infatti ci ha associati tutti ma nel più squallido pantano del consumismo, desolante regno di sfruttatori e di sfruttati, unica differenziazione invalsa ormai al mondo con cui si possono classificare le persone. Ci siamo trovati sorprendentemente col cervello all'ammasso perchè questa diabolica strega, senza nessun rispetto della dignità umana, ci ha privati della libertà di gestione e di pensiero. Fortunati noi se ci sentiamo ancora in grado di avvertire una così precaria situazione alienante cercando in ogni modo di reagire, con quali risultati poi non è facile prevedere. La tivù è paragonabile a una di quelle stufe che ai tempi riscaldavano le nostre case creandovi tanto calore e fascino ma sempre col rischio che divorassero l'ossigeno condannando a morte per soffocamento da intossicazione di ossido di carbonio i beneficianti. Bisognava controllarle! L'uomo è chiamato da sempre e irreversibilmente a essere protagonista della propria grandezza nell'ambito della natura e della fede accanto a Dio che corriamo spesso il rischio di emarginare dalla nostra vita col solo triste risultato di rimanere noi stessi emarginati. L'aberrante strumentalizzazione della tivù marcia trionfalmente a nostre spese prodigandosi per questa emarginazione. Non sarà Natale pertanto se lasceremo libero campo a questa tirannide così micidiale del nostro tempo e se permetteremo a questa diabolica strega di divorare tutto l'ossigeno indispensabile alla nostra vita. Non sarà Natale se al posto dell'uomo e di Dio ci permetteremo di collocare gl'idoli del nostro egoismo; se nel presepio del cuore al posto del bambino Gesù che dà vita a tutti i bambini del mondo vi riporremo i cadaveri degli infanticidi e degli aborti; se al posto della Vergine madre Maria vi sostituiremo la matrigna tivù; se al posto di S. Giuseppe, uomo disponibile all'affido, vi insedieremo l'uomo del rifiuto e dell'emarginazione; se al posto dei pastori e degli offerenti vi metteremo sfruttatori e sfruttati; se al posto del bue e dell'asino e delle pecorelle introdurremo la strage ecologica; se al posto del cuore vi isseremo una rupe; se al posto dell'impegno imporremo il disimpegno; se al posto della vita collocheremo la morte!
Buon Natale di tutto cuore a tutti indistintamente.
Vostro Aff.mo don Giulio
Buon Natale di tutto cuore a tutti indistintamente.
Vostro Aff.mo don Giulio