2016
Signore insegnaci ad amare
Il tuo amore accompagni la nostra giornata
Nell’anno della misericordia iniziamo la quaresima e volgiamo il nostro cuore verso la salvezza che il Signore ci ha comprato a prezzo del suo sangue...
Ma noi abbiamo bisogno di questa salvezza?
Conta vivere quello che crediamo altrimenti continuiamo a dire cose che non sono legate alla vita e che non dicono nulla al cuore, alla vita...
Cosa dobbiamo fare, Signore?
Mettiamoci in ascolto e accorgiamoci della disponibilità piena di Dio verso i suoi figli: sentiamoci figli amati e salvati e inviati... mandati verso i fratelli.
Signore ma noi ci sentiamo fratelli? O siamo degli isolati, capaci di pensare solo a noi stessi, chiusi nel nostro guscio e incapaci di liberarci dalle abitudini a pensare sempre e solo a noi stessi?
Il buon samaritano (che è Gesù per noi) si mette accanto, ci insegna l’apertura, la disponibilità, l’apertura all’altro, da non considerare altro, ma fratello, amico, figlio di Dio come me.
Viviamo allora quest’anno la quaresima con questa caratteristica di attenzione al- l’altro che ha bisogno di noi, del nostro cuore aperto, della nostra sensibilità che ci guida al bene vissuto e non soltanto proclamato, annunciato, fatto di parole belle ma senza vita.
Signore insegnaci ad amare.
Il tuo amore accompagni la nostra giornata... ricevere le ceneri sarà il mettere a disposizione tutti i nostri pensieri al bene che tu ci proponi e ci fai vedere...
Fa che non chiudiamo gli occhi del nostro cuore, ma li pariamo sempre più sui nostri fratelli e impariamo veramente ad amare come Te.
Il cammino verso la Pasqua ci illuminerà la vita.
Permettiamo al Signore di abitare in noi per vivere da risorti con LUI.
I prossimi due mesi ci condurranno alla Pasqua del Signore, al centro del nostro vi- vere da credenti: tutto parte da quell’avvenimento, da quel dono totale di Cristo per ognuno di noi.
Facciamo in modo che la Pasqua prossima cambi il nostro vivere, ci orienti sempre verso il bene.
Buona Quaresima
Angelo prete
Ma noi abbiamo bisogno di questa salvezza?
Conta vivere quello che crediamo altrimenti continuiamo a dire cose che non sono legate alla vita e che non dicono nulla al cuore, alla vita...
Cosa dobbiamo fare, Signore?
Mettiamoci in ascolto e accorgiamoci della disponibilità piena di Dio verso i suoi figli: sentiamoci figli amati e salvati e inviati... mandati verso i fratelli.
Signore ma noi ci sentiamo fratelli? O siamo degli isolati, capaci di pensare solo a noi stessi, chiusi nel nostro guscio e incapaci di liberarci dalle abitudini a pensare sempre e solo a noi stessi?
Il buon samaritano (che è Gesù per noi) si mette accanto, ci insegna l’apertura, la disponibilità, l’apertura all’altro, da non considerare altro, ma fratello, amico, figlio di Dio come me.
Viviamo allora quest’anno la quaresima con questa caratteristica di attenzione al- l’altro che ha bisogno di noi, del nostro cuore aperto, della nostra sensibilità che ci guida al bene vissuto e non soltanto proclamato, annunciato, fatto di parole belle ma senza vita.
Signore insegnaci ad amare.
Il tuo amore accompagni la nostra giornata... ricevere le ceneri sarà il mettere a disposizione tutti i nostri pensieri al bene che tu ci proponi e ci fai vedere...
Fa che non chiudiamo gli occhi del nostro cuore, ma li pariamo sempre più sui nostri fratelli e impariamo veramente ad amare come Te.
Il cammino verso la Pasqua ci illuminerà la vita.
Permettiamo al Signore di abitare in noi per vivere da risorti con LUI.
I prossimi due mesi ci condurranno alla Pasqua del Signore, al centro del nostro vi- vere da credenti: tutto parte da quell’avvenimento, da quel dono totale di Cristo per ognuno di noi.
Facciamo in modo che la Pasqua prossima cambi il nostro vivere, ci orienti sempre verso il bene.
Buona Quaresima
Angelo prete
Il dono di Dio è, sempre, per la salvezza di ogni persona
Carissimi,
abbiamo vissuto la Pasqua nell’anno del Giubileo della Misericordia e abbiamo compreso che il dono di Dio è, sempre, per la salvezza di ogni persona, che al centro di ogni nostro dire e fare ci sta la persona umana e che il Signore si impegna a offrire-regalare ad ognuno di noi la sua vita.
Che cosa ne facciamo dei doni del Signore? Come li ricicliamo facendoli fruttare al meglio per condividere con i fratelli il bene ricevuto?
È una Pasqua speciale quella che abbiamo celebrato e deve diventare speciale, più vivo e partecipato tutto ciò che viviamo in questo anno. Dobbiamo imparare a fare mente locale e rivedere il nostro avvicinarci alla Pasqua chiedendoci che cammino abbiamo vissuto, che doni abbiamo condiviso, se siamo stati pronti a ritrovare la gioia di incontrare e di vivere al meglio l’incontro con il Signore. Che quaresima è stata quest’anno? Ho vissuto le celebrazioni, gli incontri di catechesi, le via crucis in chiesa e per le strade? Il Signore ci ha dato il tempo propizio: noi lo abbiamo sfruttato al meglio?
Pensiamo al tempo pasquale che stiamo vivendo e ai frutti che la Pasqua ci ha donato.
I sacramenti.
Vivremo in questo tempo i sacramenti dell’iniziazione cristiana con i nostri ragazzi di seconda e terza elementare e di prima media.
I genitori sono stati vicini?
Li hanno veramente accompagnati in questo cammino?
Si sono lasciati coinvolgere nella preparazione o hanno pensato solo all’esteriorità?
Quello che conta è far festa o incontrare il Signore, dare spazio a Lui, comprendere chi siamo e dove stiamo volgendo il nostro cammino?
Quante domande si accavallano nel mio cuore, direte voi!
Lo so, ma sono domande che vengono dall’esperienza, dal vedere i genitori che accompagnano i bambini a ricevere Gesù Eucaristia per la prima volta molto scarsi agli incontri per loro.
Dove siete genitori? Che cosa conta per voi? Se non ci siamo noi adulti non pretendiamo poi che i ragazzi comprendano e vivano.
Vi raccomando... proviamo a trovare più tempo per Dio e per i fratelli. Auguri
Angelo prete
abbiamo vissuto la Pasqua nell’anno del Giubileo della Misericordia e abbiamo compreso che il dono di Dio è, sempre, per la salvezza di ogni persona, che al centro di ogni nostro dire e fare ci sta la persona umana e che il Signore si impegna a offrire-regalare ad ognuno di noi la sua vita.
Che cosa ne facciamo dei doni del Signore? Come li ricicliamo facendoli fruttare al meglio per condividere con i fratelli il bene ricevuto?
È una Pasqua speciale quella che abbiamo celebrato e deve diventare speciale, più vivo e partecipato tutto ciò che viviamo in questo anno. Dobbiamo imparare a fare mente locale e rivedere il nostro avvicinarci alla Pasqua chiedendoci che cammino abbiamo vissuto, che doni abbiamo condiviso, se siamo stati pronti a ritrovare la gioia di incontrare e di vivere al meglio l’incontro con il Signore. Che quaresima è stata quest’anno? Ho vissuto le celebrazioni, gli incontri di catechesi, le via crucis in chiesa e per le strade? Il Signore ci ha dato il tempo propizio: noi lo abbiamo sfruttato al meglio?
Pensiamo al tempo pasquale che stiamo vivendo e ai frutti che la Pasqua ci ha donato.
I sacramenti.
Vivremo in questo tempo i sacramenti dell’iniziazione cristiana con i nostri ragazzi di seconda e terza elementare e di prima media.
I genitori sono stati vicini?
Li hanno veramente accompagnati in questo cammino?
Si sono lasciati coinvolgere nella preparazione o hanno pensato solo all’esteriorità?
Quello che conta è far festa o incontrare il Signore, dare spazio a Lui, comprendere chi siamo e dove stiamo volgendo il nostro cammino?
Quante domande si accavallano nel mio cuore, direte voi!
Lo so, ma sono domande che vengono dall’esperienza, dal vedere i genitori che accompagnano i bambini a ricevere Gesù Eucaristia per la prima volta molto scarsi agli incontri per loro.
Dove siete genitori? Che cosa conta per voi? Se non ci siamo noi adulti non pretendiamo poi che i ragazzi comprendano e vivano.
Vi raccomando... proviamo a trovare più tempo per Dio e per i fratelli. Auguri
Angelo prete
Ci vuole collaborazione
per un cammino lungo e impegnativo
I sacramenti sono frutto della Pasqua, doni di Colui che ha dato la vita e ci dona continuamente il suo amore.
Troviamo in questo numero del notiziario le testimonianze visive di avvenimenti per tante famiglie molto importanti e siamo invitati tutti, bimbi, adulti e anziani e giovani a riconoscerci chiamati a realizzare il progetto che il Signore Gesù è venuto a rivelarci con chiarezza vivendo in mezzo a noi, predicando la buona notizia del regno e testimoniando l’amore
del Padre.
Il cammino di salvezza ci è stato rivelato fin dall’antichità... i profeti ci hanno detto l’amore del Padre, ma noi non abbiamo compreso... c’è voluto il Figlio per farci capire il fatto di essere figli di Dio amati, eredi della promessa.
E noi? Come la viviamo oggi? Come riusciamo ad esprimere questa grande gioia?
Come la comprendono i nostri ragazzi, i nostri giovani? Come si trasmette la fede?
Quella è dono di Dio e ce la regala sempre ogni giorno.
Ma, allora, come mai in questo mondo c’è così poca fede? Come mai facciamo così fatica a vivere da credenti? Come mai ci stanchiamo subito di un po’ di preghiera, di celebrazione, di incontri?
Forse non è diventato tutto più importante del vivere da fratelli, da cristiani?
Qualcuno potrebbe dirmi che sono un po’ tragico, che non vedo il germe di vita cristiana continuamente seminato in mezzo a noi da tanta buona gente, da tante persone di buona volontà che si spendono per i fratelli. È vero che c’è tanta bontà, tanto volontariato in oratorio, in casa di riposo, nello sport, ma quando siamo chiamati direttamente a testimoniare il Vangelo siamo un po’ vergognosi, lasciamo andare avanti gli altri... ci tiriamo indietro.
Stiamo incamminandoci verso l’Unità Pastorale: che cosa è?
Proviamo a domandarci se siamo capaci di collaborazione. Se riusciamo a vincere le abitudini per gioire del fatto di stare insieme davvero in modo nuovo!
Il cammino è davvero lungo e impegnativo... Ci vuole la collaborazione e l’impegno di tutti.
Auguri
Angelo prete
Troviamo in questo numero del notiziario le testimonianze visive di avvenimenti per tante famiglie molto importanti e siamo invitati tutti, bimbi, adulti e anziani e giovani a riconoscerci chiamati a realizzare il progetto che il Signore Gesù è venuto a rivelarci con chiarezza vivendo in mezzo a noi, predicando la buona notizia del regno e testimoniando l’amore
del Padre.
Il cammino di salvezza ci è stato rivelato fin dall’antichità... i profeti ci hanno detto l’amore del Padre, ma noi non abbiamo compreso... c’è voluto il Figlio per farci capire il fatto di essere figli di Dio amati, eredi della promessa.
E noi? Come la viviamo oggi? Come riusciamo ad esprimere questa grande gioia?
Come la comprendono i nostri ragazzi, i nostri giovani? Come si trasmette la fede?
Quella è dono di Dio e ce la regala sempre ogni giorno.
Ma, allora, come mai in questo mondo c’è così poca fede? Come mai facciamo così fatica a vivere da credenti? Come mai ci stanchiamo subito di un po’ di preghiera, di celebrazione, di incontri?
Forse non è diventato tutto più importante del vivere da fratelli, da cristiani?
Qualcuno potrebbe dirmi che sono un po’ tragico, che non vedo il germe di vita cristiana continuamente seminato in mezzo a noi da tanta buona gente, da tante persone di buona volontà che si spendono per i fratelli. È vero che c’è tanta bontà, tanto volontariato in oratorio, in casa di riposo, nello sport, ma quando siamo chiamati direttamente a testimoniare il Vangelo siamo un po’ vergognosi, lasciamo andare avanti gli altri... ci tiriamo indietro.
Stiamo incamminandoci verso l’Unità Pastorale: che cosa è?
Proviamo a domandarci se siamo capaci di collaborazione. Se riusciamo a vincere le abitudini per gioire del fatto di stare insieme davvero in modo nuovo!
Il cammino è davvero lungo e impegnativo... Ci vuole la collaborazione e l’impegno di tutti.
Auguri
Angelo prete
San Lorenzo insegnaci
a vivere come hai fatto tu
Maestro buono... che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? San Lorenzo, tu che sei il nostro patrono, insegnaci a vivere come hai fatto tu! Fratelli,
quante volte ci siamo ritrovati di fronte a queste domande e abbiamo espresso il nostro giudizio su questo dottore della legge che sapeva quello che doveva fare ma cercava scuse per continuare a non vivere la sua fede, accontentandosi del minimo...
Come siamo messi noi come comunità di un santo servo di Cristo e dei poveri?
Abbiamo nitido nel nostro cuore il suo esempio e cerchiamo di seguirlo?
In questo anno vi siete sentiti continuamente invitati a pregare per la prossima Unità Pastorale... spero che vi siate documentati, siate andati alla ricerca di notizie per essere pronti a iniziare il cammino di preparazione.
La prima cosa da fare è smettere di pensarci autosufficienti e questo riguarda le comunità piccole e quelle grandi: riguarda tutti. Il campanile ci aiuta ad aggregarci, a volgere la mente e il cuore a chi ci guida, agli esempi scelti dai nostri antenati, ma non è e non deve essere motivo di chiusura e di autosufficienza. Il tempo che stiamo vivendo è un tempo di aggregazione in cui ci si muove in tante direzioni con un unico obiettivo: portare Cristo ai fratelli e i fratelli a Cristo. Questo è il nostro compito a Zogno, Ambria-Spino e Grumello e dobbiamo sentirci tutti uniti in questo impegno importantissimo.
Quante fatiche a trovare le soluzioni più giuste per non dimenticare nessuno e dare a tutti l’occasione di incontrare il Signore, ma nello stesso tempo ricordando sempre l’unità a cui siamo chiamati. Ognuno di noi deve trovare il suo ruolo e deve metterci la sua parte migliore...
Siamo anche quest’anno alla festa patronale di san Lorenzo e immediatamente dopo alla festa patronale di S. Maria Assunta di Grumello. Quanto è bello ritrovarsi e sentirci tutti chiamati a dire Gesù aiutati da Maria e da san Lorenzo!
Vivremo insieme la preparazione, troveremo anche tempo per la preghiera e i sacramenti perché ci aiutino a vivere al meglio la nostra risposta di fede alla chiamata del Signore.
Auguri
Angelo Prete
quante volte ci siamo ritrovati di fronte a queste domande e abbiamo espresso il nostro giudizio su questo dottore della legge che sapeva quello che doveva fare ma cercava scuse per continuare a non vivere la sua fede, accontentandosi del minimo...
Come siamo messi noi come comunità di un santo servo di Cristo e dei poveri?
Abbiamo nitido nel nostro cuore il suo esempio e cerchiamo di seguirlo?
In questo anno vi siete sentiti continuamente invitati a pregare per la prossima Unità Pastorale... spero che vi siate documentati, siate andati alla ricerca di notizie per essere pronti a iniziare il cammino di preparazione.
La prima cosa da fare è smettere di pensarci autosufficienti e questo riguarda le comunità piccole e quelle grandi: riguarda tutti. Il campanile ci aiuta ad aggregarci, a volgere la mente e il cuore a chi ci guida, agli esempi scelti dai nostri antenati, ma non è e non deve essere motivo di chiusura e di autosufficienza. Il tempo che stiamo vivendo è un tempo di aggregazione in cui ci si muove in tante direzioni con un unico obiettivo: portare Cristo ai fratelli e i fratelli a Cristo. Questo è il nostro compito a Zogno, Ambria-Spino e Grumello e dobbiamo sentirci tutti uniti in questo impegno importantissimo.
Quante fatiche a trovare le soluzioni più giuste per non dimenticare nessuno e dare a tutti l’occasione di incontrare il Signore, ma nello stesso tempo ricordando sempre l’unità a cui siamo chiamati. Ognuno di noi deve trovare il suo ruolo e deve metterci la sua parte migliore...
Siamo anche quest’anno alla festa patronale di san Lorenzo e immediatamente dopo alla festa patronale di S. Maria Assunta di Grumello. Quanto è bello ritrovarsi e sentirci tutti chiamati a dire Gesù aiutati da Maria e da san Lorenzo!
Vivremo insieme la preparazione, troveremo anche tempo per la preghiera e i sacramenti perché ci aiutino a vivere al meglio la nostra risposta di fede alla chiamata del Signore.
Auguri
Angelo Prete
San Lorenzo 2016… Nell’anno della Misericordia
In questo anno dedicato alla Divina Misericordia, come comunità parrocchiale di San Lorenzo M., abbiamo voluto dare risalto alla nostra festa patronale, invitando i sacerdoti della Vallebrembana essendo Chiesa Giubilare e i compagni di sacerdozio di don Angelo e don Samuele. In modo del tutto speciale, alla S. Messa solenne delle ore 17.00, abbiamo voluto festeggiare il prevosto don Angelo per i 15 anni di permanenza tra noi e i 10 anni del direttore dell’Oratorio don Samuele Novali che quest’anno ha ricordato il suo 10° di ordinazione sacerdotale e di presenza nella nostra comunità.
Una nota curiosa il quale diventa storica per il nostro Oratorio San Giovanni Bosco: don Samuele ad oggi è il curato più longevo di permanenza a Zogno negli ultimi 60 anni. Inizia l’11° anno. Segue al curato del tempo don Carlo Manenti, dove vi rimase ben 18 anni, dal 1938 al 1956. Qui di seguito riporto lo scritto, letto al termine della processione: Carissimi don Angelo e don Samuele…. Siamo giunti anche quest’anno a celebrare la festa del nostro Patrono San Lorenzo. Sembra una coincidenza quest’anno nell’anno della Misericordia festeggiare voi, nostri pastori, a ricordo dei suoi già 15 anni don Angelo di permanenza nella nostra comunità zognese e dei tuoi 10 anni don Samuele di sacerdozio e della tua presenza al timone della barca dei nostri giovani! In questi anni, insieme, abbiamo camminato e stiamo camminando sui sentieri dell’amore di Dio! Non sono mancati disguidi, incomprensioni, ma sempre sotto lo sguardo del Signore e con l’aiuto dello Spirito Santo, sulla strada della santità e dell’unità pastorale… La nostra gratitudine davanti alla maestà Divina è nulla... Pertanto, via sia gradita la nostra collaborazione e la nostra testimonianza di essere parte della Comunità di fede di San Lorenzo M. Auguri di cuore a don Luigi Zanoletti per i suoi 30 anni di vita sacerdotale (di cui 10 anni trascorsi qui con noi), al nostro carissimo don Santino, festeggiato lo scorso 26 giugno, per i suoi 45 anni di Messa, a don Flavio Rosa (parroco della Ramera) che quest’anno ricorda i suoi 25 anni di sacerdozio. Al nostro concittadino don Vittorio Ginami che a Calepio (sua comunità di Parroco) festeggia il traguardo dei 50 anni di prete e al nostro sacerdote “novello” don Francesco Bigatti nel suo 15° anno… A don Giulio, il nostro papà e nostro Amico insostituibile! Auguri a tutti voi sacerdoti, qui convenuti a festeggiare il nostro patrono San Lorenzo ed un ringraziamento vivo perché ancora oggi in questo mondo, siete capaci di infonderci il messaggio della morte e della risurrezione di Cristo. Agli Alpini, ai Confratelli del Ss.mo Sacramento, ai campanari di Zogno e di Bergamo, alla Premiata Banda Musicale, al coro Jubilate Deo, a tutte le forme di volontariato, agli uomini della protezione civile, alla polizia locale, ai carabinieri, all’Amministrazione Civile, GRAZIE! A voi Chierichetti, GRAZIE! La vostra presenza è testimonianza di fede e della gioia dello stare insieme… Non posso dimenticarmi e non possiamo dimenticarci dell’amato sacrista Gianmario Pesenti, che il prossimo 1° settembre festeggia i suoi 60 anni di servizio nella nostra Comunità, GRAZIE! A tutti, carissimi sacerdoti, carissima Amministrazione Civile e comunità Zognese, l’augurio concreto di diventare sempre più testimoni di Carità e di Misericordia, per la costruzione di un bene e di un mondo familiare, che mai finirà… A tutti, GRAZIE! Giorgio sacrista |
Dobbiamo tutti ridiventare protagonisti dell’essere Chiesa
Dopo un’estate intensa, ci si volge decisamente verso il nuovo anno pastorale nel quale dobbiamo preparare l’inizio ufficiale dell’Unità Pastorale Zogno-Ambria con Spino-Grumello. Abbiamo vissuto da pochi giorni il funerale di un sacerdote nostro concittadino e siamo aiutati, spero, anche da lui, a prendere in considerazione la nostra vocazione e a viverla intensamente. Diminuiscono i sacerdoti (quest’anno è stato l’unico anno in diocesi in cui non sono stati consacrati nuovi sacerdoti) e ci si interroga sull’essere chiesa in questo tempo. Mi direte che diminuiscono anche le presenze in chiesa dei fedeli e quindi tutto va di pari passo: meno preti e meno fedeli e tutto va a posto... Sono convinto invece che occorre rimboccarsi le maniche e domandarsi se l’indirizzo educativo delle nostre comunità e delle nostre famiglie è quello giusto: se, magari, non bisogna prendere sul serio tutti la chiamata del Signore per viverla al meglio e diventare protagonisti della vita ecclesiale. Quanto abbiamo delegato la crescita dei nostri ragazzi? A chi abbiamo affidato il loro diventare grandi? Alla televisione, ai telefonini, ai pokemon? Dobbiamo tutti noi adulti ridiventare protagonisti dell’essere Chiesa e sentirci responsabili in prima persona del dire Gesù, con la vita, ai nostri bambini, ragazzi, adolescenti, giovani e a tutti. Forse ci accontentiamo troppo di riempire la vita dei nostri figli di cose, mancando completamente noi con l’esempio. Il Vescovo continua a ripeterci che dobbiamo essere donne e uomini capaci di eucaristia, carità... dobbiamo essere capaci, quindi impegnati, pronti a rspondere alle esigenze che emergono nelle nostre comunità... tutti capaci.
Sarà molto importante che tutti noi ci lavoriamo e doniamo tutte le nostre energie per capire e vivere al meglio questo avvenimento unico nella storia. Cosa significa? Che dovremo mettere da parte subito tutti la pretesa e l’orgoglio di essere autosufficienti e scoprire invece la bellezza del lavorare insieme, dell’arricchirci l’un l’altro, donandoci le nostre qualità, vincendo insieme i nostri difetti. Preghiamo tutti il Signore che ci aiuti a diventare davvero fratelli: i preti e i laici; e che ci sentiamo pronti a regalare al mondo l’amore del Signore.
Auguri e buon anno pastorale...
Angelo prete
Sarà molto importante che tutti noi ci lavoriamo e doniamo tutte le nostre energie per capire e vivere al meglio questo avvenimento unico nella storia. Cosa significa? Che dovremo mettere da parte subito tutti la pretesa e l’orgoglio di essere autosufficienti e scoprire invece la bellezza del lavorare insieme, dell’arricchirci l’un l’altro, donandoci le nostre qualità, vincendo insieme i nostri difetti. Preghiamo tutti il Signore che ci aiuti a diventare davvero fratelli: i preti e i laici; e che ci sentiamo pronti a regalare al mondo l’amore del Signore.
Auguri e buon anno pastorale...
Angelo prete
Chi arriva?
Che cosa prepariamo? Forza... in cammino insieme
Termina un anno speciale, molto importante per la vita della Chiesa universale, tutto rivolto alla comprensione di Dio misericordioso, lento all’ira e grande nell’amore. Una fortuna grande per noi a Zogno avere la Chiesa giubilare e l’opportunità insistita di vivere il perdono del Padre... Bisogna fare un po’ l’esame di coscienza di come abbiamo vissuto e di come siamo cambiati in questo anno giubilare! Abbiamo compreso, o stiamo imparando ad accogliere ciò che il Signore ci dona ogni giorno invitandoci a stare con Lui e a vivere di Lui? Abbiamo fatto tesoro di tutto quanto ha seminato nel nostro cuore? Ma il tempo va velocissimo e ci presenta già un nuovo anno, una nuova sfida dell’incontro, del bene regalato, del dono! Siamo di nuovo invitati all’incontro, ad aprire gli occhi e il cuore e a non lasciarci sviare dalle tante luci che brillano insistentemente sul nostro sentiero! Quante feste fondate solo sulle cose e non sull’incontro, sul dono, sul servizio! Ci dimentichiamo dei nostri ammalati, degli anziani, delle persone sole! Nella nostra diocesi il tema dell’Avvento è puntato sui discepoli di Emmaus... che incontrano, camminano, riconoscono Gesù. Domandiamoci che Natale vogliamo preparare quest’anno, come vogliamo trascorrerlo, dove troverà spazio nella nostra vita Gesù che nasce per noi, in noi? Troviamo il tempo della riflessione, della preghiera personale e comunitaria, della messa domenicale per essere pronti a vivere il nostro presepio in cui facciamo spazio a Dio che vuole nascere nel cuore di ognuno di noi! Per il periodo di Avvento e Natale saremo invitati a pregare in famiglia: troverete in chiesa, ogni settimana, il foglietto di aiuto per questo. Troviamo il tempo e sentiamoci in comunione con il Signore e tra di noi, sempre.
Buon Avvento.
Angelo Prete
Buon Avvento.
Angelo Prete
Una porta chiusa sulla Misericordia
Si conclude il Giubileo: il senso di un gesto che può essere frainteso
Domenica 20 novembre, Festa di Cristo Re, papa Francesco ha chiuso la porta santa del Giubileo della Misericordia. È una cosa che suona un po’ strana: se si chiude la porta della Misericordia, cosa ci sarà dopo? Il tempo “senza misericordia”? Inoltre, sarebbe interessante domandarsi se è possibile e necessario chiudere questa porta, quasi che la grazia di Dio sia un “congegno a tempo” che l’uomo regola come vuole e quando vuole. Credo sia importante risignificare i gesti che la Chiesa compie per non cadere in errori o in travisamenti. Chiudere un giubileo significa innanzitutto credere che nella vita ci sono delle occasioni, come ci sono degli incontri, delle relazioni, delle esperienze che iniziano e finiscono e in sé racchiudono dei significati. La vita è fatta di treni che si possono prendere o perdere. La vita stessa è un’occasione che si apre con la nascita e si chiude con la morte. Non è un contratto a tempo indeterminato, ma ben determinato da un “alfa” e un “omega”. Così è il giubileo, che separa un “tempo ordinario” da un “tempo straordinario” che proprio perché è così “unico” risignifica in modo nuovo tutto il resto del “tempo normale”. Anche il Giubileo è stata un’occasione preziosa. È stato il momento in cui Papa Francesco ha chiesto con forza di ripensare la propria identità. È possibile Chiesa senza misericordia? Papa Francesco ha detto “no”! Ed ha voluto questo tempo straordinario durato quasi dodici mesi come si fa con i bambini, in cui in certi momenti della vita e della crescita si mettono certi “paletti” per fare capire una cosa importante e decisiva. Quindi deve nascere spontanea una domanda nel cuore di ciascuno di noi: ho saputo cogliere quest’opportunità che Dio, tramite la Chiesa, mi ha saputo dare in questa fase della mia storia? Chiudere la porta del Giubileo sta a dire che questa opportunità è finita. Non significa che Dio non mi darà altre possibilità diverse, ma questa è terminata. Ed ecco il secondo significato del chiudere la porta santa: la misericordia non si chiude con la chiusura della porta. Se il Giubileo è stato un tempo straordinario per “fare i corsi di recupero” di una qualità della Chiesa che sembrava smarrita, ora inizia il tempo ordinario che non è quello di “dimenticarsi di tutto” e regredire come prima, ma quello di mantenere nella prassi quoti- diana quanto “guadagnato” in consapevolezza in questo periodo straordinario. Si è chiusa la porta della misericordia, ma essa deve restare uno stile inconfondibile nella nostra azione pastorale. Essa non significa buonismo, ma volontà chiara e inderogabile di fare con gli uomini e le donne del nostro tempo un cammino, di accompagnarli insieme nella storia, smettendo di fare la chiesa “maestrina” che dalla sua cattedra divide il mondo in buoni e cattivi. Pensiamo al lavoro sul Sinodo della Famiglia. È cambiata la dottrina sul Matrimonio? No. Eppure papa Francesco ha insegnato a questa chiesa che il problema non è “chi fa la comunione e chi non deve farla” (le regole ecclesiastiche sono e restano molto chiare), ma come fare capire e comprendere che anche un separato risposato, e quindi in situazione irregolare, non è un figlio di Dio “di serie b”, né un cristiano “di seconda categoria”. Ha insegnato alla Chiesa che cura pastorale non significa stare nei nostri uffici parrocchiali a decretare sulla vita delle persone, ma accogliere “ogni lucignolo fumigante” e provare a fare un pezzo di strada insieme. Esattamente come faceva Gesù che distingueva il peccato dal peccatore, e recideva il peccato senza schiacciare il peccatore, ma mostrando un volto di tenerezza e di amore, l’unico che avrebbe potuto convertire il cuore di quella persona.
Pensiamo alla vicenda di Zaccheo, che abbiamo letto nel vangelo di qualche domenica fa: Gesù quando passa e “stana” Zaccheo dal suo sicomoro dove si era rifugiato non gli dice: “Caro Zaccheo, ladro. Smetti di fare il ladro, restituisci il maltolto e inizia a fare il bravo. Quando è un po’ di tempo che farai il bravo, allora mi degnerò di venire a casa tua”.
Se Gesù avesse fatto così Zaccheo non si sarebbe convertito. Eppure è il tono di molti discorsi moralistici che noi come chiesa facciamo ogni giorno: “se ti converti, sei dei nostri, altrimenti arrangiati!” Invece Gesù vede, incontra e chiama: “Oggi Zaccheo voglio stare nella tua casa!” È questo amore preveniente, gratuito, non meritato che può cambiare il cuore di Zaccheo. Gesù vuole stare nella sua casa perché vuole fare comprendere che l’amore di Dio è un amore “gratis dato”, che non si merita ma che si riceve come dono. Gesù paga questo gesto con l’incomprensione: il vangelo dice che “tutti mormoravano”, quindi anche i dodici, la sua Chiesa, rimane scandalizzata da questo gesto che sembra azzardato: un maestro che “si sporca” an- dando ad abitare nella casa di un pubblico peccatore.
Ma a Gesù non interessa il moralismo bieco dei perbenisti di ogni tempo. A lui sta a cuore la vita del peccatore Zaccheo e guarda solo questo. Guarda come amarlo, perché finalmente il suo cuore di pietra si renda conto di quanto commesso e possa finalmente, fatta esperienza di questo amore, cambiare vita.
Si chiude quindi una porta, ma la Misericordia continua. “La comunità è il luogo del perdono e della festa”, così scriveva anni fa Jean Venier, fondatore delle comunità dell’Arca dove ogni giorno sono accolti poveri e ammalati. Se ci pensiamo bene, il Cristianesimo e il Vangelo ruotano attorno a queste due parole: “perdono” e “festa”. Se smarriamo queste due cose il Vangelo non esiste più. Vediamo quanta fatica facciamo a risignificare il senso della festa nelle nostre comunità: abbiamo perso il senso del tempo della domenica, come spazio di libertà dalla schiavitù del meccanismo economico che non guarda in faccia a diritti e alle persone, ma appiattisce tutto in nome del “guadagno”. Avevamo perso anche il senso del “perdono”, rischiando di credere alla chiesa come a un èlite di ipocriti che con la loro (finta) bella faccia si vogliono distinguere da un mondo “marcio”. Abbiamo compreso in questo Giubileo che la Chiesa è la comunità dei peccatori che si convertono ogni giorno. È il luogo in cui perdono non significa buonismo o condiscendenza, ma coraggio di guardare in faccia le persone e portare loro il cuore di Cristo, trafitto per amore. Solo se faranno questa esperienza di amore completo, gratuito e preveniente potranno finalmente cambiare vita. Proprio Jean Venier ci accompagna con le sue parole a comprendere il compito mai finito che attende la chiesa. Si chiude la porta della Misericordia ma ora inizia il “faticoso esercizio quotidiano” di uno stile nuovo di chiesa, una chiesa che non è una setta di perbenisti, ma la comunità dei peccatori in perenne conversione, grazie alla Misericordia di Dio trafitta sulla croce di Cristo: “Ciò che distingue una comunità da un gruppo di amici è che in una comunità noi diciamo la nostra appartenenza reciproca e i nostri legami, annunciamo i nostri scopi e lo spirito che ci unisce. Insieme riconosciamo che siamo responsabili gli uni degli altri e che questo legame viene da Dio, è un dono di Dio. È Lui che ci ha scelti e ci ha chiamati insieme, in un’alleanza d’amore e una sollecitudine reciproca. Anche un gruppo di amici possono diventare una comunità, quando cresce il loro senso di appartenenza, quando si aprono agli altri e, poco per volta, cominciano a sentirsi veramente responsabili gli uni degli altri. Purtroppo molto spesso i gruppi non lavorano insieme per la gloria di Dio. Si chiudono gli uni agli altri (credo che fare degli esempi sia superfluo...); non capiscono che ogni comunità è scelta, che ogni comunità è chiamata a manifestare una particella della gloria di Dio, ma questo in comunione con gli altri. Quando non lavorano insieme i gruppi creano la discriminazione. Nascono rivalità e competizioni, che portano alla gelosia; e la gelosia, a sua volta, genera l’odio e la guerra. Le comunità sono tali quando sono aperte agli altri, quando sono vulnerabili e umili, quando i loro membri crescono nell’amore, nella compassione e nell’umiltà. Cessano di esserlo quando i loro membri si chiudono in se stessi sicuri di essere i soli a possedere la saggezza e la verità. L’atteggiamento fondamentale di una comunità nella quale si vive una vera appartenenza è l’apertura, l’accoglienza e l’ascolto di Dio, delle altre persone e delle altre comunità. La vita di una comunità è fondata sul perdono. Vivere la comunità significa far cadere le barriere per accogliere la differenza”.
Francesco
Pensiamo alla vicenda di Zaccheo, che abbiamo letto nel vangelo di qualche domenica fa: Gesù quando passa e “stana” Zaccheo dal suo sicomoro dove si era rifugiato non gli dice: “Caro Zaccheo, ladro. Smetti di fare il ladro, restituisci il maltolto e inizia a fare il bravo. Quando è un po’ di tempo che farai il bravo, allora mi degnerò di venire a casa tua”.
Se Gesù avesse fatto così Zaccheo non si sarebbe convertito. Eppure è il tono di molti discorsi moralistici che noi come chiesa facciamo ogni giorno: “se ti converti, sei dei nostri, altrimenti arrangiati!” Invece Gesù vede, incontra e chiama: “Oggi Zaccheo voglio stare nella tua casa!” È questo amore preveniente, gratuito, non meritato che può cambiare il cuore di Zaccheo. Gesù vuole stare nella sua casa perché vuole fare comprendere che l’amore di Dio è un amore “gratis dato”, che non si merita ma che si riceve come dono. Gesù paga questo gesto con l’incomprensione: il vangelo dice che “tutti mormoravano”, quindi anche i dodici, la sua Chiesa, rimane scandalizzata da questo gesto che sembra azzardato: un maestro che “si sporca” an- dando ad abitare nella casa di un pubblico peccatore.
Ma a Gesù non interessa il moralismo bieco dei perbenisti di ogni tempo. A lui sta a cuore la vita del peccatore Zaccheo e guarda solo questo. Guarda come amarlo, perché finalmente il suo cuore di pietra si renda conto di quanto commesso e possa finalmente, fatta esperienza di questo amore, cambiare vita.
Si chiude quindi una porta, ma la Misericordia continua. “La comunità è il luogo del perdono e della festa”, così scriveva anni fa Jean Venier, fondatore delle comunità dell’Arca dove ogni giorno sono accolti poveri e ammalati. Se ci pensiamo bene, il Cristianesimo e il Vangelo ruotano attorno a queste due parole: “perdono” e “festa”. Se smarriamo queste due cose il Vangelo non esiste più. Vediamo quanta fatica facciamo a risignificare il senso della festa nelle nostre comunità: abbiamo perso il senso del tempo della domenica, come spazio di libertà dalla schiavitù del meccanismo economico che non guarda in faccia a diritti e alle persone, ma appiattisce tutto in nome del “guadagno”. Avevamo perso anche il senso del “perdono”, rischiando di credere alla chiesa come a un èlite di ipocriti che con la loro (finta) bella faccia si vogliono distinguere da un mondo “marcio”. Abbiamo compreso in questo Giubileo che la Chiesa è la comunità dei peccatori che si convertono ogni giorno. È il luogo in cui perdono non significa buonismo o condiscendenza, ma coraggio di guardare in faccia le persone e portare loro il cuore di Cristo, trafitto per amore. Solo se faranno questa esperienza di amore completo, gratuito e preveniente potranno finalmente cambiare vita. Proprio Jean Venier ci accompagna con le sue parole a comprendere il compito mai finito che attende la chiesa. Si chiude la porta della Misericordia ma ora inizia il “faticoso esercizio quotidiano” di uno stile nuovo di chiesa, una chiesa che non è una setta di perbenisti, ma la comunità dei peccatori in perenne conversione, grazie alla Misericordia di Dio trafitta sulla croce di Cristo: “Ciò che distingue una comunità da un gruppo di amici è che in una comunità noi diciamo la nostra appartenenza reciproca e i nostri legami, annunciamo i nostri scopi e lo spirito che ci unisce. Insieme riconosciamo che siamo responsabili gli uni degli altri e che questo legame viene da Dio, è un dono di Dio. È Lui che ci ha scelti e ci ha chiamati insieme, in un’alleanza d’amore e una sollecitudine reciproca. Anche un gruppo di amici possono diventare una comunità, quando cresce il loro senso di appartenenza, quando si aprono agli altri e, poco per volta, cominciano a sentirsi veramente responsabili gli uni degli altri. Purtroppo molto spesso i gruppi non lavorano insieme per la gloria di Dio. Si chiudono gli uni agli altri (credo che fare degli esempi sia superfluo...); non capiscono che ogni comunità è scelta, che ogni comunità è chiamata a manifestare una particella della gloria di Dio, ma questo in comunione con gli altri. Quando non lavorano insieme i gruppi creano la discriminazione. Nascono rivalità e competizioni, che portano alla gelosia; e la gelosia, a sua volta, genera l’odio e la guerra. Le comunità sono tali quando sono aperte agli altri, quando sono vulnerabili e umili, quando i loro membri crescono nell’amore, nella compassione e nell’umiltà. Cessano di esserlo quando i loro membri si chiudono in se stessi sicuri di essere i soli a possedere la saggezza e la verità. L’atteggiamento fondamentale di una comunità nella quale si vive una vera appartenenza è l’apertura, l’accoglienza e l’ascolto di Dio, delle altre persone e delle altre comunità. La vita di una comunità è fondata sul perdono. Vivere la comunità significa far cadere le barriere per accogliere la differenza”.
Francesco