2003
SETTIMANA SI SAN GIOVANNI BOSCO 26 GENNAIO – 2 FEBBRAIO
UNA VITA DA MEDIANO
Stare lì in mezzo al campo a recuperare palloni, a lottare, a fare fatica, a soffrire, a “lavorare sui polmoni”, “a segnare poco”, “a passare la palla a chi finalizza il gioco” visto che non si hanno i piedi buoni perché la natura non ci ha dato “nè lo spunto della punta nè del dieci”: questa è la vita del mediano, una vita non facile. Quello del mediano è infatti un ruolo che richiede sacrificio, impegno, allenamento, generosità. Un ruolo dunque difficile e poco “desiderabile”: chi ce lo fa fare di stare lì in mezzo al campo a lavorare, a dannarsi l’anima per gli attaccanti, “a dare troppo per fare poi posto agli altri”?! Meglio certo fare la punta o al limite starsene anche in panchina senza sudare troppo. Un discorso questo condiviso da molti, soprattutto tra i più giovani, e apparentemente logico. Logico solo in apparenza perché quando ci si confronta con la realtà quotidiana questa subito ci dice che una squadra di sole punte non la si può fare, che chi sceglie di non giocare, di non scendere in campo sarà sempre uno sconfitto, ma soprattutto una realtà che costantemente ci ricorda come niente nella vita sia facile. Ecco perché abbiamo scelto “Una vita da mediano” come tema di riferimento per la settimana di Don Bosco. Il mediano insomma come esempio per i giovani in quanto uomo che sa che per ottenere qualcosa bisogna impegnarsi, fare fatica, allenarsi perché nella vita la logica del “tutto e subito” non funziona mai, nemmeno per le “punte”; il mediano è in particolar modo uno che fa quello che fa perché lo ama e soprattutto crede nel suo lavoro, un lavoro che non ha l’unico scopo di arrivare ad un certo fine (la vittoria o i soldi) ma che gli serve per realizzare se stesso, per renderlo un uomo felice e non semplicemente più ricco di qualche vittoria o euro. Il mediano è soprattutto uno che gioca generoso, uno che dà tutto anche rischiando di bruciarsi presto perché sa benissimo che, nonostante Dio non gli abbia dato le doti della punta, ha comunque ricevuto anche lui delle qualità da mettere al servizio dell’unica cosa veramente importante: la squadra, i compagni, le persone che gli stanno vicino e condividono con lui le vittorie e le sconfitte di quella lunga e faticosa partita che è la vita.
PROGRAMMA
Domenica 26 gennaio - Giochi per ragazzi
Oratorio di Zogno, ore 14.00
Lunedì 27 gennaio - Incontro per adolescenti
"Una vita da mediano: il valore del sacrificio, dell'impegno e della generosità"
Oratorio di Zogno, ore 20.30
Relatore: Fabio Rustico, giocatore dell'Atalanta
Da definire - Incontro per genitori
"La fatica e il sacrificio nell'educazione"
Relatore: Don Fausto Resmini, cappellano delle carceri di Bergamo
Domenica 2 febbraio - Tornei per i giovani
Oratorio Zogno, ore 14.00
Alla sera "Cena del Povero" con raccolta di offerte per i poveri.
PROGRAMMA
Domenica 26 gennaio - Giochi per ragazzi
Oratorio di Zogno, ore 14.00
Lunedì 27 gennaio - Incontro per adolescenti
"Una vita da mediano: il valore del sacrificio, dell'impegno e della generosità"
Oratorio di Zogno, ore 20.30
Relatore: Fabio Rustico, giocatore dell'Atalanta
Da definire - Incontro per genitori
"La fatica e il sacrificio nell'educazione"
Relatore: Don Fausto Resmini, cappellano delle carceri di Bergamo
Domenica 2 febbraio - Tornei per i giovani
Oratorio Zogno, ore 14.00
Alla sera "Cena del Povero" con raccolta di offerte per i poveri.
LA SECONDA ELEMENTARE SI PRESENTA
Ciao a tutti! Siamo le catechiste e i bambini della 2ª elementare che ogni venerdì si trovano all’oratorio per aiutarsi reciprocamente ad incontrare e conoscere un amico speciale: Gesù. Diciamo “reciprocamente” perché lungo il cammino dell’anno catechistico possiamo davvero dire di crescere insieme in questo meraviglioso ed inesauribile incontro. Lo scorso anno abbiamo cercato di riconoscere l’amore di Dio Padre in tutto ciò che ci circonda, in tutti i suoi doni lino al “dono” più grande del Natale: suo figlio Gesù. Abbiamo percorso le tappe fondamentali della sua vita fino alla morte e resurrezione. Quest'anno proprio ripartendo dalla sua resurrezione e dalla discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, stiamo cercando di capire come, anche noi, in virtù dello Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, siamo coinvolti personalmente nella sua storia. Infatti riferendoci all’esperienza degli Apostoli e alle prime comunità cristiane nelle quali:
• si ascoltava la parola,
• si spezzava il pane,
• ci si voleva bene;
abbiamo capito che anche noi oggi continuiamo la storia di Gesù:
- frequentando il catechismo dove impariamo ad ascoltare e riconoscere la sua Parola,
- partecipando alla Messa ritrovandolo nell’Eucarestia,
- vivendo da piccoli cristiani e amandoci come Lui ci ha insegnato (a casa, a scuola, al catechismo, con gli amici, al parco...).
Partendo da queste situazioni concrete cercheremo di scoprire se, anche noi, come i discepoli possiamo essere “LUCE NEL MONDO”. In tutte le nostre piccole o grandi scelte possiamo decidere se stare con Lui e cercare di imitarlo oppure no! A poco a poco, sostenuti e incoraggiati dall’aiuto fondamentale dei nostri genitori impareremo a distinguere ciò che è BENE da ciò che è MALE, premessa indiscutibile per poter accogliere un altro segno dell’amore di Dio: IL SUO PERDONO.
Le catechiste e i bambini di 2ª elementare
• si ascoltava la parola,
• si spezzava il pane,
• ci si voleva bene;
abbiamo capito che anche noi oggi continuiamo la storia di Gesù:
- frequentando il catechismo dove impariamo ad ascoltare e riconoscere la sua Parola,
- partecipando alla Messa ritrovandolo nell’Eucarestia,
- vivendo da piccoli cristiani e amandoci come Lui ci ha insegnato (a casa, a scuola, al catechismo, con gli amici, al parco...).
Partendo da queste situazioni concrete cercheremo di scoprire se, anche noi, come i discepoli possiamo essere “LUCE NEL MONDO”. In tutte le nostre piccole o grandi scelte possiamo decidere se stare con Lui e cercare di imitarlo oppure no! A poco a poco, sostenuti e incoraggiati dall’aiuto fondamentale dei nostri genitori impareremo a distinguere ciò che è BENE da ciò che è MALE, premessa indiscutibile per poter accogliere un altro segno dell’amore di Dio: IL SUO PERDONO.
Le catechiste e i bambini di 2ª elementare
UN RITIRO TUTTO SPECIALE
LA FAVOLA DEI DUE PALLONI
Sabato 21 e domenica 22 dicembre noi ragazzi di prima media siamo andati a Valpiana a fare un ritiro. Un ritiro un po’ speciale perché ci stiamo preparando alla Cresima, un ritiro in cui il nostro "‘don” ci ha raccontato “la favola dei due palloni”: Due palloni erano usciti dalla fabbrica lo stesso giorno e portati nello stesso magazzino. Uno era rosso e l’altro blu. Avevano fatto amicizia e così furono felici di essere comprati dalla stessa persona. Finirono in un oratorio dove un’onda di ragazzi non aspettava altro che prenderli a calci. I due palloni rimbalzavano. sbattevano e facevano gol, venivano parati, sbucciati, crossati e colpiti di testa... una vera battaglia ogni giorno. Alla sera poi si ritiravano nello stesso armadio pesti e ammaccati: “Non ne posso più! Non è vita questa! Presi a calci dalla mattina alla sera, basta! ” si lamentava il pallone blu brontolava. “Che vuoi farci? Siamo stati creati per portare gioia e divertimento. Basta che compariamo noi e il cortile si anima per incanto. Credimi: siamo un dono dell’alto alla gioia degli uomini” rispondeva il pallone rosso. Passarono i giorni e il pallone brontolone era sempre più scontento. Una sera decise così di scappare: “Domani sparirò. Ho adocchiato un tetto malandato, sul quale nessuno potrà salire a cercarmi. Mi basta un calcione un po’ deciso”. Detto, fatto. Il pallone blu riuscì a finire tra i piedi di Adriano, detto bombarda, per i suoi rinvii, e un poderoso calcione lo scagliò sul tetto proibito del caseggiato vicino al cortile dell’oratorio. Mentre volava in cielo era felice: “Ho chiuso con i calci e le botte, nel mio futuro non ci saranno che aria buona e riposo. Aaaah, questa è vita!” Iniziò così la sua nuova vita. Ogni tanto dal tetto sbirciava in giù e guardava il suo compagno scalciato a più non posso dai ragazzi del cortile e diceva: “Poverino, lui prende calci e io me ne sto qui a prendere il sole, pancia all’aria dal mattino alla sera Un giorno, un calcio possente glielo mandò vicino. “Resta qui!” disse il pallone blu. Ma il pallone rosso rimbalzò sull’orlo della grondaia e tornò nel cortile. “Preferisco i calci!” disse. Passò il tempo. Sul tetto il pallone blu si accorse che sole e pioggia lo avevano fatto rapidamente screpolare e ora si stava lentamente sgonfiando. Divenne sempre più debole, tanto che non riusciva più neppure a lamentarsi. Così una sera esalò l’ultimo soffio. Proprio in quel momento il pallone rosso veniva riportato nell’armadio da due piccole mani. Prima di finire nel cassetto buio, sentì una vocina che gli diceva ciao, pallone, ci vediamo domani. E due labbra ancora sporche di Nutella gli stamparono un bacione sulla pelle ormai consumata. Nel suo cuore leggero come l’aria, il pallone si senti morire di felicità. E si addormentò sognando il paradiso dei palloni, dove gli angioletti hanno piedini leggeri come le nuvole. Dopo aver ascoltato questa favola, ecco qui alcune nostre considerazioni sulla storia di questi “due palloni” e sul ritiro.
- In questo ritiro ho capito che ci sono diversi modi di cercare la felicità: uno più facile, la “scorciatoia”, e uno più difficile, quello di sacrificarsi per gli altri, cercando di farli felici così come ha fatto San Martino che ha ceduto la parte migliore del suo mantello al povero. La via più facile invece è quella di oziare tutto il tempo: prima credi di essere felice ma poi ti accorgi che non è vero.
- Nel ritiro di Valpiana ho capito che stare insieme con gli altri è molto bello, ho capito che bisogna impegnarsi e rispettare le regole. Forse non le ho rispettate tutte ma mi sono impegnato il più possibile. Devo impegnarmi di più a stare con gli amici e rispettare gli altri come ho fatto al ritiro.
- Il ritiro mi ha insegnato a capire che non bisogna essere egoisti e tanto meno insensibili a chi ha bisogno del nostro aiuto.
- Come Martino ha dato la parte migliore del mantello al povero, così ho capito che dovrò essere più altruista con gli altri e non pensare solo a me stesso.
- Il ritiro è stato molto istruttivo. Ho capito soprattutto cosa significa RITIRO e vorrei spiegarlo: ritiro è stare insieme in un unico posto e pregare, giocare, lavorare. È stato bellissimo! Vorrei rifarlo e auguro a tutti di provare questa esperienza.
- Carissimo pallone rosso, abbiamo scoperto che facciamo un po’ fatica a seguire il tuo esempio ma, dopo averci pensato sopra, abbiamo anche concluso che sia noi che il pallone blu dovremmo farlo. Non è certo facile ma con un po’ di impegno ce la faremo!!
Ciaoooo…
- In questo ritiro ho capito che ci sono diversi modi di cercare la felicità: uno più facile, la “scorciatoia”, e uno più difficile, quello di sacrificarsi per gli altri, cercando di farli felici così come ha fatto San Martino che ha ceduto la parte migliore del suo mantello al povero. La via più facile invece è quella di oziare tutto il tempo: prima credi di essere felice ma poi ti accorgi che non è vero.
- Nel ritiro di Valpiana ho capito che stare insieme con gli altri è molto bello, ho capito che bisogna impegnarsi e rispettare le regole. Forse non le ho rispettate tutte ma mi sono impegnato il più possibile. Devo impegnarmi di più a stare con gli amici e rispettare gli altri come ho fatto al ritiro.
- Il ritiro mi ha insegnato a capire che non bisogna essere egoisti e tanto meno insensibili a chi ha bisogno del nostro aiuto.
- Come Martino ha dato la parte migliore del mantello al povero, così ho capito che dovrò essere più altruista con gli altri e non pensare solo a me stesso.
- Il ritiro è stato molto istruttivo. Ho capito soprattutto cosa significa RITIRO e vorrei spiegarlo: ritiro è stare insieme in un unico posto e pregare, giocare, lavorare. È stato bellissimo! Vorrei rifarlo e auguro a tutti di provare questa esperienza.
- Carissimo pallone rosso, abbiamo scoperto che facciamo un po’ fatica a seguire il tuo esempio ma, dopo averci pensato sopra, abbiamo anche concluso che sia noi che il pallone blu dovremmo farlo. Non è certo facile ma con un po’ di impegno ce la faremo!!
Ciaoooo…
LA TERZA ELEMENTARE SI PRESENTA
Ciao a tutti...! Siamo i bambini di terza elementare con i nostri catechisti e vogliamo raccontare a tutta la comunità di Zogno la nostra gioia e il nostro entusiasmo perché quest’anno stiamo camminando verso un grande traguardo spirituale... “LA PRIMA COMUNIONE”! Noi ragazzi ci incontriamo a catechismo al venerdì pomeriggio, un gruppo alle 14,30 e due gruppi l’ora seguente, ma all’oratorio ci arriviamo molto prima perché prima di entrare nelle aule per ascoltare i nostri catechisti (che tra l’altro sono bravi e simpaticissimi e per questo cogliamo l’occasione di ringraziarli ili cuore...) ci troviamo a giocare e a divertirci insieme nel cortile o nel salone del bar. E quando ci arriva il “fischio” di inizio dell’incontro, non è mai il momento per interrompere i nostri giochi. In fin dei conti anche trovarci tra di noi, con i più grandi e più piccoli, per divertirci insieme è un momento che sentiamo importante perché impariamo “sul campo” cosa è l’amicizia, la collaborazione, la comunione, la generosità, la condivisone, l’accoglienza, il perdono... Tutti “valori” questi, che quando arriviamo in classe ascoltiamo dalla bocca dei nostri catechisti e dalle pagine del Vangelo di Gesù. Conoscere Gesù, imparare ad accoglierlo come amico sicuro e sincero non è sempre facile ma, stiamo facendo del nostro meglio. Stiamo capendo infatti, che non si può vivere da soli e che soprattutto non possiamo vivere senza di Lui: viviamo con gli altri, grazie agli altri e grazie Dio. Certo, dentro le aule dell’oratorio non sempre diamo la massima attenzione, a volte ci distraiamo chiacchierando, scherzando tra di noi... ma anche questo fa parte della “nostra natura” di ragazzi vivaci. Quest’anno però vogliamo mettercela tutta per prepararci al grande incontro di Gesù nell’Eucaristia: Gesù infatti è presente in quel piccolo pezzo di pane e vuole essere “mangiato” da noi per creare e stabilire una comunione indistruttibile. Mentre siamo in cammino ci sentiamo davvero fortunati e anche un po’ emozionati per questa nuova e incredibile esperienza che ci renderà più grandi e più forti; decidere di seguire Gesù, di costruire un legame e una amicizia sincera e profonda con Lui, è la Scelta più importante della vita. Chiediamo per questo ai nostri genitori, ai catechisti e a tutta la comunità di accompagnarci con la preghiera e l’esempio nel cammino della Fede che abbiamo intrapreso, che precede e che seguirà il Sacramento della Prima Comunione.
I bambini di 3ª elementare
I bambini di 3ª elementare
LA QUARTA EDIZIONE DEL TORNEO DI CALCETTO
DEDICATO A CLAUDIA GHISALBERTI
In campo per l’Associazione Oncologica
Ha riscosso molto successo la quarta edizione della manifestazione “Insieme per”, manifestazione organizzata in memoria di Claudia Ghisalberti dalla FootballFi-ve Zogno in collaborazione con l’Oratorio di Zogno e il disco-pub Regina di Cuori, tenutasi lunedì 6 gennaio 2003: un torneo triangolare di calcio a cinque con al partecipazione della FootballFive Zogno, della Nazionale Artisti Tv e dell’ Atalanta Master 35 e un concerto benefico in serata presso il Disco Pub Regina di Cuori. Come da programma, il torneo di calcio a cinque è iniziato alle ore 15,00 con la sfida tra la formazione locale della FootballFive e la Nazionale Artisti Tv, la quale ha saputo farsi apprezzare dal pubblico non tanto per le capacità calcistiche ma per la bellezza di Luca Napoli (mister più bello d’Italia), per la simpatia di Fabrizio Fontana (il famoso James Tont di Zelig) e di Icio de Romedis, per lo charme di Lorenzo Battistello (reso famoso dalla prima edizione del Grande Fratello) e di Giorgio Ginex (uno dei tanti Falcon nella soap-opera di Canale 5 “Vivere”) ed infine per la forza atletica di Francesco Panetta (campione mondiale nei 3000 siepi). Difficilmente però tutte queste qualità potevano tradursi in goal e la Nazionale Artisti Tv ha dovuto lasciare campo sia alla FootballFive Zogno che all’Atalanta master 35 nella quale hanno brillato ancora una volta le stelle di Garlini, Soldà, Nicolini, Filisetti, Lugnan e Piacentini. Prima della finale tra FootballFive ed Atalanta si è svolta la tradizionale asta delle magliette di calciatori di serie A (quella di Cristiano Doni la più richiesta) e vi è stato l’intervento del prof. Roberto Labianca, primario del reparto di Oncologia degli ospedali Riuniti di Bergamo e presidente dell’Associazione Oncologica Bergamasca a cui è stato devoluto l’intero incasso della manifestazione. La finale è stata poi una vera e propria sfida all’ultimo colpo che ha visto prevalere, per il quarto anno consecutivo, l’esperienza dei neroazzurri diretti da Danelli e Cornetti vincenti per 5-2 nei confronti dei giovani della FootballFive. A corollario della manifestazione si è svolta la consueta offerta di torte che ha riscosso anche quest’anno, un buon successo ed ha permesso di incrementare il ricavato da devolvere in beneficenza. La festa è proseguita in serata presso il disco pub Regina di Cuori con il concerto “Tributo a Vasco” proposto dalla band brembana “Combricola del Blasco” con la partecipazione straordinaria di Maurizio Solieri e Mimmo Camporeale, famosi musicisti di Vasco Rossi. Davanti ad un numeroso pubblico, la band ha eseguito brani della rock-star modenese riscuotendo un grande successo. In conclusione vanno sottolineati i ringraziamenti da parte della società organizzatrice agli sponsor, al pubblico sempre più numeroso e a tutti coloro che hanno permesso il successo di una manifestazione che ha coniugato il divertimento e lo spirito “aggregativi” dello sport e della musica con la solidarietà nell'aiutare chi è meno fortunato.
Il comitato organizzatore
FootballFive Zogno
Il comitato organizzatore
FootballFive Zogno
INCONTRO CON FABIO RUSTICO
"IL VALORE DEL SACRIFICIO DELL'IMPEGNO E DELLA GENEROSITÀ"
Noi adolescenti, lunedì 27 gennaio, abbiamo avuto non solo la grande opportunità di incontrare Fabio Rustico, giocatore di calcio della nostra Atalanta, ma anche di ascoltarlo e di chiacchierare con lui. Per prepararci a questo incontro ci siamo ritrovati verso le 18.30 nel salone del nostro oratorio dove con Don Paolo abbiamo risentito attentamente la canzone che ha motivato il nostro lavoro e che ha fatto da sottofondo a tutti gli incontri della Settimana di San Giovanni Bosco: “Una vita da mediano” di Luciano Ligabue. Abbiamo riletto insieme il brano e commentato i passaggi più importanti, poi ci siamo divisi in gruppi e, aiutati dai nostri catechisti, dopo aver riflettuto sul valore del sacrificio e della fatica necessari per crescere, abbiamo preparato molte domande per il nostro “relatore” d’eccezione. Una bella pizza tutti insieme in allegria e poi di nuovo in salone dove nel frattempo anche i ragazzi delle parrocchie del Vicariato ci hanno raggiunto, anche loro contenti come noi e ansiosi di incontrare questo grande giocatore. Puntualissimo alle 20.30, accompagnato da Marcello Ginami, è arrivato Rustico, pronto e disponibile ad affrontare una “curva nord” tutta speciale. Tutti zitti ad ascoltarlo. Una breve presentazione del tema scelto e poi Fabio ci ha raccontato con grande semplicità la sua esperienza e la sua fatica per raggiungere il sogno della sua vita: quello di essere un calciatore. Ha anche subito precisato che l’impegno più grande e il sacrificio più importante è stato per lui quello di diventare uomo: cammino mai fatto una volta per tutte. Terminata la sua “relazione”, sono cominciate le nostre domande e quelle di alcuni genitori in sala. Dalle sue risposte abbiamo colto valori importantissimi che sono alla base del suo essere uomo e calciatore:
□ Il calcio, come qualsiasi altro sport, non può essere messo al di sopra della vita, ma può essere uno strumento utilissimo per imparare a conoscersi e a scegliere come vivere: infatti lo sport ci insegna ad inseguire alti ideali con la forza di cui siamo capaci.
□ Noi ragazzi ci siamo meravigliati quando Fabio ci ha detto che il momento più bello della sua vita di calciatore non è j legato a un episodio o un’emozione particolare, ma alla capacità di creare un rapporto di amicizia e di collaborazione con gli altri compagni di squadra. Le soddisfazioni più grandi sono quelle che si costruiscono nei rapporti con le persone, nella fiducia che si istaura, nella disponibilità ad ascoltare ed aiutare gli altri.
□ Nella vita ci sono per tutti momenti dolorosi, più duri di altri, che comportano più fatica. Non sempre si riesce ad ottenere i risultati aspettati: qualcuno arriva dopo di te e ti può soffiare il posto in squadra da un momento all’altro, basta un piccolo infortunio e il tuo sogno può frantumarsi in un attimo. La delusione e lo sconforto che si provano è forte, ma tutto questo non ci deve mai scoraggiare o portare ad arrenderci. Al contrario, tutto ciò deve darci lo stimolo per rialzare la testa e continuare a lottare con buona volontà, per riuscire così a raggiungere quella meta che ci siamo prefissati.
□ Il condurre una vita “fortunata” non ci deve far dimenticare che è sempre e comunque importante imparare a fare delle rinunce, dei sacrifici per crescere forti, per essere capaci di affrontare le difficoltà, per comprendere cosa è importante e cosa non lo è e di conseguenza fare le nostre scelte.
L’incontro si è concluso con un grande applauso da parte di tutti per dire grazie alla sua disponibilità, alla sua gentilezza e per avere condiviso con noi un po’ del suo tempo, alcune delle sue esperienze e i valori della sua vita. La foto di gruppo e le calorose strette di mano hanno chiuso la nostra serata. É stato proprio bello!!! Grazie Fabio, a presto!
□ Il calcio, come qualsiasi altro sport, non può essere messo al di sopra della vita, ma può essere uno strumento utilissimo per imparare a conoscersi e a scegliere come vivere: infatti lo sport ci insegna ad inseguire alti ideali con la forza di cui siamo capaci.
□ Noi ragazzi ci siamo meravigliati quando Fabio ci ha detto che il momento più bello della sua vita di calciatore non è j legato a un episodio o un’emozione particolare, ma alla capacità di creare un rapporto di amicizia e di collaborazione con gli altri compagni di squadra. Le soddisfazioni più grandi sono quelle che si costruiscono nei rapporti con le persone, nella fiducia che si istaura, nella disponibilità ad ascoltare ed aiutare gli altri.
□ Nella vita ci sono per tutti momenti dolorosi, più duri di altri, che comportano più fatica. Non sempre si riesce ad ottenere i risultati aspettati: qualcuno arriva dopo di te e ti può soffiare il posto in squadra da un momento all’altro, basta un piccolo infortunio e il tuo sogno può frantumarsi in un attimo. La delusione e lo sconforto che si provano è forte, ma tutto questo non ci deve mai scoraggiare o portare ad arrenderci. Al contrario, tutto ciò deve darci lo stimolo per rialzare la testa e continuare a lottare con buona volontà, per riuscire così a raggiungere quella meta che ci siamo prefissati.
□ Il condurre una vita “fortunata” non ci deve far dimenticare che è sempre e comunque importante imparare a fare delle rinunce, dei sacrifici per crescere forti, per essere capaci di affrontare le difficoltà, per comprendere cosa è importante e cosa non lo è e di conseguenza fare le nostre scelte.
L’incontro si è concluso con un grande applauso da parte di tutti per dire grazie alla sua disponibilità, alla sua gentilezza e per avere condiviso con noi un po’ del suo tempo, alcune delle sue esperienze e i valori della sua vita. La foto di gruppo e le calorose strette di mano hanno chiuso la nostra serata. É stato proprio bello!!! Grazie Fabio, a presto!
INCONTRO CON DON FAUSTO RESMINI
“GENITORI PER VOCAZIONE”
Giovedì 30 gennaio, nel corso della Settimana di San Giovanni Bosco, i genitori sono stati invitati a partecipare ad un incontro dal titolo “Educare attraverso la fatica, l'impegno e il sacrificio. Relatore per l'occasione è stato Don Fasto Resmini, cappellano delle rami di Bergamo, che in prima persona vcive il disagio dei ragazzi carcerati e dei poverine abitano la strada. Raccontando la sua esperienza personale di uomo e di prete che da più di 15 anni ha a che fare con questi giovani che vivono la realtà del carcere e della strada. Don Fausto ha spiegato come ci sia uno stretto legame tra queste situazioni “limite” o di “frontiera". come le ha chiamate lui, e l'incarico di chi, in passato, è stato poco abituato al sacrificio, alla rinuncia e alle responsabilità e ciò porta a situazioni di fragilità e di disagio. “In carcere incontro ragazzi dai 18 ai 25 anni che, nonostante l’età, sono ancora adolescenti, superficiali, immaturi. Non dunque dei criminali «in erba» ma semplicemente giovani fragili, con una mentalità «adolescenziale» che devono e possono essere recuperate. Anche i ragazzi che incontro sulla strada, di 16-17 anni, non devono essere lasciati soli e abbandonati al loro destino, nonostante abbiano «sprecato» in passato altre opportunità” ha spiegato Don Resmini il quale ha poi ricordato come il giusto rapporto educativo passi attraverso l’accoglienza e la comunità, facendo un lavoro socialmente utile: “Punirli non serve, bisogna educarli e «continuare» ad educarli ”. Per fare ciò, dobbiamo modificare la nostra mentalità e cultura: innanzitutto dobbiamo cambiare noi in prima persona, non avendo pregiudizi nei loro confronti e non «classificandoli», anche se questo costa fatica perché ci obbliga a rivedere molti dei nostri atteggiamenti e comportamenti: “Noi non abbiamo la verità sulla loro vita, dobbiamo solo aiutarli a trovarla”. In secondo luogo dobbiamo ampliare la nostra responsabilità di genitori: questo vuol dire da una parte considerare ogni adolescente, anche quello che è sulla strada, nostro figlio, dall’altra non chiudersi nella propria situazione familiare (“E mio figlio! Ci penso io”) e umilmente aprirsi agli altri. “Dobbiamo abituarci a recuperare il senso della famiglia per «vocazione»: non dobbiamo sentirci estranei ai fatti che succedono alle altre famiglie e il loro dramma deve toccare e far riflettere tutti. Molto volte si ha la sensazione che non siano gli adolescenti a vivere una disagio ma la società stessa in cui essi vivono” ha spiegato Don Resmini che ritiene assolutamente diseducativa la logica attuata nei paesi anglosassoni del «punire uno per far capire a tutti». Una logica del “dare una lezione” considerata per niente educativa e che non porta a nulla. La via giusta invece è quella del «mettere alla nuova» il giovane: il che vuol dire dargli la possibilità di responsabilizzarsi, di maturare, di uscire da quell’atteggiamento adolescenziale che lo ha portato in quella situazione sbagliata, attraverso un percorso fuori dal carcere a vivere in comunità, a fare lavori socialmente utili, dimostrando cosi la propria crescila come persona adulta. Una scelta questa difficile, quasi illogica per molti, soprattutto se deve essere applicata ai ragazzi che sono in carcere per i reati contro il patrimonio (furto, rapina, scippi), contro la persona (violenze, aggressioni, violenze carnali), o connessi alla droga: “Gli abbiamo dato tutto, non gli abbiamo fatto mancare niente e loro sono andati a rubare, a spacciare, ecc. E adesso dovremmo farli uscire di galera e, dopo tutte le opportunità che gli abbiamo dato loro, dovremmo anche continuare ad educarli.” È proprio questo il problema, che molti hanno pensato che educare i propri figli, farli crescere, significasse dare loro cose, opportunità ma solo in senso materiale, anzi che fare capire loro quali fossero i veri valori, come ad esempio l’impegno ed il sacrificio. “Abbiamo dato più tempo al lavoro che ai figli. Li abbiamo lasciati soli tra le «cose». I nostri ragazzi hanno ereditato il «nulla» e ci stupiamo che non sappiano distinguere il bene dal male” ha provocatoriamente sottolineato Don Resmini il quale dunque vede nell’educare «costantemente» a diventare adulti la vera soluzione alle situazioni di disagio. Educare dunque, educare sempre e costantemente e con tanta pazienza. Gli insuccessi non ci devono scoraggiare, ma dobbiamo accostarci a «tutti» i ragazzi con un nuovo rispetto e ricominciare da capo, sempre con umiltà e coraggio. La pazienza nei sistemi educativi è basilare, come lo è la capacità di saper leggere nei loro comportamenti ciò che li fa soffrire e li mette a disagio. Dobbiamo insomma essere genitori e famiglie per «vocazione».
QUARTA ELEMENTARE
ALLA SCOPERTA DI…
Vi ricordate di noi? Noo!? Guardate bene i nostri volti... Sì, siamo prore: : : ragazzi di quarta elementare, quelli che lo scorso maggio hanno compiuto un grande passo. No, non siamo andati sulla luna, ma l'emozione è arrivata veramente alle stelle! Non avete ancora capito??!! Ok, basta fare i misteriosi, ora vi aiutiamo a scoprirci ! L'anno scorso per la prima volta abbiamo ricevuto per la prima volta Gesù nel nostro cuore, abbiamo celebrato la prima Comunione. Quest'esperienza non vuole però essere solo nostra, e per questo vogliamo trasmettere ai nostri amici di terza elementare. tutte le nostre emozioni. È un compito difficile, sapete le emozioni si sentono dentro, è complicato esprimerle in poche righe; ad ogni modo ci proviamo, narrando la gioia di quel 12 maggio. L’incontro con Gesù non è stato facile, ma molte persone ci hanno aiutato: per primi i nostri genitori (che quel giorno erano quasi più emozionati di noi!!), poi i catechisti, don Paolo, don Angelo e tutta la comunità di Zogno, che ha gioito con noi accompagnandoci lungo le vie del paese, fino alla Chiesa, con una processione festosa. Qui tutta la Messa è stata emozionante, tutti avevamo un ruolo, tutti abbiamo partecipato con gioia: quella Messa l’abbiamo veramente fatta noi, è stata proprio “nostra”. Per questo a voi, nostri amici, auguriamo un cammino sereno alla scoperta del volto di Gesù. Quest’anno, insieme ai nostri catechisti, stiamo seguendo il percorso che Gesù ci invita a compiere con Lui, riconoscendo nei comandamenti l’aiuto che Dio ci offre per non perderci fra le tante strade che stiamo percorrendo e percorreremo durante tutta la vita. Soprattutto in questo periodo, in cui sentiamo spesso parlare di guerra e di Pace, conosciamo cosa sia la Pace, imparando a lasciarci perdonare da Gesù, per poi saper perdonare gli altri. L’incontro con Gesù allora ci cambia, perché in esso riscopriamo il Suo Amore e la Sua gioia di Padre che ci stringe a sé in un abbraccio tenerissimo. Un augurio di Pace a tutti voi e al mondo intero!
I ragazzi di quarta elementare e i catechisti
I ragazzi di quarta elementare e i catechisti
INSIEME È POSSIBILE
All'inizio di quest’anno con i nostri ragazzi di seconda media volevamo trovare una strada diversa per i nostri mi incontri di catechismo... sfruttando al meglio la loro fantasia e vivacità chiedendo un impegno personale, continuo e allo stesso tempo coinvolgente. Dopo averci pensato ci siamo chieste perché non provare con un recital? Il recital intatti è una grande risorsa didattica. In esso tutta la persona viene coinvolta: l’intelligenza, l’emotività e la corporeità. Inoltre è uno strumento eccezionale per conoscere bene il gruppo perché per realizzarlo bisogna stare insieme, decidere, provare, cambiare, superare la timidezza, correggere i difetti e aiutarsi... insomma mettere alla prova il nostro carattere, la nostra amicizia, la nostra voglia di socializzare. Detto, fatto! “Insieme è possibile”. Questo è il titolo che racchiude il tentativo di tradurre le intuizioni pedagogiche ili un grande educatore come don Bosco in forma poetica. Immergersi nel presente rivivendo la storia passata, suonare, cantare e ballare per dire il desiderio di vita che anima i giovani anche quando sono costretti da strutture e da condizionamenti pesanti. L’omaggio a don Bosco non poteva essere manifestato con maggior simpatia e aderenza al suo messaggio: è il messaggio raccolto nella gioia e voglia di vivere! “Svegliare il sogno” è l’urgenza primaria di quanti vivono accanto e insieme ai giovani; nessuno può restare indifferente davanti al futuro, nessuno può guardare al presente dei giovani non sapendo sognare per loro un futuro più ricco di promesse e di valori. Noi catechiste con i nostri ragazzi ci stiamo lavorando alla grande, il risultato speriamo che sia altrettanto. Più avanti vi daremo altre notizie soprattutto vi comunicheremo la data dello spettacolo. Vi aspettiamo tutti!!!
Le catechiste di seconda media
Le catechiste di seconda media
ORATORIO E FESTE DI COMPLEAANO
COME FARE FESTA?
Nella nostra comunità è abitudine che l’oratorio sia anche luogo di accoglienza per le feste di compleanno dei nostri ragazzi. Spesso si sceglie di festeggiare proprio lì per poter invitare più amici, per comodità, per ragioni di spazio, per avere maggiori occasioni di gioco. Io stessa, come genitore, ho valutato questa possibilità per le ragioni elencate sopra ma non ho mai avuto l’approvazione dei miei figli e su questo ho riflettuto con loto. Ho capito che dietro la loro volontà di festeggiare a casa propria esiste un intimo desiderio di condividere gli spazi della propria casa, i propri giochi e le persone stesse che ci vivono con gli amici che desiderano invitare. E, se questo mi semina un desiderio sacrosanto, d’altro canto vorrei che cercassero di essere più accoglienti anche verso i compagni che non prediligono. Quindi, l’alternativa di festeggiare in oratorio mi sembrava più adatta in quanto ci avrebbe dato la possibilità, per esempio, di invitare tutti i compagni di classe. Ultimamente, dopo aver partecipato ad alcuni compleanni in oratorio con i miei figli vorrei esprimervi alcune perplessità, dal punto di vista educativo, circa il significato della festa: è vero che festeggiando in oratorio possiamo invitare tanti bambini, ma questo coincide spesso con tanti regali, tante carte, tanti fiocchi, tante torte, tanti panini... tanti... troppi!! Troppo, al punto che un bambino rischia di tornarsene a casa con tante cose tra le mani e poco nel cuore, senza che un regalo gli ricordi l’amico che glielo ha donato. Anche la festa diventa “consumata”: decine di bambini arrivano, frettolosamente salutano, mangiano, bevono, frettolosamente ringraziano, scartano regali (è il mio... è il suo...), non stanno insieme e poi frettolosamente se ne vanno, a volte non salutano perché la mamma aspetta al cancello. La festa è finita. Ho sicuramente esagerato nell'esprimervi le mie perplessità, ma vorrei provocare in voi alcune riflessioni perché penso che, come genitori, dobbiamo e possiamo educare anche a fare festa. Una festa, infatti, tanto più è bella quanto più si sta insieme e si approfondiscono amicizia e relazioni. Con quanto detto non voglio assoluta-mente “criticare” le feste in oratorio (anzi, quale luogo migliore per “festeggiare”) e tanto meno “costringere” i nostri figli a rinunciare al loro compleanno (ci mancherebbe!), ma solo ricordare che “fare festa” significa innanzitutto stare insieme, condividere momenti importanti con gli amici, la famiglia, i compagni di classe, le persone che ci stanno vicino. Se ci riflettiamo sono sicura che ad ognuno di noi verrà qualche bella idea per aiutare i nostri ragazzi a fare festa nel modo migliore, magari non preparando esclusiva-mente il rinfresco ma anche e soprattutto organizzando giochi e attività di gruppo per permettere ai nostri figli di giocare insieme, di vivere la festa con un sapore diverso, di conoscere meglio i compagni che già sono loro vicini e di intraprendere nuove amicizie anche con chi è un po’ più distante. Se riusciamo a creare con pazienza tutte queste possibilità, allora l’oratorio diventa anche nella festa di compleanno un’occasione preziosa per aiutare i nostri figli a crescere insieme nella accoglienza degli altri e nella capacità di condividere ciò che si ha e ciò che si è. In questo modo imparano a donare non solo “un po’ di torta” ma soprattutto un po’ del loro tempo e del loro cuore e le amicizie nate in queste belle occasioni possono continuare nel tempo. Se abbiamo il coraggio di fare loro delle proposte alternative, per i nostri figli, sarebbe il più bel regalo di compleanno e la festa potrebbe non finire!
LA QUINTA ELEMENTARE SI PRESENTA
“RAGAZZI… SIETE FANTASTICI”
Così ci sentiamo dire qualche sabato mattina quando siamo riuniti in salone con le catechiste. Già, il sabato mattina! Infatti l’orario scolastico delle classi quinte elementari, strutturato in modo particolare, (sabato libero, ma ben 4 rientri pomeridiani) condiziona molto il tempo e gli orari dedicati agli incontri di catechismo. Di solito, divisi in tre gruppi, ci troviamo all’oratorio ogni venerdì alle ore 16,30, anche se siamo stanchi, giustamente, per l’intera giornata scolastica e se alcuni di noi hanno fretta e pensano che alle 17,30 c’è pallavolo: così, l’attenzione e l’impegno non sono sempre al massimo. Nei tempi di Avvento e di Quaresima, al venerdì partecipiamo alla Santa Messa, celebrata per tutti i f 1 ragazzi e ci troviamo per catechismo al sabato mattina, dalle ore 10.00 alle ore 11.00. Ed ecco spiegato il “FANTASTICI”, con il quale don Paolo gratifica i bravi, i diligenti, gli zelanti presenti all’Oratorio al sabato. ( Chissà se il don ha capito che il nostro zelo è legato anche alla possibilità di qualche momento di gioco?!) “SARETE MIEI TESTIMONI” è il titolo del nostro catechismo ed è il compito che il Signore affida ad ognuno di noi. Quest’anno cerchiamo di conoscere alcune parti dell’Antico Testamento, di comprendere come la storia del popolo di Dio continua nella nostra storia, nella nostra vita. Abbiamo scoperto la fedeltà di Dio alle sue promesse (Abramo, Mosè) e abbiamo riflettuto sulla nostra fedeltà alla scelta del Battesimo, sulle nostre scelte concrete alla luce dei Comandamenti. Siamo impegnati nella scoperta e nella realizzazione del Progetto di Dio, progetto d’amore, progetto da accogliere con l’atteggiamento di Gesù, testimone fedele del Padre. E un progetto da realizzare con gli altri, in ogni momento della nostra vita: in casa, a scuola, nel gioco, nel lavoro, nelle feste, nella preghiera. Non siamo soli: ci aiutano gli adulti, i grandi, i saggi, ma ci aiuta anche l’AMICIZIA, lo stare insieme e cantare con foga, battendo le mani, alzando le braccia, con tutta la gioia che abbiamo nel cuore. Buona amicizia a tutti!
CARNEVALE 2003
CARISSIMO DON ANGELO...
Carissimo don Angelo vorrei poter esprimere anch’io la mia opinione sulle feste fatte in oratorio e gentilmente le chiedo che questa mia lettera venga pubblicata.
IL COMPLEANNO PER ME.... Sono una nonna che felicemente ha visto nascere ben 12 nipotini, il più piccolo ha 2 anni, il più grande ne ha 24. Quando ero piccola io, festeggiare il compleanno era molto difficile... le guerre, la povertà, la fame... Mi ricordo che aspettavo con ansia quel giorno, perché era speciale e unico, perché capivo che mia madre faceva salti mortali per farmi una torta; noi erava-mo otto fratelli e accontentare tutti vole-va dire per lei sacrificio e rinunzia. Crescendo mi sono ripromessa che non avrei mai fatto mancare ai miei quattro figli la gioia di festeggiare con i loro amici il compleanno, perché, primo, ognuno di loro lo meritava, secondo, perché volevo trasmettergli ciò che avevo provato io, anche se a quei tempi non c’era la possibilità e l’usanza di poterlo festeggiare in oratorio. Poi questa usanza l’ho tramandata ai miei nipoti...12 nipoti, no... diciamo 11 perché il piccolo or ora non si sa come la pensa... dunque 11 nipoti =11 teste, 11 caratteri diversi. Ognuno di loro con i propri gusti, le proprie idee e quando si parla e si parlava di compleanni c’è e c’era un gran vociare... “A me piacerebbe invitare i miei amici di scuola... Io la mia squadra... Io invito solo... lo voglio farlo in oratorio, così posso giocare al pallone... c’è un grande campo... Io invece mi diverto andare sull’altalena e posso correre, giocare, urlare... senza dar fastidio a nessuno... io non ci penso nemmeno, a me piace festeggiarlo qui in casa...”. Insomma 11 teste che per accontentarle tutte..., eppure ogni volta la festa riusciva perfettamente, si partiva con un numero di bambini e alla fine ce ne ritrovavamo il doppio, giocavano si aggregavano altri e poi tutti insieme per una fetta di torta. Vedere i volti, dei miei nipotini, così raggianti di gioia e felici per quel giorno così speciale, mi fa e mi faceva gioire in tal modo che alla sera, prima di andare a letto ringraziavo il Signore per avermi dato la possibilità di crescere, diventare moglie, madre e nonna. Con questo non voglio dire che la mia vita si è basata soltanto sui compleanni, volevo solo far conoscere la mia espe-rienza a tutti quelli che leggono il bol-lettino. Vedere la gioia di un bimbo supera ogni regalo... torta... panini... e via dicendo. La loro gioia è ovunque loro festeggino il compleanno, il luogo e il modo è superfluo e se i bambini decidono di farlo o non farlo in oratorio o se vogliano giocare tra di loro o giocare con qualcuno che li segua o se ci siano miriadi di dolci o una semplice torta tutto questo non conta nulla l’importante è ... la loro felicità.
Una nonna di Zogno
IL COMPLEANNO PER ME.... Sono una nonna che felicemente ha visto nascere ben 12 nipotini, il più piccolo ha 2 anni, il più grande ne ha 24. Quando ero piccola io, festeggiare il compleanno era molto difficile... le guerre, la povertà, la fame... Mi ricordo che aspettavo con ansia quel giorno, perché era speciale e unico, perché capivo che mia madre faceva salti mortali per farmi una torta; noi erava-mo otto fratelli e accontentare tutti vole-va dire per lei sacrificio e rinunzia. Crescendo mi sono ripromessa che non avrei mai fatto mancare ai miei quattro figli la gioia di festeggiare con i loro amici il compleanno, perché, primo, ognuno di loro lo meritava, secondo, perché volevo trasmettergli ciò che avevo provato io, anche se a quei tempi non c’era la possibilità e l’usanza di poterlo festeggiare in oratorio. Poi questa usanza l’ho tramandata ai miei nipoti...12 nipoti, no... diciamo 11 perché il piccolo or ora non si sa come la pensa... dunque 11 nipoti =11 teste, 11 caratteri diversi. Ognuno di loro con i propri gusti, le proprie idee e quando si parla e si parlava di compleanni c’è e c’era un gran vociare... “A me piacerebbe invitare i miei amici di scuola... Io la mia squadra... Io invito solo... lo voglio farlo in oratorio, così posso giocare al pallone... c’è un grande campo... Io invece mi diverto andare sull’altalena e posso correre, giocare, urlare... senza dar fastidio a nessuno... io non ci penso nemmeno, a me piace festeggiarlo qui in casa...”. Insomma 11 teste che per accontentarle tutte..., eppure ogni volta la festa riusciva perfettamente, si partiva con un numero di bambini e alla fine ce ne ritrovavamo il doppio, giocavano si aggregavano altri e poi tutti insieme per una fetta di torta. Vedere i volti, dei miei nipotini, così raggianti di gioia e felici per quel giorno così speciale, mi fa e mi faceva gioire in tal modo che alla sera, prima di andare a letto ringraziavo il Signore per avermi dato la possibilità di crescere, diventare moglie, madre e nonna. Con questo non voglio dire che la mia vita si è basata soltanto sui compleanni, volevo solo far conoscere la mia espe-rienza a tutti quelli che leggono il bol-lettino. Vedere la gioia di un bimbo supera ogni regalo... torta... panini... e via dicendo. La loro gioia è ovunque loro festeggino il compleanno, il luogo e il modo è superfluo e se i bambini decidono di farlo o non farlo in oratorio o se vogliano giocare tra di loro o giocare con qualcuno che li segua o se ci siano miriadi di dolci o una semplice torta tutto questo non conta nulla l’importante è ... la loro felicità.
Una nonna di Zogno
LA PRIMA MEDIA SI PRESENTA
…sarete miei testimoni
I ragazzi di prima media il prossimo 18 maggio riceveranno il sacramento della Cresima, dopo un cammino di preparazione iniziato lo scorso anno. Il titolo “sarete miei testimoni” richiama la proposta catechistica di guidare i ragazzi ad accogliere l’invito del Signore risorto ad essere testimoni nella chiesa e nel mondo del suo progetto di salvezza, con la forza dello Spirito Santo. Il catechismo vuole accompagnare i ragazzi a maturare, anche attraverso la vita di gruppo, un’esperienza cristiana di fede che sia significativa per la vita. Il cammino dei nostri ragazzi è iniziato già lo scorso anno, ma soprattutto quest’anno li ha visti impegnati in nuove esperienze tra le quali: la scuola di preghiera prima dell’orario di catechismo, gli incontri del lunedì nei momenti forti dell’anno liturgico e i due ritiri a Valpiana. A questi dobbiamo aggiungere il pellegrinaggio vicariale a Padova che ci ha fatto conoscere due personaggio che ci hanno raccontato in modi diversi la loro fede: sant'Antonio e Giotto negli affreschi nella cappella degli Scrovegni, dove ha raccontato diversi episodi della vita di Gesù. Grazie a questi momenti comuni i ragazzi hanno consolidato i rapporti tra di loro e con noi catechiste formando un buon gruppo. Queste esperienze sono state certamente interessanti e sentite ma il cammino non è stato sempre facile; abbiamo riscontrato alcune difficoltà perché i ragazzi hanno a volte dimostrato uno scarso interesse. Troppe sono le distrazioni e gli inviti con un riscontro piacevole più immediato! Noi catechiste che accompagniamo i ragazzi in questo cammino, ci siamo messe per prime in discussione chiedendoci come aiutarli, per rendere più vivo e gioioso, in loro, l’incontro con lo Spirito Santo. Ci siamo accorti che il cammino di crescita nella fede i ragazzi non possono percorrerlo da soli: hanno bisogno della vicinanza e della testimonianza della comunità, della famiglia, dei catechisti e degli educatori, e dei loro stessi amici di gruppo. Una vera testimonianza di fede vale molto più di tante parole.
LA TIRADA DI TOLE O LA “CACCIATA DI MARZO”
Rito contro gli spiriti
La cacciata di marzo è, senza dubbio, una delle tradizioni che, sopravvissute alla dissoluzione del mondo agropastorale, mantiene tuttora una certa vitalità. È anche attualmente praticata, sebbene con modi e spirito diversi rispetto al passato. Casàfò mars, così è chiamata in dialetto la cacciata di marzo, tradizione diffusa anche in altri paesi pur sotto diverse forme. Protagonisti di questa piccola festa erano, una volta come attualmente, i bambini e i ragazzi che nei giorni precedenti il 31 marzo si adoperavano a raccogliere tutto quanto era in grado di far rumore: brunze, ciocòcc e schèle (campanacci), tole (scatole di latta) e corni. L'ultimo giorno di marzo, all’imbrunire , bimbi e ragazzi si riunivano a crocchi e, scelto il capo banda, iniziavano il corteo per le vie del paese e delle contrade, “suonando” i loro strumenti: si utilizzavano pentole e coperchi e i più ingegnosi inventavano sistemi per provocare più rumore trascinando, ad esempio, più tòle legate tra loro e colpendole con bastoni. L'importante era creare la massima confusione, fa di spaèncc. La sfilata si protraeva per alcune ore, i bimbi potevano così permettersi, almeno una volta durante l’anno, di restare fuori fino a tarda notte. Anche attualmente la sera del 31 marzo si ripete questo rituale: non si usano più i campanacci, pressoché scomparsi, ma soprattutto scatole di latta, legate, trascinate e percosse per dare maggiore evidenza e forza all’impresa. Come una volta gli anziani spiegano ai più giovani che questa usanza serve per cacciare via la brutta stagione, l’inverno, e soprattutto la sua coda pazza, il mese di marzo. In effetti il suono e il rumore, come in altre tradizioni, quali la cacciata delle Tenebre del Sabato Santo e i botti di Capodanno, svolgerebbero la funzione di allontanare gli spiriti del male e le forze contrarie al regolare sviluppo della natura. Nello stesso tempo avrebbero una funzione propiziatoria: quella di facilitare il risveglio della natura stessa. Questa tradizione, per altro molto diffusa nel bergamasco e in tutto l’arco alpino, si configura quindi come residuo di un vero e proprio rito di passaggio di stagione, tanto più necessario e sentito in tutte quelle comunità che un tempo fondavano la propria esistenza sullo sfruttamento delle risorse naturali. Evidentemente, oggi, è diminuito quest’ultimo significato per le mutate condizioni economiche della valle. Ma se pensiamo alle numerose calamità naturali, anche locali, che ormai ricorrono con preoccupante periodicità, è forse il caso di dire che di “tirade di tole” ce ne vorrebbero ben più di una all’anno: o, forse, questi “spiriti maligni” si sono adeguati ai tempi e non si spaventano più per un po’ di baccano fatto dai ragazzi. È questa una tradizione che a Zogno resiste da tempo immemorabile: dalle “tirade di tole” effettuate dai ragazzi delle singole vie e contrade (ricordo quelle che finivano con un bel tuffo delle tole nel Brembo lanciate dal Ponte Vecchio e quella famosa del ’76 finita tragicamente in Caserma), si è passati in questi ultimi decenni a quelle organizzate dall'Oratorio, ultimamente con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, che riuniscono tutti i ragazzi del paese. Sono cambiati i tempi ma credo che lo spirito di chi fa rivivere, anno dopo anno, questa tradizione sia sempre lo stesso: fare per qualche ora un gran baccano che ci distolga dal tran tran di una sera passata davanti al televisore e mi piace pensare che quest’anno in particolare, le grida, le voci, l’assordante rumore provocato dai ragazzi, ci abbia distratto, anche se per poco, da ben altri e più tragici rumori.
RITIRO DI AVVENTO E DI QUEARESIMA
DEI RAGAZZI DELLA TERZA MEDIA
Durante quest’anno catechistico le classi dei ragazzi delle medie hanno partecipato al ritiro di Avvento e di Quaresima a Valpiana nella casa delle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento di Rivolta d’Adda. I ambiente è molto bello e accogliente grazie ai suoi spazi e alla disponibilità delle suore che ci vedono sempre molto vo-lentieri: ci dicono infatti che portiamo una ventata di gioventù r di allegria! Noi ragazzi di terza media ci siamo trovati benissimo e vorremmo raccontarvi un po’ di quello che abbiamo fatto unito alle nostre impressioni. Il filo conduttore di entrambi i ritiri è stato “LA LIBERTÀ”. Abbiamo avuto modo di riflettere su parecchi aspetti riguardanti la libertà che magari prima davamo per scontati e sui quali non ci siamo mai soffermati. Commenti, appunti, risposte a precise domande ci hanno aiutato a comporre un quadro complessivo su che cosa intendiamo per libertà: è libero colui che sceglie con la propria testa, colui che non si lascia trascinare dalla corrente delle mode per poi ritrovarsi alla deriva, colui che riconosce di essere stato creato libero e decide di stare con Dio, colui che sa sacrificare anche la propria libertà fisica per un ideale... Anche il mattino seguente, dopo la colazione, abbiamo tiralo le somme del lavoro svolto, scrivendo i nostri pensieri su un grande telo bianco dove era stato disegnato il volto di Gesù e abbiamo preparato le nostre preghiere e le nostre impressioni da leggere durante la Messa che don Paolo ha celebrato nella cappella della casa. Ne è venuto fuori un bel risultato: sembrava di recitare un piccolo rosario dai coralli lucenti e trasparenti che si sgranava dolcemente e soffusamente dall’animo dei presenti. Una sensazione di dolcezza e di tenerezza che ha portato una pace incredibile nella nostra mente sempre così movimentata e super agitata! Logicamente, questi momenti di genio, sono stati intercalati da momenti di gioco e di svago che ci hanno permesso di divertici alla grande e a testimonianza di tutto questo vi sono le fotografie che ci ritraggono nei nostri virtuosismi migliori! Poi durante il ritiro di Quaresima del 15 e 16 marzo abbiamo anche festeggiato il 36° compleanno di don Paolo che ignaro di tutto è rimasto sorpreso davanti a una torta con candeline che gli abbiamo presentato al buio con tanto di fuochi di artificio! Anche l’attimo di commozione... cosa vorremmo di più dalla vita? Vorremmo, o meglio i nostri catechisti e il don, vorrebbero che tutte queste esperienze non rimanessero solo belle parole ma si traducessero concretamente nella quotidianità del nostro vivere e crescere in mezzo agli altri, perché ciascuno di noi è come un pezzo di creta da plasmare, da arricchire con le proprie mani e con il proprio cuore e con le impronte di tutti coloro che ci voglio bene. Dobbiamo pensare che è la comunità intera che poi si riflette nei giovani e da noi tra nuovi slanci e respiri. Che bella e grande responsabilità abbiamo!!! Alla fine radunate le nostre cose abbiamo fatto una preghiera di ringraziamento: a noi tutti per le belle giornate vissute insieme, ai nostri genitori che ci hanno accompagnati, a don Paolo che ci propone sempre con tanto entusiasmo queste belle esperienze.
COMPLEANNO IN ORATORIO
Ho letto lo scritto di quella mamma che esprime le sue considerazioni riguardo alle feste di compleanno all’oratorio e vorrei concordare con lei su tutto quanto dice; è verissimo che lo spazio e le attrezzature e il servizio offerti dall’oratorio permettono di allungare di molto la lista degli invitati ad una festa. E di conseguenza, di dilatare l’occasione di gioco e di condivisione con tantissimi bambini. Cosi come è verissimo che, per contro, essendo alla fine cosi tanti e cosi liberi di spaziare a destra e a sinistra a piacere, si perde il senso della festa, dello stare insieme, del condividere intimamente una data importante. Si riduce tutto ad un cumulo di regali, accompagnati magari da biglietti coloratissimi e patinati con frase di rito incorporata (e magari... senza firma!) e sotto sotto, la gioia è proprio breve ed effimera per restare nella memoria dei partecipanti almeno per qualche giorno; anche perché capita che, la settimana seguente c’è un’altra festa di compleanno. La copertina del Notiziario del mese precedente (febbraio) inneggia all’oratorio come a “ciò che fa bene alla vita” e non c’è nulla di più vero. Pensiamo un po’ alle parrocchie molto più piccole e/o più grandi della nostra dove, per motivi diversi, non c’è l’oratorio o quanto meno mancano le persone e le iniziative che lo mandano avanti. Mancano le motivazioni, mancano l’impegno e l’entusiasmo, mancano la programmazione e le mete da raggiungere: in una parola, manca la comunità tutta. Invece da noi, chiunque desideri cercarsi un posto nell’oratorio lo trova: sia come attore partecipante che come semplice spettatore. C’è posto per i piccoli, per i bambini, per i ragazzi e per i giovani, per le coppie di fidanzati e per le famiglie, per gli anziani, per chi vuole ascoltare e per chi vuole parlare, dire, coinvolgere. C’è posto per chi canta, per chi suona, per chi balla e per chi fa sport, per chi è felice e per chi è triste, per chi cerca consolazione e per chi cerca Dio. È il luogo d’incontro per eccellenza, perché li tutti coloro che ruotano attorno al bambini e alle loro attività, hanno modo di frequentare altre persone alle prese con le stesse tematiche e difficoltà e aspettative. E se è vero il detto che “...dobbiamo badare sempre ai fanciulli se ci sta a cuore averne degli uomini”, quale abbraccio migliore dell’oratorio potremmo dare loro perché crescano con un adeguato sostegno di supporto alle nostre affettuose indicazioni famigliari? Quindi dobbiamo solo imparare a dare il giusto valore all’oratorio e alla sua funzione che era ed è: (cito testualmente dall’enciclopedia) “... quel complesso di ambienti annessi alle Chiese parrocchiali e destinati allo svago oltre che alla formazione cristiana di fanciulli e giovani”.
P.S. Ritengo doveroso aggiungere un grosso GRAZIE a tutti coloro che in mille modi diversi si prodigano per rendere accogliente e divertente il nostro oratorio.
P.S. Ritengo doveroso aggiungere un grosso GRAZIE a tutti coloro che in mille modi diversi si prodigano per rendere accogliente e divertente il nostro oratorio.
Avventure acquatiche nell'estate in Oratorio a Zogno
Cre 23 giugno – 18 luglio
Il tema
Il Cre di quest’anno è un Cre sull'acqua... sull’acqua galleggeremo, correremo e impareremo a essere amici, sull’acqua impareremo a pregare e a fare spazio ad amici speciali, in particolare i ragazzi disabili che quest’anno l’Unione Europea mette al centro di una serie di iniziative... sull’acqua impareremo quanto è preziosa e sempre più rara, magari non qui da noi, magari non subito, ma certamente in tanti posti della terra, dove la sete non è un bisogno passeggero, ma una condizione di povertà estrema e perenne, oltre che una ricorrente causa di morte. Ma la cosa più importante che vorremmo vivere (non solo imparare) sull’acqua è che l’acqua è un dono. Si deve dire piano piano, sottovoce, “un dono”, perché questa parola indica che non c’è solo l’acqua buona e amica, ma c’è anche un Donatore, qualcuno che ha pensato questa bontà, che l’ha voluta così avvolgente e fresca e sempre nuova, e che l’ha regalata all’umanità, alla comunità dei fratelli, perché il Donatore è un Padre affettuoso e appassionato. Quest’anno sarà quindi tutta un’avventura acquatica durante il CRE 2003: abissi misteriosi, pesci sconosciuti, mostri marini, vecchie navi affondate e tombe di pirati temerari. Le caldissime giornate dell’estate 2003 saranno animate da due gruppi di personaggi. La “banda del fondale” e quella “della quercia” coinvolgeranno i bambini in un’avventurosa caccia, alla ricerca del tesoro più prezioso che ci sia: l’acqua.
Estate
“Accadueok” (formula chimica dell’acqua scritta per esteso, con una k finale aggiunta) è infatti il titolo della prossima edizione del Cre, che è stata presentata domenica 30 marzo al teatro Serassi di Villa d’Almè. Nelle giornate assolate di giugno e luglio che cosa c’è di meglio che parlare, giocare e riflettere sull’acqua? Il tema non potrebbe essere più attuale: l’Unesco infatti ha dichiarato il 2003 Anno internazionale dell’acqua. Un miliardo e cento milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione mondiale, non hanno accesso ad acqua sicura e 2 miliardi e 400 milioni, ossia il 40 per cento della popolazione del pianeta, non dispongono di impianti igienici adeguati. Per aiutare i ragazzi a riflettere su un tema “oceanico”, che presenta complesse implicazioni ecologiche, politiche ed economiche, l’Ufficio pastorale età evolutiva della diocesi di Bergamo ha scelto un punto di vista particolare: dono prezioso e indispensabile per l’uomo, fonte di meraviglia, ma anche di responsabilità. Perché ognuno di noi può contribuire alla salvaguardia dell’acqua, attraverso l'uso che ne fa nella vita quotidiana. Aria, acqua, un pizzico di magia e mille bolle di sapone colorate danza no nel cielo. Così, nei laboratori manuali i ragazzi daranno libero sfogo alla fantasia e creeranno bolle di sapone di tutti tipi: giganti e minuscole bolle che si incastrano l’una nell’altra, bolle di diverse forme, bidimensionali e tridimensionali. Con le conchiglie, prezioso regalo del mare, costruiranno candele, strumenti musicali, soprammobili, cartoncini di auguri, gioielli marini. E poi, pesci in cartapesta caleidoscopi e oggetti originalissimi realizzati con diversi materiali: fili metallici, cannucce, tessere di plastica per mosaico, carta, bottiglie di plastica, mollette e palloncini. Non mancheranno nemmeno gli atelier espressivi, legati alla musica, alla danza e al teatro. Acqua per divertirsi, ma anche per pregare: nei momenti di riflessione i ragazzi approfondiranno il significato dell’acqua per il cristianesimo , collegandolo in particolare al sacramento del Battesimo.
Gli obiettivi
I quattro obiettivi che scandiscono le quattro settimane del Cre so- j no obiettivi che indicano una strada percorribili lungo la quale l’acqua, la sua bellezza e responsabilità, diventa la chiave di lettura, ma soprattutto di azione, dell’esperienza estiva coi ragazzi. Ne riportiamo brevemente i titoli, rimandando al sussidio per la trattazione più sistematica.
• L’acqua, un dono gratuito
La scoperta di ritrovarsi insieme e di essere reciprocamente grati: l’esperienza del Cre è un’esperienza di sete per la compagnia di tutti gli altri.
• L’acqua, incontro e scontro fra gli uomini
La preziosità dell’acqua mette in evidenza la sua duplice valenza: può essere dono condiviso intorno al quale si costruisce la convivenza umana, ma può essere anche oggetto di contesa e di guerra.
• L’acqua, che mistero!
Il mistero dell'acqua è il mistero dell’uomo che, pur nei tanti secoli di ricerca e di scienza, non riesce a risolversi: anche lo stare insieme al Cre è un mistero, da riconoscere e rispettare.
• L’acqua, stupore e responsabilità
Il viaggio attraverso l’acqua, la sua ricchezza e la sua profondità, la sua abbondanza e la sua penuria, si è concluso, ad ognuno il compito di essere custode dell’esperienza in un rinnovato modo di usare dell’acqua, ma, allo stesso tempo, custode dei legami costruiti durante il mese estivo, legami tanto preziosi e tanto necessari, proprio come l’acqua.
Cari ragazzi vi aspettiamo numerosi e aspettiamo anche tanti giovani e adulti che si mettano a servizio dei ragazzi in questo mese di CRE
Il Cre di quest’anno è un Cre sull'acqua... sull’acqua galleggeremo, correremo e impareremo a essere amici, sull’acqua impareremo a pregare e a fare spazio ad amici speciali, in particolare i ragazzi disabili che quest’anno l’Unione Europea mette al centro di una serie di iniziative... sull’acqua impareremo quanto è preziosa e sempre più rara, magari non qui da noi, magari non subito, ma certamente in tanti posti della terra, dove la sete non è un bisogno passeggero, ma una condizione di povertà estrema e perenne, oltre che una ricorrente causa di morte. Ma la cosa più importante che vorremmo vivere (non solo imparare) sull’acqua è che l’acqua è un dono. Si deve dire piano piano, sottovoce, “un dono”, perché questa parola indica che non c’è solo l’acqua buona e amica, ma c’è anche un Donatore, qualcuno che ha pensato questa bontà, che l’ha voluta così avvolgente e fresca e sempre nuova, e che l’ha regalata all’umanità, alla comunità dei fratelli, perché il Donatore è un Padre affettuoso e appassionato. Quest’anno sarà quindi tutta un’avventura acquatica durante il CRE 2003: abissi misteriosi, pesci sconosciuti, mostri marini, vecchie navi affondate e tombe di pirati temerari. Le caldissime giornate dell’estate 2003 saranno animate da due gruppi di personaggi. La “banda del fondale” e quella “della quercia” coinvolgeranno i bambini in un’avventurosa caccia, alla ricerca del tesoro più prezioso che ci sia: l’acqua.
Estate
“Accadueok” (formula chimica dell’acqua scritta per esteso, con una k finale aggiunta) è infatti il titolo della prossima edizione del Cre, che è stata presentata domenica 30 marzo al teatro Serassi di Villa d’Almè. Nelle giornate assolate di giugno e luglio che cosa c’è di meglio che parlare, giocare e riflettere sull’acqua? Il tema non potrebbe essere più attuale: l’Unesco infatti ha dichiarato il 2003 Anno internazionale dell’acqua. Un miliardo e cento milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione mondiale, non hanno accesso ad acqua sicura e 2 miliardi e 400 milioni, ossia il 40 per cento della popolazione del pianeta, non dispongono di impianti igienici adeguati. Per aiutare i ragazzi a riflettere su un tema “oceanico”, che presenta complesse implicazioni ecologiche, politiche ed economiche, l’Ufficio pastorale età evolutiva della diocesi di Bergamo ha scelto un punto di vista particolare: dono prezioso e indispensabile per l’uomo, fonte di meraviglia, ma anche di responsabilità. Perché ognuno di noi può contribuire alla salvaguardia dell’acqua, attraverso l'uso che ne fa nella vita quotidiana. Aria, acqua, un pizzico di magia e mille bolle di sapone colorate danza no nel cielo. Così, nei laboratori manuali i ragazzi daranno libero sfogo alla fantasia e creeranno bolle di sapone di tutti tipi: giganti e minuscole bolle che si incastrano l’una nell’altra, bolle di diverse forme, bidimensionali e tridimensionali. Con le conchiglie, prezioso regalo del mare, costruiranno candele, strumenti musicali, soprammobili, cartoncini di auguri, gioielli marini. E poi, pesci in cartapesta caleidoscopi e oggetti originalissimi realizzati con diversi materiali: fili metallici, cannucce, tessere di plastica per mosaico, carta, bottiglie di plastica, mollette e palloncini. Non mancheranno nemmeno gli atelier espressivi, legati alla musica, alla danza e al teatro. Acqua per divertirsi, ma anche per pregare: nei momenti di riflessione i ragazzi approfondiranno il significato dell’acqua per il cristianesimo , collegandolo in particolare al sacramento del Battesimo.
Gli obiettivi
I quattro obiettivi che scandiscono le quattro settimane del Cre so- j no obiettivi che indicano una strada percorribili lungo la quale l’acqua, la sua bellezza e responsabilità, diventa la chiave di lettura, ma soprattutto di azione, dell’esperienza estiva coi ragazzi. Ne riportiamo brevemente i titoli, rimandando al sussidio per la trattazione più sistematica.
• L’acqua, un dono gratuito
La scoperta di ritrovarsi insieme e di essere reciprocamente grati: l’esperienza del Cre è un’esperienza di sete per la compagnia di tutti gli altri.
• L’acqua, incontro e scontro fra gli uomini
La preziosità dell’acqua mette in evidenza la sua duplice valenza: può essere dono condiviso intorno al quale si costruisce la convivenza umana, ma può essere anche oggetto di contesa e di guerra.
• L’acqua, che mistero!
Il mistero dell'acqua è il mistero dell’uomo che, pur nei tanti secoli di ricerca e di scienza, non riesce a risolversi: anche lo stare insieme al Cre è un mistero, da riconoscere e rispettare.
• L’acqua, stupore e responsabilità
Il viaggio attraverso l’acqua, la sua ricchezza e la sua profondità, la sua abbondanza e la sua penuria, si è concluso, ad ognuno il compito di essere custode dell’esperienza in un rinnovato modo di usare dell’acqua, ma, allo stesso tempo, custode dei legami costruiti durante il mese estivo, legami tanto preziosi e tanto necessari, proprio come l’acqua.
Cari ragazzi vi aspettiamo numerosi e aspettiamo anche tanti giovani e adulti che si mettano a servizio dei ragazzi in questo mese di CRE
VIA CRUCIS DEI RAGAZZI
LA NOSTRA FESTA SIETE VOI
Festa della mamma 2003
Anche quest’anno per festeggiare tutte le mamme, i bambini della nostra comunità si sono trasformati in cantanti con bravura e allegria, eseguendo brani tratti dall'ultimo Zecchino d’Oro. Sono stati applauditi dal primo all’ultimo, ma come in tutti i concorsi canori ci sono le classifiche e i primi tre posti sono stati vinti da: 1 LICIA e LUCA SANA con PER UN AMICO, 2 SOFIA RUBIS, CLAUDIA FOGLIENI e GAIA RUGGERI con IL RAMARRO CON TRE ERRE; 3 MARTINA MORO e ARIANNA UNALI con MARCOBALENO. All’interno dello spettacolo si sono esibite le ragazze della scuola di danza diretta da Rossana Minelli e un gruppo di ragazzi di 2a media che con disinvoltura hanno ballato a pieno ritmo. Alla fine dello spettacolo si è distribuito a tutte le mamme e non, delle rose molto belle e particolari preparate con gran pazienza da mamma Ornella, il ricavato è stato consegnato all’associazione “Centro aiuto per la vita” di Alzano Lombardo, una delegazione è stata invitata a partecipare alla manifestazione con lo scopo di farsi conoscere. È doveroso ringraziare tutti coloro che hanno lavorato per la buona riuscita di questo spettacolo e un ARRIVEDERCI ALL'ANNO PROSSIMO!
Vanna
Vanna
LA SECONDA MEDIA SI PRESENTA
Soprattutto amicizia e libertà
L’età che i nostri ragazzi stanno vivendo è nuova e imprevedibile, aperta al futuro, ricca di entusiasmo e di speranze, ma anche segnata da incertezze e paure. Per loro è un momento particolare di crescita fisica e di sviluppo psicologico, spirituale e sociale. Il catechismo tiene conto delle difficili realtà in cui essi vivono e per questo propone loro il lieto annuncio del Vangelo di Gesù e la sua amicizia; è un messaggio significativo: il Signore chiama e invita i ragazzi a gustare la grazia della sua amicizia per camminare insieme verso la maturità della vita. Proprio per questo motivo quest’anno con i nostri ragazzi abbiamo voluto vivere un’esperienza di catechesi diversa, più dinamica anche se a volte caotica. Abbiamo abbandonato un po’ il ruolo di insegnanti di catechismo e ci siamo messe accanto ai ragazzi e camminato con loro con grande attenzione ai loro problemi, alle loro aspirazioni, ai loro valori, alle loro domande cercando di mettere a vivo le loro capacità. Grazie all’aiuto di don Paolo abbiamo dato la priorità a due valori molto importanti per i ragazzi di questa età: amicizia e libertà. Solo attraverso l’amicizia del gruppo, dell’essere positivi si impara ad impostare buoni rapporti: Gesù è la buona notizia che dà senso alle nostre giornate e risponde ai nostri perché. Liberi non si nasce ma si diventa con un cammino lento e faticoso. Diventare responsabili della propria libertà è un’impresa affascinante. Il desiderio di libertà lo portiamo con noi: sogni, promesse, gioia, entusiasmo! E poi per mettere in pratica i valori di cui abbiamo parlato, armate di pazienza e tanta tanta fiducia abbiamo preparato un recital di cui, anche dalle pagine di questo notiziario, vi abbiamo già parlato. “INSIEME è POSSIBILE”: il titolo già dice quale è il nostro intento cioè lanciare un messaggio di sano ottimismo, ricordando che l'amore, la ragione e il messaggio religioso rendono possibile un nuovo modo di incontrarsi e coiti prendersi: c’è sempre un sogno da raggiungere! Momenti importanti del nostro cani mino quest’anno sono stati anche i due ritiri svolti a Valpiana nei tempi di Avvento e Quaresima. Anche lì hanno sperimentato la gioia e la bellezza del vive re e dello stare insieme, anche se non è sempre facile perché tante volte prevale il nostro egoismo e i nostri interessi. So no state esperienze indimenticabile che i ragazzi si sono proposti di rivivere per crescere in amicizia e per maturare. Ringraziamo i genitori che ci hanno aiutato e contiamo in una collaborazione sempre più ampia perché... insieme è possibile!!!
FESTA DELLA BIRRA
FESTA DELLA COMUNITÁ
SAGRA DI SAN LORENZO 2003
Mercoledì 30 luglio
Concerto della Premiata Banda Musicale di Zogno sul sagrato ore 21.00
Giovedì 31 luglio
S. Messa in Oratorio ore 20.30
Venerdì 1 agosto
Ballo liscio con "DELIO E MARY" ore 21.00
Sabato 2 agosto
Quadrangolare di calcio "Vecchie glorie"ore 16.00 ore 21.00
Ballo liscio ore 21.00
Domenica 3 agosto
ore 12.00 Pranzo dell'Anziano (su prenotazione)
Corrida di San Lorenzo 18.30-20.30
Ballo liscio con "FRANCO E MARA"
Lunedì 4 Agosto
ore 21.00 Serata Sportiva Torneo di calcio balilla
Martedì 5 Agosto
ore 21.00 CANTAFESTIVAL
Mercoledì 6 Agosto
ore 21.00 Serata con Sua Ecc. Mons. ROBERTO AMADEI, Vescovo di Bergamo
Sarà sospeso il servizio cucina
Giovedì 7 Agosto
ore 21.00 Ballo latino americano con gli "OROBIC DANCE"
Venerdì 8 Agosto
ore 21.00 Ballo liscio con "I FANTASY"
Sabato 9 Agosto
ore 21.00 Ballo liscio con "DELIO"
ore 22.00 Spettacolo pirotecnico
Domenica 10 Agosto
Ballo liscio con "Mara e la sua fisarmonica"
ore 21.00 FINALE TORNEO BEACH VOLLEY
ore 22.00 TOMBOLA di SAN LORENZO
Concerto della Premiata Banda Musicale di Zogno sul sagrato ore 21.00
Giovedì 31 luglio
S. Messa in Oratorio ore 20.30
Venerdì 1 agosto
Ballo liscio con "DELIO E MARY" ore 21.00
Sabato 2 agosto
Quadrangolare di calcio "Vecchie glorie"ore 16.00 ore 21.00
Ballo liscio ore 21.00
Domenica 3 agosto
ore 12.00 Pranzo dell'Anziano (su prenotazione)
Corrida di San Lorenzo 18.30-20.30
Ballo liscio con "FRANCO E MARA"
Lunedì 4 Agosto
ore 21.00 Serata Sportiva Torneo di calcio balilla
Martedì 5 Agosto
ore 21.00 CANTAFESTIVAL
Mercoledì 6 Agosto
ore 21.00 Serata con Sua Ecc. Mons. ROBERTO AMADEI, Vescovo di Bergamo
Sarà sospeso il servizio cucina
Giovedì 7 Agosto
ore 21.00 Ballo latino americano con gli "OROBIC DANCE"
Venerdì 8 Agosto
ore 21.00 Ballo liscio con "I FANTASY"
Sabato 9 Agosto
ore 21.00 Ballo liscio con "DELIO"
ore 22.00 Spettacolo pirotecnico
Domenica 10 Agosto
Ballo liscio con "Mara e la sua fisarmonica"
ore 21.00 FINALE TORNEO BEACH VOLLEY
ore 22.00 TOMBOLA di SAN LORENZO
LA TERZA MEDIA SI PRESENTA
L’età della piena consapevolezza
Sembra ieri quando abbiamo iniziato il nostro cammino catechistico eppure sono trascorsi ben otto anni... ed eccoci qua adolescenti, ragazzi di terza media! Tema di questo anno è stato la scoperta del nostro progetto di vita ideando un piano di battaglia con lo scopo di formare in noi una solida coscienza e di cominciare a prendere con responsabilità le nostre decisioni. Durante l’anno ci siamo confrontati con due ritiri a Valpiana che ci hanno aiutato ad approfondire gli argomenti durante gli incontri di catechismo settimanali ed è stata anche una buona occasione per approfondire meglio la conoscenza dei nostri compagni. Argomento centrale è stato la “Libertà” e su questo abbiamo fatto diverse riflessioni, riportate su uno striscione che rappresentava il volto di Gesù: Lui è l’uomo libero al quale ci siamo ispirati e al quale vorremmo assomigliare, anche se sappiamo tutte le difficoltà dell’impresa. Questi nostri pensieri, colorati attorno al volto di Gesù, ci hanno accompagnato durante la celebrazione della Professione di fede la domenica 25 maggio 2003. Quella domenica ci ha visto protagonisti davanti a tutta la comunità: chiamati per nome ci siamo uniti alla cordata “comandata” da don Angelo, capocordata, e agli adolescenti che diventeranno nostri compagni di viaggio insieme ai loro catechisti e animatori. Dopo l’omelia del parroco davanti a tutti abbiamo “detto la nostra fede", il nostro coraggio ma anche i tanti dubbi e le fatiche. Ci è sembrato comunque un gesto molto bello, perché abbiamo continuato in maniera un po’ più responsabile tutto quello che i nostri genitori ci hanno insegnato in tutti questi anni. Questo per noi è stato un anno molto significativo perché rispetto ai precedenti siamo stati più consapevoli delle nostre scelte, siamo diventati più maturi e in grado di camminare con “le nostre gambe”. La professione di fede è stata un po' un punto d’arrivo perché ha segnato la li ne di un ciclo ma anche un punto di partenza per un nuovo cammino più consapevole e impegnato. Infatti nel ritiro di preparazione con don Paolo e i catechisti abbiamo scelto alcuni piccoli impegni, oltre a quello di partecipare agli incontri di catechismo, da svolgere durante il prossimo anno: animare i giochi alla domenica pomeriggio, aiutare i catechisti con i ragazzi, preparare e allestire un recital... Siamo soddisfatti di questo percorso che ci ha accresciuto e ci ha fatto diventare un tassello importante per la comunità. Il merito va a coloro che ci hanno sostenuto nel nostro cammino, ovvero i catechisti di quest’anno Lino, Paola e Fulvia, e tutti quelli degli scorsi anni. Un grazie particolare a don Paolo!
I ragazzi di terza media
I ragazzi di terza media
INSIEME È POSSIBILE
Un recital “impossibile”
Finalmente ce l'abbiamo fatta! Sabato sera 31 maggio il nostro cinema è diventato uno stupendo palcoscenico dove i nostri ragazzi di seconda media hanno messo in scena uno spettacolo straordinario: una storia fatta di dialoghi, battute, balletti, canti... Quando abbiamo cominciato a imbastire questo recital sembrava “impossibile" prevedere cosa sarebbe successo, anche perché durante la strada tante cose cambiavano: qualcuno (a turno!) mancava alle prove, qualcun altro non riusciva a imparare la parte, altri faticavano a stare a ritmo delle danze... E poi gli scherzi e gli schiamazzi, le distrazioni e le dimenticanze, i continui richiami all’ordine che facevano immaginare di tutto tranne che da quell’insieme ne sarebbe uscito uno spettacolo da palcoscenico. Ma alla fine ci siamo accorti che tutta questa strada fatta insieme era come un enorme cantiere dove le impalcature impedivano di vedere la grande costruzione che pian piano veniva su in modo nascosto e silenzioso. E solo alla fine, quando il sipario si è aperto come quando si scopre un’opera d’arte all’ora dell'inaugurazione, abbiamo capito che il lavoro aveva portato frutto e la strada fatta insieme era quella giusta. Chi ha assistito allo spettacolo quella sera ha potuto gustare la freschezza e l’entusiasmo di questi ragazzi, la loro forza quando sono insieme e la loro gioia nello stare insieme tra di loro e i catechisti. Grazie ragazzi e… alla prossima!
TORNEO DI CALETTO A CINQUE ALL’ORATORIO
Anche quest'anno la collaborazione del gruppo FootballFive e dell’Oratorio di Zogno ha dato sita a un vivace torneo di Calcetto a cinque giocatori giocato nel campetto dell'Oratorio. La sorpresa di quest'anno è stata duplice: accanto all'ormai rodato torneo dei “Liberi” si sono aggiunti due mini tornei riservato uno ai ragazzi dai 13 ai 16 anni e uno alle ragazze. Il girone "dei grandi” ha visto sul gradino più alto una squadra che da sempre è ai vertici di questo torneo: Saint Laurence. Complimenti, ragazzi! L'edizione dei ragazzi è stata vinta da una squadra composta prevalentemente da ragazzi di Zogno: The White Shark, mentre la squadra della Croce Azzurra si è aggiudicata il torneo riservato alle ragazze. Ci vediamo l’anno prossimo e buone estate a tutti!
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ALL’ORATORIO DI ZOGNO CON 400 ISCRITTI
IL CRE una grande festa
La fine della scuola, l’arrivo dell'estate, del caldo, e delle vacanze soprattutto, colma fanciulli e ragazzi d’ogni età di tanta voglia di giocare e divertirsi, dunque di riunirsi e stare insieme. I più piccoli si dilettano in giochi all’aperto, i più grandi prediligono lo sport, solitamente calcio per i maschi, pallavolo per le ragazze. E quindi in questa atmosfera di serenità e spensieratezza, in cui gli studenti non sono obbligati a pensare a compiti o studio, che ogni anno sul finire di giugno s ’ avvia il Centro Ricreativo Estivo, occasione di ritrovo per centinaia di ragazzi di tutte le età: dall’asilo agli adolescenti. Gli iscritti di quest'anno rasentavano i 400 (per la precisione erano 398). Questa iniziativa non è solamente finalizzata al gioco ed al divertimento, sebbene essi ne siano componenti necessari, ma si ripropone finalità ben più importanti ed essenziali, come l’educazione dei bambini al convivere insieme ed al rispettarsi reciprocamente. Ogni CRE si articola attorno ad una tematica ben precisa, che ha lo scopo di sensibilizzare ad un particolare problema o più semplicemente di far riflettere su qualcosa. Quest’anno è stata scelta “L’ACQUA”, che, nonostante possa sembrare un argomento sin troppo banale, risulta essere di grande rilevanza, e ce ne stiamo accorgendo più che mai in questi giorni di drammatica siccità. L’acqua sta infatti diventando sempre più un bene preziosissimo, da non sprecare e da utilizzare con parsimonia e criterio. Un elemento in natura fondamentale per la vita, che però, purtroppo, non tutti gli uomini sulla Terra riescono ad avere. Su questi presupposti si è basato il CRE, oltre che sulle quattro parole chiave proposte da don Paolo per ogni settimana, vale a dire grazie, disponibilità, meraviglia, pace. Di grande importanza poi sono stati gli episodi della vita di Don Bosco narratici di volta in volta sempre da Don Paolo. Anche gli inni, i canti, ed i balletti preparati con cura dalle nostre bravissime ragazze sono risultati di grande successo e molto apprezzati da tutti. Essi hanno particolarmente contribuito a tenere sempre alto il clima di divertimento. Vediamo ora ad ogni modo le principali attività di queste quattro entusiasmanti settimane. Il primo giorno, il 23 di giugno, non è stato impiegato nelle convenzionali faccende di sempre, ma è stato dedicato a conoscersi, sia fra ragazzi sia fra animatori. Poi alle 17.00 la grande Messa di ringraziamento ha opportunamente concluso la giornata. Fra le attività particolari di questa prima settimana occorre ricordare, oltre alle realizzazioni col filo di metallo e i vari tornei (palla prigioniera, minibaseball, bandierina...), l’escursione ai Foppi di mercoledì, e la gita alle piscine dell’Italcementi di Bergamo il venerdì; entrambe sono state motivo di grande divertimento per tutti, alternando il verde e il fresco dei Foppi, all’acqua ed al caldo della piscina. Purtroppo al divertimento generale s’è aggiunta la sventura per alcuni bambini protagonisti di piccoli incidenti durante la gita di mercoledì. Auguriamo a tutti una pronta guarigione e un repentino ritorno in forze. La seconda settimana è stata fortunatamente più tranquilla. Nessuno infatti s’è infortunato, né in oratorio né durante l’escursione alle Piane di San Pellegrino di martedì, sebbene indotti a rientrare precocemente a causa d’un imminente temporale. Anche la grande uscita di giovedì verso l’Acqua Center Parkdi Antegnate non ha visto incidenti, e s’è quindi svolta al meglio. Durante questa seconda settimana numerosi sono stati gli ateliers svolti (puttura, murales, lavori con i mattoncini, la plastica, trampoli, danze...) oltre che naturalmente ai consueti tornei di calcio, acquedotto, velorisposta, e alle attività di canoa delle medie e pesca degli adolescenti. Così si concludono le prime due settimane di CRE, ed è proprio da qui che comincia la parte migliore. La terza settimana s’è aperta con un lunedì ricco di giochi. Oltre ai classici tornei in oratorio infatti i giochi son proseguiti la sera, con altrettante attività ludiche, ed il coinvolgimento di moltissimi bambini. Martedì poi s’è svolta la splendida gita a Cene, sul grande parco adiacente al fiume Serio; anche qui il divertimento non è mancato: dopo la Messa iniziale e il veloce pranzo al sacco subito sono cominciati i giochi, che inizialmente i bambini hanno intrapreso autonomamente, poi coordinati invece dagli animatori. Finite le gare organizzate è stato il momento del rientro, quindi tutti si sono diretti verso i pullman poco lontani, ad Albino, e da qui è cominciata la partenza alla volta di Zogno, dove siamo giunti alle 17.30. Mercoledì invece è stata una giornata tranquilla, scandita dai balletti, dagli ateliers e dai tornei, come sempre ricchi di agonismo e voglia di vincere da parte dei concorrenti. A non far pensare al gran caldo di nuovo sopraggiunto ha fortunatamente pensato la seconda gita all'Italcementi di quest’anno, la penultima in piscina, che praticamente conclude la settimana (escludendo i classici tornei ed ateliers di venerdì). Questa terza settimana è stata in generale decisamente più movimentata delle altre, forse anche perché animatori e ragazzi erano impegnati nell’allestimento della grande festa di venerdì. L’ultima settimana s’è aperta all’insegna della più imponente attività di quest’anno: le Oratoriadi, occasione di ritrovo per bambini e ragazzi da tutta la valle (Endenna, Ambria, Laxolo, Brembilla, S. Pellegrino, S. Giovanni, Ubiale); otto estenuanti ore di giochi, tornei e svariate attività ludiche sospese momentaneamente (ma mai del lutto) dalla pausa per la cena alle 19.00, riprese in seguito con giochi e balletti. Grandioso, anche considerando che quest'anno la vittoria è stata ottenuta da Zogno. La settimana vola alla svelta, dopo i tornei e la gita all’Acquasplash di mercoledì giunge presto il venerdì, e la grande festa serale; lo spettacolo vede fra le altre cose scenette, canzoni e i balletti, in cui sono coinvolti anche gli animatori, per un totale di due ore e passa di intenso spettacolo e grande festa, terminata in un fastoso rinfresco finale. È così che anche quest'anno s’è quindi concluso il CRE, nella gioia generale della magnifica festa di venerdì, ma anche nella velata malinconia di molti bambini e ragazzi, che ravvisano con essa la fine d’una parte dell’estate, quella in cui è possibile ritrovarsi e stare insieme, conoscere e socializzare. Molti hanno la consapevolezza che dovranno attendere ancora un lunghissimo anno per poter nuovamente tornare ai giochi insieme, agli ateliers, ai balli nel salone, alle gite... Ad ogni modo per noi animatori questo CRE, come tutti gli altri d’altronde, ha costituito di fatto una sorta di sfida, che risiedeva nel riuscire a comunicare con i ragazzi, oltre che a farli semplicemente svagare, e nell’essere in grado di trasmettere loro valori come l’ascolto, la collaborazione e, primo di tutti, il rispetto reciproco, fondamentali per vivere ed inserirsi in una società civile e organizzata.
UN CRE MOLTO ACQUUUUUOSO!
Una della cose più straordinarie che capitano du-rante l’anno in oratorio è sicuramente il Centro Ricreativo Estivo. E troppo bello vedere come i ragazzi in un batter d'occhio riempiono i cortili di questa casa e la trasformano in una grande festa di colori, di voci, di canti e di giochi. Dobbiamo essere grati in primo luogo al Signore che ci permette di vivere questi momenti di gioia e di festa condivisi con i nostri ragazzi e poi ringraziare davvero tutti gli animatori, giovani e meno giovani, adolescenti e mamme, che con tanta passione e impegno si dedicano con cura a questa preziosa attività. Quest’anno abbiamo toccato la soglia dei 400 ragazzi iscritti, ma la cosa che più ci sorprende è vedere come il gruppo dei preadolescenti (ragazzi delle medie) e degli adolescenti (ragazzi delle superiori) sia quello più numeroso. Solo loro sono circa 150 e, conoscendo le loro caratteristiche, la loro esuberanza e allo stesso tempo la poca voglia di impegnarsi e lasciarsi coinvolgere, possiamo dire di aver veramente raggiunto un bel traguardo, o meglio di aver aperto una bella strada. Sarebbe bello trovare anche durante l’anno tante altre occasioni per stare con loro e coinvolgerli in mille attività. Ma questo richiede la disponibilità di tante forze giovani che si mettono in gioco con loro e che abbiano voglia di “spendere del tempo” per loro. Le nostre settimane sono state scandite da alcune parole chiave che hanno fatto da filo conduttore per tutti i giorni della settimana. Il riferimento fondamentale è stato “l’acqua” da cui come una cascata sono scaturiti gli atteggiamenti da vivere durante l’estate. Il primo valore su cui abbiamo insistito è stato il “ringraziare”, riscoprire la gratitudine per accorgersi che la nostra vita è possibile solo grazie alla generosità prima di tutto dei nostri genitori e poi di tantissime altre persone, note e meno note, che rendono bella e buona la nostra vita. Un esempio è proprio il CRE: tantissimi giovani e adulti si mettono a disposizione gratuitamente per parecchio tempo solo con l’intento di fare del bene ai nostri ragazzi. Accorgersi di questo è fondamentale per la nostra vita perché aiuta i nostri ragazzi a loro volta ad essere generosi e disponibili verso gli altri. Infatti il tema della seconda settimana è stato la disponibilità: come l’acqua che è disponibile per mille usi e servizi, così noi dobbiamo imitare questo elemento rendendoci disponibili alle esigenze e ai bisogni degli altri. Durante il CRE si sperimentano mille occasioni per dare il nostro generoso contributo a chi ci è vicino e questo ci educa ad avere un cuore sensibile e attento in tutte le situazioni della nostra vita. Quando vediamo e proviamo sulla nostra pelle un gesto di gratuità subito sentiamo nel cuore una meraviglia mai assaporata in altre situazioni. E allora ecco il tema della terza settimana: lo stupore, lo sgranare gli occhi su ciò che ci circonda, l’accorgersi delle tante cose belle che ci stanno attorno e delle novità che purtroppo, a causa della nostra abitudine, ci sfuggono. Bisogna tornare ad avere lo sguardo smagato dei bambini che si sorprendono davanti a ogni cosa e che sanno scoprire ogni volta cose mai viste. Vivere la gratitudine, la disponibilità e la meraviglia porta alla pace. Tema dell’ultima settimana è stata la pace, cioè la voglia di stare insieme e di fare qualcosa di bello con gli altri. Quante volte abbiamo invocato quest’anno il dono della pace per il mondo intero, scoprendo che tra di noi spesso domina la divisione, la prepotenza e l’arrivismo. Il CRE apre invece strade di collaborazione tra grandi e piccoli, non sempre facili da percorrere, ma che lasciano un segno e indicano una meta da inseguire con tutte le nostre forze e la buona volontà. Accanto a questi “temi” ufficiali sicuramente i ragazzi ne hanno colti molti altri perché attraverso i rapporti personali tra di loro soprattutto con i loro animatori hanno percepito tante cose preziose che hanno arricchito la loro vita. Ogni persona infatti porta in sé un bene che proprio nell’incontro con gli altri mette in gioco e condivide rendendo preziosa ogni cosa che fa. Non dobbiamo dimenticare i momenti di preghiera all’inizio e al termine della giornata insieme alle celebrazioni eucaristiche durante le gite in montagna. Sono state anche queste occasioni dove ogni ragazzo ha potuto sentire vicino la presenza del Signore e scoprire come il Signore circonda costantemente la loro vita sostenendoli in ogni cosa che vivono e fanno. Il CRE poi è una grande storia di amicizie: quante conoscenze, quanti legami, quanti rapporti nascono proprio grazie allo stare insieme in questo periodo. Alcune purtroppo finiscono ma altre proseguono e sono la base per le altre attività che si svolgono durante l’anno. Un’altra cosa bellissima che si scopre durante il CRE è vedere all’inizio la titubanza e il dubbio dei nuovi animatori e poi scoprire tutta la gioia per aver potuto fare questa esperienza. E non solo, si può vedere anche come questa attività ha aperto nuove amicizie e soprattutto fa partire una disponibilità molto più grande che non si limita solo alle attività estive ma che abbraccia anche quelle durante l’anno. Che il Signore continui a benedire i nostri sforzi e faccia maturare i semi che abbiamo gettato durante tutte le attività estive.
Grazie di cuore a tutti!
don Paolo Piccinini
Grazie di cuore a tutti!
don Paolo Piccinini
RWANDA, ARRIVIAMO…
Alcune impressioni prima di partire
Eccoci, l'avventura sta per iniziare, ma già da molto tempo quest'appuntamento crea in noi emozioni forti. Ora finalmente stiamo per partire!!! Tante sono le domande che mi sono state poste e che io stessa, per prima, mi sono fatta in questi mesi. Sicuramente quella fonda-mentale riguarda le motivazioni di questa scelta; difficili da riassumere o spiegare in poche righe: la principale è stata l'incontro fra una proposta ed il desiderio che ha prodotto lo slancio verso una prospettiva più ampia rispetto al "nostro mondo". Sì certo, avrei potuto fare mille altre esperienze, ma questa è quella che Qualcuno mi ha affidato, questa è quella che ho sentito mia. Mia, ma non solo; di altri cinque compagni e amici con me e, in fondo, di tutta la comunità di Zogno che parte con noi. Non sappiamo cosa ci aspetta, non possiamo immaginare la realtà di un mondo tanto diverso dal nostro, anche se ce ne hanno parlato a lungo. A Rilima, tutto sarà una scoperta ed un'emozione nuova. Così solo con la forza dataci da Dio possiamo affrontare questo viaggio pieni di fiducia, ma anche con le nostre paure e i nostri timori, con la certezza comunque di non essere mai soli.
Chiara Bigatti
Finalmente si sta per partire. È iniziato il conto alla rovescia per un viaggio che ci cambierà. Proprio questa parola "CAMBIARE" è la chiave di tutto: ciò che mi ha spinto a fare questa scelta. Già l'anno scorso al rientro dalla GMG di Toronto siamo tornati cambiati e con l'impegno d'essere “sale per la nostra terra". Così anche quest'anno voglio ripartire per portare una goccia d'amore a chi ne ha bisogno, per testimoniare al rientro ciò che ho visto a chi vive "da noi" ma soprattutto per cambiare nuovamente il mio modo di vivere e convertire il mio cuore alla luce di quel Dio che vive proprio tra i più poveri.
Claudio Donadoni
Solitamente sorge spontaneo domandarsi cosa possa far nascere in una persona la strana voglia di intraprendere un’esperienza così forte e suggestiva come può essere una missione in Africa… La mia risposta, forse banale, è la curiosità. Sì, la curiosità di toccare con le mie mani e con tutto me stesso il corpo scarno di una povertà pura, una povertà che ti "piace" e ti "affascina" proprio perché lontana, proprio perché le uniche volte che l'hai vista, l'hai vista soltanto nei servizi alla TV!... Paure?... quelle tante!... La paura di tornare a casa e non essere cambiati in meglio da questa esperienza o forse, ed è la più grande tra tutte, la paura di cambiare troppo, a tal punto da non riuscire più a vivere qui, nel mondo "civilizzato", nel mondo dei "ricchi", nel mondo di chi ha proprio tutto!...Una cosa è certa, la voglia di andare, buttarmi in questa nuova esperienza di carità è tanta, anzi tantissima, ed altrettanta è la voglia di ritornare indietro, insieme ai miei amici di viaggio tra la nostra gente e inondare con il sorriso e la voglia inesauribile di raccontare tutto a tutti... Forse alla fine è proprio tutto qui, la carità, più che chiamarci ad agire, ad operare, ci chiama a portare nella mente di ogni persona la testimonianza che “fare del bene ti fa bene”, “fare del bene fa bene agli altri” perché fare del bene significa essere come il Signore!
Diego Mosca
Quando mi è stata proposta questa "iniziativa", andare in Rwanda "per fare qualcosa di buono per gli altri", per una popolazione che lotta ogni giorno per la propria sopravvivenza, ho detto di "sì" senza pensare alle conseguenze di questa mia scelta. È stato un sì disinteressato e sincero nel senso che, l'unica cosa che mi spingeva e tutt'ora mi spinge a partire per questo "nuovo mondo" è la VOGLIA DI FARE qualcosa di giusto, di generoso e di caritatevole per gli altri. Sento dentro di me questa profonda necessità di non fermarmi solo a "guardare", di non fermarmi solo a capire quanto questa gente sia in una situazione di profondo disagio... la mia è una voglia di fare, di agire in concreto in una realtà che forse non ha nulla da invidiare! Quello che mi aspetto da un' esperienza come questa è quello di comprendere che la nostra non è una vita così... da "sprecare" svolgendo le semplici e ripetitive attività quotidiane che ci vengono proposte! Io voglio che la mia vita diventi un agire concreto, un andare incontro agli altri per rendere anche la loro vita qualcosa di piacevole e di bello e non una continua “lotta” per un pezzo di pane o per un pugno di riso… Non ho la pretesa di stravolgere completamente la vita di chi incontrerò e tanto meno ho intenzione con le mie poche forze di "CAMBIARE IL MONDO". Questo viaggio mi permetterà ancor più di comprendere che , anche in una situazione dove "non avere niente" è all'ordine del giorno; il desiderio di amare, proteggere e di stare con l’"altro" è più forte di tutto. Quello che porterò a casa da questo viaggio saranno i sorrisi che riceverò, la voglia di fare e di amare "tipica" delle persone povere, che non hanno nulla. Così che anch'io possa ringraziare il Signore per quello che ho e gioire della vita nonostante le difficoltà che mi si presentano lungo il cammino.
Marta Carminati
CHE EMOZIONE!! Stiamo per partire: inizialmente quando ho deciso di vivere questa esperienza, ero contenta, felicissima, ed ero pienamente consapevole che non sarebbe stata una vacanza, uno svago ma un soggiorno dove bisogna lavorare, impegnarsi e prendere la situazione seriamente. Col passare dei mesi, partecipando agli incontri, mi sono resa conto che non avevo poi così ben chiaro ciò che è e ciò che comporta questo viaggio, perciò alla gioia, all'entusiasmo, alla curiosità e alla voglia di rendersi utili si è aggiunta anche un po' di paura, probabilmente di insicurezza, la paura di non essere all'altezza e di non riuscire a sopportare determinate situazioni: non so ciò che mi aspetta e non riesco a immaginare un mondo così diverso da quello in cui vivo che conosco solo attraverso l'esperienze di altre persone. Per me sarà tutto nuovo perciò spero che questa incertezza, questa paura passi in modo che io possa essere d'aiuto per questa gente e spero anche che questo viaggio mi aiuti a cambiare e a farmi capire quali sono le cose per le quali vale veramente la pena lottare e spendersi e quali invece sono puramente marginali e inutili. Sono sicura che sarà una bella esperienza per me e per i miei compagni, che ci farà maturare e raggiungere almeno in parte gli obiettivi che ognuno di noi si era prefissato alla partenza.
Maria Risi
Chiara Bigatti
Finalmente si sta per partire. È iniziato il conto alla rovescia per un viaggio che ci cambierà. Proprio questa parola "CAMBIARE" è la chiave di tutto: ciò che mi ha spinto a fare questa scelta. Già l'anno scorso al rientro dalla GMG di Toronto siamo tornati cambiati e con l'impegno d'essere “sale per la nostra terra". Così anche quest'anno voglio ripartire per portare una goccia d'amore a chi ne ha bisogno, per testimoniare al rientro ciò che ho visto a chi vive "da noi" ma soprattutto per cambiare nuovamente il mio modo di vivere e convertire il mio cuore alla luce di quel Dio che vive proprio tra i più poveri.
Claudio Donadoni
Solitamente sorge spontaneo domandarsi cosa possa far nascere in una persona la strana voglia di intraprendere un’esperienza così forte e suggestiva come può essere una missione in Africa… La mia risposta, forse banale, è la curiosità. Sì, la curiosità di toccare con le mie mani e con tutto me stesso il corpo scarno di una povertà pura, una povertà che ti "piace" e ti "affascina" proprio perché lontana, proprio perché le uniche volte che l'hai vista, l'hai vista soltanto nei servizi alla TV!... Paure?... quelle tante!... La paura di tornare a casa e non essere cambiati in meglio da questa esperienza o forse, ed è la più grande tra tutte, la paura di cambiare troppo, a tal punto da non riuscire più a vivere qui, nel mondo "civilizzato", nel mondo dei "ricchi", nel mondo di chi ha proprio tutto!...Una cosa è certa, la voglia di andare, buttarmi in questa nuova esperienza di carità è tanta, anzi tantissima, ed altrettanta è la voglia di ritornare indietro, insieme ai miei amici di viaggio tra la nostra gente e inondare con il sorriso e la voglia inesauribile di raccontare tutto a tutti... Forse alla fine è proprio tutto qui, la carità, più che chiamarci ad agire, ad operare, ci chiama a portare nella mente di ogni persona la testimonianza che “fare del bene ti fa bene”, “fare del bene fa bene agli altri” perché fare del bene significa essere come il Signore!
Diego Mosca
Quando mi è stata proposta questa "iniziativa", andare in Rwanda "per fare qualcosa di buono per gli altri", per una popolazione che lotta ogni giorno per la propria sopravvivenza, ho detto di "sì" senza pensare alle conseguenze di questa mia scelta. È stato un sì disinteressato e sincero nel senso che, l'unica cosa che mi spingeva e tutt'ora mi spinge a partire per questo "nuovo mondo" è la VOGLIA DI FARE qualcosa di giusto, di generoso e di caritatevole per gli altri. Sento dentro di me questa profonda necessità di non fermarmi solo a "guardare", di non fermarmi solo a capire quanto questa gente sia in una situazione di profondo disagio... la mia è una voglia di fare, di agire in concreto in una realtà che forse non ha nulla da invidiare! Quello che mi aspetto da un' esperienza come questa è quello di comprendere che la nostra non è una vita così... da "sprecare" svolgendo le semplici e ripetitive attività quotidiane che ci vengono proposte! Io voglio che la mia vita diventi un agire concreto, un andare incontro agli altri per rendere anche la loro vita qualcosa di piacevole e di bello e non una continua “lotta” per un pezzo di pane o per un pugno di riso… Non ho la pretesa di stravolgere completamente la vita di chi incontrerò e tanto meno ho intenzione con le mie poche forze di "CAMBIARE IL MONDO". Questo viaggio mi permetterà ancor più di comprendere che , anche in una situazione dove "non avere niente" è all'ordine del giorno; il desiderio di amare, proteggere e di stare con l’"altro" è più forte di tutto. Quello che porterò a casa da questo viaggio saranno i sorrisi che riceverò, la voglia di fare e di amare "tipica" delle persone povere, che non hanno nulla. Così che anch'io possa ringraziare il Signore per quello che ho e gioire della vita nonostante le difficoltà che mi si presentano lungo il cammino.
Marta Carminati
CHE EMOZIONE!! Stiamo per partire: inizialmente quando ho deciso di vivere questa esperienza, ero contenta, felicissima, ed ero pienamente consapevole che non sarebbe stata una vacanza, uno svago ma un soggiorno dove bisogna lavorare, impegnarsi e prendere la situazione seriamente. Col passare dei mesi, partecipando agli incontri, mi sono resa conto che non avevo poi così ben chiaro ciò che è e ciò che comporta questo viaggio, perciò alla gioia, all'entusiasmo, alla curiosità e alla voglia di rendersi utili si è aggiunta anche un po' di paura, probabilmente di insicurezza, la paura di non essere all'altezza e di non riuscire a sopportare determinate situazioni: non so ciò che mi aspetta e non riesco a immaginare un mondo così diverso da quello in cui vivo che conosco solo attraverso l'esperienze di altre persone. Per me sarà tutto nuovo perciò spero che questa incertezza, questa paura passi in modo che io possa essere d'aiuto per questa gente e spero anche che questo viaggio mi aiuti a cambiare e a farmi capire quali sono le cose per le quali vale veramente la pena lottare e spendersi e quali invece sono puramente marginali e inutili. Sono sicura che sarà una bella esperienza per me e per i miei compagni, che ci farà maturare e raggiungere almeno in parte gli obiettivi che ognuno di noi si era prefissato alla partenza.
Maria Risi
ALPINI DI ZOGNO IN FESTA…
E così, dopo mesi di preparativi e di incontri, il gruppo Alpini di Zogno ha “solennemente” festeggiato il suo 80° anno di fondazione: davvero un bel traguardo!!! La festa non è stata di una sola giornata ma si è svolta presso l’Oratorio di Zogno, da mercoledì 11 giugno a domenica 15 e tutte le sere ci sono state opportunità per ritrovarci, chiacchierare, ballare e mangiare qualcosa insieme. Tutto questo ha scaldato l’ambiente per la giornata conclusiva che si è svolta domenica 15 giugno: al mattino la sfilata per le vie del paese addobbato con le bandiere e gli striscioni inneggianti agli Alpini, poi al campo dell’oratorio la santa Messa celebrata dal Parroco don Angelo e infine tutti insieme a tavola a raccontarci le nostre storie e le nostre avventure. Possiamo essere soddisfatti di come sono andate le cose perché tutta la popolazione di Zogno ha risposto al nostro invito partecipando alle diverse iniziative con entusiasmo e con calore. Come presidente degli alpini ho già avuto modo di ringraziare le persone che mi sono state vicine per preparare questa manifestazione e dalle pagine di questo notiziario parrocchiale colgo l'occasione per dire grazie della fraterna accoglienza trovata tra i volontari dell'Oratorio e per la loro generosa disponibilità. Un grazie particolare poi è doveroso per don Angelo e don Paolo per la loro passione nell’educare i ragazzi alla buona volontà e alla gioia, alla disponibilità, alla collaborazione e alla generosità. La festa ci ha dato la possibilità di apprezzare la solidarietà e la gioia di stare insieme. Speriamo vivamente che quello che abbiamo vissuto in quei giorni non sia più dimenticato ma ci sia di stimolo per continuare a fare sempre e sempre meglio. Grazie a tutti!!!
Il Capo gruppo Luigi Garofano |
LA SAGRA DI SAN LORENZO
Come tradizionalmente da secoli avviene ogni anno, il 10 di agosto abbiamo festeggiato San Lorenzo Martire, patrono del paese di Zogno, attraverso una Santa Messa accompagnata da una solenne processione. Trasportando il Santo per le vie del paese abbiamo espresso il nostro ringraziamento e la nostra devozione verso questo martire vissuto nel IV sec. dopo Cristo. Alla solennità delle celebrazioni religiose non poteva naturalmente mancare la componente più prettamente laica e festosa, costituita come sempre dalla sagra che, partendo dai primi di agosto, ci accompagna solitamente sino al 10, giorno della festa appunto. Tale manifestazione è occasione di incontro per centinaia di persone di tutte le età, dai più piccoli ai più anziani. Qui è infatti possibile mangiare qualcosa assieme, scegliendo tra i nostri migliori piatti tipici, ridere, scherzare, trovarsi per scambiare due parole, il tutto allietato dai suonatori di fisarmonica, o di altri strumenti, che sono presenti quasi ogni sera. Quest’anno poi sono state intraprese alcune nuove iniziative che hanno avuto un riscontro positivo dal punto di vista della partecipazione popolare. Mercoledì 6, infatti, è stato fra noi il Vescovo della diocesi, Monsignor Roberto Amadei, il quale è intervenuto a proposito del neonato gruppo della Caritas zognese; questi ha provveduto a spiegare all’assemblea quali debbono essere le finalità e le modalità d’azione di tale organizzazione. L’incontro s'è tenuto nella chiesa della Confraternita, decisamente gremita, e per l’occasione è stato sospeso il servizio cucina. Evento più abituale è stato invece il cantafestival, concorso canoro che vede opposti giovani da tutta la provincia, i quali reinterpretano a modo loro un brano d’un artista famoso; una giuria di alcuni membri scelti fra il pubblico assegna un punteggio ad ogni cantante: vince chi totalizza più punti. Il divertimento è assicurato, sia per chi canta sia per chi ascolta. Ancor più spettacolare è comunque la serata dei fuochi d’artificio, sempre splendidi, e coinvolgenti, nonché capaci di emozionarci e stupirci ogni volta. Per l’occasione centinaia di persone si accalcano nel campo da calcio, sugli spalti, sul sagrato, sulla scalinata, ovunque, cogli occhi rivolti al cielo. Alla fine di quel quarto d’ora, nel quale quasi sembriamo essere ipnotizzati, ognuno ritorna alle proprie attività, al tavolo cogli amici, a discutere, a mangiare, a bere, ti tutto di più; e a proposito di attività è bene ricordare, come ancora non s’è fatto, coloro che rendono possibile la sagra, vale a dire quanti si prestano colla loro opera al servizio degli altri. Un grazie particolare è quindi di dovere a chi organizza, a chi si presta alle casse, a chi riceve le ordinazioni, a chi cucina, a chi serve ai tavoli, a chi ripulisce, a chi presta il proprio tempo senza la pretesa d’ottenere in cambio alcunché, a chi. in definitiva, dona qualcosa di sé gratuitamente gli altri. Sono proprio loro l'anima portante di tutto questo, che non è certo rappresentato solo dai fuochi d’artificio, o dalle serate in compagnia dei suonatori e nemmeno dai prelibati cibi. Concludendo con una breve considerazione possiamo affermare che la Sagra di San Lorenzo è una delle poche cose, così come tutte le altre manifestazioni legate a festività religiose, ad esempio quelle legate alle numerose chiesine, che ancora riesce a tenere unita la gente, a permettere il contatto fra gli individui, insomma, a creare l’occasione per un’autentica festa di popolo come ormai poche se ne vedono.
M
M
“La povertà è una compagna ardente e temibile. È la più antica nobiltà del mondo. Ben pochi ne sono degni”
Mi imbatto per caso in questa affermazione di uno scrittore francese della fine del secolo scorso mentre sto ripensando alla mia esperienza passata in terra africana con alcuni giovani dell’oratorio. Dopo tutto quello che ho visto, ascoltato, toccato e “annusato”, mi sembra così strano leggere che la povertà sia una compagna ardente o addirittura la più antica nobiltà del mondo. Sarei tentato di dire che purtroppo la povertà è umiliazione, isolamento, infelicità e in molti casi abbrutimento della persona. Eppure quella affermazione mi ha illuminato su di un aspetto a cui non avevo mai pensato: ho potuto constatare che la povertà può essere vissuta con dignità, come il distacco di mille cose inutili e superflue, con la serenità del poco senza l'ansia e la preoccupazione del tanto, come la quiete dello spirito che non cede all’incubo dell'avere, dell’accumulare e del possedere. Posso raccontare anch'io, come tanti altri sicuramente, di aver visto e toccato con mano che i poveri sono capaci di smuovere energie, risorse e passione a favore di persone più povere. E stato davvero commovente vedere come tanta gente povera, durante la Messa per esempio, al momento dell’offertorio porta ortaggi, fagioli, uova, banane, capre, galline, patate... per provvedere a chi è più bisognoso. La grave siccità ha fatto morire gran parte del loro raccolto ma non ha inaridito le sorgenti dell’amore, della carità e della solidarietà: nella carestia non si sono chiusi nel proprio interesse o nella difesa del poco che hanno, ma al contrario hanno trovato cuore e mani per andare incontro a chi è ancora più bisognoso di loro. In Africa mi sono reso conto che non si può essere felici se anche gli altri non lo sono e che è davvero insopportabile che gli altri soffrono se si ha qualche mezzo per poterli aiutare e non lo si mette a loro disposizione. Ho scoperto che la sofferenza e la povertà non chiudono il cuore ma aprono strade di servizio e condivisione di quello che si possiede, inaugurano sentieri di fraternità e di amore E ancora: in Africa ho compreso che l’avere tanto ci dà infinite possibilità ma comporta anche molti rischi: affatica e appesantisce la vita, preoccupa e mette ansia e soprattutto fa spesso dimenticare le persone e i rapporti, isola e affanna, ci distrae su troppe cose importanti; l’uomo rischia di essere ridotto a un dato economico, a essere oggetto di un progetto materiale in cui le cose hanno più importanza dell’uomo stesso. Forse la nostra umanità ha ceduto davanti alla tentazione diabolica: “Trasforma queste pietre in pani” e si è dimenticata che non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio? Il serpente dell’origine continua a sussurrarci il suo invito: “Mangia il frutto e sarai come Dio". È incredibile vedere, invece, come dentro la semplicità di quella gente c’è una voglia di ascolto dell’altro, di attenzione alla persona, di rispetto, di comunione, di ospitalità, di cuore. Davvero la povertà può rendere nobili. E poi ho scoperto ancora una volta che la nostra felicità e la gioia più grande non nascono dall’avere ma dal servizio, dal metterci a disposizione di chi ha più bisogno, dall’andare incontro agli altri. Come sono vere le parole di san Paolo: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, Facciamo tesoro di quella povertà!
don Paolo Piccinini
...Emozioni da un viaggio...
“ Nel cielo tre persone uguali e distinte vivono così profondamente la comunione, che formano un solo Dio. Sulla terra più persone, uguali per dignità e distinte per estrazione, sono chiamate a vivere così intensamente la solidarietà, da formare un solo uomo, l’uomo nuovo: Cristo Gesù. [...]. Possiamo concludere, allora, che il genere umano è chiamato a vivere sulla terra ciò che le persone divine vivono in cielo: la CONVIVIALITÁ DELLE DIFFERENZE. ” (da A. Bello, Sui sentieri di Isaia) Meravigliosa definizione di missionarietà: siamo tutti chiamati a creare convi-vialità nei rapporti con l’altro, con l’uomo diverso da me. Questa estate l’ho scoperto ancora una volta, ma in modo un po’ particolare e speciale grazie a questo viaggio in Africa. Non è stato solo uno spostarsi di qualche centinaia di chilometri, ma è stato soprattutto un viaggio nei meandri della mia fede e della mia persona. La “mia Africa” è stata pura emozione; inizialmente la paura e lo smarrimento di essere lo straniero, la confusione delle cose nuove, che pian piano hanno ceduto il passo alla gioia ed alla voglia d “essere vivi” in questo luogo! Sono stati giorni di stupore: per l'incredibile accoglienza, per la bellezza dei luoghi e soprattutto delle persone; lo stupore per la gioia sui volti della gente, nonostante la povertà, nonostante la guerra fratricida consumatasi fino a meno di un decennio fa e il dolore ancora vivo negli occhi dei giovani e degli anziani. E in tutta questa miseria la più dignitosa volontà di ricominciare e di creare finalmente la tanto sognata pace per tutti: ed è subito Amore! Sono queste le emozioni che non scorderò mai, insieme ai volti delle persone con cui ho condiviso un piccolo pezzo della mia vita. Prima di partire mi interrogavo spesso su cosa sarei andata a fare, su come avrei comunicato, su cosa avrei voluto dare a queste persone. Ora posso semplicemente dire che si comunica con un sorriso e con una carezza; che con loro ho vissuto giorni meravigliosi nei quali ho ricevuto in dono la meraviglia di vivere: ho dato un po’ di me stessa e in cambio, senza chiederlo, ho ricevuto il mondo intero!! Grazie a tutti per avermi accompagnato con il ricordo e le preghiere. Grazie a Rino per l'incredibile testimonianza d’umanità che ha dato a tutti noi. Grazie ai miei compagni di viaggio perché insieme abbiamo formato un bel gruppo di amici. Grazie a Dio per il Suo Amore. Grazie all'Africa... per avermi dato il mondo!!
Chiara
...Con il cuore cambiato
Mentre si sta consumando un normalissima giornata in oratorio il Don arriva e finalmente mi propone quell’esperienza che da tempo aspettavo, quell’esperienza che avevo in mente da ben 2 anni, la benedetta “missione”! Accetto subito e da allora i giorni, le settimane, i mesi scorrono veloci tra iniziative, banchetti prò Rwanda e cualche serata di preparazione sulla vita, gli usi ed i costumi africani! In un lampo arriva quindi il 12 di agosto 2003 e così, nel giro di 20 ore eccomi catapultato dall’altra parte del mondo, dove tutte le persone sono nere, le strade sono sterrate, le case fatte con il fango e il paesaggio verde fino all’orizzonte. Mille colori, profumi e sensazioni si consumano lungo tutta la “vacanza” trascorsa tra una mattinata di CRE e un pomeriggio con i neonati; tra una visita alla capitale e una serata in compagnia, ascoltando racconti fantastici da un Rino che così in forma non avevamo mai visto! E dopo tutto questo cosa resta? Forse mi aspettavo di dover cambiare il mondo al mio ritorno, di iniziare mille attività o di buttare li tantissime proposte per sollevare un attimo dalla povertà questo popolo africano così privo di ogni cosa ed invece scopro che ad essere cambiato è soltanto il mio cuore perché sento che si è fatto più grande, più caldo, capace di racchiudere in un solo abbraccio tantissime anime. Tante cose le ho capite e tantissime restano ancora però con un gran punto di domanda, ma forse è giusto così, perché probabilmente non basterebbero nemmeno 6 mesi per riuscire comprendere a pieno la bellezza di un mondo così lontano dal nostro… Al termine di questo viaggio quindi non mi resta che ringraziare tutti coloro che hanno condiviso questa fantastica esperienza con me, dai miei compagni di viaggio ai bambini del centro; dalla direttrice fino ad arrivare ai dipendenti del centro e al parroco della parrocchia di Rilima! A tutti dico grazie perché con la loro presenza mi hanno fatto capire che questo angolo di mondo, forse un po’ dimenticato dagli uomini che “contano” non è stato dimenticato da coLui che “conta” più di tutti e la cui presenza è più che mai una fiamma di speranza nella tetra notte della povertà, il Signore!
Diego
…Una gioia grandissima
Da quando sono tornato, continuamente mi viene rivolta la domanda: “Com’è andata in Africa?”. E ogni volta non so mai cosa rispondere. Non perché non sappia cosa dire ma perché le emozioni provate durante il viaggio sono state tantissime ed ognuna molto intensa. Non si sa se parlare dei bimbi che vedevamo ogni giorno al centro, delle serate passate in compagnia, delle passeggiate fatte in paese o dei bambini che ti correvano in contro felicissimi di poterti toccare e salutare urlando “ABASUNGU!!”. Sfortunatamente l’Africa non è solo questo e di colpo ti tornano in mente i resti della guerra, i bambini che ti chiedono una caramella, le strade tutte rovinate e la vita di un popolo piegato dalla carestia. Spesso di fronte a tutte queste necessità mi sono sentito inutile e quasi colpevole pensando a tutto quello di cui disponiamo nel nostro mondo. Mi ha stupito tuttavia la grande gioia di questo popolo che pur avendo poco trova la felicità e la forza di proseguire. Per questo sono tornato in Italia con l’obiettivo di cambiare un po' me stesso cercando di imparare dall’esperienza vissuta. Ho imparato due cose: la prima è che si può fare tanto per questi popoli e soprattutto noi che viviamo nel benessere. Un piccolo sacrificio vuol dire tanto per un bambino a cui basterebbe mangiare una volta di più al giorno. La seconda è che se loro non avendo nulla ci hanno donato tanta felicità allora la gioia va ricercata in qualcosa di più importante del denaro e dei beni materiali. Spero un giorno di poter tornare in Africa ed è un po' l'augurio che faccio a tutti perché è stata davvero un’esperienza straordinaria
Claudio
…Cosa vale di più nella vita?
Ripensando a questo viaggio in Rwanda mi rendo conto di come siano di più le “cose” che mi sono portata a casa, nel cuore, rispetto a quelle che io stessa abbia portato ai bambini ed alla gente che ho conosciuto...mi spiego meglio; noi siamo partiti con entusiasmo, voglia di fare e tante iniziative da realizzare, sprizzavamo energia da tutti i pori! Ma, una volta arrivati a Rilima, nel centro, a contatto con i bambini...la nostra energia equiparata a quella dei ragazzi e della gente che abbiamo incontrato non era niente! La voglia di vivere di questa gente mi ha portato inevitabilmente a riflettere sul fatto che non è il benessere, (benessere inteso alla “maniera nostra” come soddisfacimento di tutte le voglie oltre alle necessità quotidiane...) che genera la vera felicità. Bastavano infatti una ciotola di fagioli ed un po’ di manioca conditi con tanta semplicità a portare il sorriso sul viso di questa gente! Queste parole, a chi come tanti, non ha avuto la possibilità di toccare con mano la povertà nella quale vive questa gente, potrebbero sembrare le “solite quattro frasi” messe lì per addolcire il cuore ed il portafoglio della gente che le legge...invece non è così! Alcune scene, alcuni momenti che sono ormai scolpiti nella mia anima, sono lì proprio perché vissuti. Non è come vedere certe situazioni, toccare con mano la povertà, che senti il peso della società nella quale viviamo, che a confronto vive nel lusso e nel “di più”...Pur non avendo niente da mangiare, per vestirsi, per poter vivere anche solo dignitosamente, questa gente regala sorrisi a destra e a manca! Nessuno perdeva mai l’occasione di fermarti per strada, chiamandoti “Musungu” (che significa bianco nella lingua locale) e chiederti come stai, cosa fai e dove vai...anche solo il fatto di darti la mano li rendeva felici! Il "bianco” è sì portatore di “amafaranga” (soldi) ma nessuno ci ha mai rinfacciato di essere i responsabili della loro povertà o gli usurpatori delle loro terre (atteggiamento tipicamente occidentale nei confronti dello “straniero”) anzi, in ogni luogo che abbiamo visitato, ad ogni cerimonia alla quale abbiamo partecipato, eravamo sempre considerati ospiti di riguardo; avevamo sempre il posto in prima fila e si privavano loro stessi dell’ottima birra di banana o di una fanta, per offrirla a noi. Rilima, Butare, Niragisseke, Rigali...sono solo alcuni esempi dei luoghi che abbiamo visitato ma l’accoglienza e la gioia, dalla città alla campagna, era sempre la stessa...e di volta in volta ci stupiva sempre più! Mi ha colpito anche il modo in cui è organizzato il centro; chi ci ha lavorato, nel corso di questi anni, ha capito a pieno le esigenze di cui necessitava la popolazione e come renderlo il più possibile “africano” dal punto di vista della struttura (case basse, ad un solo piano, tetti spioventi...il più semplici possibili) pur rispettando il criterio necessario alla resistenza nel tempo. Che altro dire se non che consiglierei a chiunque di fare un’esperienza del genere; ...sorrisi, canti, immagini di vita quotidiana e note di tamburi risuonano ancora nella mia testa: il segno che ha lasciato in me è indelebile! Inoltre, nella mia "stretta” vita personale, cercherò di dare risalto ad alcuni valori (unità famigliare, amicizia, comprensione, ascolto dell’altro...) che in Rwanda e credo in tutta l'Africa sono al primo posto, mentre qui, nella caotica vita terzomillenaria della vecchia Europa “progredita” si sono guadagnati l’ultimo posto nella top-ten dei valori e si fa una fatica pazzesca a viverli pienamente!
Marta
…Nostalgia di un viaggio
Come di ritorno da ogni viaggio non può mancare la nostalgia del luogo e delle persone incontrate e conosciute in queste tre settimane trascorse in Rwanda. Durante questo soggiorno al centro di Rilima abbiamo un po’ lavorato e aiutato e più che altro abbiamo fatto compagnia ai bambini che vi risiedono, in quanto questo centro, oltre ad essere un ospedale di ortopedia e di recupero di ragazzi portatori di handicapp, ospita anche una ventina di bambini orfani ai quali ci siamo molto affezionati e che seguivamo con particolare cura. Ciò che mi ha colpito è la semplicità, la gentilezza e l’ospitalità di queste persone che nonostante non abbiano nulla e vivano praticamente alla giornata sono sempre sorridenti, allegre e molto disponibili nei confronti degli altri. Per loro è molto importante instaurare rapporti di amicizia e di comunicazione... è impossibile passare per strada e non sentirsi dire: “Ciao, come stai, dove stai andando” sono tutti molti aperti ed estroversi. È un mondo totalmente diverso dal nostro, un’altra cultura, hanno un modo di vedere le cose e di affrontare la vita diversamente da come facciamo noi. In-somma un’esperienza da provare sulla propria pelle, una bella esperienza che cambia il tuo cuore, ti fa crescere e ti aiuta davvero a capire ciò che è importante! Ringrazio tutti i miei compagni con i quali ho stretto una bella amicizia, ringrazio di cuore don Paolo che ci è stato molto vicino e Rino che ha saputo consigliarci e farci da saggia giuda. Un ringraziamento particolare a tutti gli amici del Rwanda che mi resteranno sempre nel cuore.
Maria
Mi imbatto per caso in questa affermazione di uno scrittore francese della fine del secolo scorso mentre sto ripensando alla mia esperienza passata in terra africana con alcuni giovani dell’oratorio. Dopo tutto quello che ho visto, ascoltato, toccato e “annusato”, mi sembra così strano leggere che la povertà sia una compagna ardente o addirittura la più antica nobiltà del mondo. Sarei tentato di dire che purtroppo la povertà è umiliazione, isolamento, infelicità e in molti casi abbrutimento della persona. Eppure quella affermazione mi ha illuminato su di un aspetto a cui non avevo mai pensato: ho potuto constatare che la povertà può essere vissuta con dignità, come il distacco di mille cose inutili e superflue, con la serenità del poco senza l'ansia e la preoccupazione del tanto, come la quiete dello spirito che non cede all’incubo dell'avere, dell’accumulare e del possedere. Posso raccontare anch'io, come tanti altri sicuramente, di aver visto e toccato con mano che i poveri sono capaci di smuovere energie, risorse e passione a favore di persone più povere. E stato davvero commovente vedere come tanta gente povera, durante la Messa per esempio, al momento dell’offertorio porta ortaggi, fagioli, uova, banane, capre, galline, patate... per provvedere a chi è più bisognoso. La grave siccità ha fatto morire gran parte del loro raccolto ma non ha inaridito le sorgenti dell’amore, della carità e della solidarietà: nella carestia non si sono chiusi nel proprio interesse o nella difesa del poco che hanno, ma al contrario hanno trovato cuore e mani per andare incontro a chi è ancora più bisognoso di loro. In Africa mi sono reso conto che non si può essere felici se anche gli altri non lo sono e che è davvero insopportabile che gli altri soffrono se si ha qualche mezzo per poterli aiutare e non lo si mette a loro disposizione. Ho scoperto che la sofferenza e la povertà non chiudono il cuore ma aprono strade di servizio e condivisione di quello che si possiede, inaugurano sentieri di fraternità e di amore E ancora: in Africa ho compreso che l’avere tanto ci dà infinite possibilità ma comporta anche molti rischi: affatica e appesantisce la vita, preoccupa e mette ansia e soprattutto fa spesso dimenticare le persone e i rapporti, isola e affanna, ci distrae su troppe cose importanti; l’uomo rischia di essere ridotto a un dato economico, a essere oggetto di un progetto materiale in cui le cose hanno più importanza dell’uomo stesso. Forse la nostra umanità ha ceduto davanti alla tentazione diabolica: “Trasforma queste pietre in pani” e si è dimenticata che non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio? Il serpente dell’origine continua a sussurrarci il suo invito: “Mangia il frutto e sarai come Dio". È incredibile vedere, invece, come dentro la semplicità di quella gente c’è una voglia di ascolto dell’altro, di attenzione alla persona, di rispetto, di comunione, di ospitalità, di cuore. Davvero la povertà può rendere nobili. E poi ho scoperto ancora una volta che la nostra felicità e la gioia più grande non nascono dall’avere ma dal servizio, dal metterci a disposizione di chi ha più bisogno, dall’andare incontro agli altri. Come sono vere le parole di san Paolo: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, Facciamo tesoro di quella povertà!
don Paolo Piccinini
...Emozioni da un viaggio...
“ Nel cielo tre persone uguali e distinte vivono così profondamente la comunione, che formano un solo Dio. Sulla terra più persone, uguali per dignità e distinte per estrazione, sono chiamate a vivere così intensamente la solidarietà, da formare un solo uomo, l’uomo nuovo: Cristo Gesù. [...]. Possiamo concludere, allora, che il genere umano è chiamato a vivere sulla terra ciò che le persone divine vivono in cielo: la CONVIVIALITÁ DELLE DIFFERENZE. ” (da A. Bello, Sui sentieri di Isaia) Meravigliosa definizione di missionarietà: siamo tutti chiamati a creare convi-vialità nei rapporti con l’altro, con l’uomo diverso da me. Questa estate l’ho scoperto ancora una volta, ma in modo un po’ particolare e speciale grazie a questo viaggio in Africa. Non è stato solo uno spostarsi di qualche centinaia di chilometri, ma è stato soprattutto un viaggio nei meandri della mia fede e della mia persona. La “mia Africa” è stata pura emozione; inizialmente la paura e lo smarrimento di essere lo straniero, la confusione delle cose nuove, che pian piano hanno ceduto il passo alla gioia ed alla voglia d “essere vivi” in questo luogo! Sono stati giorni di stupore: per l'incredibile accoglienza, per la bellezza dei luoghi e soprattutto delle persone; lo stupore per la gioia sui volti della gente, nonostante la povertà, nonostante la guerra fratricida consumatasi fino a meno di un decennio fa e il dolore ancora vivo negli occhi dei giovani e degli anziani. E in tutta questa miseria la più dignitosa volontà di ricominciare e di creare finalmente la tanto sognata pace per tutti: ed è subito Amore! Sono queste le emozioni che non scorderò mai, insieme ai volti delle persone con cui ho condiviso un piccolo pezzo della mia vita. Prima di partire mi interrogavo spesso su cosa sarei andata a fare, su come avrei comunicato, su cosa avrei voluto dare a queste persone. Ora posso semplicemente dire che si comunica con un sorriso e con una carezza; che con loro ho vissuto giorni meravigliosi nei quali ho ricevuto in dono la meraviglia di vivere: ho dato un po’ di me stessa e in cambio, senza chiederlo, ho ricevuto il mondo intero!! Grazie a tutti per avermi accompagnato con il ricordo e le preghiere. Grazie a Rino per l'incredibile testimonianza d’umanità che ha dato a tutti noi. Grazie ai miei compagni di viaggio perché insieme abbiamo formato un bel gruppo di amici. Grazie a Dio per il Suo Amore. Grazie all'Africa... per avermi dato il mondo!!
Chiara
...Con il cuore cambiato
Mentre si sta consumando un normalissima giornata in oratorio il Don arriva e finalmente mi propone quell’esperienza che da tempo aspettavo, quell’esperienza che avevo in mente da ben 2 anni, la benedetta “missione”! Accetto subito e da allora i giorni, le settimane, i mesi scorrono veloci tra iniziative, banchetti prò Rwanda e cualche serata di preparazione sulla vita, gli usi ed i costumi africani! In un lampo arriva quindi il 12 di agosto 2003 e così, nel giro di 20 ore eccomi catapultato dall’altra parte del mondo, dove tutte le persone sono nere, le strade sono sterrate, le case fatte con il fango e il paesaggio verde fino all’orizzonte. Mille colori, profumi e sensazioni si consumano lungo tutta la “vacanza” trascorsa tra una mattinata di CRE e un pomeriggio con i neonati; tra una visita alla capitale e una serata in compagnia, ascoltando racconti fantastici da un Rino che così in forma non avevamo mai visto! E dopo tutto questo cosa resta? Forse mi aspettavo di dover cambiare il mondo al mio ritorno, di iniziare mille attività o di buttare li tantissime proposte per sollevare un attimo dalla povertà questo popolo africano così privo di ogni cosa ed invece scopro che ad essere cambiato è soltanto il mio cuore perché sento che si è fatto più grande, più caldo, capace di racchiudere in un solo abbraccio tantissime anime. Tante cose le ho capite e tantissime restano ancora però con un gran punto di domanda, ma forse è giusto così, perché probabilmente non basterebbero nemmeno 6 mesi per riuscire comprendere a pieno la bellezza di un mondo così lontano dal nostro… Al termine di questo viaggio quindi non mi resta che ringraziare tutti coloro che hanno condiviso questa fantastica esperienza con me, dai miei compagni di viaggio ai bambini del centro; dalla direttrice fino ad arrivare ai dipendenti del centro e al parroco della parrocchia di Rilima! A tutti dico grazie perché con la loro presenza mi hanno fatto capire che questo angolo di mondo, forse un po’ dimenticato dagli uomini che “contano” non è stato dimenticato da coLui che “conta” più di tutti e la cui presenza è più che mai una fiamma di speranza nella tetra notte della povertà, il Signore!
Diego
…Una gioia grandissima
Da quando sono tornato, continuamente mi viene rivolta la domanda: “Com’è andata in Africa?”. E ogni volta non so mai cosa rispondere. Non perché non sappia cosa dire ma perché le emozioni provate durante il viaggio sono state tantissime ed ognuna molto intensa. Non si sa se parlare dei bimbi che vedevamo ogni giorno al centro, delle serate passate in compagnia, delle passeggiate fatte in paese o dei bambini che ti correvano in contro felicissimi di poterti toccare e salutare urlando “ABASUNGU!!”. Sfortunatamente l’Africa non è solo questo e di colpo ti tornano in mente i resti della guerra, i bambini che ti chiedono una caramella, le strade tutte rovinate e la vita di un popolo piegato dalla carestia. Spesso di fronte a tutte queste necessità mi sono sentito inutile e quasi colpevole pensando a tutto quello di cui disponiamo nel nostro mondo. Mi ha stupito tuttavia la grande gioia di questo popolo che pur avendo poco trova la felicità e la forza di proseguire. Per questo sono tornato in Italia con l’obiettivo di cambiare un po' me stesso cercando di imparare dall’esperienza vissuta. Ho imparato due cose: la prima è che si può fare tanto per questi popoli e soprattutto noi che viviamo nel benessere. Un piccolo sacrificio vuol dire tanto per un bambino a cui basterebbe mangiare una volta di più al giorno. La seconda è che se loro non avendo nulla ci hanno donato tanta felicità allora la gioia va ricercata in qualcosa di più importante del denaro e dei beni materiali. Spero un giorno di poter tornare in Africa ed è un po' l'augurio che faccio a tutti perché è stata davvero un’esperienza straordinaria
Claudio
…Cosa vale di più nella vita?
Ripensando a questo viaggio in Rwanda mi rendo conto di come siano di più le “cose” che mi sono portata a casa, nel cuore, rispetto a quelle che io stessa abbia portato ai bambini ed alla gente che ho conosciuto...mi spiego meglio; noi siamo partiti con entusiasmo, voglia di fare e tante iniziative da realizzare, sprizzavamo energia da tutti i pori! Ma, una volta arrivati a Rilima, nel centro, a contatto con i bambini...la nostra energia equiparata a quella dei ragazzi e della gente che abbiamo incontrato non era niente! La voglia di vivere di questa gente mi ha portato inevitabilmente a riflettere sul fatto che non è il benessere, (benessere inteso alla “maniera nostra” come soddisfacimento di tutte le voglie oltre alle necessità quotidiane...) che genera la vera felicità. Bastavano infatti una ciotola di fagioli ed un po’ di manioca conditi con tanta semplicità a portare il sorriso sul viso di questa gente! Queste parole, a chi come tanti, non ha avuto la possibilità di toccare con mano la povertà nella quale vive questa gente, potrebbero sembrare le “solite quattro frasi” messe lì per addolcire il cuore ed il portafoglio della gente che le legge...invece non è così! Alcune scene, alcuni momenti che sono ormai scolpiti nella mia anima, sono lì proprio perché vissuti. Non è come vedere certe situazioni, toccare con mano la povertà, che senti il peso della società nella quale viviamo, che a confronto vive nel lusso e nel “di più”...Pur non avendo niente da mangiare, per vestirsi, per poter vivere anche solo dignitosamente, questa gente regala sorrisi a destra e a manca! Nessuno perdeva mai l’occasione di fermarti per strada, chiamandoti “Musungu” (che significa bianco nella lingua locale) e chiederti come stai, cosa fai e dove vai...anche solo il fatto di darti la mano li rendeva felici! Il "bianco” è sì portatore di “amafaranga” (soldi) ma nessuno ci ha mai rinfacciato di essere i responsabili della loro povertà o gli usurpatori delle loro terre (atteggiamento tipicamente occidentale nei confronti dello “straniero”) anzi, in ogni luogo che abbiamo visitato, ad ogni cerimonia alla quale abbiamo partecipato, eravamo sempre considerati ospiti di riguardo; avevamo sempre il posto in prima fila e si privavano loro stessi dell’ottima birra di banana o di una fanta, per offrirla a noi. Rilima, Butare, Niragisseke, Rigali...sono solo alcuni esempi dei luoghi che abbiamo visitato ma l’accoglienza e la gioia, dalla città alla campagna, era sempre la stessa...e di volta in volta ci stupiva sempre più! Mi ha colpito anche il modo in cui è organizzato il centro; chi ci ha lavorato, nel corso di questi anni, ha capito a pieno le esigenze di cui necessitava la popolazione e come renderlo il più possibile “africano” dal punto di vista della struttura (case basse, ad un solo piano, tetti spioventi...il più semplici possibili) pur rispettando il criterio necessario alla resistenza nel tempo. Che altro dire se non che consiglierei a chiunque di fare un’esperienza del genere; ...sorrisi, canti, immagini di vita quotidiana e note di tamburi risuonano ancora nella mia testa: il segno che ha lasciato in me è indelebile! Inoltre, nella mia "stretta” vita personale, cercherò di dare risalto ad alcuni valori (unità famigliare, amicizia, comprensione, ascolto dell’altro...) che in Rwanda e credo in tutta l'Africa sono al primo posto, mentre qui, nella caotica vita terzomillenaria della vecchia Europa “progredita” si sono guadagnati l’ultimo posto nella top-ten dei valori e si fa una fatica pazzesca a viverli pienamente!
Marta
…Nostalgia di un viaggio
Come di ritorno da ogni viaggio non può mancare la nostalgia del luogo e delle persone incontrate e conosciute in queste tre settimane trascorse in Rwanda. Durante questo soggiorno al centro di Rilima abbiamo un po’ lavorato e aiutato e più che altro abbiamo fatto compagnia ai bambini che vi risiedono, in quanto questo centro, oltre ad essere un ospedale di ortopedia e di recupero di ragazzi portatori di handicapp, ospita anche una ventina di bambini orfani ai quali ci siamo molto affezionati e che seguivamo con particolare cura. Ciò che mi ha colpito è la semplicità, la gentilezza e l’ospitalità di queste persone che nonostante non abbiano nulla e vivano praticamente alla giornata sono sempre sorridenti, allegre e molto disponibili nei confronti degli altri. Per loro è molto importante instaurare rapporti di amicizia e di comunicazione... è impossibile passare per strada e non sentirsi dire: “Ciao, come stai, dove stai andando” sono tutti molti aperti ed estroversi. È un mondo totalmente diverso dal nostro, un’altra cultura, hanno un modo di vedere le cose e di affrontare la vita diversamente da come facciamo noi. In-somma un’esperienza da provare sulla propria pelle, una bella esperienza che cambia il tuo cuore, ti fa crescere e ti aiuta davvero a capire ciò che è importante! Ringrazio tutti i miei compagni con i quali ho stretto una bella amicizia, ringrazio di cuore don Paolo che ci è stato molto vicino e Rino che ha saputo consigliarci e farci da saggia giuda. Un ringraziamento particolare a tutti gli amici del Rwanda che mi resteranno sempre nel cuore.
Maria