Ad aula unica, l'edificio è ornato da quattro altari laterali. La decorazione plastica e pittorica della navata è posteriore all'epoca della sopraelevazione della chiesa.
La prima idea di ristrutturare l'antica parrocchiale risale al 1769: il progetto prevedeva la costruzione della sagrestia e del cimitero. I lavori si conclusero nel 1771 con l'ampliamento del sagrato antistante l'edificio. Nel 1775 venne sfondata l'abside, rifatta a pianta semicircolare, e nel 1778 si costruì la ripida e maestosa scalinata, per la realizzazione della quale vennero abbattute due case, ma l'antica struttura della navata restava ancora intatta. Soltanto nel 1795 le gravi condizioni in cui versava la volta della chiesa ridussero la popolazione, infervorata dallo zelo del parroco don Giuseppe Gregis, a completare la ristrutturazione dell'edificio, reimpiegando le mura perimetrali della chiesa precedente e ricostruendo il resto. Nel verbale relativo al Consiglio parrocchiale dell'1 febbraio 1795 la comunità, ben consapevole delle ingenti spese già sostenute per i precedenti interventi, decise di dare avvio al rinnovo della chiesa e alla costruzione della strada di accesso ad essa, chiedendo aiuto agli emigrati del paese residenti a Venezia e a Genova che avevano già generosamente contribuito ai precedenti progetti e all'abbellimento dell'edificio ecclesiastico, donando mobili e suppellettili. La notizia riveste una notevole importanza sia dal punto di vista sociale, che da quello storico artistico, permettendo di appurare non solo il saldissimo vincolo che univa gli emigrati con il proprio paese natale, ma anche il legame culturale e lo scambio artistico della piccola Zogno con grandi centri come Genova e Venezia, da cui certamente provengono alcuni degli arredi che costituiscono il tesoro della chiesa. Gli architetti della nuova parrocchiale, cui si decise di dare un aspetto neoclassico, conforme a quello già assunto dalla rinnovata zona presbiteriale, furono don Giacomo Lazzaroni e don Giuseppe Damiani. Stando alla data 1798 apposta in facciata, i lavori si conclusero entro quell'anno ed eliminarono quasi completamente la precedente struttura della chiesa (otturando le finestre gotiche delle pareti laterali e il rosone, demolendo gli archi interni in pietra nera), ad eccezione delle strutture che, reimpiegate, contribuivano all'abbattimento delle spese. A questo punto, fatte le mura, occorreva provvedere all'arredamento interno. L’aspetto solenne conferito all'edificio dall'impostazione neoclassica risulta mitigato dalla leggiadria della decorazione che fa della chiesa di San Lorenzo un esempio di equilibrio e di buon gusto. Risale a quest'epoca infatti l'abbellimento plastico della navata, che comprende gli stucchi del cornicione, dei capitelli dei pilastri e della volta e gli altari laterali, opera di maestranze varesine. La doratura degli stucchi, insieme al ritocco delle tinte degli affreschi nella volta, è posteriore di quasi un secolo al rinnovo dell'edificio, e fu condotta dalla ditta milanese Attilio Fradico nel 1892, e finanziata da Margherita Volpi. La volta della navata è costituita da due grandi tazze affrescate. La commissione dei dipinti risale al 1804-1810 e venne affidata a Vincenzo Angelo Orelli che probabilmente ne eseguì i disegni, ma la realizzazione non è riconducibile alla sua mano.
La prima idea di ristrutturare l'antica parrocchiale risale al 1769: il progetto prevedeva la costruzione della sagrestia e del cimitero. I lavori si conclusero nel 1771 con l'ampliamento del sagrato antistante l'edificio. Nel 1775 venne sfondata l'abside, rifatta a pianta semicircolare, e nel 1778 si costruì la ripida e maestosa scalinata, per la realizzazione della quale vennero abbattute due case, ma l'antica struttura della navata restava ancora intatta. Soltanto nel 1795 le gravi condizioni in cui versava la volta della chiesa ridussero la popolazione, infervorata dallo zelo del parroco don Giuseppe Gregis, a completare la ristrutturazione dell'edificio, reimpiegando le mura perimetrali della chiesa precedente e ricostruendo il resto. Nel verbale relativo al Consiglio parrocchiale dell'1 febbraio 1795 la comunità, ben consapevole delle ingenti spese già sostenute per i precedenti interventi, decise di dare avvio al rinnovo della chiesa e alla costruzione della strada di accesso ad essa, chiedendo aiuto agli emigrati del paese residenti a Venezia e a Genova che avevano già generosamente contribuito ai precedenti progetti e all'abbellimento dell'edificio ecclesiastico, donando mobili e suppellettili. La notizia riveste una notevole importanza sia dal punto di vista sociale, che da quello storico artistico, permettendo di appurare non solo il saldissimo vincolo che univa gli emigrati con il proprio paese natale, ma anche il legame culturale e lo scambio artistico della piccola Zogno con grandi centri come Genova e Venezia, da cui certamente provengono alcuni degli arredi che costituiscono il tesoro della chiesa. Gli architetti della nuova parrocchiale, cui si decise di dare un aspetto neoclassico, conforme a quello già assunto dalla rinnovata zona presbiteriale, furono don Giacomo Lazzaroni e don Giuseppe Damiani. Stando alla data 1798 apposta in facciata, i lavori si conclusero entro quell'anno ed eliminarono quasi completamente la precedente struttura della chiesa (otturando le finestre gotiche delle pareti laterali e il rosone, demolendo gli archi interni in pietra nera), ad eccezione delle strutture che, reimpiegate, contribuivano all'abbattimento delle spese. A questo punto, fatte le mura, occorreva provvedere all'arredamento interno. L’aspetto solenne conferito all'edificio dall'impostazione neoclassica risulta mitigato dalla leggiadria della decorazione che fa della chiesa di San Lorenzo un esempio di equilibrio e di buon gusto. Risale a quest'epoca infatti l'abbellimento plastico della navata, che comprende gli stucchi del cornicione, dei capitelli dei pilastri e della volta e gli altari laterali, opera di maestranze varesine. La doratura degli stucchi, insieme al ritocco delle tinte degli affreschi nella volta, è posteriore di quasi un secolo al rinnovo dell'edificio, e fu condotta dalla ditta milanese Attilio Fradico nel 1892, e finanziata da Margherita Volpi. La volta della navata è costituita da due grandi tazze affrescate. La commissione dei dipinti risale al 1804-1810 e venne affidata a Vincenzo Angelo Orelli che probabilmente ne eseguì i disegni, ma la realizzazione non è riconducibile alla sua mano.
La volta della prima campata |
La serie di statue che compongono il ciclo dei Dodici Apostoli, disposte lungo tutte le pareti laterali della navata, a cominciare dalla controfacciata, dove sono collocati i Santi Simone Taddeo, risale al principio del nostro secolo e si deve a Francesco Albera di Milano.
Lo scultore realizzò sei degli Apostoli attenendosi al gusto neoclassico che domina la navata, e gli altri sei in modo più libero. Al 1900 circa risale la pavimentazione e la zoccolatura in marmo della chiesa, opera della ditta milanese Paleni, su disegno di Elia Fornoni. Sopra la bussola si trova una grande tela raffigurante la Fuga in Egitto tradizionalmente attribuita al pittore seicentesco Antonio Zanchi (benché gli studi più recenti sull'artista non si soffermino sulla tela di Zogno). |