1993
LASCIAMO CHE DIO CI PARLI!
La Quaresima è un tempo privilegiato per l'ascolto della parola di Dio, parola che dobbiamo poi testimoniare con tutta la vita. Il nostro è un Dio che parla quando noi lo vogliamo ascoltare. Tutta la Rivelazione contenuta nelle Sacre Scritture ne è la prova. Parlò ai progenitori Adamo ed Èva; parlò a Noè; poi ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe; di seguito a Mosè e a tutti i profeti; e finalmente parlò per mezzo del Figlio suo unigenito Gesù Cristo (Fb. 1,1-2). Gesù Cristo è la parola di Dio che si è fatta carne (Gv 1,14) rivestendosi di peccato per immolarsi sulla croce come vittima di espiazione per tutte le nostre colpe (Gv 2,2). La parola di Dio non si esaurisce comunque nei libri della S. Scrittura, anche se esso è luogo e tempo privilegiato della parola divina. Così pure non si esaurisce con Cristo che muore sulla croce o con la morte dell'ultimo apostolo, anche se la Rivelazione dei libri ispirati si ritiene chiusa, canonicamente parlando. La "Parola" ci offre l'evento salvifico; cioè Dio si coinvolge nella storia dell'uomo raggiungendo il momento culminante in Gesù Cristo che invia lo Spirito Santo alla sua Chiesa. La Costituzione Conciliare "Dei Verbum", circa la Rivelazione, afferma: "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura. Con questa rivelazione infatti Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici...". Da ciò segue che la Chiesa deve porsi in religioso ascolto della parola di Dio onde poterla proclamare ed esserne testimoni. La "Dei Verbum" fa coincidere la trasmissione della rivelazione divina con la presenza attiva del Signore risorto e del suo Spirito negli apostoli così come in tutto il popolo di Dio, ciascuno a suo modo e secondo il suo carisma. Accanto alla rivelazione della S. Scrittura viaggia in parallelo la rivelazione della Tradizione. Continua così incessantemente la divina ispirazione per portare a compimento l'opera di amore di Dio in Gesù Cristo sotto l'azione dello Spirito Santo che continua ad animare il corpo di Cristo più grande che è la Chiesa. La Vergine Maria, la madre della parola di Dio incarnata, era sempre in contemplazione tra le realtà che si compivano in lei e le meraviglie operate da Dio che canta nel Magnificat. Ora Maria è modello del popolo di Dio, del corpo di Cristo che è l'incarnazione amplificata ed estesa a tutta l'umanità della parola stessa di Dio di cui Maria è sempre la madre, l'esempio, la primogenita. Noi siamo pertanto chiamati ad assumere la responsabilità come popolo di Dio di questa parola sotto l'influsso dello Spirito Santo che assiste sempre la sua Chiesa nei cuoi capi e nelle sue membra. Lo Spirito Santo parla con tutto il popolo di Dio e non solo col Papa e i Vescovi anche se questi hanno ricevuto il carisma sicuro di verità. Così si esprime la "Dei Verbum" al N° 8. Ecco perchè tutta la Chiesa fa catechesi, tutta la Chiesa celebra la parola di Dio nell'ascolto, nella proclamazione e nella testimonianza con le parole e con le opere. Nessuno può affermare di avere il monopolio della parola di Dio: "Vox populi, vox Dei". È il "sensum fidelium", cioè il comune sentire dei fedeli, che illumina il Papa e i Vescovi. Dio continua a parlare con il Cristo di tutti i tempi. S. Gregorio Magno afferma, da Papa, di esser debitore ai suoi fedeli per avere capito della S. Scrittura tutto ciò che per conto proprio non era riuscito a capire. La "Dei Verbum" invita la gerarchia ad ascoltare piamente, a custodire santamente e ad esporre fedelmente tutto ciò che è nel comune sentire dei fedeli. La parola di Dio ci aiuta a rileggere tutti gli eventi della storia e della vita nella situazione concreta in cui ci si venga a trovare e ne diventa norma di azione per decidere tutto ciò che lo Spirito Santo oggi chiede al credente. La parola di Dio che vive e cresce nella Chiesa ti rende capace di leggere i segni dei tempi nel rispetto della libertà e nella coscienza della propria povertà, contro ogni autoritarismo, per lasciar libero lo Spirito Santo di spirare dove vuole, su chi vuole e come vuole, per dare compimento all'opera del suo amore. Concludendo: Gesù Cristo ha affermato "Io sono la verità", pure la Chiesa, suo mistico corpo, può affermare di essere la stessa verità in Cristo e ogni cristiano deve rendersi cosciente di essere la risonanza di questa verità come divina partecipazione. Gesù ha affermato "Fate risuonare la mia parola in tutto il mondo!" (Mc 16,18). Lasciamo pertanto che Dio ci parli anche con la nostra bocca e con la bocca di tutti i fratelli in Cristo nel reci- proco ascolto in comunione con tutta la Chiesa, poiché la parola di Dio possa estendersi a tutti i confini della terra. Se Dio ha parlato persino con la bocca dell'asina di Balam, a maggior ragione parlerà con la nostra bocca quando ci abbandoneremo docilmente all'opera dello Spirito Santo.
don Giulio
don Giulio
L’EUCARISTIA,
PASQUA DEI CRISTIANI
Il tema interessa vivamente un aspetto importante del piano pastorale in vigore "Nascere e Morire oggi da cristiani" che possono ritrovare nella Eucaristia la sorgente della vita in Cristo che non tramonta neppure con la morte: "... chiunque crede in Lui ha la vita eterna" (Gv 3,14); "In verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è (già) passato dalla morte alla vita" (Gv 5,24). Pertanto questa è la vera Pasqua! L'Eucaristia come memoriale "mistero della fede" trascende ogni capacità di comprensione umana, ma esprime l'economia salvifica con cui Dio si manifesta e opera nella storia della salvezza. Giustamente la "Lumen Gentium" (n°. 11) definisce l'Eucaristia" fonte e culmine di tutta la vita della Chiesa". È fonte perchè dall'Eucaristia scaturisce la Chiesa, ed è vertice o culmine di tutta la vita della Chiesa perchè dopo averla generata la mantiene in costante rapporto vitale con Cristo così come ci insegna la parabola della vite e i tralci in cui l'unica pianta è Cristo da cui scaturiscono i tralci che devono sempre stare uniti alla vite se vogliono maturare i loro frutti, diversamente è la morte. Se un figlio deve distanziarsi dai genitori per poter percorrere la propria strada, la Chiesa, diversamente, deve percorrere l'unica strada della sua vita che è Cristo a cui deve stare unita come il corpo al proprio capo, come afferma l'apostolo Paolo (1Cor 12,4-31). Non c'è Chiesa senza Eucaristia e non c'è Eucaristia senza Chiesa. L'Eucaristia tuttavia non è soltanto la presenza di Cristo che ci unisce tutti nel suo amore, ma è anche memoriale del mistero pasquale di Cristo, non esclusa la prospettiva escatologica del nostro nascere e morire in Lui. Il popolo di Dio nato dall'Eucaristia vi celebra il proprio pellegrinaggio, come gli ebrei dalla schiavitù d'Egitto alla terra promessa, passando dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio e quindi anche da questo mondo di morte alla vita eterna. L'Eucaristia è la fonte anche degli altri sacramenti. Si trova infatti all’origine del Battesimo in cui Cristo opera nel grembo materno della Chiesa, adunata convivialmente dalla sua parola, la rinascita di ogni cristiano alla vita divina, per cui nessuno può darsi per conto proprio la fede e nemmeno può viverla separatamente dalla Chiesa in cui Opera il Cristo. Anche il sacramento della Penitenza è un continuo immergersi nel proprio Battesimo che nella comunità di fede ci ha uniti a Cristo come tralci alla vite o come membra del suo corpo che è la Chiesa. Così per gli altri sacramenti, esclusivamente atti della comunità di fede, che nel contesto eucaristico rivelano la presenza del mistero di Cristo nascosto nei secoli che passa attraverso le nostre realtà corporali (Lumen Gentium, n°. 28). L'Eucaristia prima di essere una verità su cui indagare, è un evento di salvezza da cui dobbiamo lasciarci coinvolgere. È il gesto di un Dio alleato il cui amore è tanto grande da sorprendere e sconvolgere ogni aspettativa umana. Dato che l'Eucaristia è il memoriale di tutto ciò che ha fatto il Signore per noi, si rifà a una storia prima che a una dottrina. Nella celebrazione eucaristica tutto il passato, il presente e il futuro sono presenti: "Noi annunciamo la tua morte. Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell'attesa della tua venuta" (dal canone della Messa). La nostra quindi è un'esperienza dell'incontro pasquale col Dio della nuova ed eterna alleanza pattuita nel sangue di Cristo. L'aspetto conviviale si fonde pertanto insieme coll'aspetto sacrificale dell'Eucaristia perchè Cristo si è offerto una volta per sempre per noi sia come parola rivestita di pane e sia come agnello pasquale che toglie il peccato del mondo: "Gesù... entrò una volta per sempre nel Santuario, non con sangue di capre e di vitelli, ma col proprio sangue dopo averci ottenuto una redenzione eterna" (Eb 9,11-15). I sacerdoti della vecchia alleanza entravano nel "Santo dei Santi" ed uscivano, mentre Cristo è entrato una sola volta e vi è rimasto per sempre. La Pasqua si celebra quindi facendo comunità tra di noi in Cristo convivialmente mangiando insieme l'agnello che toglie i nostri peccati. Celebrare l'Eucaristia significa diventare comunità di fede con un atto di amore che cambia in maniera determinante il nostro cuore (Rm 10,9). La fede scaturisce dall'incontro comunitario con Cristo in cui scompare ogni nostro individualismo per diventare capaci di condividere insieme ai fratelli il dono di Dio della salvezza. La nostra Pasqua proprio perchè eucaristica è anche trinitaria, rivela cioè il Padre che ha sacrificato il Figlio per dare compimento alla nostra redenzione sotto la guida dello Spirito Santo. Il nostro nascere e morire viene così celebrato nell'Eucaristia, nostra Pasqua di liberazione e di salvezza. Auguri vivissimi di Buona Pasqua a tutti indistintamente.
Aff.mo don Giulio
Aff.mo don Giulio
ECOLOGIA - CRISI MORALE
Un aspetto importante del “Nascere e Morire Oggi” - piano pastorale in vigore - è senz’altro l’ecologia. La crisi ecologica di questi nostri tempi ha la sua radice nella crisi antropologica, e più profondamente ancora nella crisi morale e di fede. L’uomo infatti è diventato sordo ai richiami della natura, cioè delle creature che costituiscono la manifestazione di Dio creatore. “Tutte le creature narrano la gloria di Dio” (Ps 19). Il creato e la natura sono al centro della divina rivelazione a cui fanno da mirabile sfondo come l’orizzonte al sole che sorge. In quello splendido scenario Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza e gli mostra tutte le meraviglie della creazione che gli affida affinchè le abbia a governare (Gn 1,28). L’uomo ha tradito la sua missione di governare la terra quando ha deciso di perseguire scopi di egoismo e di cieco interesse puntando sul progresso illusorio con cui ha sacrificato l’equilibrio naturale del creato. Si è comportato come il servo stolto di cui parla il Vangelo: invece di attendere con fedeltà il ritorno del padrone, si è fatto sorprendere mentre metteva a soqquadro la casa e maltrattava i conservi che gli erano stati affidati (Lc 12,45). Il degrado ecologico, come s’è già detto, va collegato al degrado etico, cioè al nostro assurdo comportamento come fossimo noi gli ultimi abitatori della terra quali nomadi in procinto di partire per altra destinazione, di nulla preoccupati se non di dare alle fiamme tutto ciò che non possono portare con sè. Se l’aria, l’acqua, la flora e la fauna sono inquinate, la responsabilità è nostra perchè Dio ha fatto tutte le cose buone (Gn 1,10-25). Gesù stesso ha affermato: “Non ciò che entra nella bocca contamina l’uomo, ma ciò che esce dalla sua bocca” (Mt 15,11). Se si rinnega la natura, se ne rinnega anche l’autore e alla fine si rinnega se stessi. Le scelte dell’uomo devono pertanto essere di pieno rispetto della natura perchè non abbia a divenirne schiavo. L’inquinamento infatti non risparmia neppure l’inquinante che tradisce la propria missione di governare la terra mettendola a soqquadro (Gn 1,28). La natura, mirabile scenario della divina rivelazione, è insostituibile maestra di vita che traccia il cam- mino dell’uomo verso il suo creatore a cui non si può giungere per altra strada se la fede stessa trova il suo supporto nelle opere del creato nelle quali Dio parla ancora prima della stessa rivelazione divina. Gesù stesso ci guida alla scuola della natura: “Guardate gli uccelli dell’aria... e i gigli del campo...” (Mt 6,26). “Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Mt 10,16). “Voi siete il sale della terra... e la luce del mondo...” ci ammonisce il Signore (Mt 5,13-14). L’uomo è chiamato nuovamente da Cristo non solo a governare ma a dare anche sapore alla terra e a illuminare il mondo sia sotto l’aspetto naturale che spirituale. La teologia purtroppo si è resa responsabile di una grave e ingiustificata latitanza per troppo tempo a riguardo dell’ecologia perchè ha dimenticato l’uomo nel suo rapporto col proprio habitat permettendogli di perpetrare impunemente lo scempio che ha ridotto il pianeta terra agonizzante sull’orlo della catastrofe. Dissacrando la natura l’uomo è caduto in una profonda crisi morale di cui non si è reso ancora pienamente conto perchè ha perduto così la capacità di leggere in chiave di fede il progetto divino che investe tutto il creato. Theilard De Chardin fu un grande profeta quando delineò il cammino dell’evoluzione attraverso la lettura trascendentale della creazione inserendosi nell’ottica di un processo evolutivo a carattere cristo-centrico che coinvolge vitalmente la creatura umana nella tensione dell’universo verso Dio fine ultimo e meta di attrazione irresistibile di tutto il creato (“res acclamat dominum: ogni cosa esige il suo padrone”). L’uomo si apre così alla dimensione della dinamica dello spirito che dà compimento all’unico progetto universale divino orientandovi tutta la natura trascendentalmente. Rendiamoci finalmente consapevoli che salvando la natura salviamo noi stessi. Dobbiamo pertanto intervenire tempestivamente perchè la casa non crolli improvvisamente sulla testa del padrone incosciente e noncurante del pericolo che ha provocato. L’esempio di S. Francesco che dichiarava sorelle tutte le creature lodando Dio, tomi di attualità se vogliamo riportare nel mondo l'armonia tra l’uomo e Dio a salvezza di tutti.
don Giulio G.
don Giulio G.
TORNA LA FESTA PATRONALE
DI S. LORENZO M.
La festa patronale di S. Lorenzo costituisce ormai come un millenario appuntamento per tutti gli zognesi a ritrovarsi per condividere insieme i ricordi del passato, l'esperienza del presente e i progetti del futuro. Ma la festa patronale torna soprattutto perché abbiamo a sentirci più vivamente comunità di fede riuniti attorno al nostro santo protettore per celebrarne e viverne la virtù e per additare soprattutto ai giovani l'ardore giovanile con cui ha saputo essere fedele a Dio e ai fratelli bisognosi sino alla testimonianza suprema del martirio. Non è stato il fuoco della graticola che ha divorato il santo nel suo martirio, ma è stato l'amore ardente del santo che ha divorato il fuoco per purificarsi come oro nel crogiuolo e rendersi maggiormente degno di presentarsi a Dio quale testimonio integerrimo dell'amore di Cristo. S. Lorenzo si presenta a noi, soprattutto ai giovani, col suo eroico esempio per infonderci il coraggio della testimonianza invitandoci a uscire dall'anonimato per esporci allo scoperto di fronte a tutto il mondo con la sfida radicale della carità fondata nella coerenza delle buone opere. Quando mancano i giovani con il loro slancio vigoroso di fedeltà a Dio e ai poveri, la Chiesa si riduce a una massa informe di indifferenti o a un ospizio di anziani. Senza i grandi ideali della fede i giovani si riducono come aquile prigioniere rinchiuse nei pollai di questo mondo condannate a morire d'inedia. La loro giovinezza frana impietosamente sotto i colpi del crollo di illusorie conquiste. S. Lorenzo, come un'aquila madre, si apposta in vista di questi suoi aquilotti prigionieri provocandoli al volo, così come dice Mosè di Dio, affinchè abbiano a risvegliarsi dall'apatia mortale per decidersi a riconquistare gli abissi del cielo (Dt 32,11). A tutti S. Lorenzo insegna che l'amore ci impedisce d'invecchiare, rinnova anzi la nostra giovinezza in Cristo che accettiamo di servire nei fratelli. La via della misericordia, è la via della salvezza, come afferma Cristo nel Vangelo: "Perchè chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà! (Mt 16,25). Qui ci vuole il coraggio dei santi capaci di credere agli ideali di fede che maturano l'uomo nella dimensione più grande della vita che ha i suoi risvolti definitivi oltre i confini del tempo. Ogni cristiano infatti è chiamato a disegnarsi, seguendo l'esempio di Cristo e di S. Lorenzo, in questa dimensione se vuole conseguire lo scopo della vita medesima nel progetto divino sull'uomo. "Col tramonto del sole, è notte per tutti" dice il proverbio. Ma c'è notte e notte, a seconda di chi sa attendere nel riposo il ritorno del nuovo sole, e di chi, colpito da cecità spirituale, rifiuta di riaprire gli occhi perchè ritiene irreversibile la notte. Con queste semplici riflessioni presento l'augurio più sentito di un gioioso incontro per la festa patronale a tutti i cari zognesi.
con affetto, Don Giulio
con affetto, Don Giulio
CONTRO LA CRISI,
CORAGGIO E RESPONSABILITÀ'
Il testo è stato inviato ai Sindaci e agli imprenditori della Valle Brembana, alla provincia e alla Regione.
I consigli Pastorali dei Vicariati di Zogno-Brembilla e di San Giovanni Bianco-Sottochiesa, consci della difficile situazione sociale della Valle Brembana, hanno inviato il comunicato che riportiamo in questa pagina ai Sindaci dei Comuni della Valle Brembana, ai grandi imprenditori e ai Presidenti della Provincia di Bergamo e della Regione Lombardia. Questo, non per motivi politici e/o polemici, ma piuttosto per incoraggiare gli amministratori e quanti sono chiamati ad assolvere a responsabilità pubbliche per il bene della Valle perchè, come ha detto Giovanni Paolo II domenica 13 giugno scorso in Spagna, "mostrino sempre un rinnovato impegno a favore della giustizia, della libertà e dello sviluppo... dedichino il meglio di sé per potenziare i valori fondamentali della convivenza sociale: la solidarietà, la difesa della verità, l'onestà, il dialogo...". L'incoraggiamento è rivolto anche ai datori di lavoro perchè, come ha ancora detto il Papa in Spagna, continuino a "fare tutto ciò che è in loro potere per lottare contro la povertà e la disoccupazione, rendendo più umani i rapporti di lavoro e ponendo sempre la persona, la sua dignità e i suoi diritti, e la famiglia al di sopra degli egoismi e dei propri interessi". Ma il documento vuole essere anche un segno di comprensione e di gratitudine per il servizio che tanti responsabili del bene pubblico compiono per il benessere sociale e familiare nel nostro territorio.
VICARIATI DI S. GIOVANNI BIANCO-SOTTOCHIESA E ZOGNO-BREMBILLA
LA CHIESA LOCALE ED I PROBLEMI SOCIALI LOCALI
I Consigli Pastorali Vicariali: di S. Giovanni Bianco-Sottochiesa riunito in sessione straordinaria il 7 maggio e nuovamente il 4 giugno 1993 e quello di Zogno-Brembilla in data 2 giugno 1993, hanno esaminato alcuni problemi socio-politici delle nostre comunità ecclesiali e civili. È stata approvata la decisione di far conoscere alla popolazione, alle autorità civili, alle organizzazioni sociali e politiche, ai datori di lavoro, agli istituti economici-finanziari la preoccupazione della Chiesa locale sugli effetti etici che possono derivare alla nostra popolazione da come questi problemi vengono affrontati e risolti. Si tratta di:
a) situazione occupazionle;
b) apertura della casa da gioco a S. Pellegrino Terme;
c) ventilato accorpamento dèlia USSL n° 27 con altre USSL;
d) viabilità.
a) SITUAZIONE OCCUPAZIONALE
Si sa che sono diminuiti i posti di lavoro nella nostra Valle Brembana. Corrono voci di ulteriori licenziamenti o cassa integrazione con annessa mobilità. Pochi decenni fa, alcuni operai hanno dovuto lasciare la Patria per trovare all'estero lavoro dignitoso. Gli effetti di quella emigrazione tutte le persone adulte li conoscono. Oggi alcune famiglie corrono il rischio di avere una vita difficile, specialmente quando viene privata dal lavoro l'unica persona occupata. E che dire dei giovani che dovranno rimandare la formazione di una propria famiglia, in vista di un eventuale licenziamento? Crisi della persona, crisi della famiglia! Occorre che tutti insieme cerchiamo delle soluzioni che permettano di ridurre al minimo (sarebbe meglio azzerare) ogni perdita di posti di lavoro. Imprenditori, dirigenti, autorità pubbliche e sociali devono cercare pazientemente con ogni mezzo la soluzione migliore. Capitale e lavoro devono tendere al bene della persona umana, specialmente della più debole. Anche il ricorso ad un guadagno immediato inferiore, sia dell'azienda sia delle maestranze, non deve essere respinto. Ogni forma di egoismo individuale, di gruppo, di categoria, deve lasciare il posto ad una visione pacifica e costruttiva per il bene di tutti.
b) PROBABILE APERTURA DELLA CASA DI GIOCO A S. PELLEGRINO TERME
È un problema generale. Le case di gioco sono un vero bene comune? Fanno avanzare la società civile? In un momento nel quale tanto si parla di "moralità" civile, si può affermare, provare, che dette case di gioco sono "etiche", ossia fanno l'uomo più libero e responsabile nell’uso del denaro? Non è forse vero che il gioco diventa una droga psicologica dalla quale è assai difficile uscirne? E prescindendo dal problema morale, quel vantaggio economico che qualcuno prevede derivare non sarà solamente che per una stretta minoranza? Richiamiamo ancora una volta il principio generale che dovrebbe guidare nelle scelte sociali: il vero bene di tutti e di tutta la persona. La sola crescita economica (lo si è visto) di pochi non è equivalsa a crescita unama profonda.
c) PROBABILE ACCORPAMENTO DELLA USSL 27
Al di là del numero delle persone servito da questa USSL, occorre pensare alla vastità del territorio che copre: da Sedrina alle Valli Serina, Brembilla, Taleggio, media ed alta Valle Brembana. Già oggi è tanto difficile (data la struttura burocratica delle USSL) andare da un ufficio all'altro per visite, carte, documenti. Viaggi e relativi costi, perdita di tempo, orari ristretti ecc. Noi sosteniamo pienamente la posizione assunta dai sindaci della Valle Brembana, che si sono dichiarati contrari all'accorpamento della USSL n° 27 con altre, sempre per il principio che occorre servire chi meno ha e meno può.
d) VIABILITÀ’ DELLA VALLE BREMBANA
Ci vuole la pazienza di Giobbe per recarsi a Bergamo e tornare, specialmente in alcune ore del giorno. Guai ad avere fretta! Ne sanno qualcosa i lavoratori pendolari che devono subire ogni giorno questo disagio. Inoltre le colonne del fine settimana sono un tormento per chi guida, un danno enorme per gli automezzi, una sorgente terribile di inquinamento, un disagio, oltre che un pericolo, per gli abitanti del luogo. La strettoia Zogno-Ambria, l'attraversamento di San Giovanni Bianco, di San Pellegrino, di Zogno...! Spesse volte la TV parla di colonne lunghe chilometri sulle autostrade: non cita mai quelle della nostra Valle che sono più lunghe ancora! Noi chiediamo che le amministrazioni competenti si facciano carico dei disagi, perchè nella nostra Valle Brembana si risolva questo urgente problema che riguarda un bene comune. Si sa che una viabilità scorrevole facilita il trasporto di merci, con riduzione dei costi di produzione, invoglia gli imprenditori ad investire nei nostri paesi, con possibilità di ulteriori posti di lavoro.
RIASSUMENDO
I nostri Vicariati, come "Chiesa -popolo di Dio" nel territorio, chiedono a tutti una collaborazione responsabile perchè la nostra Valle Brembana VIVA. Sono già troppe le case abbandonate, i paesi che si vanno spopolando, con grave danno anche della natura. È sempre la persona umana che deve essere promossa nella sua dignità e nella sua piena responsabilità. Le finalità del lavoro, dell'autorità, di ogni autorità, delle associazioni sociali e politiche, del mondo imprenditoriale, per essere vere, devono tendere alla promozione della persona umana.
I VICARI
Don Giuseppe Vavassori
Don Giulio Gabanelli
VICARIATI DI S. GIOVANNI BIANCO-SOTTOCHIESA E ZOGNO-BREMBILLA
LA CHIESA LOCALE ED I PROBLEMI SOCIALI LOCALI
I Consigli Pastorali Vicariali: di S. Giovanni Bianco-Sottochiesa riunito in sessione straordinaria il 7 maggio e nuovamente il 4 giugno 1993 e quello di Zogno-Brembilla in data 2 giugno 1993, hanno esaminato alcuni problemi socio-politici delle nostre comunità ecclesiali e civili. È stata approvata la decisione di far conoscere alla popolazione, alle autorità civili, alle organizzazioni sociali e politiche, ai datori di lavoro, agli istituti economici-finanziari la preoccupazione della Chiesa locale sugli effetti etici che possono derivare alla nostra popolazione da come questi problemi vengono affrontati e risolti. Si tratta di:
a) situazione occupazionle;
b) apertura della casa da gioco a S. Pellegrino Terme;
c) ventilato accorpamento dèlia USSL n° 27 con altre USSL;
d) viabilità.
a) SITUAZIONE OCCUPAZIONALE
Si sa che sono diminuiti i posti di lavoro nella nostra Valle Brembana. Corrono voci di ulteriori licenziamenti o cassa integrazione con annessa mobilità. Pochi decenni fa, alcuni operai hanno dovuto lasciare la Patria per trovare all'estero lavoro dignitoso. Gli effetti di quella emigrazione tutte le persone adulte li conoscono. Oggi alcune famiglie corrono il rischio di avere una vita difficile, specialmente quando viene privata dal lavoro l'unica persona occupata. E che dire dei giovani che dovranno rimandare la formazione di una propria famiglia, in vista di un eventuale licenziamento? Crisi della persona, crisi della famiglia! Occorre che tutti insieme cerchiamo delle soluzioni che permettano di ridurre al minimo (sarebbe meglio azzerare) ogni perdita di posti di lavoro. Imprenditori, dirigenti, autorità pubbliche e sociali devono cercare pazientemente con ogni mezzo la soluzione migliore. Capitale e lavoro devono tendere al bene della persona umana, specialmente della più debole. Anche il ricorso ad un guadagno immediato inferiore, sia dell'azienda sia delle maestranze, non deve essere respinto. Ogni forma di egoismo individuale, di gruppo, di categoria, deve lasciare il posto ad una visione pacifica e costruttiva per il bene di tutti.
b) PROBABILE APERTURA DELLA CASA DI GIOCO A S. PELLEGRINO TERME
È un problema generale. Le case di gioco sono un vero bene comune? Fanno avanzare la società civile? In un momento nel quale tanto si parla di "moralità" civile, si può affermare, provare, che dette case di gioco sono "etiche", ossia fanno l'uomo più libero e responsabile nell’uso del denaro? Non è forse vero che il gioco diventa una droga psicologica dalla quale è assai difficile uscirne? E prescindendo dal problema morale, quel vantaggio economico che qualcuno prevede derivare non sarà solamente che per una stretta minoranza? Richiamiamo ancora una volta il principio generale che dovrebbe guidare nelle scelte sociali: il vero bene di tutti e di tutta la persona. La sola crescita economica (lo si è visto) di pochi non è equivalsa a crescita unama profonda.
c) PROBABILE ACCORPAMENTO DELLA USSL 27
Al di là del numero delle persone servito da questa USSL, occorre pensare alla vastità del territorio che copre: da Sedrina alle Valli Serina, Brembilla, Taleggio, media ed alta Valle Brembana. Già oggi è tanto difficile (data la struttura burocratica delle USSL) andare da un ufficio all'altro per visite, carte, documenti. Viaggi e relativi costi, perdita di tempo, orari ristretti ecc. Noi sosteniamo pienamente la posizione assunta dai sindaci della Valle Brembana, che si sono dichiarati contrari all'accorpamento della USSL n° 27 con altre, sempre per il principio che occorre servire chi meno ha e meno può.
d) VIABILITÀ’ DELLA VALLE BREMBANA
Ci vuole la pazienza di Giobbe per recarsi a Bergamo e tornare, specialmente in alcune ore del giorno. Guai ad avere fretta! Ne sanno qualcosa i lavoratori pendolari che devono subire ogni giorno questo disagio. Inoltre le colonne del fine settimana sono un tormento per chi guida, un danno enorme per gli automezzi, una sorgente terribile di inquinamento, un disagio, oltre che un pericolo, per gli abitanti del luogo. La strettoia Zogno-Ambria, l'attraversamento di San Giovanni Bianco, di San Pellegrino, di Zogno...! Spesse volte la TV parla di colonne lunghe chilometri sulle autostrade: non cita mai quelle della nostra Valle che sono più lunghe ancora! Noi chiediamo che le amministrazioni competenti si facciano carico dei disagi, perchè nella nostra Valle Brembana si risolva questo urgente problema che riguarda un bene comune. Si sa che una viabilità scorrevole facilita il trasporto di merci, con riduzione dei costi di produzione, invoglia gli imprenditori ad investire nei nostri paesi, con possibilità di ulteriori posti di lavoro.
RIASSUMENDO
I nostri Vicariati, come "Chiesa -popolo di Dio" nel territorio, chiedono a tutti una collaborazione responsabile perchè la nostra Valle Brembana VIVA. Sono già troppe le case abbandonate, i paesi che si vanno spopolando, con grave danno anche della natura. È sempre la persona umana che deve essere promossa nella sua dignità e nella sua piena responsabilità. Le finalità del lavoro, dell'autorità, di ogni autorità, delle associazioni sociali e politiche, del mondo imprenditoriale, per essere vere, devono tendere alla promozione della persona umana.
I VICARI
Don Giuseppe Vavassori
Don Giulio Gabanelli
PARLIAMO DELLA DONNA
Parliamo della donna come premessa ai tanti discorsi che si sbandiereranno nel prossimo anno dedicato alla famiglia. Il nostro vuole essere tuttavia un discorso di fede che attinge le sue ispirazioni soprattutto dal Vangelo, dall'esempio di Gesù Cristo che è venuto a restaurare l'ordine originale dei rapporti umani. Mediante la sua obbedienza al Padre, Gesù Cristo ha cancellato la disobbedienza di Adamo e ha ristabilito il rapporto originale con Dio (Rm 5,19). Il comportamento e l'insegnamento di Gesù affronta infatti il problema uomo-donna sul piano pratico presupponendo la parità e ponendosi così in assoluto contrasto con la mentalità e il costume del suo tempo. Gesù si è rivolto alle donne come amiche e le ha accolte come discepole. Basti ricordare: i suoi contatti con la Samaritana (Gv 4,4-7) che ha promosso come evangelizzatrice della Samaria, terra dei peccatori; la sue attenzioni ed elogio per le donne sirofenicie (Mt 7,24-30); la sua profonda umanità e misericordia nei confronti dell'Adultera che ha difeso dai suoi accusatori (Gv 8,1-11); la sua riconoscenza per la donna peccatrice che gli unse i piedi col profumo, glieli bagnò con le lacrime e glieli asciugò coi suoi capelli (Lc 7,30-50); fu amico di Marta e Maria che visitò più volte e di cui risuscitò il fratello Lazzaro (Lc 10,38-42); accettò il ministero delle donne che lo seguivano nei suoi viaggi apostolitici (Le 8,1-13); apparve da risorto per prima alla Maddalena e alle donne alle quali affidò il messaggio della sua risurrezione ai discepoli (Mt 28,1, Mc 16,1-9, Gv 20,2-18, Lc 24,9-10). Gesù Cristo con la sua risurrezione ha riconciliato con Dio l'uomo e la donna alla stessa maniera e ha quindi riconciliato l'uomo e la donna nei loro rapporti reciproci: "Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è più Giudeo nè Greco; non c'è più schiavo nè libero; non c'è più uomo nè donna, poiché voi siete tutti uno in Cristo Gesù" (Gal 3,27-28). Maria, beata tra tutte le donne, è stata scelta come cooperatrice della divina redenzione (Lc 1,38). Non c'è nessuna creatura umana che uguagli in dignità la Vergine santissima, elevata alla dignità di madre di Dio. Già nella S. Scrittura (Gn 1,26-27) si afferma che Dio ha creato l'uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, li creò maschio e femmina. Sono stati creati entrambi a immagine di Dio senza nessun accenno alla superiorità dell'uomo sulla donna, tranne i ruoli diversi (cfr. "Mulieris dignitaten" di Giovanni Paolo II° del 15 agosto 1988). L’insegnamento sociale cattolico focalizza la responsabilità che noi abbiamo di promuovere una società umana nella quale possano crescere la uguaglianza e la reciproca donazione dell'uomo e della donna. Le relazioni interpersonali vengono sperimentate nella famiglia, nell'amicizia e nella vita comunitaria per sostenere la nostra crescita come persona facendo appello ai doni e ai carismi di ciascuno senza distinzione di sesso per servizio ai fratelli. Le relazioni tra uomo e donna non si limitano alla generazione fisica di una nuova vita, ma si estendono alla creatività nel lavoro, nella cultura, nell'allevamento e educazione dei figli. L'insegnamento ufficiale della Chiesa intende la famiglia come l'unità fondamentale della società attraverso la comunione di amore che dà la vita in cui i coniugi sperimentano la paternità e la maternità sia generando e sia educando. La società deve essere pertanto al servizio della famiglia per sostenere i genitori, la coppia, nei loro doveri reciproci familiari perchè non siano ostacolati e dimenticati nel conseguimento della loro missione. Il sesso è per l'unione e non per la divisione. Per mezzo dei nostri corpi siamo capaci di dare e di ricevere amore, poiché il corpo esprime la persona, cioè la realtà dello spirito incarnato sia di sesso maschile che femminile. La "Gaudium et Spes" del Concilio Vaticano II° afferma che attraverso le nostre realtà corporali, senza distinzione di sesso, passa il Mistero di Cristo nascosto nei secoli, passa quindi la redenzione e la salvezza. Non esiste un'altra strada, perchè Dio ha scelto questa. Il significato della differenza sessuale esprime i due differenti modi di essere uomo, maschio e femmina. La differenza sessuale non può ammettere alcuna discriminazione delle persone senza offendere la dignità stessa dell'uomo-donna in quanto tale. Non esistono infatti due nature, una maschile e una femminile, il destino di una persona non risiede nella sua anatomia, così pure una persona senza un partner del sesso opposto non è un essere umano incompleto e così pure i tratti particolari della personalità non sono mai esclusivi dell’uomo e della donna. La sessualità infatti è più grande del sesso e non si può ridurre a un fatto biologico che non ha nessuna incidenza sullo stato di una persona. La complementarietà dei sessi non richiede che un sesso sia superiore all'altro poiché non sono una metà di un insieme e di un'unica realtà. Sul piano delle applicazioni pratiche si è sempre purtroppo nel rischio di scontrarsi e di far pesare sulla donna le conseguenze del sessismo come dello stupro, della prostituzione, dell'aborto, dell'adulterio, della pornografia, dell'abbandono. Se c'è parità tra i sessi, il lavoro della donna vale quanto il lavoro dell'uomo mentre frequentemente viene rimunerato di meno; la libertà dell'uno vale la libertà dell'altra; l'autorità e i diritti non possono costituire discriminazioni per il sesso perchè sono da attribuirsi alla persona per se stessa, valore assoluto, senza riduzioni sia in un caso come nell'altro, diversamente; oltre alle persone, ne soffrirebbe la famiglia e la società medesima. Le donne si sono comunque affermate nella vita quotidiana al di là del femminismo conquistando spazi e ruoli ben diversi da quelli che avevano avuto nel passato. Hanno maturato un cambiamento sostanziale nel rapporto uomo-donna. Hanno rivendicato, senza colpo ferire, il diritto di parola, di scambio, di contratto, il diritto di esistere, di mediazione, di presenza in ogni campo civile, culturale e religioso, escluso per ora il diritto di accedere agli ordini sacri, almeno nel mondo cattolico. La donna quindi assume un ruolo nuovo al punto di giungere ad occupare nel mondo una presenza maggiore e più influente di quella dell'uomo. Risultano per esempio più diligenti e più brave a scuola superando di numero i laureati maschi. La donna è presente già incisivamente sul mercato del lavoro. Quelle che poi decidono di fare scelte di carattere familiare nel senso tradizionale portano comunque all'interno della famiglia una condivisione di ruoli riservati ai tempi esclusivamente o quasi all'uomo. Si sono emancipate imponendosi all'uomo a cui hanno sottratto spazi e privilegi creando così una vera rivoluzione al femminile. Il fenomeno trae le sue origini al tempo della formazione scolastica, cioè all'epoca in cui le donne hanno cominciato a frequentare corsi universitari. Subentra pertanto un modo nuovo di vedere la famiglia, la società e la chiesa medesima. Occorre quindi fare i conti con questa nuova situazione. La rivoluzione femminile si accompagna pure con la rivoluzione dei figli che da tempo rifiutano il paternalismo e la discriminazione dei sessi che nel passato ne escludeva la promiscuità in diversi campi; sportivo, scolastico, culturale, religioso, politico, ecc. Cambiano così i rapporti figli-genitori sotto la spinta di una competizione pluralistica nell'apprendere e nell'educare. L'associazionismo oggi, ad esempio, è un veicolo importante per l'apertura con tutti i suoi rischi e vantaggi. Dovunque la presenza della donna dovrebbe riuscire a ingentilire l'ambiente anche se a volte si rilevano situazioni contrastanti come nel mondo del terrorismo e della malavita. Il ruolo della famiglia intanto non copre più l'arco della vita quotidiana dei coniugi e dei figli pur rimanendo sempre un riferimento insostituibile per tutti i problemi inerenti alla procreazione e alla formazione dei figli.
Don Giulio
Don Giulio
FACCIAMO MEMORIA DEI SANTI E DEI MORTI
C'è un misterioso scambio tra cielo e terra. Dio infatti ha ricongiunto la terra al cielo con l'incarnazione del suo unigenito Figlio, Gesù Cristo. L'opera della redenzione, anche se l’incarnazione del Figlio di Dio è avvenuta nella pienezza dei tempi, attraversa tutta la storia dell'umanità perchè Cristo è di ieri, di oggi e di sempre. Basti ricordare quanto afferma S. Pietro nella sua prima lettera: mentre Gesù Cristo era ancora nel sepolcro, col suo spirito è disceso agli inferi ad annunziare la salvezza agli spiriti che un tempo avevano rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè mentre fabbricava l'arca (1 Pt 3,19 ss.), tutta la storia dell'umanità appartiene al tempo di Cristo che realizza la volontà del Padre di salvare l'uomo già dal primo momento della sua caduta (Gn 3,15). Cristo è celebrato nella rinascita dell'uomo alla vita eterna: la morte costituisce questa rinascita in Cristo morto e risorto mentre passa la scena di questo mondo deformato dalla colpa. Sappiamo infatti dalla Scrittura che Dio ha preparato per noi una nuova abitazione eterna: terra nuova e cieli nuovi in cui abita la giustizia e la felicità sazierà i desideri del cuore degli uomini (Gaudium et Spes, n° 39 e ss.). Il discorso sui nuovissimi (morte, giudizio, inferno o paradiso), tradizionalmente abbastanza tetro, viene finalmente illuminato, nell'aggiornamento conciliare, da una visione carica di speranza in cui Dio risulta sempre vincente con la sua misericordia e col suo amore. Il cammino della redenzione, che parte a ritroso nel tempo col primo uomo, è inarrestabile, anche se di fronte ai nostri occhi balzano vivi gli orrori terrificanti della crudeltà e della violenza umana per cui la pietà e l'amore fraterno richiesti per la salvezza: ("avevo fame, sete, ero ignudo, pellegrino, carcerato, malato". Mt. 2,5,31), sembrano affossati definitivamente al mondo. Soltanto con gli occhi della fede possiamo constatare che il caos delle miserie umane è il campo in cui Dio opera perchè sa trarre il bene anche dal male. La salvezza infatti dipende soprattutto da Dio anche se Dio esige la nostra richiesta di perdono. La presenza di Dio che opera nel marasma delle nostre miserie è il grande tesoro che dobbiamo imparare a scoprire nel campo della nostra vita per disporci a sacrificare tutto ciò che possediamo per acquistarlo (Mt 13,44). Al momento della nostra morte si chiude il tempo della ricerca perchè il tesoro deve essere nelle nostre mani che abbiamo sgomberato da ogni cosa avendo sacrificato tutto ciò che avevamo, compresa la vita, per quell'acquisto. L'enigma della condizione umana diventa tragico di fronte alla morte se non costituisce il termine della nostra ricerca di Dio che ci accoglie nel suo paterno abbraccio tra quelle mani con cui ci ha plasmati a sua immagine e somiglianza. Il problema della morte contempla pure il problema del nostro rapporto di pellegrini coi trapassati. È un problema di comunione che unisce noi ai nostri in Cristo Gesù come membra vive del suo unico corpo mistico che è la Chiesa col suo duplice aspetto: quello terreno e quello celeste. Sappiamo tuttavia che l'unico legame possibile è l'amore che vince anche la morte e annienta tutte le distanze per cui toma possibile vivere insieme con tutti quelli che se ne sono andati. Già l'uomo della preistoria sapeva vivere in questa dimensione perchè riteneva sempre presenti anche quelli che custodiva nelle tombe o di cui venerava le ceneri che portava con sè in vasi detti cinerari in caso di trasmigrazione. Tutto ciò è possibile in forza di quella vita che muta ma non ci viene mai tolta: (dal prefazio della Messa dei defunti). Il pensiero cristiano è fonte di consolazione e di speranza che ci sprona ad affrontare le prove dell'esistenza terrena nella tensione di ricongiungerci coi nostri cari in cielo. Intanto, se non possiamo portare davanti a Dio i nostri meriti, consapevoli delle nostre molte colpe, eleviamo la nostra supplica affinché il Signore applichi a noi e ai nostri cari trapassati i meriti della passione e morte di suo figlio Gesù Cristo in cui anche noi siamo suoi figli. La preghiera fa cadere ogni muro di separazione tra noi e i nostri morti dei quali possiamo contemplare il volto nello splendore del volto di Cristo che si associa alla nostra preghiera per renderla gradita a Dio, il Padre delle misericordie e delle consolazioni. Fare memoria dei Santi e dei Morti non significa soltanto rifare la storia del loro cammino, che serve comunque sempre a nostra edificazione, ma significa soprattutto contemplarli nella gloria del Cristo risorto che seduto alla destra del Padre riconduce incessantemente da questa terra di esilio nel suo regno di gloria i peccatori che riconquista all'amore. Nel nostro pellegrinaggio terreno manteniamo fisso lo sguardo alla meta pregustandone la sorte beata, già conquistata dai nostri cari trapassati, secondo l'anelito di S. Agostino: "È inquieto il mio cuore, Signore, finché non riposa in te!".
Don Giulio
Don Giulio
IL NATALE, FESTA DELLA TENEREZZA
L'Apostolo Paolo afferma che il nostro Dio: "Non ha avuto schifiltosità a spogliare se stesso per divenire in tutto simile a noi" (Fil 2,6-11). Dio pertanto ha annientato se stesso per divenire uomo, creatura capace di offrire e di ricevere tenerezza, per cui Dio si ripropone all'uomo come esempio di umana e divina tenerezza. Ancora l’Apostolo Paolo afferma: "È apparsa la grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11-14). Ciò significa che la tenerezza è via di salvezza su cui Dio incrocia l'uomo secondo l'esortazione ancora di S. Paolo: "Fratelli, rivestitevi come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza" (Col 3,12-21). L'uomo deve quindi mettersi in sintonia col proprio Dio nel suo comportamento coi propri simili scambiandosi reciprocamente il conforto e la tenerezza per amare e sentirsi amati: "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perchè anche noi possiamo consolare quelli che si trovano nell'afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio" (2 Cor 1,3-4). L’icona più diffusa nella Chiesa d'Oriente raffigura la Vergine della tenerezza mentre stringe a sè affettuosamente il Bambino da cui, a sua volta, è accarezzata. È la festa della tenerezza più sublime in cui Dio con la sua presenza coinvolge tutta l'umanità. Non c'è infatti creatura umana che non cerchi questo dono di Dio in tutte le età e in ogni circostanza di gioia e di dolore della propria vita. È Dio medesimo che ha seminato nei nostri cuori questa grande necessità che Lui stesso ha voluto condividere facendosi uomo. La S. Scrittura, dalla prima parola all'ultima, rivela questo mistero di amore infinito, di tenerezza divina. Quando Dio crea l’universo, si rivela come un padre e una madre che preparano deliziosamente il nido alla propria creatura. Quando poi Dio crea l'uomo a sua immagine e somiglianza impastando l'argilla come un figulo con le sue mani e insuflandovi la sua anima, ci offre la scena più commovente di tutta la storia umana. È la realtà che Collodi ha tentato suggestivamente di esprimere in Geppetto che scolpisce il suo Pinocchio in un pezzo di legno. Dio stesso afferma: "Se un padre e una madre possono stancarsi del proprio figlio, io non mi stancherò mai di te, Israele, che ti ho portato sulle braccia attraverso il deserto..." (Is 49,14-15). Mosè descrive Dio "Come un'aquila che veglia la sua nidiata e vola sopra i suoi nati provocandoli al volo..." (Deut 32,11). "Dio ci ha intessuti nel seno di nostra madre" (Ps 113) e se siamo stati capaci di aprire gli occhi alla luce per ricevere le tenerezze dei nostri genitori lo dobbiamo alla presenza creatrice di Dio che manifesta attraverso le nostre realtà corporali il suo paterno amore. Soltanto Gesù Cristo poteva rivelarci la tenerezza del Padre celeste con tanta efficacia, per noi poveri peccatori, attraverso la parabola del Figliol Prodigo. La tenerezza di Dio la ritroviamo poi nel Figlio che si presenta a noi sotto l'immagine del Buon Pastore che va alla ricerca della pecorella smarrita, ovvero sotto l'immagine del Buon Samaritano che ha cura del viandante incappato nei ladroni. Quando Gesù esprime la sua tenerezza per la sua città, Gerusalemme, ricorre all'immagine della chioccia che vuole raccogliere i suoi pulcini sotto le sue ali. Ancora Gesù si commuove di fronte alla folla in procinto di sfamarla con la moltiplicazione dei pani e dei pesci.
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Così pure dinnanzi al sepolcro di Lazzaro, suo amico, scoppia in lacrime. Sulla Via del Calvario, accetta la compassione della Veronica e delle pie donne. Il Natale è la festa del ritorno della tenerezza divina tra gli uomini per indurli alla bontà tra di loro. Chi si rende capace di tenerezza, si rende capace di amare divinamente così come Dio ci ama donandosi a noi nelle braccia della Vergine Madre perchè, sull'esempio dei pastori e dei magi, abbiamo a sentirci ricolmi di gioia, segno che Dio ci ha raggiunti con la tenerezza del suo amore che salva. "Dio, infatti, ha tanto amato gli uomini da mandare il suo Figlio unigenito a salvarli" (Gv 3,16).
Celebriamo quindi il Natale nella gioia della tenerezza che ci affratella tutti nel Signore. Buon Natale! Aff.mo don Giulio |