2011
UN DONO TRA LE MANI...
Poche notti prima del Natale ho fatto un sogno... Le statuine del mio presepio erano in agitazione, tutte si davano un gran da fare per preparare i doni da portare al Bambino Gesù. Tutte, tranne una statuina, la più povera di tutte, che cercava di qui e di là qualcosa da portare al Bambino Gesù, ma non trovava niente. Ed ecco che quando le sue compagne si misero in fila per andare alla capanna, tutte con le mani piene di doni, anche lei si mise in fila. Tutte le statuine del presepio se la presero con la statuina strana che c’era nel presepio: rappresentava un uomo con le mani vuote e con il viso carico di meraviglia! Il motivo dell’arrabbiatura nei confronti di quest’uomo era dato dal fatto che egli non portava a Gesù alcun dono, ma andava a mani vuote. “Non hai vergogna? Vieni da Gesù e non gli porti niente?” gli dicevano. Quando arrivarono alla capanna successe che Maria, per prendere in mano i doni che le venivano offerti dalle varie statuine, cercava qualcuno a cui cedere il Bambino; Giuseppe era indaffarato nel chiudere gli spiragli di freddo e allora, guardandosi intorno, vide l’unica statuina che aveva le mani libere: era proprio quella statuina che non aveva niente. Così quella statuina si ritrovò con Gesù fra le mani. Sì, proprio quella statuina che non aveva niente, aveva ciò che era necessario, un volto stupito e mani pronte ad accogliere. Tutto d’un tratto mi sono svegliato dal sonno con un pensiero: le mie mani erano piene di doni oppure anch’io avevo le mani vuote, capaci e desiderose di accogliere Gesù?... ancora non ricordo... È certo che tra le nostre mani, come ogni anno, siamo chiamati ad accogliere la luce, quella vera che è Gesù! La luce che viene ad accendere la nostra lanterna, che viene a riscaldare il nostro cuore e a far chiarezza dentro di noi. Una luce che ogni uomo non può non conoscere... Durante questo tempo di Avvento, con i ragazzi delle elementari, abbiamo visto quanto è importante riscoprire la bellezza e il calore di questa luce (Gesù), del tutto particolare... La prima luce siamo noi, ovvero le stelle in cielo (1 sett), quella piccola luce che tocchiamo con le mani, una luce bella ma che da sola non può stare... ha bisogno del sole (2 sett) che è Dio. Dio ci aiuta a conoscere qualcosa sulla vita di Gesù ma sta a noi il gusto della ricerca; quindi la luna (3 sett), che sono il don e i catechisti, innamorati di questo sole, aiutano la comunità ad appassionarsi sempre più al Maestro del cuore. Ultima settimana la stella cometa ovvero i genitori che guidano i propri figli in questo cammino di fede, facendo loro riscoprire che ogni giorno è Natale. E...a Natale, la vera luce, Gesù, prende casa nel nostro cuore. Signore, grazie per questo tempo di attesa, che ci ha donato l’occasione di riflettere e di guardaci dentro.... e grazie perché abbiamo trovato il tempo per la preghiera. Dimenticavo, non abbiamo molto nelle nostre mani... nè oro, nè incenso, nè mirra... solo mani vuote; ma con il tuo aiuto ci auguriamo che le nostre mani vuote siano veramente capaci di accoglierTi e di accogliere qualsiasi persona che busserà alla porta di casa nostra...fosse anche per una notte sola...
don Samuele Novali
don Samuele Novali
“SIATE SANTI, PERCHÉ IO, IL SIGNORE VOSTRO DIO, SONO SANTO” (LV 19,2)
La Santità è stato il filo rosso scelto da don Samuele per i ritiri delle medie e i laboratori liturgici delle elementari in preparazione al Santo Natale. È stata una sorpresa per tutti perchè il don ci ha ricordato che la santità non riguarda solo pochi eletti scelti da Gesù, ma anche e soprattutto ognuno di noi! Abbiamo scoperto che ci sono Santi con la esse maiuscola, ma ci sono santi con la esse minuscola e siamo noi. Si, perchè ognuno di noi è santo! Essere santi vuol dire essere divini, perchè Dio ci ha creati “a sua immagine e somiglianza” (Gen 1, 26) e noi siamo già santi in virtù del Battesimo. Questo è il bellissimo regalo che Dio Padre ci ha fatto, cioè essere in Cristo, essere amati come figli, essere come Gesù, portare nel mondo la presenza e l’irradiazione stessa di Gesù. Essere santi significa essere come degli specchietti che colpiti da un raggio di luce la riflettono con grande intensità. Un grande dono che, dopo la gioia di averlo ricevuto, va conservato con cura! Ma come? Semplice: lasciando che Gesù viva in noi, lasciando che lo Spirito Santo formi l’immagine e la vita di Gesù in noi, così che giorno dopo giorno Gesù ci insegni a vivere, ad amare, a perdonare, a soffrire, a morire come Lui. Si, ok, ma... le debolezze, la tristezza, la negligenza, la pigrizia, la svogliatezza, il cercare sempre e soltanto i propri comodi? I Santi hanno cercato ogni giorno di crescere nelle virtù e di correggere i difetti, cominciando dai più grossi. Così facendo sono diventati Santi. Così dobbiamo fare anche noi. Un giorno quelli che son diventati Santi erano uomini come tutti noi e ognuno diverso dall’altro. Ma meditando profondamente su cos’è la vita, hanno deciso di lasciare tutto e addirittura qualcuno di diventare eremita, missionario, di farsi monaco, prete, oppure anche un buon padre o madre di famiglia che, col suo buon esempio di vita, è diventato un saggio apostolo, dando alla Chiesa anche numerosi figli. I Santi sono forse creature nate sante, nate diverse da noi? No. I Santi sono stati uomini come noi. Può darsi benissimo che in mezzo a noi ci siano dei santi che un giorno forse andranno sugli altari. Tuttavia il Santo porta tante volte sul volto la luce della bontà che si manifesta attraverso i suoi gesti, le sue parole, la sua vita. Chi sono i Santi? Come si riconoscono? Chi sono i Santi oggi? Desidero essere santo, oppure ho paura di esserlo? Quale il più grande ostacolo per la santità? Quale, invece, il più grande stimolo, per la santità? Queste sono le domande alle quali abbiamo cercato di rispondere scoprendo la vita di alcuni Santi con la esse maiuscola: San Lorenzo, Madre Teresa di Calcutta, Santa Teresa di Lisieux, San Massimiliano Kolbe. Abbiamo scoperto che: Ci sono i Santi e i santi... I Santi sono quelli canonizzati, catalogati, inseriti nel nostro calendario... e dei quali noi siamo chiamati a seguirne le orme. E poi ci sono i santi: quelli che sanno dire la verità a rischio di perdere la faccia e forse anche la vita. Quelli che osano agire secondo la loro anima e coscienza, procedendo magari controcorrente. Quelli che si rifiutano di essere disonesti e bugiardi. Quelli che si impegnano in nome di Gesù. Quelli che riconoscono i loro errori e si pentono. Quelli che consacrano la loro vita a contemplare Dio. Quelli che dedicano un po’ del loro tempo agli altri. Quelli che dedicano tutto il loro tempo agli altri. Quelli che sanno guardare con amore chiunque, comunque sia, com’è. Quelli che credono che nel peggiore individuo c’è sempre una briciola di buono. Quelli che hanno sempre la porta, le orecchie, il cuore aperti. Quelli che fanno sempre con coscienza e buonumore un lavoro fastidioso. Quelli che danno amabilmente un buon sorriso, anche quando sono giù di morale. Quelli che... Ti sembra difficile essere santo? Papa Giovanni Paolo II ci ha dato almeno 5 consigli per esserlo: “Siate contemplativi e amanti della preghiera; coerenti con la vostra fede; generosi nel servizio dei fratelli; membra attive della Chiesa; artefici di pace”.
- Essere contemplativi vuol dire prendersi dieci minuti al giorno di silenzio con il Vangelo o in preghiera.
- Essere coerenti significa dimostrare che siamo gente di speranza, gente che sorride, gente che affronta i sacrifici con serenità, che agisce come parla.
- Essere generosi nel servizio dei fratelli consiste nei tanti atti di amore e solidarietà.
- Essere membra attive della Chiesa vuol dire esprimere la vivacità, la disponibilità, l’amore, la capacità di essere testimoni della Chiesa.
- Ciascuno di noi, poi, vuole ed è chiamato ad essere artefice di pace, cominciando dalla famiglia, dalla parrocchia, dal proprio gruppo, nel portare parole di benevolenza, di comprensione e di accoglienza. Ora la decisione spetta ad ognuno di noi. Cosa ho deciso? Desidero continuare a vivere la santità che ho ricevuto gratuitamente nel Battesimo o... ? Le due giornate di ritiro sono state scandite da momenti di preghiera, di condivisione, di lavori di gruppo alternati a momenti di gioco e convivialità, conclusi poi con la S. Messa della domenica. Un momento bello e sempre atteso è stato quello dell’adorazione notturna. Don Samuele dopo aver unto le mani dei ragazzi con olio profumato, gesto che voleva richiamare l’attenzione all’unzione battesimale e della Cresima, ha invitato i ragazzi a riflettere su “come posso riconoscere che sono santo e le azioni che mi rendono più santo”, davanti a Gesù Eucarestia. La Santità ha un suo profumo particolare: “Come incenso spandete un buon profumo, fate fiorire fiori come il giglio, spandete e intonate un canto di lode, benedite il Signore per tutte le opere sue”(Sir 39,14). Il profumo della santità è un dono da chiedere e da investire per farlo fruttare. È il profumo conservato nell’ anfora del nostro cuore attraverso il quale siamo riconosciuti e identificati. Non limitiamoci ad usarlo nei momenti speciali e a risparmiare nella quantità: lasciamo uscire dall’anima il suo profumo, offriamolo in abbondanza, offriamolo tutto. Per i ragazzi di prima media questo percorso è stato adattato per trasmettere loro la consapevolezza che grazie all’unzione che riceveranno il giorno della S. Cresima saranno confermati nella loro santità dallo Spirito Santo, e che senza la sua presenza la corsa alla santità è impossibile. Per i ragazzi di seconda invece il ritiro è servito per rinnovare l’impegno di essere testimoni di Gesù assunto con la Cresima. Per i ragazzi di terza invece, in preparazione alla professione di fede, l’obbiettivo è stato quello di comprendere che ciò che andranno a testimoniare con il simbolo della nostra fede, il Credo, non è credibile se non accompagnato da gesti profumati di santità. Come sempre noi catechisti riconosciamo l’impegno espresso dai ragazzi, per noi risorsa inesauribile di speranza. Insieme ai genitori ci sentiamo responsabilmente chiamati a trasmettere, consapevoli dei nostri umani limiti, il dono della fede, che ci porta quotidianamente in gioco nella corsa verso la santità. Un gigantesco grazie alle mamme e ai papà che instancabilmente sono presenti ai nostri ritiri; ai genitori che contano su di noi e ci danno fiducia; agli stupendi nostri ragazzi che presi da svariati impegni, decidono comunque ogni volta di essere presenti agli appuntamenti con Gesù. Per la Quaresima il taglio dei ritiri sarà diverso. La proposta è quella di condividere una giornata di preparazione alla S. Pasqua con ragazzi, genitori, don e catechisti tutti insieme. Crediamoci!
I Catechisti delle Medie
- Essere contemplativi vuol dire prendersi dieci minuti al giorno di silenzio con il Vangelo o in preghiera.
- Essere coerenti significa dimostrare che siamo gente di speranza, gente che sorride, gente che affronta i sacrifici con serenità, che agisce come parla.
- Essere generosi nel servizio dei fratelli consiste nei tanti atti di amore e solidarietà.
- Essere membra attive della Chiesa vuol dire esprimere la vivacità, la disponibilità, l’amore, la capacità di essere testimoni della Chiesa.
- Ciascuno di noi, poi, vuole ed è chiamato ad essere artefice di pace, cominciando dalla famiglia, dalla parrocchia, dal proprio gruppo, nel portare parole di benevolenza, di comprensione e di accoglienza. Ora la decisione spetta ad ognuno di noi. Cosa ho deciso? Desidero continuare a vivere la santità che ho ricevuto gratuitamente nel Battesimo o... ? Le due giornate di ritiro sono state scandite da momenti di preghiera, di condivisione, di lavori di gruppo alternati a momenti di gioco e convivialità, conclusi poi con la S. Messa della domenica. Un momento bello e sempre atteso è stato quello dell’adorazione notturna. Don Samuele dopo aver unto le mani dei ragazzi con olio profumato, gesto che voleva richiamare l’attenzione all’unzione battesimale e della Cresima, ha invitato i ragazzi a riflettere su “come posso riconoscere che sono santo e le azioni che mi rendono più santo”, davanti a Gesù Eucarestia. La Santità ha un suo profumo particolare: “Come incenso spandete un buon profumo, fate fiorire fiori come il giglio, spandete e intonate un canto di lode, benedite il Signore per tutte le opere sue”(Sir 39,14). Il profumo della santità è un dono da chiedere e da investire per farlo fruttare. È il profumo conservato nell’ anfora del nostro cuore attraverso il quale siamo riconosciuti e identificati. Non limitiamoci ad usarlo nei momenti speciali e a risparmiare nella quantità: lasciamo uscire dall’anima il suo profumo, offriamolo in abbondanza, offriamolo tutto. Per i ragazzi di prima media questo percorso è stato adattato per trasmettere loro la consapevolezza che grazie all’unzione che riceveranno il giorno della S. Cresima saranno confermati nella loro santità dallo Spirito Santo, e che senza la sua presenza la corsa alla santità è impossibile. Per i ragazzi di seconda invece il ritiro è servito per rinnovare l’impegno di essere testimoni di Gesù assunto con la Cresima. Per i ragazzi di terza invece, in preparazione alla professione di fede, l’obbiettivo è stato quello di comprendere che ciò che andranno a testimoniare con il simbolo della nostra fede, il Credo, non è credibile se non accompagnato da gesti profumati di santità. Come sempre noi catechisti riconosciamo l’impegno espresso dai ragazzi, per noi risorsa inesauribile di speranza. Insieme ai genitori ci sentiamo responsabilmente chiamati a trasmettere, consapevoli dei nostri umani limiti, il dono della fede, che ci porta quotidianamente in gioco nella corsa verso la santità. Un gigantesco grazie alle mamme e ai papà che instancabilmente sono presenti ai nostri ritiri; ai genitori che contano su di noi e ci danno fiducia; agli stupendi nostri ragazzi che presi da svariati impegni, decidono comunque ogni volta di essere presenti agli appuntamenti con Gesù. Per la Quaresima il taglio dei ritiri sarà diverso. La proposta è quella di condividere una giornata di preparazione alla S. Pasqua con ragazzi, genitori, don e catechisti tutti insieme. Crediamoci!
I Catechisti delle Medie
ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO-ZOGNO ORGANIZZA:
Incontri di formazione per genitori, insegnanti, educatori...
Educazione degli affetti e della sessualità
Relatore: prof. Giuseppe don Belotti
PROGRAMMA E CALENDARIO:
Giovedì 13 gennaio
Sessualità e sviluppo psicoaffettivo:
la capacità di amare
Giovedì 20 gennaio
Il bambino, il corpo, la gestione del piacere;
l’educazione e l’informazione sessuale nell’età scolare
Giovedì 27 gennaio
Preadolescenza e pubertà.
L’adolescenza: amicizia e “amori precoci”
ESTATE 2MILA11
CIAO! ECCO LE PROPOSTE E PRENDI NOTA!!!
3 CRE dal 20 giugno al 15 luglio (iscrizioni a maggio)
3 Dal 18 al 24 luglio TOSCANA
(dalla 3ª media alla 4ª superiore, dalla 5ª in su animatori)
3 Due proposte per MADRID - Giornata Mondiale della gioventù
(dalla 3ª superiore in su e giovani)
• dall’11 al 23 agosto insieme a tutta la Valle Brembana accompagnati da don
Claudio (Ambria) e don Giò (Alta Valle) e don Antonio (S.Pellegrino)
• dal 16 al 23 agosto raggiungendo il nostro gruppo (della Valle) accompagnati
da don Samu (Zogno) e don Raffaele (Brembilla)
Termine iscrizioni Martedì 15 marzo
Dal 25 agosto al 1° settembre TERRASANTA
(catechisti, giovani e chi della nostra comunità desidera partecipare)
ROMANIA ESTATE 2011 Probabilmente: 1-15 agosto (1°turno)
16-31 agosto (2°turno) Termine iscrizioni: 31 maggio 2011
DON ANTONIO MAZZI incontrerà giovani e famiglie e provocherà il dibattito sul tema della vita, contro la droga, l’alcolismo, la cultura dell’abbandono e la morte.
MARTEDÌ 1 FEBBRAIO alle ore 20.30 al Cinema TRIESTE.
Incontri di formazione per genitori, insegnanti, educatori...
Educazione degli affetti e della sessualità
Relatore: prof. Giuseppe don Belotti
PROGRAMMA E CALENDARIO:
Giovedì 13 gennaio
Sessualità e sviluppo psicoaffettivo:
la capacità di amare
Giovedì 20 gennaio
Il bambino, il corpo, la gestione del piacere;
l’educazione e l’informazione sessuale nell’età scolare
Giovedì 27 gennaio
Preadolescenza e pubertà.
L’adolescenza: amicizia e “amori precoci”
ESTATE 2MILA11
CIAO! ECCO LE PROPOSTE E PRENDI NOTA!!!
3 CRE dal 20 giugno al 15 luglio (iscrizioni a maggio)
3 Dal 18 al 24 luglio TOSCANA
(dalla 3ª media alla 4ª superiore, dalla 5ª in su animatori)
3 Due proposte per MADRID - Giornata Mondiale della gioventù
(dalla 3ª superiore in su e giovani)
• dall’11 al 23 agosto insieme a tutta la Valle Brembana accompagnati da don
Claudio (Ambria) e don Giò (Alta Valle) e don Antonio (S.Pellegrino)
• dal 16 al 23 agosto raggiungendo il nostro gruppo (della Valle) accompagnati
da don Samu (Zogno) e don Raffaele (Brembilla)
Termine iscrizioni Martedì 15 marzo
Dal 25 agosto al 1° settembre TERRASANTA
(catechisti, giovani e chi della nostra comunità desidera partecipare)
ROMANIA ESTATE 2011 Probabilmente: 1-15 agosto (1°turno)
16-31 agosto (2°turno) Termine iscrizioni: 31 maggio 2011
DON ANTONIO MAZZI incontrerà giovani e famiglie e provocherà il dibattito sul tema della vita, contro la droga, l’alcolismo, la cultura dell’abbandono e la morte.
MARTEDÌ 1 FEBBRAIO alle ore 20.30 al Cinema TRIESTE.
A COME ASSISI
E ancora...
A come Amore fraterno,
come Amicizia,
come Armonia,
come Allegria,
come Affidamento.
Don Samuele ha proposto anche quest’anno al gruppo di terza media un pellegrinaggio ad Assisi, invitandoci poi a raccogliere i pensieri che ci risuonano nel cuore dopo l’esperienza vissuta. Eccone alcuni:
Sono felice di aver accompagnato i ragazzi ad Assisi. La gioia, l’energia, la vitalità dei ragazzi è sempre positiva e Assisi ha reso tutto questo speciale e benefico. Ho percepito una particolare sintonia tra noi catechisti/animatori e i ragazzi e ho pensato che forse a dirigere tutto sia stata la dolce presenza del nostro grande Maestro Gesù. Nella preghiera la mia tenerezza è stata soprattutto per i ragazzi, vedere come questo grande mistero che è la fede sta prendendo posto nel loro cuore. Li ho visti consapevoli che essere cristiani non è facile; ma gioiosi e determinati, per quanto hanno vissuto nei tre giorni di vita comune, a portare a termine gli impegni presi, fino alla professione di fede e contenti di essere nella comunità e nella Chiesa perché amati.
Franca
Che soddisfazione condividere tempi, spazi, emozioni e fatiche con ragazzi che stanno crescendo e prendendo decisioni importanti; e riconoscere, anche nei loro gesti più semplici, che han saputo mettere in pratica un tuo consiglio e ciò non può non toccarti il cuore... Quello che mi ha dato la conferma del salto di maturità che i ragazzi stanno compiendo è stata la capacità che hanno avuto di farsi contagiare dalla semplicità che c’è nell’aria di Assisi, dove tutto sembra essere racchiuso in un’atmosfera davvero particolare... Quello che ognuno di noi sicuramente si è portato a casa dopo questi 3 giorni è la semplicità nelle relazioni, nella preghiera, nel decidere come e con chi trascorrere il nostro tempo e nel modo di pensare e fare scelte! Per far veramente tesoro di questa esperienza di Assisi bisogna saper portare con sé questa atmosfera nella vita di tutti i giorni e far in modo che chi ci sta intorno sappia accorgersene! Forza ragazzi!
Michele
Mi è piaciuto molto il piccolo ritiro che abbiamo fatto ad Assisi, ci sono stati molti momenti di preghiera ma non sono stati molto pesanti perché eravamo tutti molto seri e concentrati sul senso che avevano. Forse è stato anche grazie agli amici che ci hanno aiutato ad affrontare le cose, sempre in modo serio, ma più leggero.
Nicole
Ad Assisi mi sono divertito molto ma sono stato serio nei momenti di preghiera che mi ha aiutato nella scelta della scuola e altre cose. Il viaggio è stato un po’ lungo però mi sono divertito lo stesso.
Mattia
Ad Assisi ho potuto migliorare e approfondire il rapporto con alcune mie compagne o compagni; l’amicizia è molto importante in questo cammino verso la professione di fede, perché ti puoi confrontare e aiutare a vicenda. L’altro aspetto è che mi sono sentita più vicina al Signore e questo era il mio obiettivo. Devo ammettere che è stato molto difficile perché devi metterci il cuore e l’impegno. Le nostre catechiste/i sono stati molto vicini a noi, con il loro aiuto siamo riusciti a raggiungere il Signore. Ringrazio loro e il Don che ci hanno accompagnati in questo viaggio che personalmente non dimenticherò MAI!!
Alice
I 3 giorni ad Assisi sono stati molto belli. Sono stati utili perché con questa esperienza ci siamo avvicinati a San Francesco, che ci insegna ad avvicinarci a Dio. È stata bella anche perché ci siamo avvicinati di più fra noi amici seguendo la Parola del Signore.
Diego
Mi è piaciuto davvero molto andare ad Assisi e intraprendere questa meravigliosa esperienza. Ho conosciuto meglio nuove persone e mi sono divertita in ogni momento. Mi ha affascinata molto la visita all’Eremo, anche se è stato faticoso arrivarci ma ne è valsa veramente la pena. Qui ho partecipato, secondo me, a una delle Messe più belle che ha celebrato don Samuele. Un’altro momento entusiasmante, in cui devo dire che mi sono emozionata, è stata l’ultima Messa, proprio davanti alla tomba di san Francesco. Lì ognuno di noi ha preso degli impegni da portare fino alla Professione di fede e li ha letti davanti a tutti. Come ultima cosa, il posto che mi è piaciuto di più è stato San Damiano, quella piccola chiesa in mezzo agli ulivi e ai campi. Se chiudevo gli occhi mi immaginavo come poteva essere nel silenzio senza la gente, veramente fantastico. Ringrazio tutti per questa magnifica esperienza perché ho capito cosa è la professione di fede e la sua importanza.
Roberta
È stata un’esperienza bellissima. È stata anche impegnativa perché non ero molto abituata ad andare a Messa tutti i giorni, ma tutto sommato sono state celebrazioni semplici e adeguate. La cosa che mi è piaciuta di più è stata quella della preghiera della domenica sera, quando all’hotel abbiamo preso degli impegni da portare fino alla professione di fede che abbiamo poi presentato al Signore durante la S. Messa alla tomba di San Francesco. Spero in futuro di poter rifare questa esperienza, che mi fa capire la vita di persone che hanno creduto in Dio e si sono sacrificate per sempre con gioia a Lui.
Paola
L’esperienza dei 3 giorni vissuti ad Assisi è stata molto bella per il perfetto connubio tra gioco e preghiera. Il “dosaggio” di questi 2 “ingredienti” è stato semplicemente ottimo. L’intensità della preghiera e la bellezza del gioco. Nel viaggio a piedi all’eremo, pur non essendo un grande scalatore, non mi sono stancato, mi è sembrato come se qualcuno mi desse la forza. Mi sono stupito delle numerose chiese e dei presepi giganti fuori dalle due basiliche con personaggi ad altezza naturale. La caccia al tesoro è stata anch’essa molto divertente.
M.
P.S. dopo questa esperienza sono riuscito a capire il vero significati della carità.
Nei 3 giorni vissuti ad Assisi, mi sono divertita molto soprattutto quando abbiamo fatto il gioco notturno per il centro storico. Mi ha molto affascinato la città e soprattutto la chiesa di San Francesco. Ho pensato a quanto sacrificio ha fatto San Francesco anche se i suoi genitori erano contrari a quel tipo di vita, ma non si è lasciato persuadere e ha continuato per la sua strada. Mi ha colpito il suo comportamento perché è una scelta difficile da affrontare. È stato molto bello andare all’eremo, anche se faticoso!!! però una volta arrivata mi sono trovata subito contenta, cosi ho potuto visitare il luogo dove il Santo si rifugiava per pregare. Questo viaggio è stato molto divertente e anche istruttivo, mi sono divertita. Mi piacerebbe tornarci cosi da poter visitare meglio la meravigliosa città.
S.
Il viaggio ad Assisi mi ha fatto molto riflettere, ho veramente capito quanto Dio nella mia vita è davvero importante. Credo che questa esperienza mi sia servita per affermare la mia fede. Oltre alla riflessione mi sono molto divertita soprattutto nel gioco notturno. Devo dire che noi ragazzi ci siamo comportati bene, e il Don e le nostre catechiste si sono davvero meravigliati. Inoltre abbiamo camminato tantissimo fino all’eremo, uff che fatica!!! Faceva molto freddo e c’era molta aria... L’ hotel era confortevole a parte il mangiare (perché usavano sempre tartufo e spezie e a me non piacciono). Sono molto felice di aver vissuto questa meravigliosa esperienza, spero di rifarne un’altra.
Greta
I tre giorni ad Assisi sono stati molto intensi, ogni più piccolo momento richiedeva tanta concentrazione e attenzione. La città di Assisi è bella e mi è piaciuto visitarla. È stato bello stare insieme, approfondire l’amicizia con qualcuno e trovare nuove amiche, un po’ lungo il viaggio.
Letizia
Ad Assisi mi sono stupito per la moltitudine di chiese ed ognuna ospitava molti fedeli. Assisi di sera, tutta illuminata, sembrava un presepe vivente e infatti ho scoperto che fu San Francesco ad inventare il presepe. Pensare ad Assisi, ora, mi ha ispirato questa idea perché ricordo che c’era un clima di pace e le luci non erano accecanti ma soffuse, delicate e dolci.
Nicola
Ad Assisi mi sono divertito molto, soprattutto nel gioco: raggiungendo vari luoghi che avevamo visitato in giornata, dovevamo poi lì risolvere alcuni dilemmi. A me è piaciuta molto la chiesa di S. Maria degli Angeli, una chiesa grandissima al cui interno c’è la Porziuncola (una chiesa molto piccola). L’unica cosa che non mi è piaciuta è stato il cibo al ristorante. Mi è piaciuta molto questa esperienza e spero di farne una simile in Toscana.
Andrea
Santa Maria degli Angeli, Giorgio l’ha definita una chiesa “incinta”. Grazie Giorgio per questa tua brillante affermazione! Per ragioni di spazio abbiamo dovuto scegliere i pensieri scritti, ma quelli non presenti vi assicuriamo che sono altrettanto belli! Durante la preghiera abbiamo ricordato gli amici e le catechiste che non sono potuti venire, le famiglie, don Angelo e tutta la comunità. Un particolare grazie a Martina, Davide, Marco, Mauro (mitico Paci), Daniela e Marzia, gli animatori che ci hanno accompagnato. Un grazie di cuore ad Agnese che con la sua semplice presenza ha portato al gruppo quella speciale gioia che... tocca il cuore. Grazie ai genitori e a chi ha pregato per noi. Grazie alle suore di clausura che ci hanno custodito nel loro cuore. Grazie e lode a Dio Padre.
I catechisti
A come Amore fraterno,
come Amicizia,
come Armonia,
come Allegria,
come Affidamento.
Don Samuele ha proposto anche quest’anno al gruppo di terza media un pellegrinaggio ad Assisi, invitandoci poi a raccogliere i pensieri che ci risuonano nel cuore dopo l’esperienza vissuta. Eccone alcuni:
Sono felice di aver accompagnato i ragazzi ad Assisi. La gioia, l’energia, la vitalità dei ragazzi è sempre positiva e Assisi ha reso tutto questo speciale e benefico. Ho percepito una particolare sintonia tra noi catechisti/animatori e i ragazzi e ho pensato che forse a dirigere tutto sia stata la dolce presenza del nostro grande Maestro Gesù. Nella preghiera la mia tenerezza è stata soprattutto per i ragazzi, vedere come questo grande mistero che è la fede sta prendendo posto nel loro cuore. Li ho visti consapevoli che essere cristiani non è facile; ma gioiosi e determinati, per quanto hanno vissuto nei tre giorni di vita comune, a portare a termine gli impegni presi, fino alla professione di fede e contenti di essere nella comunità e nella Chiesa perché amati.
Franca
Che soddisfazione condividere tempi, spazi, emozioni e fatiche con ragazzi che stanno crescendo e prendendo decisioni importanti; e riconoscere, anche nei loro gesti più semplici, che han saputo mettere in pratica un tuo consiglio e ciò non può non toccarti il cuore... Quello che mi ha dato la conferma del salto di maturità che i ragazzi stanno compiendo è stata la capacità che hanno avuto di farsi contagiare dalla semplicità che c’è nell’aria di Assisi, dove tutto sembra essere racchiuso in un’atmosfera davvero particolare... Quello che ognuno di noi sicuramente si è portato a casa dopo questi 3 giorni è la semplicità nelle relazioni, nella preghiera, nel decidere come e con chi trascorrere il nostro tempo e nel modo di pensare e fare scelte! Per far veramente tesoro di questa esperienza di Assisi bisogna saper portare con sé questa atmosfera nella vita di tutti i giorni e far in modo che chi ci sta intorno sappia accorgersene! Forza ragazzi!
Michele
Mi è piaciuto molto il piccolo ritiro che abbiamo fatto ad Assisi, ci sono stati molti momenti di preghiera ma non sono stati molto pesanti perché eravamo tutti molto seri e concentrati sul senso che avevano. Forse è stato anche grazie agli amici che ci hanno aiutato ad affrontare le cose, sempre in modo serio, ma più leggero.
Nicole
Ad Assisi mi sono divertito molto ma sono stato serio nei momenti di preghiera che mi ha aiutato nella scelta della scuola e altre cose. Il viaggio è stato un po’ lungo però mi sono divertito lo stesso.
Mattia
Ad Assisi ho potuto migliorare e approfondire il rapporto con alcune mie compagne o compagni; l’amicizia è molto importante in questo cammino verso la professione di fede, perché ti puoi confrontare e aiutare a vicenda. L’altro aspetto è che mi sono sentita più vicina al Signore e questo era il mio obiettivo. Devo ammettere che è stato molto difficile perché devi metterci il cuore e l’impegno. Le nostre catechiste/i sono stati molto vicini a noi, con il loro aiuto siamo riusciti a raggiungere il Signore. Ringrazio loro e il Don che ci hanno accompagnati in questo viaggio che personalmente non dimenticherò MAI!!
Alice
I 3 giorni ad Assisi sono stati molto belli. Sono stati utili perché con questa esperienza ci siamo avvicinati a San Francesco, che ci insegna ad avvicinarci a Dio. È stata bella anche perché ci siamo avvicinati di più fra noi amici seguendo la Parola del Signore.
Diego
Mi è piaciuto davvero molto andare ad Assisi e intraprendere questa meravigliosa esperienza. Ho conosciuto meglio nuove persone e mi sono divertita in ogni momento. Mi ha affascinata molto la visita all’Eremo, anche se è stato faticoso arrivarci ma ne è valsa veramente la pena. Qui ho partecipato, secondo me, a una delle Messe più belle che ha celebrato don Samuele. Un’altro momento entusiasmante, in cui devo dire che mi sono emozionata, è stata l’ultima Messa, proprio davanti alla tomba di san Francesco. Lì ognuno di noi ha preso degli impegni da portare fino alla Professione di fede e li ha letti davanti a tutti. Come ultima cosa, il posto che mi è piaciuto di più è stato San Damiano, quella piccola chiesa in mezzo agli ulivi e ai campi. Se chiudevo gli occhi mi immaginavo come poteva essere nel silenzio senza la gente, veramente fantastico. Ringrazio tutti per questa magnifica esperienza perché ho capito cosa è la professione di fede e la sua importanza.
Roberta
È stata un’esperienza bellissima. È stata anche impegnativa perché non ero molto abituata ad andare a Messa tutti i giorni, ma tutto sommato sono state celebrazioni semplici e adeguate. La cosa che mi è piaciuta di più è stata quella della preghiera della domenica sera, quando all’hotel abbiamo preso degli impegni da portare fino alla professione di fede che abbiamo poi presentato al Signore durante la S. Messa alla tomba di San Francesco. Spero in futuro di poter rifare questa esperienza, che mi fa capire la vita di persone che hanno creduto in Dio e si sono sacrificate per sempre con gioia a Lui.
Paola
L’esperienza dei 3 giorni vissuti ad Assisi è stata molto bella per il perfetto connubio tra gioco e preghiera. Il “dosaggio” di questi 2 “ingredienti” è stato semplicemente ottimo. L’intensità della preghiera e la bellezza del gioco. Nel viaggio a piedi all’eremo, pur non essendo un grande scalatore, non mi sono stancato, mi è sembrato come se qualcuno mi desse la forza. Mi sono stupito delle numerose chiese e dei presepi giganti fuori dalle due basiliche con personaggi ad altezza naturale. La caccia al tesoro è stata anch’essa molto divertente.
M.
P.S. dopo questa esperienza sono riuscito a capire il vero significati della carità.
Nei 3 giorni vissuti ad Assisi, mi sono divertita molto soprattutto quando abbiamo fatto il gioco notturno per il centro storico. Mi ha molto affascinato la città e soprattutto la chiesa di San Francesco. Ho pensato a quanto sacrificio ha fatto San Francesco anche se i suoi genitori erano contrari a quel tipo di vita, ma non si è lasciato persuadere e ha continuato per la sua strada. Mi ha colpito il suo comportamento perché è una scelta difficile da affrontare. È stato molto bello andare all’eremo, anche se faticoso!!! però una volta arrivata mi sono trovata subito contenta, cosi ho potuto visitare il luogo dove il Santo si rifugiava per pregare. Questo viaggio è stato molto divertente e anche istruttivo, mi sono divertita. Mi piacerebbe tornarci cosi da poter visitare meglio la meravigliosa città.
S.
Il viaggio ad Assisi mi ha fatto molto riflettere, ho veramente capito quanto Dio nella mia vita è davvero importante. Credo che questa esperienza mi sia servita per affermare la mia fede. Oltre alla riflessione mi sono molto divertita soprattutto nel gioco notturno. Devo dire che noi ragazzi ci siamo comportati bene, e il Don e le nostre catechiste si sono davvero meravigliati. Inoltre abbiamo camminato tantissimo fino all’eremo, uff che fatica!!! Faceva molto freddo e c’era molta aria... L’ hotel era confortevole a parte il mangiare (perché usavano sempre tartufo e spezie e a me non piacciono). Sono molto felice di aver vissuto questa meravigliosa esperienza, spero di rifarne un’altra.
Greta
I tre giorni ad Assisi sono stati molto intensi, ogni più piccolo momento richiedeva tanta concentrazione e attenzione. La città di Assisi è bella e mi è piaciuto visitarla. È stato bello stare insieme, approfondire l’amicizia con qualcuno e trovare nuove amiche, un po’ lungo il viaggio.
Letizia
Ad Assisi mi sono stupito per la moltitudine di chiese ed ognuna ospitava molti fedeli. Assisi di sera, tutta illuminata, sembrava un presepe vivente e infatti ho scoperto che fu San Francesco ad inventare il presepe. Pensare ad Assisi, ora, mi ha ispirato questa idea perché ricordo che c’era un clima di pace e le luci non erano accecanti ma soffuse, delicate e dolci.
Nicola
Ad Assisi mi sono divertito molto, soprattutto nel gioco: raggiungendo vari luoghi che avevamo visitato in giornata, dovevamo poi lì risolvere alcuni dilemmi. A me è piaciuta molto la chiesa di S. Maria degli Angeli, una chiesa grandissima al cui interno c’è la Porziuncola (una chiesa molto piccola). L’unica cosa che non mi è piaciuta è stato il cibo al ristorante. Mi è piaciuta molto questa esperienza e spero di farne una simile in Toscana.
Andrea
Santa Maria degli Angeli, Giorgio l’ha definita una chiesa “incinta”. Grazie Giorgio per questa tua brillante affermazione! Per ragioni di spazio abbiamo dovuto scegliere i pensieri scritti, ma quelli non presenti vi assicuriamo che sono altrettanto belli! Durante la preghiera abbiamo ricordato gli amici e le catechiste che non sono potuti venire, le famiglie, don Angelo e tutta la comunità. Un particolare grazie a Martina, Davide, Marco, Mauro (mitico Paci), Daniela e Marzia, gli animatori che ci hanno accompagnato. Un grazie di cuore ad Agnese che con la sua semplice presenza ha portato al gruppo quella speciale gioia che... tocca il cuore. Grazie ai genitori e a chi ha pregato per noi. Grazie alle suore di clausura che ci hanno custodito nel loro cuore. Grazie e lode a Dio Padre.
I catechisti
“UNA GIOVANE VITA COMUNE”
Come molti altri lunedì mi avvio anche oggi in oratorio... il gruppo Ado aspetta anche sotto la neve..questi 80 ragazzi sanno il fatto loro a quanto sembra!!! Entro in sala stampa per un saluto agli altri animatori e inconsapevolmente i miei occhi si soffermano sul calendario... nooo... non è possibile... lo guardo e lo riguardo ma alla fine non posso fare a meno di costatare che oggi è proprio l’ultimo lunedì del gruppo Ado del 2mila10! Due pensieri irrompono subito nella mia mente... il primo ... un po’ malinconico... questo bellissimo anno (!!!) sta per finire; il secondo è molto più positivo... mancano solamente sette giorni alla nostra rinomata “Vita comune” e.... tadan...È tutto già pronto!!! Impensabile!! Sembra che tutti i presenti mi abbiano letto dentro perché un sorriso di gioia riempie la sala...I turni di pulizia, i gruppi (ben 51 ragazzi!), gli orari, i quintali di cibo (mangiano tanto: devono crescere!), le serate, l’adorazione notturna e perfino i famigerati “lavori di gruppo” appaiono sul desktop del PC... miracolo!!??! Nooo... probabilmente solo questione di qualche “pressione” in più sui nostri ragazzi di 5ª superiore che quest’anno avevano l’arduo compito di preparare le tanto (in) aspettate ore di “vero lavoro”, che durante la vita comune rappresentano un giusto momento di stop in mezzo al frastuono (positivo, eh!) dei quattro giorni..il frastuono che ha portato il nostro factotum don Samu verso la ricerca del tema... avete due secondi per pensare... pronti?... ci siete arrivati?! Ma si è facile! Durante questi lavori di gruppo, parlare di semplicità è sembrata una cosa adatta!!! “La bellezza del bianco come la sintesi di tutti i colori (Dante)”; “Un mistero che è il riflesso in noi di una luce divina”; “Il sorriso di un bimbo”; “L’essenziale è invisibile agli occhi”. Con questi brevi ma intensi input i nostri amici di 5ª sono partiti per cercare un contesto adatto e nello stesso momento esplicativo, da proporre ai ragazzi nella vita comune. Da animatrice presente in quel momento potrei dipingere il punto di domanda che quei dieci ragazzi avevano stampato sul volto... la richiesta d’aiuto, il vuoto cosmico che aleggiava nelle loro menti... beh effettivamente come prima volta l’inizio era piuttosto tosto! Conoscendoli sapevo però che, orgogliosi come sono, non si sarebbero lasciati intimorire facilmente ed infatti così è stato ... superata la prima fase di spaesamento e rimboccate le maniche (a forza di dire, fare... guarda che otteniamo il primo frutto!) alla data stabilita il lavoro di gruppo è pronto... il risultato non è proprio niente male! Per la prima parte iniziale i ragazzi hanno deciso di mettersi addirittura in gioco e di proporre ai loro (quasi) coetanei una parte recitata che, tramite diversi oggetti e differenti effetti luminosi, facesse ritrovare la semplicità nelle varie fasi di crescita dell’uomo... Un tenero Winnie Pooh ha aperto così la scena con la sua voglia di coccole e tenerezze, per poi arrivare, passando da un i-phone 4 e da un orologio all’ultimo oggetto simbolo della semplicità estrema: la Bibbia... solo grazie ad una stella fissa verso cui dirigere i nostri passi anche quando tutto sembra prendere una brutta piega, il cammino sembra meno altalenante. Dopo una riflessione personale fatta a piccoli gruppi su cosa appunto fosse l’essenzialità e la semplicità, i ragazzi hanno deciso di concludere l’incontro con un piccolo e divertente giochino.. trovare “la ricetta della semplicità” con l’apposita lista degli ingredienti e le modalità di preparazione... trasformandosi così tutti in provetti cuochi! Direi che il bilancio può essere positivo per questi giovani nuovi animatori, che hanno saputo fare squadra per mettersi al servizio degli altri Ado; un impegno profuso anche durante l’intero svolgersi della vita comune, anche se qualcuno di loro in alcuni casi si è un po’ scordato del nuovo ruolo e non ha saputo resistere al richiamo dell’adolescenza... trasformandosi per un momento da animatore ad “aizzatore...”Niente musi lunghi... la tiratina d’orecchi era doverosa! Il vostro cammino, come sapete, non è ancora finito! Altrimenti noi poi che facciamo?! In fin dei conti, spero che tutto ciò sia di buon auspicio e soprattutto d’esempio per gli altri Ado più “piccoli”... Che dire... semplicemente GRAZIE RAGAZZI!!!
Uno di noi
Uno di noi
Gruppo Giovani Interparrocchiale
Un grazie di cuore a tutti coloro che in vari modi hanno collaborato alla raccolta fondi pro-Romania, attraverso la vendita torte e lavoretti sul sagrato della Chiesa e alla bancarella in paese nel giorno 12 dicembre 2010. Il totale raccolto, incluse le adozioni a distanza è di € 2.665,00
S. GIOVANNI BOSCO 29 GENNAIO-06 FEBBRAIO 2MILA11
“SETTIMANA SULLA PREVENZIONE”
PROGRAMMA:
SABATO 29.01
h 14.45 ritiro genitori e bambini di 1 elementare.
h 18.00 S. Messa in Parrocchia
DOMENICA 30.01
h 17.15 Iscrizioni grande gioco delle medie e delle elementari
h 17.30 grande falò in oratorio e processione con statua del Santo verso la Chiesa Parrocchiale
h 18.00 S. Messa
h 20.30 Adorazione Eucaristica per giovani in Parrocchia
LUNEDÌ 31.01
h 17.45 incontro Ado: “Dipendenza dall’Informatica”
relaziona la cooperativa SOLCO di S. Pellegrino Terme
h 20.30 S. MESSA VICARIALE A BREMBILLA
MARTEDÌ 01.02
h 20.30 in oratorio presso Cinema Trieste
incontro con don ANTONIO MAZZI dal tema: “DIPENDENZA DALLA DROGA”
MERCOLEDÌ 02.02
h 20.30 incontro genitori in oratorio: “Dipendenza dall’Informatica”
relaziona la cooperativa SOLCO di S. Pellegrino Terme
GIOVEDÌ 03.02
h 21.00 Film di qualità: Quella sera dorata - Cinema Trieste Zogno
VENERDÌ 04.02
h 20.00 Adorazione Eucaristica in Chiesa Parrocchiale aperta a tutta la comunità in particolar modo ai genitori e ai catechisti
SABATO 05.01
h 14.30 giochi per i ragazzi delle elementari, a seguire merenda per tutti
h 18.30 pizzata medie, a seguire GRANDE GIOCO
DOMENICA 06.02
h 11.00 S. Messa “Giornata per la vita” animata dai bambini di 2 elementare
h 18.30 Gruppo-Ado ritrovo in oratorio per fiaccolata sul monte, a seguire cena in Oratorio
Un grazie di cuore a tutti coloro che in vari modi hanno collaborato alla raccolta fondi pro-Romania, attraverso la vendita torte e lavoretti sul sagrato della Chiesa e alla bancarella in paese nel giorno 12 dicembre 2010. Il totale raccolto, incluse le adozioni a distanza è di € 2.665,00
S. GIOVANNI BOSCO 29 GENNAIO-06 FEBBRAIO 2MILA11
“SETTIMANA SULLA PREVENZIONE”
PROGRAMMA:
SABATO 29.01
h 14.45 ritiro genitori e bambini di 1 elementare.
h 18.00 S. Messa in Parrocchia
DOMENICA 30.01
h 17.15 Iscrizioni grande gioco delle medie e delle elementari
h 17.30 grande falò in oratorio e processione con statua del Santo verso la Chiesa Parrocchiale
h 18.00 S. Messa
h 20.30 Adorazione Eucaristica per giovani in Parrocchia
LUNEDÌ 31.01
h 17.45 incontro Ado: “Dipendenza dall’Informatica”
relaziona la cooperativa SOLCO di S. Pellegrino Terme
h 20.30 S. MESSA VICARIALE A BREMBILLA
MARTEDÌ 01.02
h 20.30 in oratorio presso Cinema Trieste
incontro con don ANTONIO MAZZI dal tema: “DIPENDENZA DALLA DROGA”
MERCOLEDÌ 02.02
h 20.30 incontro genitori in oratorio: “Dipendenza dall’Informatica”
relaziona la cooperativa SOLCO di S. Pellegrino Terme
GIOVEDÌ 03.02
h 21.00 Film di qualità: Quella sera dorata - Cinema Trieste Zogno
VENERDÌ 04.02
h 20.00 Adorazione Eucaristica in Chiesa Parrocchiale aperta a tutta la comunità in particolar modo ai genitori e ai catechisti
SABATO 05.01
h 14.30 giochi per i ragazzi delle elementari, a seguire merenda per tutti
h 18.30 pizzata medie, a seguire GRANDE GIOCO
DOMENICA 06.02
h 11.00 S. Messa “Giornata per la vita” animata dai bambini di 2 elementare
h 18.30 Gruppo-Ado ritrovo in oratorio per fiaccolata sul monte, a seguire cena in Oratorio
CARNEVALE 2mila11
CHI ÉL OL DON SAMÙ?
A l’è’l cürat de Zógn
che l’cüra po’a’la bàrba
per no parì amó tus,
iscé a töcc l’ghe gàrba!
Mè dì che l’è simpàtech
per fàs capì de töcc
a’ sènsa derf la bóca
col spalancà i sò öcc!
Che i pàr pròpe de lince
che i te sorprènt de ùl
per fàt sübet capì
che l’è nasìt al sùl!
Al rìa sigür’ndo l’völ
a tiràs dré i sò “Ado”
in finà’n có al mónt
per dàga in po’de svàgo!
Se l’ès de fà ‘l preòst
l’ghe ederès bèl ciàr
per fà sübet cariéra
a’ sènsa tirà ‘l càr!
In fì, a l’è a’balòs
pròpe compàgn dei gàcc
che i völ parì’ndormècc
per sanfà al vùl i ràcc!
L’amico Mons. Giulio Gabanelli
che l’cüra po’a’la bàrba
per no parì amó tus,
iscé a töcc l’ghe gàrba!
Mè dì che l’è simpàtech
per fàs capì de töcc
a’ sènsa derf la bóca
col spalancà i sò öcc!
Che i pàr pròpe de lince
che i te sorprènt de ùl
per fàt sübet capì
che l’è nasìt al sùl!
Al rìa sigür’ndo l’völ
a tiràs dré i sò “Ado”
in finà’n có al mónt
per dàga in po’de svàgo!
Se l’ès de fà ‘l preòst
l’ghe ederès bèl ciàr
per fà sübet cariéra
a’ sènsa tirà ‘l càr!
In fì, a l’è a’balòs
pròpe compàgn dei gàcc
che i völ parì’ndormècc
per sanfà al vùl i ràcc!
L’amico Mons. Giulio Gabanelli
LA SETTIMANA DELLA PREVENZIONE CON DON GIUSEPPE BELOTTI
Il nostro oratorio ha deciso di non accontentarsi di essere a malapena conduttore di annunci facili da recepire e intrisi solo di “opinioni comuni”: lo ha dimostrato ampiamente quest’anno durante la settimana di S. Giovanni Bosco dal tema “La settimana della prevenzione”, il mese scorso. Lo ha dimostrato nelle scelte oculate compiute “in primis” a favore dei ragazzi e offrendo ai loro genitori e educatori l’occasione di partecipare a serate sul tema della prevenzione con relatori importanti.
Tre giovedì sera, nel mese di gennaio, hanno visto ospite nel salone dell’oratorio Don Belotti, apprezzato e conosciuto da moltissimi... Sono stati gli animatori del percorso di preparazione al matrimonio che dopo alcuni anni, hanno colto nelle giovani coppie di fidanzati la difficoltà nel percepire il profondo e vero significato che intercorre tra la sessualità-corporeità e l’intimità-affettività. Da qui il desiderio di rivolgersi a Don Giuseppe Belotti per un suo intervento ai corsi, volutamente allargato poi a tutta la comunità degli educatori, giovani, adulti e... più maturi! La sua risposta-provocazione è stata forte: “non posso venire a parlare di sessualità a persone già “grandi”, ma vengo perché voglio parlare innanzitutto di educazione prima all’intimità per poi dire della sessualità e affettività a genitori che hanno figli ancora piccoli!!!”. Qui abbiamo capito che la sua premura era rivolta a genitori ed educatori di bambini e di ragazzi per una ragione ben chiara: quella del “cerchiamo di salvare il salvabile!”. Importante in educazione è creare solide fondamenta nella struttura psico-fisica e spirituale della persona, per permettere al bambino una crescita sana e robusta. Fondamentali i primi anni di vita. Riportiamo in grassetto alcune sue importanti considerazioni. “…le esperienze positive e negative dei primi anni di vita lasciano un segno spesso indelebile sull’uomo di domani, sul modo di gestire il proprio corpo, la propria sessualità, le proprie relazioni d’amore...”. Medicare e guarire in futuro le lesioni e le fratture accadute nella crescita, quando la persona è ormai adulta, comporta interventi lunghi e spesso dolorosi. L’attiva e numerosa partecipazione di genitori, insegnanti, educatori e catechisti ci ha fatto capire che la “sfida educativa” sta a cuore a tutta la comunità ed è responsabilità di tutti. Il “lievito buono” che può permettere di creare un ambiente fertile non può che essere una rete di relazioni tra famiglie, famiglie e scuola, soprattutto famiglie e oratorio individuando così nuove modalità di collaborazioni “... come sarebbe bello vedere coppie di genitori fare catechismo insieme!”. Ardua impresa tentare di concentrare in poche righe il contenuto delle tre intense serate. Riportiamo a mo' di flash alcuni passaggi: Non si può continuare a vivere come i media ci vogliono imporre pensando che “tutto ruota intorno a me”; dobbiamo crescere i nostri ragazzi non nella logica del “piacere-tutto-subito-sempre”, ma donare loro il valore dell’attesa, della pazienza, senza la paura della componente della sofferenza che le esperienze della vita contengono. Impariamo ad essere più fermi e coerenti, con delle regole precise. Insegniamo loro a riconoscere e a dare un nome alle emozioni e ai sentimenti, a sapersi amare affinché diventino adulti che sapranno amare e distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Educhiamoli ad aprirsi all’ altro, ma soprattutto all’Altro, al trascendente: “dal centro di se all’apertura al mondo”. Per fare ciò, educhiamoli all’appartenenza emozionale di sè a sè stessi, cioè ad abituarsi ad avere amore verso di sè, poter disporre di sè per poi donarsi ad un progetto. Don Giuseppe a tratti ha usato persino vocaboli che possano sembrare fuori moda: castità, coniuge, giogo. Educare alla castità nelle relazioni, nel linguaggio, nella misura dell’esibire il proprio corpo, nel rapporto con il cibo, con l’abbigliamento. Questo non è facile perché anche noi adulti ci esibiamo troppo o ci presentiamo ai bambini nudi: non solo nel senso fisico ma non rispettando la nostra personale intimità, singola e di coppia. Gli spazi di intimità personale e di coppia sono sfondati, tutto è reso legittimo a fronte di quella libertà che sta solo creando confusioni. Confusioni di spazi, di identità, di ruoli. Genitori che fanno gli amici dei figli! Mamme che vestono come le figlie adolescenti! Desiderio di autonomia sociale precoce che porta poi alla precocità mentale: le madri non sono più custodi della verginità delle figlie ma sono loro a spalancare la porta della cameretta perché la prima volta sia un debutto felice. Coniuge, ovvero portare insieme il giogo. È stato ribadito più volte che importante nella vita è aiutare i figli a differenziarsi dai genitori: i figli sono prima di tutto figli di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza, ognuno con una sua propria identità, non li possiamo sperare a immagine nostra o come noi li vogliamo. Loro sono altro da noi e si devono riconoscere loro, altro da noi; devono saper tagliare il cordone ombelicale che li lega a noi per aprirsi all’altro, per costruire legami di amicizia ma soprattutto per formare una loro famiglia; aiutiamoli a comprendere che ogni scelta che saranno chiamati a fare non deve essere per tentativi, ma mossa dal desiderio di stabilità, malgrado la componente di sacrificio che richiede. Quanto si potrebbe dire!!! Molti di noi conoscono da tempo don Giuseppe, abbiamo partecipato forse più volte ai suoi incontri; non possiamo non riconoscere che il colore del linguaggio che usa, i contenuti, l’immediatezza nella comprensione del messaggio che vuole consegnare, gli esempi reali, la concretezza delle situazioni che presenta, ci portano ogni volta a ritrovare in lui e in noi nuove e sane provocazioni; che ci permettono di leggere, rivedere e reimpostare il nostro ruolo di educatori. Certo è, che ne siamo usciti tutti “ricaricati” e pronti a partire per questa avventura che è veramente una sfida, la “sfida educativa”. Abbiamo colto la consapevolezza che “non siamo genitori onnipotenti ma se sappiamo guardare in alto e ci lasciamo guidare da Lui. l'Amante per eccellenza, sicuramente daremo il meglio di noi ai nostri figli e doneremo alle nostre città ragazzi amanti della vita...
Gli animatori del gruppo fidanzati e i catechisti
Tre giovedì sera, nel mese di gennaio, hanno visto ospite nel salone dell’oratorio Don Belotti, apprezzato e conosciuto da moltissimi... Sono stati gli animatori del percorso di preparazione al matrimonio che dopo alcuni anni, hanno colto nelle giovani coppie di fidanzati la difficoltà nel percepire il profondo e vero significato che intercorre tra la sessualità-corporeità e l’intimità-affettività. Da qui il desiderio di rivolgersi a Don Giuseppe Belotti per un suo intervento ai corsi, volutamente allargato poi a tutta la comunità degli educatori, giovani, adulti e... più maturi! La sua risposta-provocazione è stata forte: “non posso venire a parlare di sessualità a persone già “grandi”, ma vengo perché voglio parlare innanzitutto di educazione prima all’intimità per poi dire della sessualità e affettività a genitori che hanno figli ancora piccoli!!!”. Qui abbiamo capito che la sua premura era rivolta a genitori ed educatori di bambini e di ragazzi per una ragione ben chiara: quella del “cerchiamo di salvare il salvabile!”. Importante in educazione è creare solide fondamenta nella struttura psico-fisica e spirituale della persona, per permettere al bambino una crescita sana e robusta. Fondamentali i primi anni di vita. Riportiamo in grassetto alcune sue importanti considerazioni. “…le esperienze positive e negative dei primi anni di vita lasciano un segno spesso indelebile sull’uomo di domani, sul modo di gestire il proprio corpo, la propria sessualità, le proprie relazioni d’amore...”. Medicare e guarire in futuro le lesioni e le fratture accadute nella crescita, quando la persona è ormai adulta, comporta interventi lunghi e spesso dolorosi. L’attiva e numerosa partecipazione di genitori, insegnanti, educatori e catechisti ci ha fatto capire che la “sfida educativa” sta a cuore a tutta la comunità ed è responsabilità di tutti. Il “lievito buono” che può permettere di creare un ambiente fertile non può che essere una rete di relazioni tra famiglie, famiglie e scuola, soprattutto famiglie e oratorio individuando così nuove modalità di collaborazioni “... come sarebbe bello vedere coppie di genitori fare catechismo insieme!”. Ardua impresa tentare di concentrare in poche righe il contenuto delle tre intense serate. Riportiamo a mo' di flash alcuni passaggi: Non si può continuare a vivere come i media ci vogliono imporre pensando che “tutto ruota intorno a me”; dobbiamo crescere i nostri ragazzi non nella logica del “piacere-tutto-subito-sempre”, ma donare loro il valore dell’attesa, della pazienza, senza la paura della componente della sofferenza che le esperienze della vita contengono. Impariamo ad essere più fermi e coerenti, con delle regole precise. Insegniamo loro a riconoscere e a dare un nome alle emozioni e ai sentimenti, a sapersi amare affinché diventino adulti che sapranno amare e distinguere ciò che è bene da ciò che è male. Educhiamoli ad aprirsi all’ altro, ma soprattutto all’Altro, al trascendente: “dal centro di se all’apertura al mondo”. Per fare ciò, educhiamoli all’appartenenza emozionale di sè a sè stessi, cioè ad abituarsi ad avere amore verso di sè, poter disporre di sè per poi donarsi ad un progetto. Don Giuseppe a tratti ha usato persino vocaboli che possano sembrare fuori moda: castità, coniuge, giogo. Educare alla castità nelle relazioni, nel linguaggio, nella misura dell’esibire il proprio corpo, nel rapporto con il cibo, con l’abbigliamento. Questo non è facile perché anche noi adulti ci esibiamo troppo o ci presentiamo ai bambini nudi: non solo nel senso fisico ma non rispettando la nostra personale intimità, singola e di coppia. Gli spazi di intimità personale e di coppia sono sfondati, tutto è reso legittimo a fronte di quella libertà che sta solo creando confusioni. Confusioni di spazi, di identità, di ruoli. Genitori che fanno gli amici dei figli! Mamme che vestono come le figlie adolescenti! Desiderio di autonomia sociale precoce che porta poi alla precocità mentale: le madri non sono più custodi della verginità delle figlie ma sono loro a spalancare la porta della cameretta perché la prima volta sia un debutto felice. Coniuge, ovvero portare insieme il giogo. È stato ribadito più volte che importante nella vita è aiutare i figli a differenziarsi dai genitori: i figli sono prima di tutto figli di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza, ognuno con una sua propria identità, non li possiamo sperare a immagine nostra o come noi li vogliamo. Loro sono altro da noi e si devono riconoscere loro, altro da noi; devono saper tagliare il cordone ombelicale che li lega a noi per aprirsi all’altro, per costruire legami di amicizia ma soprattutto per formare una loro famiglia; aiutiamoli a comprendere che ogni scelta che saranno chiamati a fare non deve essere per tentativi, ma mossa dal desiderio di stabilità, malgrado la componente di sacrificio che richiede. Quanto si potrebbe dire!!! Molti di noi conoscono da tempo don Giuseppe, abbiamo partecipato forse più volte ai suoi incontri; non possiamo non riconoscere che il colore del linguaggio che usa, i contenuti, l’immediatezza nella comprensione del messaggio che vuole consegnare, gli esempi reali, la concretezza delle situazioni che presenta, ci portano ogni volta a ritrovare in lui e in noi nuove e sane provocazioni; che ci permettono di leggere, rivedere e reimpostare il nostro ruolo di educatori. Certo è, che ne siamo usciti tutti “ricaricati” e pronti a partire per questa avventura che è veramente una sfida, la “sfida educativa”. Abbiamo colto la consapevolezza che “non siamo genitori onnipotenti ma se sappiamo guardare in alto e ci lasciamo guidare da Lui. l'Amante per eccellenza, sicuramente daremo il meglio di noi ai nostri figli e doneremo alle nostre città ragazzi amanti della vita...
Gli animatori del gruppo fidanzati e i catechisti
LA SETTIMANA DELLA PREVENZIONE CON DON ANTONIO MAZZI
Martedì 1 febbraio invece, presso il cinema Trieste, Don Mazzi è venuto a parlarci della “Dipendenza dalla droga” facendolo in un modo semplicemente “stravolgente”!!! Ha condotto la serata Luca Viscardi di Radio Number One, presentando oltre al simpatico ottantenne (!?!) il nostro curato, il prof. Beolchi dirigente dell’Istituto Turoldo e il prof. Roffia Provveditore agli studi della nostra provincia. Dopo una rapida carrellata di fotogrammi con Don Mazzi e i ragazzi delle sue comunità, bambini del terzo mondo, personalità note e meno note del mondo dello spettacolo, amici e sostenitori, prende la parola Don Samuele per ringraziare doverosamente i signori Pino e Salvo, cha hanno “caricato in macchina Don Mazzi e lo hanno portato fisicamente a Zogno a sua insaputa”, come poi lui stesso ha confermato in battuta! Quindi il prof. Roffia ha invitato tutti i presenti a cercare di ritrovare un senso al nostro essere genitori, educatori, insegnanti... ad innamorarci come lui dei ragazzi. Cita il documento della CEI che porta il bellissimo titolo EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO: “questo dobbiamo cercare di realizzare, facendo star bene i ragazzi, ridando un senso alle cose. No al pessimismo, no alle critiche, ma risveglio e speranza nel ricercare e ritrovare quello che s’è perso”... Il prof. Beolchi nel suo intervento mette la scuola ad un livello primario nell’educazione dei ragazzi, che passano la maggior parte del loro tempo proprio lì. Dice di aver “accettato subito l’invito fattogli perché la scuola non può e non deve rinunciare al suo ruolo educativo: ciascuno a scuola porta se stesso con le sue qualità e i suoi difetti, vive ogni giorno in relazione con altri ma spesso il semplice buon senso non basta. Gli insegnanti sono carenti di capacità e specializzazioni, diverse dalla pura didattica...” Quindi Luca cede la parola a Don Mazzi che stravolge il palinsesto! Fa sedere al suo posto il presentatore e parla con il microfono in mano in piedi alla destra del palco. Ed esordisce dicendo ad alta voce che “non esistono ragazzi irrecuperabili!!! E nessun educatore lo deve credere perché sbaglia in anticipo! L’educatore è un ottimista non perché è un sognatore, ma perché sa di poter fare molto, lancia relazioni, costruisce rapporti. E dentro la realtà in cui è... Perché l’educatore non è mai solo: la famiglia, la scuola, la Chiesa, il Comune, devono lavorare insieme, in sinergia, in gruppo. L’educatore è colui che perdona, che non chiude mai le porte, che trova forza ed energia per dire sempre “TI VOGLIO BENE LO STESSO”. Quindi definisce l’adolescenza come un periodo strategico, una esplosione del corpo e dei sensi. Aiutiamo i ragazzi a conoscere il corpo... droga, alcool, bullismo, sono le scorciatoie di chi non sa più chi è, di chi si trova a disagio nel suo fisico, dentro un malessere... L’educatore deve usare lo sguardo, l’amorevolezza, la dolcezza... “parlate a vostro figlio la notte, al buio, nel silenzio della vostra casa addormentata, nella tranquillità della mente e del corpo...” E poi incoraggiamo l’amicizia fra coetanei, che va curata, non vietata ma sorvegliata; e ancora, indirizziamoli verso lo sport, la cultura, l’arte e la musica, lasciamo che abbiamo dei “miti sani” a cui guardare, che imparino a tirar fuori quello che hanno dentro, le cose belle e le passioni... Inoltre impariamo a vederli come alberi. “Non come piccoli vasetti di bonsai, raccolti e concentrati su se stessi: ma alberi grandi, con rami e fronde, radici profonde e terreno buono che li nutre. Quali radici dare a questi figli? Quattro radici importantissime: quella dell’ amore, che ci fa dire anche dei no; quella del dolore, che non è la malasorte, la sfiga, l’eccezione dalla quale fuggire, ma dà significato alla vita; quella del mondo, un cuore grande anche per il mondo, non solo per Zogno o Bergamo ma per tutta l’umanità, per tutti i disagiati, gli affamati, gli orfani; quella di Dio, ovvero il miracolo e il mistero della vita, il fascino, la paternità e l’eternità riproposti in maniera concreta e sicura. Mi piace visualizzare queste quattro radici importantissime in questi tipi di alberi: la quercia che simboleggia la donna... l’ulivo che è come l’uomo... il castagno come i nostri adolescenti.. protetto dal riccio pungente, un dolcissimo frutto!”. Ecco quale è stata la visione decisamente positiva del nostro modo di “lavorare” nel rapporto con i nostri ragazzi: nessun sondaggio, nessun grafico, niente numeri, niente percentuali che pure vengono fatti e offrono uno spaccato pauroso di tante tematiche adolescenziali. Solo una salutare prospettiva che ci fa sperare di essere sempre in tempo (come poi suggerisce don Samuele per chiudere e congedare i presenti), a perdonare e andare oltre i fallimenti e le debolezze, lasciandoci guidare dalla passione! Il prof. Roffia lancia una provocazione proprio sul finale: le nostre famiglie hanno paura a parlare di Dio nelle loro case. Perché?
I catechisti
I catechisti
ORATORIO: DONO E IMPEGNO
In occasione della memoria di don Bosco mi sono trovato a riflettere in questi giorni sugli aspetti che costituiscono l’ambiente e lo stile dell’oratorio. Innanzitutto metto davanti ai nostri occhi questa prima parola: DONO. Quello che abbiamo ( alludo alla realtà del nostro oratorio) va riconosciuto come dono... è importante avere per noi un luogo dove poter vivere uno stile preciso! L’oratorio fa talmente parte della nostra realtà zognese che ci permettiamo, a volte, di ritenerlo come qualcosa di scontato, di già posseduto. L’attenzione che dobbiamo avere non è solo per “un luogo dove stare” ma favorire relazioni autentiche e sincere, riconoscendo gli altri e noi stessi come persone che camminano per costruire una logica di condivisione. Dobbiamo permettere che la ricchezza dell’oratorio possa essere vissuta da chi lo frequenta e che sia un segno grande per coloro che lo accostano anche in modo non costante. Richiamo alle famiglie l’importanza che il dono dell’oratorio è per i loro figli: un ambiente che vuole avvicinare a Gesù e che vede protagonisti coloro che vi partecipano e invito a valutare la possibilità di creare un gruppo famiglie che torni ad essere fermento per la comunità. Vi chiedo di dare la giusta importanza a questa proposta. La seconda parola che suggerisco è: IMPEGNO. Questo aspetto è la seconda faccia della stessa medaglia. Sappiamo bene che le cose non si fanno da sole, che la presunzione, il protagonismo e la superficialità non sono buone amiche del lavoro e della condivisione. Questa seconda parola ci richiama (a me, a chi già collabora e a chi sente il desiderio di operare in oratorio) la necessità di doverci impegnare in prima persona per promuovere lo stile di Gesù. Non sentiamoci lontani da questo compito, il cristiano è colui che, impegnato, scopre la bellezza del dono di sé agli altri. Che servizio presto in parrocchia? In oratorio? Che impegno vivo per contribuire alla diffusione del vangelo? Che stile voglio vivere nella mia vita? Senza impegno non possiamo giungere a niente di vero e di buono. Non basta fare qualcosa, occorre anche comprendere come fare! La richiesta che faccio è che ognuno metta i suoi talenti a disposizione perché quello che stiamo costruendo possa servire a noi oggi e a chi verrà dopo di noi (di questo ne siamo proprio responsabili!). Questi ultimi mesi sono stati per me tempo di rivedere il mio ministero. Ho riletto questi miei cinque anni vissuti a Zogno, ho rivisto le esperienze fatte. Ho preso consapevolezza di alcuni miei umani limiti, delle mie responsabilità nelle scelte operate, anche dei possibili fallimenti, di alcune buone scelte pastorali, ma sento forte in me il desiderio di iniziare a risvegliare la nostra realtà oratoriale e comunitaria. L’oratorio è della comunità, non è una realtà privata o di pochi. Invito tutti coloro che già operano ad essere disponibili ad accogliere chi vorrebbe proporsi ma non osa o non sa come; e chi non ci ha mai pensato a non tirarsi indietro! Fermiamoci un attimo a riflettere, cerchiamo di scoprire in che modo possiamo proporre o rinnovare la nostra personale partecipazione, osiamo proporci e individuare in quale veste possiamo servire Gesù. Un’ ultima considerazione a voce un po’ alta: dobbiamo essere presenti in prima linea nelle situazioni che l’oratorio propone, per verificarne la validità e il contenuto: chi già partecipa è chiamato a rivedere il ruolo che svolge e le modalità con cui opera, con obbedienza e umiltà; chi vorrebbe proporsi è invitato a provare ad esserci, altrimenti corriamo il rischio di essere semplicemente dei criticoni che si limitano ad affermare cosa cambiare senza però contribuire al cambiamento (le riforme, se mi passate questo termine, si fanno dall’interno e non rimanendone fuori). Insomma camminiamo insieme e quello che faremo sarà senza dubbio un dono per noi e per gli altri e un impegno a rendere visibile il Vangelo di Gesù alle generazioni che ci seguono. Non dimentichiamoci che l’oratorio è della comunità, ed è bella questa casa proprio perché ci siete voi a renderla viva, con quello stile che non possiamo non desiderare: semplicità nelle relazioni, gratuità nel tempo ed umiltà nel nostro esserci... E allora camminiamo insieme invocando lo Spirito Santo di accompagnarci ogni giorno operando scelte sagge e prudenti... Con affetto!
don Samuele Novali
don Samuele Novali
LA SETTIMANA DELLA PREVENZIONE CON LA COOPERATIVA IL SOLCO
Adolescenti ... in gioco
Come ogni lunedì sera noi adolescenti, anche il 31 gennaio durante la settimana di San Giovanni Bosco, ci siamo ritrovati in oratorio. Nell’aria però questa volta c’era qualcosa di strano: dopo l’immancabile ritrovo nel salone per il nostro angolo della preghiera infatti ci siamo trasferiti tutti insieme... al bar! “Che bello!”
- abbiamo subito pensato tutti - “stasera ci si diverte!” E così è stato! All’ingresso del bar dell’oratorio ad ognuno di noi sono stati dati alcuni oggetti utili ad introdurci nel gioco: un buono da spendere al bar per bere qualcosa, per alcuni di noi addirittura un all’inclusive con il quale poter bere di tutto (anche la birra!!); dei soldi (tranquilli ... quelli del monopoli!) per poter giocare alla sorte; un assegno per fare acquisti sfrenati in una strana boutique di lusso! E un buono per chattare all’internet point. All’inizio eravamo un poco spaesati, che strana questa serata ... il don si è impazzito! Poi ci siamo lanciati; guidati dai nostri animatori e da due nuovi ragazzi siamo stati invitati a divertirci, giocare e fare tutto ciò che volevamo con ciò che ci era stato dato in dotazione. Dopo circa quaranta minuti in cui ormai avevamo provato ogni esperienza (e speso la maggior parte del nostro budget), i due nuovi animatori ci hanno riunito in un grande cerchio e qui è arrivato il bello! Una alla volta abbiamo analizzato le diverse situazioni incontrate:
- quello che sembrava un semplice bar ci ha fatto scoprire come in realtà i nostri gusti e spesso le nostre scelte siano condizionate dalla pubblicità, dall’immagine e dal mercato e così le nostre deliziose CocaCola in realtà erano bibite analoghe ma di altra marca (Pepsi), La Sprite era 7Up e la birra... era analcolica! Ma dài!!! E nessuno di noi si era accorto di nulla!!!
- Il tavolo da gioco ci ha permesso di puntare su numeri più o meno vincenti ... ma in realtà pochissimi di noi hanno vinto qualcosa a parte un giocatore che ha stravinto...sapete chi?! Il Banco! Ebbene sì, dopo quaranta minuti di gioco aveva prosciugato tutto ciò che avevamo!
- La chat con nuovi amici! Ognuno di noi ha chattato con una persona diversa, con identità diverse, interessi diversi; un unico tratto comune: ognuna di queste persone ci ha invitato a conoscerla e ad incontrarsi. In realtà tutti noi abbiamo parlato con un “complice” dei due ragazzi! È avvenuto ciò che spesso accade nelle chat del mondo virtuale: incontriamo tanta gente che si presenta a noi con identità variegate, spesso inventate o non reali, e così un’identità appare per ciò che non è!
- La boutique è stata davvero divertente!! Abbiamo potuto comprarci tanti oggetti bellissimi: occhiali, scarpe, e accessori di alta moda, cellulari e computer di ultima generazione! I nostri sogni! Eppure in boutique abbiamo imparato che spesso questi oggetti tanto bramati ci fanno spendere più di quanto in realtà potremmo permetterci!
Da tutte queste esperienze abbiamo imparato quanto la realtà che appare a noi tutti i giorni sia spesso ciò che altri vogliono che noi vediamo, forse non è così come ci viene presentata, forse sotto talvolta c’è dell’altro! E allora tu adolescente e giovane come me ascolta quello che direbbe qualcuno di noi...fai ballare l’occhio! Stai attento! E soprattutto pensa sempre ogni tua azione e solo così diventeremo finalmente grandi! Per questa serata ringraziamo don Samu i nostri animatori e gli educatori della Cooperativa Sociale il Solco di San Pellegrino Terme.
Genitori ... protagonisti
La serata di mercoledì 2 febbraio ha visto come protagonisti i genitori chiamati a confrontarsi in un incontro con il dott. Lucio Piretti, sociologo e collaboratore della Cooperativa Sociale il Solco di San Pellegrino Terme sul tema della dipendenza dall’informatica, internet e i social network. La bravura e la comunicatività del relatore ha permesso di spiegare il mondo complesso della comunicazione in maniera semplice ed efficace, rendendo possibile il confronto con tutti i partecipanti. Internet è un cambiamento epocale della nostra storia contemporanea che ha generato due nuove realtà sociali, due gruppi di appartenenza in cui si dividono le persone:
1 - i nativi digitali ovvero le persone (bambini, giovani e ragazzi) che, nati dopo gli anni ’90, sono sin da subito stati immersi in una realtà interattiva.
2 - gli immigrati digitali ovvero coloro che, nati prima degli anni ’90, cercano di imparare la tecnologia e di entrare sempre più in relazione con essa.
I genitori di oggi si trovano proprio in questa seconda categoria. Proprio per questo le nuove tecnologie appaiono così distanti e difficili da apprendere ed utilizzare. Il genitore però di fronte a queste difficoltà non può arrendersi, ma deve diventare protagonista. È allora necessario porsi alcune domande che hanno già un sapore nuovo di rimessa in gioco e di nuova educazione:
- cosa guardano i nostri figli in internet? come guardano il mondo attraverso questo occhio magico?
- Come utilizzano il cellulare e per quanto?
- Come percepiscono i social network? cosa rappresentano per i nostri ragazzi?
Essere genitori che si interrogano, vuol dire aver consapevolezza del proprio ruolo educativo insostituibile. È necessario essere consapevoli che in questo mondo interattivo possono essere fatte delle scelte che ci permettono di utilizzare questi strumenti con intelligenza.
E allora alcuni buoni consigli:
- Insegniamo ai ragazzi che nel mondo virtuale le conseguenze delle azioni svolte sono reali.
- Condividiamo con loro alcune regole di utilizzo delle strumentazioni tecnologiche (pc, cellulari, social network e chat).
- Rendiamoli consapevoli che questi nuovi mezzi sono delle grandi potenzialità ma anche grandi trappole per coloro che li utilizzano con superficialità.
- Diventiamo responsabili non solo della possibilità di dipendenza che queste tecnologie possono dare ai nostri figli, ma attenzione anche alla modalità con cui noi ci approcciamo ad esse.
- Ricordiamo sempre che siamo noi i genitori e in quanto tali abbiamo un ruolo educativo meraviglioso; ciò significa che abbiamo tanti doveri ma anche la possibilità unica di crescere insieme ai nostri figli, dando loro gli strumenti necessari per divenire grandi e costruire le proprie scelte consapevoli in autonomia.
Chiara B.
Come ogni lunedì sera noi adolescenti, anche il 31 gennaio durante la settimana di San Giovanni Bosco, ci siamo ritrovati in oratorio. Nell’aria però questa volta c’era qualcosa di strano: dopo l’immancabile ritrovo nel salone per il nostro angolo della preghiera infatti ci siamo trasferiti tutti insieme... al bar! “Che bello!”
- abbiamo subito pensato tutti - “stasera ci si diverte!” E così è stato! All’ingresso del bar dell’oratorio ad ognuno di noi sono stati dati alcuni oggetti utili ad introdurci nel gioco: un buono da spendere al bar per bere qualcosa, per alcuni di noi addirittura un all’inclusive con il quale poter bere di tutto (anche la birra!!); dei soldi (tranquilli ... quelli del monopoli!) per poter giocare alla sorte; un assegno per fare acquisti sfrenati in una strana boutique di lusso! E un buono per chattare all’internet point. All’inizio eravamo un poco spaesati, che strana questa serata ... il don si è impazzito! Poi ci siamo lanciati; guidati dai nostri animatori e da due nuovi ragazzi siamo stati invitati a divertirci, giocare e fare tutto ciò che volevamo con ciò che ci era stato dato in dotazione. Dopo circa quaranta minuti in cui ormai avevamo provato ogni esperienza (e speso la maggior parte del nostro budget), i due nuovi animatori ci hanno riunito in un grande cerchio e qui è arrivato il bello! Una alla volta abbiamo analizzato le diverse situazioni incontrate:
- quello che sembrava un semplice bar ci ha fatto scoprire come in realtà i nostri gusti e spesso le nostre scelte siano condizionate dalla pubblicità, dall’immagine e dal mercato e così le nostre deliziose CocaCola in realtà erano bibite analoghe ma di altra marca (Pepsi), La Sprite era 7Up e la birra... era analcolica! Ma dài!!! E nessuno di noi si era accorto di nulla!!!
- Il tavolo da gioco ci ha permesso di puntare su numeri più o meno vincenti ... ma in realtà pochissimi di noi hanno vinto qualcosa a parte un giocatore che ha stravinto...sapete chi?! Il Banco! Ebbene sì, dopo quaranta minuti di gioco aveva prosciugato tutto ciò che avevamo!
- La chat con nuovi amici! Ognuno di noi ha chattato con una persona diversa, con identità diverse, interessi diversi; un unico tratto comune: ognuna di queste persone ci ha invitato a conoscerla e ad incontrarsi. In realtà tutti noi abbiamo parlato con un “complice” dei due ragazzi! È avvenuto ciò che spesso accade nelle chat del mondo virtuale: incontriamo tanta gente che si presenta a noi con identità variegate, spesso inventate o non reali, e così un’identità appare per ciò che non è!
- La boutique è stata davvero divertente!! Abbiamo potuto comprarci tanti oggetti bellissimi: occhiali, scarpe, e accessori di alta moda, cellulari e computer di ultima generazione! I nostri sogni! Eppure in boutique abbiamo imparato che spesso questi oggetti tanto bramati ci fanno spendere più di quanto in realtà potremmo permetterci!
Da tutte queste esperienze abbiamo imparato quanto la realtà che appare a noi tutti i giorni sia spesso ciò che altri vogliono che noi vediamo, forse non è così come ci viene presentata, forse sotto talvolta c’è dell’altro! E allora tu adolescente e giovane come me ascolta quello che direbbe qualcuno di noi...fai ballare l’occhio! Stai attento! E soprattutto pensa sempre ogni tua azione e solo così diventeremo finalmente grandi! Per questa serata ringraziamo don Samu i nostri animatori e gli educatori della Cooperativa Sociale il Solco di San Pellegrino Terme.
Genitori ... protagonisti
La serata di mercoledì 2 febbraio ha visto come protagonisti i genitori chiamati a confrontarsi in un incontro con il dott. Lucio Piretti, sociologo e collaboratore della Cooperativa Sociale il Solco di San Pellegrino Terme sul tema della dipendenza dall’informatica, internet e i social network. La bravura e la comunicatività del relatore ha permesso di spiegare il mondo complesso della comunicazione in maniera semplice ed efficace, rendendo possibile il confronto con tutti i partecipanti. Internet è un cambiamento epocale della nostra storia contemporanea che ha generato due nuove realtà sociali, due gruppi di appartenenza in cui si dividono le persone:
1 - i nativi digitali ovvero le persone (bambini, giovani e ragazzi) che, nati dopo gli anni ’90, sono sin da subito stati immersi in una realtà interattiva.
2 - gli immigrati digitali ovvero coloro che, nati prima degli anni ’90, cercano di imparare la tecnologia e di entrare sempre più in relazione con essa.
I genitori di oggi si trovano proprio in questa seconda categoria. Proprio per questo le nuove tecnologie appaiono così distanti e difficili da apprendere ed utilizzare. Il genitore però di fronte a queste difficoltà non può arrendersi, ma deve diventare protagonista. È allora necessario porsi alcune domande che hanno già un sapore nuovo di rimessa in gioco e di nuova educazione:
- cosa guardano i nostri figli in internet? come guardano il mondo attraverso questo occhio magico?
- Come utilizzano il cellulare e per quanto?
- Come percepiscono i social network? cosa rappresentano per i nostri ragazzi?
Essere genitori che si interrogano, vuol dire aver consapevolezza del proprio ruolo educativo insostituibile. È necessario essere consapevoli che in questo mondo interattivo possono essere fatte delle scelte che ci permettono di utilizzare questi strumenti con intelligenza.
E allora alcuni buoni consigli:
- Insegniamo ai ragazzi che nel mondo virtuale le conseguenze delle azioni svolte sono reali.
- Condividiamo con loro alcune regole di utilizzo delle strumentazioni tecnologiche (pc, cellulari, social network e chat).
- Rendiamoli consapevoli che questi nuovi mezzi sono delle grandi potenzialità ma anche grandi trappole per coloro che li utilizzano con superficialità.
- Diventiamo responsabili non solo della possibilità di dipendenza che queste tecnologie possono dare ai nostri figli, ma attenzione anche alla modalità con cui noi ci approcciamo ad esse.
- Ricordiamo sempre che siamo noi i genitori e in quanto tali abbiamo un ruolo educativo meraviglioso; ciò significa che abbiamo tanti doveri ma anche la possibilità unica di crescere insieme ai nostri figli, dando loro gli strumenti necessari per divenire grandi e costruire le proprie scelte consapevoli in autonomia.
Chiara B.
UNA BUSSOLA PER GLI ORATORI
Tutto è cambiato rispetto al passato. E per i giovani preti
l’avventura si fa più complicata ma anche affascinante
Prendete un giovane fra i venticinque e i trent’anni. Al termine degli studi e di un percorso formativo, d’accordo. È appena diventato prete: lo sa come si fa, ma non ha mai provato. Mettetelo in una comunità non sua; una comunità non piccolissima: tra i cinque e i diecimila abitanti, due-tremila famiglie. Tutti lo guardano come il nuovo papà di tutti i bambini, i ragazzi, gli adolescenti e i giovani. Lui, ad andar bene, si sente un fratello maggiore. Quelli di cui si dovrebbe prendere cura sono diversissimi: alcuni - pochi - sono devoti e obbedienti; altri - i più - hanno 1’aria di chi se non te la sta facendo lotto al naso, te 1’ha già combinata. Tutti d’accordo, giovani e adulti, quando si parla dei massimi sistemi: volersi bene, concedere le cose buone, riprendere quanto basta, sostenere il protagonismo (anche di quelli che ti sparano una raffica di petardi dimenticati in fondo alle tasche del giaccone di Capodanno, sulla porta della cappellina mentre fai l’adorazione..). Alla prima indicazione che prova a dare, alla prima decisione che prova a prendere, qualcuno salta su: “Abbiamo sempre fatto così”, “A noi interessano i ragazzi: te li vuoi cacciare”, “Sono ragazzi”. Mi fermo. La vita di ogni prete di oratorio è un’avventura che sarebbe bellissimo raccontare. Poche righe bastano per far capire che aria tira. La scorsa settimana il corso residenziale di Siusi era per i preti giovani e i diaconi che hanno passato quattro giorni con il vescovo. Ripartendo da ciò che tutti sappiamo: molte cose sono cambiate. Alla ricerca di ciò che ancora non abbiamo trovato: come facciamo? Un po’ di tempo è stato dedicato all’oratorio. Nessun dubbio che continui ad essere la scommessa forse più forte delle comunità cristiane. Ma non è più quello di una volta. All’oratorio, oggi, vengono chiesti (quando non delegati) una serie di servizi impensabili fino a poco tempo fa. Forse qualcuno si scandalizzerà a sentire che in cima alle richieste delle ristrutturazioni di oratori c’è la cucina e non più lo spazio per la preghiera. Eppure questo è il segno di un bisogno profondo: quello della possibilità di avere spazi che aiutino la vita fraterna a crescere nelle nostre comunità. Perché una cosa 1’hanno capita bene tutti: quando i piccoli si radunano, i grandi si guardano in faccia e si parlano. Nel frattempo 1’oratorio non rinuncia (e non vuole certo farlo) all’idea di educare al Vangelo. Solo che i percorsi una volta chiari a tutti (istruzione e catechesi, poi adesione e quindi esperienza di vita cristiana) oggi funzionano così solo per pochi. I più cominciano da esperienze a volte casuali, emergono le domande e finalmente ci si chiede che senso ha. Se le cose vanno così, anche la vita del prete di oratorio dovrà cambiare. Preso da mille cose, si ritrova anzitutto a cercare un equilibrio interiore. Esce dal Seminario con un bagaglio teologico e spirituale consistente, ma si ritrova per prima cosa a prendersi cura delle persone dal punto di vista della fede: cercando, cioè, di trovare se stesso «tenendo insieme» gli altri perché imparino a fare comunità con lo stile del Vangelo. Ha bisogno, il prete giovane, di molto tempo per imparare a fare dell’ascolto un’abitudine e non uno sforzo. Deve costantemente cercare di stare sullo sgabello di regia di una recita dove ognuno pretende la parte del protagonista e il gioco di squadra è tutto da inventare. L’educazione è 1’elemento che connota tutte le attività pastorali: il vescovo ha chiesto ai giovani preti come primo impegno di metterci testa perche sappiano riconoscere questo criterio in ciò che fanno. Due anni di tempo per chiederci la valenza educativa delle nostre iniziative. Perche tutti i ragazzi (considerati “scarti” all’inizio della propria esistenza) possano raggiungere una propria maturità. E chi li accompagna, i preti anzitutto, possano provare la gioia di vederli cresciuti. Non se la prendano i preti di una certa età. Non stiamo dicendo che oggi i preti giovani lavorano di più. Che però siano in una situazione più complicata è innegabile. Che non abitino questo mondo e la loro storia facendosi compatire o rassegnandosi all’inevitabile. Che continuino a conservare nel cuore il sogno di poter consegnare la bellezza della vita cristiana ai giovani, appassionandosi alle loro storie e accostandoli senza pregiudizi. Perché questo accada c’è bisogno di ricordare che accanto al titolo di prete, c’è quello di giovane. Un presbiterio che li sostiene e degli adulti che non li lasciano soli: questo sarà per loro il sostegno più grande.
don Michele Falabretti
responsabile diocesano per la pastorale giovanile
don Michele Falabretti
responsabile diocesano per la pastorale giovanile
GRUPPO GIOVANI INTERPARROCCHIALE
Carissimi lettori eccoci qui, siamo il gruppo giovani interparrocchiale che dal 2004 collabora con la realtà della missione delle suore di Gesù Redentore in Romania. La nostra esperienza di volontariato ad oggi si articola in due momenti dell’anno: le vacanze estive e quelle natalizie. Le nostre attività si svolgono nelle realtà della casa per bambini “Victorine” a Slanic Moldova e a Onesti presso la casa “Buna Vestire” attraverso animazione per i bambini, collaborazione nella gestione ordinaria della casa, supporto alle suore con cui condividiamo regole e stile di vita. In estate questa esperienza si arricchisce con la realizzazione di campi ricreativi nei paesi limitrofi alla città di Onesti con l’aiuto di adolescenti e giovani del posto che collaborano come animatori. Durante l’anno svolgiamo attività di sensibilizzazione e informazione presso scuole, associazioni e oratori che ci sostengono tramite donazioni di materiale scolastico, vestiti, adozioni a distanza e offerte. In vista di ogni partenza organizziamo raccolte fondi con attività come la vendita di torte e di ravioli, animazioni e bancarelle. Inoltre molte persone che hanno preso a cuore la realtà della missione la appoggiano con donazioni volontarie. Un’altra importante iniziativa è la promozione delle adozioni a distanza con la quale molte persone si affezionano alla missione donando un piccolo contributo annuo; a questa proposta aderiscono famiglie e parrocchie. Nei nostri paesi si è divulgata la conoscenza di questa missione proprio grazie al “Percorso Giovani Interparrocchiale”, una realtà vicariale che vede giovani dai 18 ai 30 anni coinvolti in momenti di preghiera, formazione ed esperienze missionarie in tutto il mondo guidati da don Samuele e don Claudio. In questo modo moltissimi ragazzi hanno potuto vivere quest’esperienza e creare ulteriori iniziative di sostegno. Anno dopo anno con le suore e i bambini si è creato un clima familiare, di affetto e amicizia, tale che ogni partenza porta con sé una certezza di ritorno, una promessa che facciamo agli occhi pieni di speranza dei bambini e che manteniamo con gioia; perché sono proprio la costanza e la passione con cui affetto e fiducia sono stati coltivati a far crescere le radici del solido legame, che fa sì che adesso per noi Romania è anche un po’ casa.
CARNEVALE 2mila11
Grazie a voi adolescenti e giovani per la vostra creatività nel pensare, nel danzare e nel preparare;
grazie a voi mamme per la pazienza e i bellissimi costumi che avete ritagliato e cucito; grazie a coloro che han donato generosamente il materiale e il carro; grazie A VOI BIMBI... I VERI PROTAGONISTI DELLA FESTA!!! Alla prossima! |
C’È IL TEMPO... CRE 2mila11
Il titolo del CRE di quest’anno è BATTIBALENO e vuole educarci sulla preziosità del nostro tempo. Segue una piccola riflessione biblica sul senso del tempo per un uso saggio e prudente...
Finora abbiamo visto gli ‘spazi’ che Dio ci ha fornito per vivere e incontrarlo (cielo e terra). Ma l’altra grande dimensione fondamentale a questo incontro è il tempo. E il tempo è un grande MISTERO. Anche le persone più grandi e sagge non sanno cosa è il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più” (S. Agostino). In effetti, diciamo comunemente “tra un po’ di tempo”, “è passato tanto tempo”, “non ho tempo”... ma come facciamo a quantificarlo [LF1]? (“Si può forse misurare ciò che non esiste? Chi può misurare il passato, che, appunto, non esiste più o il futuro che non esiste ancora?” (S. Agostino). Noi abbiamo in mente il tempo come una quantità, come un bene qualunque. Possiamo produrre tutto, ma possiamo ‘produrre’ il tempo? Anche Gesù parla del tempo come di una ‘sfida impossibile’:
Mt 6,26 E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?
Il tempo è solo di Dio. È lui che fa sorgere il sole e la luna, regalandoci nuove giornate (Gb 38,32 Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino o puoi guidare l’Orsa insieme con i suoi figli?). E dunque è lui che regala questo tempo agli uomini. Noi non siamo Dio, non creiamo le cose per intuizione con il solo uso della parola. Abbiamo bisogno degli spazi che Dio ci ha dato (cielo e terra) e anche del tempo per realizzare i nostri progetti. E siccome certi progetti son grandi e impegnativi, occorrono certe pause, bisogna trovare il ritmo giusto. È questo che permette all’uomo di realizzare il proprio lavoro. C’è chi invece pensa di lavorare sempre, di non fermarsi mai... Ma dimentica la vita! E finiamo per diventare schiavi! Come gli ebrei:
Es 5,14 I sorveglianti li sollecitavano dicendo: “Porterete a termine il vostro lavoro; ogni giorno il quantitativo giornaliero, come quando vi era la paglia”.
Gesù rovescerà questa logica: chiede infatti a Dio di darci ‘oggi’ il nostro pane ‘quotidiano’, perche Dio lavora sempre (e lui, da bravo Figlio, lo imiterà, Gv 5,17: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero”). Invece agli uomini non é chiesto di diventare schiavi! Il Signore ha inventato un tempo per dormire e un tempo per lavorare e ci regala il settimo giorno per riposare (Gn 1,14-19). La regolarità del tempo, la scansione che Dio ci offre, ci insegna che, seguendo il tempo giusto, ogni essere della terra può lavorare in armonia:
Sal 104,19-23 Per segnare le stagioni hai fatto la luna e il sole che conosce il suo tramonto. Stendi le tenebre e viene la notte e vagano tutte le bestie della foresta; ruggiscono i leoncelli in cerca di preda e chiedono a Dio il loro cibo. Sorge il sole, si ritirano e si accovacciano nelle tane. Allora l’uomo esce al suo lavoro, per la sua fatica fino a sera.
La scansione liturgica (Ess 23,14ss) aiuta il nostro lavorare che non è più una schiavitù infinita, dato che ci son momenti in cui godere dei frutti del proprio lavoro, condividendoli anche con Dio Padre. È il caso delle feste e in particolare del sabato: il Signore ci regala una pausa, un vero riposo per stare con le persone più care e con lui, per godere del frutto del lavoro dei sei giorni (o dei mesi) precedenti. Anche Dio, nel sesto giorno, si riposa, quasi a voler stare con ciò che ha creato:
Gn 2,3 Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò.
Il problema è che l’uomo non conosce il suo tempo, non sa quanto tempo Dio gli donerà e allora tende a ‘bruciare’ il tempo che ha, oppure, all’opposto, si illude di vivere per sempre, finendo per sprecare le occasioni presenti. Centrale allora per vivere bene il proprio tempo è la speranza, che ci fa guardare un po’ più in là del nostro naso, senza pretendere di avere tutto e subito ma dandoci invece il gusto dell’attesa. Ma anche questa è una virtù difficile. Dio promette un figlio a Abramo e Sara, ma essi dubitano e ridono di Dio.
Gn 18,10 Il Signore riprese: “Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”. Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda ed era dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni. Allora Sara rise dentro di sé e disse: “Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!” Ma il Signore disse ad Abramo: “Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C’è forse qualche cosa di impossibile per il Signore?Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio”. Allora Sara negò: “Non ho riso!”; perche aveva paura; ma quegli disse: “Si, hai proprio riso”... Gn 21,2 Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato.
L’attesa a volte è necessaria. La nostra scansione, la nostra programmazione, a volte, non sono sufficienti. Non lo devono essere. Al di là del tempo cronologico, c’è un tempo di Dio; Dio attua certe cose ai suoi tempi. La regolarità dei tempi e delle stagioni è il massimo aiuto al nostro lavoro di uomini, ma non può mai diventare motivo di ‘garanzia’; e poi non annulla i tempi di Dio, che resta libero di intervenire per venirci incontro ed aiutarci.
Su di sè
Siccome non sappiamo accettare i tempi di Dio, pensiamo di poterlo escludere dai nostri progetti e di fare senza di lui. E allora cerchiamo di possedere il tempo ‘per noi’. E invece di ricercare la vera felicità nel nostro lavoro quotidiano, sogniamo di lavorare a dismisura per accumulare e avere poi un tempo solo nostro, in cui la felicità sarà garantita, un tempo di totale ozio e riposo, senza Dio. Ma quel tempo, non esiste:
Lc 12,14-21 E disse loro: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’ abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”. Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Cosi è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.
Il quotidiano è l’unica vera dimensione del tempo che dobbiamo imparare a vivere. Ma questo significa che ogni giorno dobbiamo riassumerci l’impegno a vivere in pienezza, che tutti i giorni dobbiamo ricominciare. È la nostra ‘scuola’ in cui impariamo ad ‘arricchire davanti a Dio’, è questa la nostra avventura. E tutti i giorni dobbiamo rilanciarla. Ma a volte è faticoso. Vorremmo ordinare una volta la camera per non doverlo più fare o studiare una volte la poesia per poi non dover più riprendere in mano il libro. E invece, “c’è un tempo per giocare e un tempo per riordinare la camera”, e finito di sistemare, rigiocheremo e bisognerà ri-sistemarla... “Uffa, tutte le volte, ricominciare, che fatica”. Ma quello che un saggio come Qoèlet vuole insegnarci:
Qo 3,1-8 Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Insomma, solo Dio fa cose immutabili, eterne. Noi invece facciamo e rifacciamo continuamente le stesse cose: ma imparando a cogliere il momento giusto e realizzando ogni cosa a suo tempo, scopriamo il piacere di godere di ogni istante presente. Ma dove troviamo quella voglia e quella forza di ricominciare ogni giorno a chiedere al Signore il nostro pane quotidiano? Sempre il nostro amico saggio, ci dice:
Eccl 3,15 Ciò che è, già è stato; ciò che sarà, già è; Dio ricerca ciò che è già passato.
A volte è proprio vero che “solo andando indietro, andiamo avanti”. La verità, quella nostra, spesso è più dietro di noi che avanti a noi. Siamo sempre tesi al futuro, alle prossime vacanze, alle prossime ferie, ecc... E invece, “quello che sarà, è già stato”. Quella felicità che cerchiamo, la cerchiamo perche l’abbiamo già assaporata in qualche modo prima. Nel passato, nella memoria, scopriamo quante cose il Signore (e tante persone con lui) ha già fatto per noi. Lo sforzo della memoria è importantissimo per imparare a godere del proprio tempo. C’è un tempo in cui dimentichiamo, e allora dobbiamo trovare un tempo di silenzio, di ‘deserto’ per far riaffiorare il passato nella nostra memoria. E quanta pace, quante belle cose, quanta passione potremmo recuperare!
Ger 6,16-17 Così dice il Signore: “Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre”:
Il tempo ‘per se stessi’ dunque è un tempo fondamentale; ma a volte lo intendiamo in maniera egoistica, solo come lo stare a letto. Ma invece che un tempo guadagnato, questo è un tempo perso! E l’ozio, padre dei vizi, può portarci perfino a fare quanto non avremmo mai pensato di fare!
2Sam 11,2 Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall’alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto.
Questo è l’inizio di una bruttissima storia: Davide, sapendo che il marito di questa donna è un fedele soldato lontano in guerra, approfitterà della sua assenza, ma tutto gli si torcerà contro! Questa donna, Betsabea, resta incinta e Davide giungerà a far morire suo marito per prenderla in casa con lui. E come è cominciata questa storia di inganno e morte? Sprecando una giornata, dormendo oziosamente fino a tardo pomeriggio! Come dicevamo prima, alzarsi ogni mattino con la passione di voler ricominciare la propria vita è il modo migliore per godere pienamente del proprio ‘quotidiano’. Troviamo li quella sapienza che non ci fa mai sprecare il nostro tempo!
Sap 6,12-15 La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l’ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti lo desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla suo porta. Riflettere su di essa è perfezione di saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni [LF2].
Tempo per gli altri
Chi acquisisce questa sapienza, diventa uomo/donna maturo/a, capace allora di dare il proprio tempo, la propria vita per gli altri. Con il tempo si risolvono anche i peggiori contrasti! Un’altra storia iniziata male si sistema grazie al ‘tempo’ e alla saggezza con cui uno dei protagonisti, Giuseppe, impara a rileggere gli anni passati. Questo poveraccio era odiato dai suoi fratelli che avevano deciso di ucciderlo e poi avevano finito per venderlo agli egiziani come schiavo. Passano 13 anni e Giuseppe si è costruito un ruolo grande e diventa perfino primo ministro del paese d’Egitto, la più grande potenza di quell’epoca. E dopo così tanti anni, quando la sua famiglia, provata dalla carestia, verrà a chiedergli cibo, Giuseppe, invece di approfittare di quell’occasione per vendicarsi, capirà come quegli anni di schiavitù erano serviti al progetto di Dio di salvare il suo popolo dalla fame. Dio ha i suoi `tempi’ e, appunto ‘a suo tempo’, sa raddrizzare anche le storie storte.
Gn 45,4-8 Allora Giuseppe disse ai fratelli: “Avvicinatevi a me!” Si avvicinarono e disse loro: “Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l’Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita... Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio...”
Gn50,20 Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso.
Dio dunque non ha fretta, l’eternità è il suo tempo; noi uomini, con il ritmo del tempo creato, con la quotidianità, dobbiamo invece imparare quell’eternità possibile già ora, quel `sempre’ che deve caratterizzare il nostro amore:
Prv 17,17 Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura.
Amare sempre, soprattutto nelle difficoltà: proprio lì, il nostro amore deve essere come quello di un fratello, cioè di una persona legata da sempre e per sempre all’altro.
Il tempo della Grazia
Come ormai si sarà capito, tutto il discorso cristiano del tempo allora verte sul quotidiano, sull’oggi. È così da sempre, fin dall’Antico Testamento, da quel libro che ha un nome un po’ strano (Deuteronomio [LF3]) ma che vuole proprio sintetizzare tutta la Bibbia in un discorso tenuto in un giorno solo da Mosè a tutto il popolo. Ed è come se noi fossimo lì come allora: anche a noi, Dio, fa la stessa proposta d’alleanza. Tanto che il discorso non dice “quel giorno io dissi” ma “oggi vi dico”.
Dt 4,4.8.26 ma voi che vi manteneste fedeli al Signore vostro Dio siete oggi tutti in vita... E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?
E ancora:
Dt 30,11.15-16 Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, ne troppo lontano da te... Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male, poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio... perche tu viva!
Il Signore ci chiama, ci fa un grande invito, non occorre rinviare o aspettare. Gesù è colui che più di tutti ha saputo vivere l’amore quotidiano del Padre giorno per giorno, e attraverso la chiesa noi abbiamo la fortuna di aver ricevuto il suo ‘vangelo’, questo invito a vivere profondamente il nostro oggi. Invito che possiamo rifiutare, ma con conseguenze gravi. A forza di rinviare, potremmo infatti precluderci le strade verso di lui:
Prv 1,27-31 Allora mi invocheranno, ma io non risponderò, mi cercheranno, ma non mi troveranno. Poiché hanno odiato la sapienza e non hanno amato il timore del Signore; non hanno accettato il mio consiglio e hanno disprezzato tutte le mie esortazioni; mangeranno il frutto della loro condotta e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni.
Ecco perché Gesù dice che bisogna spicciarsi, bisogna decidersi per lui senza esitare [LF4]. Gesù non è sempre a disposizione, sempre a portata di mano.
Gv 9,4 Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.
Gv 11,8-10 Gesù rispose: “Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perche vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce”.
E la stessa logica di Paolo:
1Cor 7,29 Il tempo, ormai, si è fatto breve.
Ma che ci guadagniamo a vivere come Gesù? A deciderci ogni giorno per Lui? Guadagniamo un grande tesoro: impariamo ad affrontare anche i tempi di fatica e sofferenza, le nostre ‘croci’, per scoprire quella vera felicità che sta dopo (‘ancora un poco...’ direbbe Gesù), che non è a buon mercato, ma che poi nessuno ci potrà portar via. Le fatiche diventano solo `un poco’ da superare in virtù di qualcosa di più grande.
Gv 16,17 Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: Che cos’è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?’. Dicevano perciò: Che cos’è mai questo “un poco”di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire”. Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: ‘Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po’ ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete affitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.
E allora cosa aspettiamo ad impiegare il nostro tempo per gli altri e per L’ALTRO? Ma soprattutto come?
don Samuele Novali e Animatori
Finora abbiamo visto gli ‘spazi’ che Dio ci ha fornito per vivere e incontrarlo (cielo e terra). Ma l’altra grande dimensione fondamentale a questo incontro è il tempo. E il tempo è un grande MISTERO. Anche le persone più grandi e sagge non sanno cosa è il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più” (S. Agostino). In effetti, diciamo comunemente “tra un po’ di tempo”, “è passato tanto tempo”, “non ho tempo”... ma come facciamo a quantificarlo [LF1]? (“Si può forse misurare ciò che non esiste? Chi può misurare il passato, che, appunto, non esiste più o il futuro che non esiste ancora?” (S. Agostino). Noi abbiamo in mente il tempo come una quantità, come un bene qualunque. Possiamo produrre tutto, ma possiamo ‘produrre’ il tempo? Anche Gesù parla del tempo come di una ‘sfida impossibile’:
Mt 6,26 E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?
Il tempo è solo di Dio. È lui che fa sorgere il sole e la luna, regalandoci nuove giornate (Gb 38,32 Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino o puoi guidare l’Orsa insieme con i suoi figli?). E dunque è lui che regala questo tempo agli uomini. Noi non siamo Dio, non creiamo le cose per intuizione con il solo uso della parola. Abbiamo bisogno degli spazi che Dio ci ha dato (cielo e terra) e anche del tempo per realizzare i nostri progetti. E siccome certi progetti son grandi e impegnativi, occorrono certe pause, bisogna trovare il ritmo giusto. È questo che permette all’uomo di realizzare il proprio lavoro. C’è chi invece pensa di lavorare sempre, di non fermarsi mai... Ma dimentica la vita! E finiamo per diventare schiavi! Come gli ebrei:
Es 5,14 I sorveglianti li sollecitavano dicendo: “Porterete a termine il vostro lavoro; ogni giorno il quantitativo giornaliero, come quando vi era la paglia”.
Gesù rovescerà questa logica: chiede infatti a Dio di darci ‘oggi’ il nostro pane ‘quotidiano’, perche Dio lavora sempre (e lui, da bravo Figlio, lo imiterà, Gv 5,17: “Il Padre mio opera sempre e anch’io opero”). Invece agli uomini non é chiesto di diventare schiavi! Il Signore ha inventato un tempo per dormire e un tempo per lavorare e ci regala il settimo giorno per riposare (Gn 1,14-19). La regolarità del tempo, la scansione che Dio ci offre, ci insegna che, seguendo il tempo giusto, ogni essere della terra può lavorare in armonia:
Sal 104,19-23 Per segnare le stagioni hai fatto la luna e il sole che conosce il suo tramonto. Stendi le tenebre e viene la notte e vagano tutte le bestie della foresta; ruggiscono i leoncelli in cerca di preda e chiedono a Dio il loro cibo. Sorge il sole, si ritirano e si accovacciano nelle tane. Allora l’uomo esce al suo lavoro, per la sua fatica fino a sera.
La scansione liturgica (Ess 23,14ss) aiuta il nostro lavorare che non è più una schiavitù infinita, dato che ci son momenti in cui godere dei frutti del proprio lavoro, condividendoli anche con Dio Padre. È il caso delle feste e in particolare del sabato: il Signore ci regala una pausa, un vero riposo per stare con le persone più care e con lui, per godere del frutto del lavoro dei sei giorni (o dei mesi) precedenti. Anche Dio, nel sesto giorno, si riposa, quasi a voler stare con ciò che ha creato:
Gn 2,3 Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò.
Il problema è che l’uomo non conosce il suo tempo, non sa quanto tempo Dio gli donerà e allora tende a ‘bruciare’ il tempo che ha, oppure, all’opposto, si illude di vivere per sempre, finendo per sprecare le occasioni presenti. Centrale allora per vivere bene il proprio tempo è la speranza, che ci fa guardare un po’ più in là del nostro naso, senza pretendere di avere tutto e subito ma dandoci invece il gusto dell’attesa. Ma anche questa è una virtù difficile. Dio promette un figlio a Abramo e Sara, ma essi dubitano e ridono di Dio.
Gn 18,10 Il Signore riprese: “Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”. Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda ed era dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni. Allora Sara rise dentro di sé e disse: “Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!” Ma il Signore disse ad Abramo: “Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C’è forse qualche cosa di impossibile per il Signore?Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio”. Allora Sara negò: “Non ho riso!”; perche aveva paura; ma quegli disse: “Si, hai proprio riso”... Gn 21,2 Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato.
L’attesa a volte è necessaria. La nostra scansione, la nostra programmazione, a volte, non sono sufficienti. Non lo devono essere. Al di là del tempo cronologico, c’è un tempo di Dio; Dio attua certe cose ai suoi tempi. La regolarità dei tempi e delle stagioni è il massimo aiuto al nostro lavoro di uomini, ma non può mai diventare motivo di ‘garanzia’; e poi non annulla i tempi di Dio, che resta libero di intervenire per venirci incontro ed aiutarci.
Su di sè
Siccome non sappiamo accettare i tempi di Dio, pensiamo di poterlo escludere dai nostri progetti e di fare senza di lui. E allora cerchiamo di possedere il tempo ‘per noi’. E invece di ricercare la vera felicità nel nostro lavoro quotidiano, sogniamo di lavorare a dismisura per accumulare e avere poi un tempo solo nostro, in cui la felicità sarà garantita, un tempo di totale ozio e riposo, senza Dio. Ma quel tempo, non esiste:
Lc 12,14-21 E disse loro: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’ abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”. Disse poi una parabola: “La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Cosi è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.
Il quotidiano è l’unica vera dimensione del tempo che dobbiamo imparare a vivere. Ma questo significa che ogni giorno dobbiamo riassumerci l’impegno a vivere in pienezza, che tutti i giorni dobbiamo ricominciare. È la nostra ‘scuola’ in cui impariamo ad ‘arricchire davanti a Dio’, è questa la nostra avventura. E tutti i giorni dobbiamo rilanciarla. Ma a volte è faticoso. Vorremmo ordinare una volta la camera per non doverlo più fare o studiare una volte la poesia per poi non dover più riprendere in mano il libro. E invece, “c’è un tempo per giocare e un tempo per riordinare la camera”, e finito di sistemare, rigiocheremo e bisognerà ri-sistemarla... “Uffa, tutte le volte, ricominciare, che fatica”. Ma quello che un saggio come Qoèlet vuole insegnarci:
Qo 3,1-8 Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci. Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via. Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
Insomma, solo Dio fa cose immutabili, eterne. Noi invece facciamo e rifacciamo continuamente le stesse cose: ma imparando a cogliere il momento giusto e realizzando ogni cosa a suo tempo, scopriamo il piacere di godere di ogni istante presente. Ma dove troviamo quella voglia e quella forza di ricominciare ogni giorno a chiedere al Signore il nostro pane quotidiano? Sempre il nostro amico saggio, ci dice:
Eccl 3,15 Ciò che è, già è stato; ciò che sarà, già è; Dio ricerca ciò che è già passato.
A volte è proprio vero che “solo andando indietro, andiamo avanti”. La verità, quella nostra, spesso è più dietro di noi che avanti a noi. Siamo sempre tesi al futuro, alle prossime vacanze, alle prossime ferie, ecc... E invece, “quello che sarà, è già stato”. Quella felicità che cerchiamo, la cerchiamo perche l’abbiamo già assaporata in qualche modo prima. Nel passato, nella memoria, scopriamo quante cose il Signore (e tante persone con lui) ha già fatto per noi. Lo sforzo della memoria è importantissimo per imparare a godere del proprio tempo. C’è un tempo in cui dimentichiamo, e allora dobbiamo trovare un tempo di silenzio, di ‘deserto’ per far riaffiorare il passato nella nostra memoria. E quanta pace, quante belle cose, quanta passione potremmo recuperare!
Ger 6,16-17 Così dice il Signore: “Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri del passato, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre”:
Il tempo ‘per se stessi’ dunque è un tempo fondamentale; ma a volte lo intendiamo in maniera egoistica, solo come lo stare a letto. Ma invece che un tempo guadagnato, questo è un tempo perso! E l’ozio, padre dei vizi, può portarci perfino a fare quanto non avremmo mai pensato di fare!
2Sam 11,2 Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall’alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto.
Questo è l’inizio di una bruttissima storia: Davide, sapendo che il marito di questa donna è un fedele soldato lontano in guerra, approfitterà della sua assenza, ma tutto gli si torcerà contro! Questa donna, Betsabea, resta incinta e Davide giungerà a far morire suo marito per prenderla in casa con lui. E come è cominciata questa storia di inganno e morte? Sprecando una giornata, dormendo oziosamente fino a tardo pomeriggio! Come dicevamo prima, alzarsi ogni mattino con la passione di voler ricominciare la propria vita è il modo migliore per godere pienamente del proprio ‘quotidiano’. Troviamo li quella sapienza che non ci fa mai sprecare il nostro tempo!
Sap 6,12-15 La sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l’ama e trovata da chiunque la ricerca. Previene, per farsi conoscere, quanti lo desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla suo porta. Riflettere su di essa è perfezione di saggezza, chi veglia per lei sarà presto senza affanni [LF2].
Tempo per gli altri
Chi acquisisce questa sapienza, diventa uomo/donna maturo/a, capace allora di dare il proprio tempo, la propria vita per gli altri. Con il tempo si risolvono anche i peggiori contrasti! Un’altra storia iniziata male si sistema grazie al ‘tempo’ e alla saggezza con cui uno dei protagonisti, Giuseppe, impara a rileggere gli anni passati. Questo poveraccio era odiato dai suoi fratelli che avevano deciso di ucciderlo e poi avevano finito per venderlo agli egiziani come schiavo. Passano 13 anni e Giuseppe si è costruito un ruolo grande e diventa perfino primo ministro del paese d’Egitto, la più grande potenza di quell’epoca. E dopo così tanti anni, quando la sua famiglia, provata dalla carestia, verrà a chiedergli cibo, Giuseppe, invece di approfittare di quell’occasione per vendicarsi, capirà come quegli anni di schiavitù erano serviti al progetto di Dio di salvare il suo popolo dalla fame. Dio ha i suoi `tempi’ e, appunto ‘a suo tempo’, sa raddrizzare anche le storie storte.
Gn 45,4-8 Allora Giuseppe disse ai fratelli: “Avvicinatevi a me!” Si avvicinarono e disse loro: “Io sono Giuseppe, il vostro fratello, che voi avete venduto per l’Egitto. Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita... Dio mi ha mandato qui prima di voi, per assicurare a voi la sopravvivenza nel paese e per salvare in voi la vita di molta gente. Dunque non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio...”
Gn50,20 Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso.
Dio dunque non ha fretta, l’eternità è il suo tempo; noi uomini, con il ritmo del tempo creato, con la quotidianità, dobbiamo invece imparare quell’eternità possibile già ora, quel `sempre’ che deve caratterizzare il nostro amore:
Prv 17,17 Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura.
Amare sempre, soprattutto nelle difficoltà: proprio lì, il nostro amore deve essere come quello di un fratello, cioè di una persona legata da sempre e per sempre all’altro.
Il tempo della Grazia
Come ormai si sarà capito, tutto il discorso cristiano del tempo allora verte sul quotidiano, sull’oggi. È così da sempre, fin dall’Antico Testamento, da quel libro che ha un nome un po’ strano (Deuteronomio [LF3]) ma che vuole proprio sintetizzare tutta la Bibbia in un discorso tenuto in un giorno solo da Mosè a tutto il popolo. Ed è come se noi fossimo lì come allora: anche a noi, Dio, fa la stessa proposta d’alleanza. Tanto che il discorso non dice “quel giorno io dissi” ma “oggi vi dico”.
Dt 4,4.8.26 ma voi che vi manteneste fedeli al Signore vostro Dio siete oggi tutti in vita... E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?
E ancora:
Dt 30,11.15-16 Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, ne troppo lontano da te... Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male, poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio... perche tu viva!
Il Signore ci chiama, ci fa un grande invito, non occorre rinviare o aspettare. Gesù è colui che più di tutti ha saputo vivere l’amore quotidiano del Padre giorno per giorno, e attraverso la chiesa noi abbiamo la fortuna di aver ricevuto il suo ‘vangelo’, questo invito a vivere profondamente il nostro oggi. Invito che possiamo rifiutare, ma con conseguenze gravi. A forza di rinviare, potremmo infatti precluderci le strade verso di lui:
Prv 1,27-31 Allora mi invocheranno, ma io non risponderò, mi cercheranno, ma non mi troveranno. Poiché hanno odiato la sapienza e non hanno amato il timore del Signore; non hanno accettato il mio consiglio e hanno disprezzato tutte le mie esortazioni; mangeranno il frutto della loro condotta e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni.
Ecco perché Gesù dice che bisogna spicciarsi, bisogna decidersi per lui senza esitare [LF4]. Gesù non è sempre a disposizione, sempre a portata di mano.
Gv 9,4 Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.
Gv 11,8-10 Gesù rispose: “Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perche vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce”.
E la stessa logica di Paolo:
1Cor 7,29 Il tempo, ormai, si è fatto breve.
Ma che ci guadagniamo a vivere come Gesù? A deciderci ogni giorno per Lui? Guadagniamo un grande tesoro: impariamo ad affrontare anche i tempi di fatica e sofferenza, le nostre ‘croci’, per scoprire quella vera felicità che sta dopo (‘ancora un poco...’ direbbe Gesù), che non è a buon mercato, ma che poi nessuno ci potrà portar via. Le fatiche diventano solo `un poco’ da superare in virtù di qualcosa di più grande.
Gv 16,17 Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro: Che cos’è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?’. Dicevano perciò: Che cos’è mai questo “un poco”di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire”. Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: ‘Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po’ ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete affitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.
E allora cosa aspettiamo ad impiegare il nostro tempo per gli altri e per L’ALTRO? Ma soprattutto come?
don Samuele Novali e Animatori
ROTA IMAGNA - RITIRO SPIRITUALE RAGAZZI
Ritiro quaresima di 3ª media
Cari compaesani, il ritiro di quest’anno è stato un po’ alternativo rispetto agli altri. Infatti abbiamo vissuto questa fantastica esperienza a Rota Imagna, un piccolo paesino immerso nel verde. Eh si, perché anche i dettagli contano. Abbiamo iniziato il nostro “cammino”: una grande sala con lodi mattutine e canti. In seguito abbiamo visto un filmato che parlava di una persona splendida: Chiara Badano, poi soprannominata Chiara Luce. Questa ragazza non è sicuramente famosa quanto Mahatma Gandhi o altri ma per il semplice motivo che è morta a 18 anni di tumore. Potrebbe sembrare questa una storia qualunque, e non è del tutto sbagliato, ma è semplicemente straordinario il modo con cui lei ha affrontato questo dramma. Già da piccola aveva dimostrato di avere una sensibilità superiore e i suoi ragionamenti e comportamenti erano quelli di una ragazza molto matura per la sua età. Quando è venuta a conoscenza della terribile notizia ha provato timore come chiunque, ma poi è riuscita a far vincere la sua grande anima (Mahatma appunto) sulla sua paura di ragazza. Così ha pensato: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io!” e ha donato ogni altro suo attimo rimanente a Dio e ai fratelli. Insomma lei ha preso questo dramma come una specie di vocazione di Dio e ha sentito che Dio le aveva affidato un grosso compito! In seguito alla visione del filmato con i nostri genitori, ci siamo divisi e siamo usciti; noi ragazzi abbiamo commentato la sua storia esaminando i concetti principali sopra esposti. La nostra idea era che è saggio farsi perdonare dal Signore intanto che si può ed è sconsigliato bruciare gli ultimi tempi inutilmente. Infatti in questi attimi il vero cristiano si dispiace ma ha comunque un palo, una sicurezza a cui aggrapparsi che è Dio. L’ateo invece si dispera e fa di tutto per non sentire il dolore e per finirla al più presto. Abbiamo poi discusso sul significato del trovare e del dare un senso alla vita, traendo le seguenti conclusioni: trovare significa venire a conoscenza di un qualcosa già presente ed effettivo a cui ispirarsi: per il cristiano potrebbe significare il ricevere il messaggio di Dio. Invece dare un senso ha un significato più interiore e personale, una specie di obiettivo che ci si pone per motivare le nostre azioni riempiendole di passione. Insomma è un interpretare la Parola di Dio. Infine ognuno di noi ha raccolto tutti i pensieri [come al solito] in un cartellone. Dopo questa “chiacchierata vitale” abbiamo potuto godere di un attimo di tranquillità nel bel giardino che circonda la Casa Mattutina. Dopo pranzo abbiamo vissuto un momento di preghiera nella piccola chiesina allestita all’ultimo piano. È proprio in questo momento che genitori e figli si sono scritti, e poi consegnati durante la messa, dei bigliettini con dei piccoli pensieri per l’altro. Io penso che questo sia stato uno dei momenti più belli della giornata. Nello scambio dei biglietti penso, che i figli siano stati particolarmente soddisfatti delle parole dei papà i quali sono di solito ostili a queste situazioni innaturali! In generale quindi penso che il ritiro abbia trovato le sue carte vincenti: nei genitori, nel fatto che non c’era una notte di mezzo che toglieva concentrazione, nel luogo scelto e nel punto di partenza stupendo dato dal filmato.
I ragazzi di 3ª media
I ragazzi di 3ª media
ROMA 1° MAGGIO
Come molti di voi già hanno letto, alla santa messa di beatificazione di Papa Wojtyla a Roma il 1° maggio, c’era una piccola rappresentanza anche di Zogno. La stanchezza fisica, davvero neppure lontanamente immaginata, ci ha impedito nel viaggio di ritorno di esprimere alcunché di scritto: verbalmente invece, tra di noi, le espressioni più ricorrenti sono state di incredulità per la marea di gente e di contentezza per la fede che ancora accomuna tanta umanità, giovanissima, giovane e meno giovane, in salute e in malattia... Sicuramente ognuno di noi ha portato al Papa la propria preghiera e la propria supplica, unitamente a quella dì tutta la nostra comunità, che idealmente era con noi! Già prima di partire, nei giorni precedenti il nostro pellegrinaggio, nel cuore avevamo accumulato tutti i pensieri belli e le intenzioni, tutte le preoccupazioni e le miserie umane da affidare a questo nostro meraviglioso Papa. Ai palloncini rossi liberati in quel cielo fattosi sgombro di nubi e azzurrissimo (come lo sfondo sul quale è ritratto il nostro Beato) abbiamo affidato le nostre fatiche e le nostre gioie, le nostre sofferenze e le nostre piccole e grandi croci. Di seguito alcune riflessioni delle quali vi facciamo partecipi, scritte da due mamme e dal Gruppo Giovani del nostro oratorio unitamente a quelli dell’Alta Valle. Niente di speciale, solo un modo per coinvolgervi tutti in quell’ abbraccio ideale che abbiamo vissuto sulla nostra pelle (nel vero senso della parola!); ricordando che Giovanni Paolo II è vissuto e ha operato mosso da un’unica certezza: senza Cristo l’uomo non ha speranza né futuro. E questo è il messaggio grande che dobbiamo raccogliere e fare nostro, sempre.
SUI TUOI PASSI
“...Siamo figli che hanno sempre bisogno del Padre, mendicanti di Dio che sanno di raccogliere briciole generose alla scuola di un santo, papa magno e profeta, che abbiamo avuto per contemporaneo”. Che bella questa frase che all’improvviso mi porta ad una constatazione alla quale non ero ancora mai arrivata: un santo, un gigante della Fede, ha vissuto nel mio tempo, dal 1978, anno in cui ho conosciuto il ragazzo poi divenuto mio marito, fino al 2005, anno in cui già la mia terza figlia mi raggiungeva in altezza! È come se mi avesse accompagnata da lontano, ma vicinissimo nella preghiera e nel sostegno cristiano: un papa meraviglioso che giorno dopo giorno, nella sua quotidiana fatica, (quale potrebbe essere stata in parallelo anche la mia come moglie, mamma, sorella, figlia e nuora anche se neanche lontanamente paragonabile per dimensione e coinvolgimento di umanità) ha costruito relazioni meravigliose abbattendo muri e chiusure, ricercando il dialogo e inserendosi e incarnandosi in prima persona nelle problematiche sociali mondiali. Giornali, televisioni, internet hanno raccontato in questi giorni tutto lo spessore umano personale di Wojtyla, ma anche quel lato umano e fragile della Chiesa, specie quello riferito alla gerarchia, che lui non ha nascosto ma riconosciuto, non ha giustificato ma fatto divenire richiesta di perdono accorata e sincera, generatrice del messaggio evangelico più sublime, quello del servizio. A noi donne poi, ha dedicato la fetta più grande del suo affetto, delle sue preghiere, delle sue benevole aspettative, chiamandoci in causa spesso quali potenziali “artiste”, autorizzate anche dalla maternità, a dare sempre un’impronta speciale alla società in cui siamo. “Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio.” Questo ho portato a casa del mio pellegrinaggio a Roma, questo il dono meraviglioso che mi ha svelato Giovanni Paolo II: la consapevolezza piena e riconoscente che la mia vocazione di moglie e mamma è il sogno che Dio ha su di me. Nessuno è senza vocazione, nessuno è privato di Dio, nessuno è già arrivato nel suo cammino verso di Lui. Così come nessuno è senza bisogno, nessuno è escluso, nessuno è sazio. La Chiesa è costituita nella sua realtà più profonda, proprio dalla condivisione e dalla comunione delle diverse vocazioni; e la bellezza di tanti incontri è legata al fatto che non dobbiamo mai chiuderli con un giudizio o un verdetto, ma sempre con una prospettiva: perché l’Amore danza tra finito e infinito, fra ciò che arriviamo a comprendere e ciò che ci sfugge. Grazie, Karol...
IL CIELO AZZURRO... MI FARÀ PENSARE A TE
È sabato sera, si parte per Roma. Sali sul pullman con la mente completamente occupata da tutta l’organizzazione dovuta all’allontanamento da casa: famiglia, pranzo della domenica, sensazioni, preoccupazioni, pensieri... Inaspettatamente, però, i tuoi “tarli” mentali si bloccano per lasciare spazio alle riflessioni, alle preghiere e alla visione di un film sulla vita di Karol. Ti trovi immerso in un altro clima... Poi si sonnecchia un po’ e, proprio quando il sonno si fa più profondo, una voce ti comunica che siamo a Roma. Sono le tre. Scendi e, come uno zombie, segui frettolosamente il gruppo: le vie brulicano di gente di ogni età e nazionalità. Ben presto la nostra corsa si interrompe in fondo a via della Conciliazione. Davanti a noi: gente, tanta gente, tutta in fila per lo stesso motivo. Il nostro procedere è molto lento; si fa giorno e i metri percorsi sono pochissimi. Qualcuno non regge la fatica e perde i sensi, qualcun altro perde le staffe, altri ancora perdono l’educazione, ma nessuno rinuncia! Nonostante tutto, alle nove, siamo in piazza S. Pietro tra gente che è ancora sdraiata e dorme, riposa, aspetta, sogna, prega... Il cielo è nuvoloso e grigio, l’aria è impregnata di stanchezza e pure di insofferenza. Poi la celebrazione ha inizio, cominciano i primi applausi all’ingresso di Papa Ratzinger, si sentono i canti e le melodie sacre ti ritemprano e ti senti più sereno. Quando Benedetto XVI pronuncia la formula della Beatificazione e l’arazzo con l’immagine di Giovanni Paolo II appare in tutta la sua bellezza sulla facciata della basilica, il cuore ti sale in gola, le mani non si fermano più, le lacrime segnano i visi... vorresti parlargli, spiegargli, fargli delle richieste, ma non trovi le parole, resti abbagliato dal suo sorriso e da quello sguardo fiero e rassicurante. Ti senti diverso: più capace, più sicuro, più compreso e soprattutto sei felice di esser lì, in quella piazza, fra milioni di persone. E come, in noi, i sentimenti negativi hanno ceduto il passo alla gioia di quest’incontro così, in cielo, le nuvole hanno lasciato campo libero al sole e a un cielo azzurro nel quale lo sguardo si è perso alla ricerca del volto di quel nuovo Beato. Ogni giorno, dopo il primo maggio, il cielo azzurro.... mi farà pensare a te, caro papa Wojtyla.
SEMPLICI PENSIERI...
“Con la nostra autorità apostolica concediamo che il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno il 22 ottobre. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. E accompagnato dalle intense voci del coro, ecco il telo che svela l’immagine del papa: quel volto ancora giovane, quello sguardo sorridente, espressione di pace, di amore grande. Silenzio, commozione, desiderio di abbracciare quell’espressione calda d’affetto. Questo forse il momento più ricco, colmo di gioia, di partecipazione, di condiviso senso del compiuto, che ha dato significato all’esodo che ci ha condotti fino a Roma, lungo la via della Conciliazione, fino in Piazza San Pietro; memori del calvario che ha portato il papa alla morte, dello sconcerto e del vuoto che tale perdita ha suscitato negli animi di tanti, e della visita alle sue spoglie dopo un’infinita fila prima dei funerali, ecco che non potevamo non esserci per la sua Beatificazione, per il riconoscimento della santità della sua storia, delle sue parole, dei suoi viaggi, del suo essere vicino all’umanità. Adulti che hanno seguito passo passo la storia del suo pontificato, le sue parole d’amore, le sue scelte, e ne sono stati forse sfiorati, toccati, guidati e noi giovani che lo abbiamo seguito nelle sue ultime GMG, che abbiamo ammirato la sua fede e il suo attaccamento instancabile alla vita nei momenti più difficili della malattia, ci siamo messi in viaggio sabato sera 30 aprile, accompagnati dalla preghiera, da pagine che narravano della vita del papa e da film che ci han permesso di ripercorrere la sua storia, ancor prima del pontificato. Roma alle tre di notte era viva di fedeli italiani, polacchi, francesi, spagnoli, inglesi e di ogni etnia, scaldati da sacchi a peli adagiati sulle panchine o sui marciapiedi, appostati davanti ai maxischermi distribuiti per le piazze e in corsa verso la radunata principale, in attesa che i cancelli di via della conciliazione venissero finalmente aperti. Ecco che il panorama comincia a meravigliarci, ricordandoci la straordianarietà dell’evento che sta per accadere. Schiacciati in mezzo a fiumi di persone, trascinati qua e là come delle correnti, senza bisogno del sostegno dei piedi perché la pressione della calca ci sostiene, ci manca quasi l’aria, disorientati tra tanta gente. Con lo zaino colmo di felpe, coperte e kway che dovevano servirci per la notte, malediciamo il momento in cui l’avevamo preparato, dimenticandoci dell’essenzialità e del peso che avremmo dovuto portare sulle spalle per tante ore: niente pioggia, niente freddo e niente spazio per sedersi o sostare! Tante ore rubate al sonno fatte di attese, di stanchezza, di perplessità, di schiene piegate, di gambe che cedono, di vicini che svengono... ma il desiderio di arrivare più vicini, di concludere il percorso, di giungere fino alla piazza del Vaticano ci spronano a reggere ancora un po’, a farci forza... e all’alba delle otto e mezza, eccoci là, di fronte alla grande basilica, abbracciati dalle immagini della madonna appostate ai lati della piazza. Pausa, sonno, fame, sete... attesa. Il formicolio di gente continua intorno a noi, tutto si muove, le nuvole si spostano e lasciano il posto ad un sole che ci avvolge, che sembra sbucare per spiare quel che sta succedendo. E con il canto iniziale, l’arrivo di Benedetto ci smuove dal sonno: la messa ha inizio e poco dopo ecco quel volto là sulla Basilica, che ci accompagnerà per tutta la celebrazione, evidenziando così la presenza di Giovanni Paolo con noi. Applausi, cori, voglia di farsi sentire anche più in là. Le parole di Benedetto XVI ci hanno richiamato alla storia del Beato, alla sua vicinanza ai giovani, richiamandoci all’importanza di mostrare l’immagine di Cristo con la nostra vita; e mentre gli occhi si chiudono sotto il sole ormai cocente, cerchiamo di non perdere le parole, di rimanere vigilanti con la mente e con il cuore. E poi di nuovo in fila, tra un panino ingozzato e i commenti tra i compagni di viaggio, in direzione della Basilica, per un saluto a papa Wojtyla da vicino; la sua bara semplice, là al centro di quella chiesa maestosa e splendida, con qualche fiore... una preghiera, un po’ di silenzio, ancora un abbraccio.
Grazie Karol, a presto!
SUI TUOI PASSI
“...Siamo figli che hanno sempre bisogno del Padre, mendicanti di Dio che sanno di raccogliere briciole generose alla scuola di un santo, papa magno e profeta, che abbiamo avuto per contemporaneo”. Che bella questa frase che all’improvviso mi porta ad una constatazione alla quale non ero ancora mai arrivata: un santo, un gigante della Fede, ha vissuto nel mio tempo, dal 1978, anno in cui ho conosciuto il ragazzo poi divenuto mio marito, fino al 2005, anno in cui già la mia terza figlia mi raggiungeva in altezza! È come se mi avesse accompagnata da lontano, ma vicinissimo nella preghiera e nel sostegno cristiano: un papa meraviglioso che giorno dopo giorno, nella sua quotidiana fatica, (quale potrebbe essere stata in parallelo anche la mia come moglie, mamma, sorella, figlia e nuora anche se neanche lontanamente paragonabile per dimensione e coinvolgimento di umanità) ha costruito relazioni meravigliose abbattendo muri e chiusure, ricercando il dialogo e inserendosi e incarnandosi in prima persona nelle problematiche sociali mondiali. Giornali, televisioni, internet hanno raccontato in questi giorni tutto lo spessore umano personale di Wojtyla, ma anche quel lato umano e fragile della Chiesa, specie quello riferito alla gerarchia, che lui non ha nascosto ma riconosciuto, non ha giustificato ma fatto divenire richiesta di perdono accorata e sincera, generatrice del messaggio evangelico più sublime, quello del servizio. A noi donne poi, ha dedicato la fetta più grande del suo affetto, delle sue preghiere, delle sue benevole aspettative, chiamandoci in causa spesso quali potenziali “artiste”, autorizzate anche dalla maternità, a dare sempre un’impronta speciale alla società in cui siamo. “Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio.” Questo ho portato a casa del mio pellegrinaggio a Roma, questo il dono meraviglioso che mi ha svelato Giovanni Paolo II: la consapevolezza piena e riconoscente che la mia vocazione di moglie e mamma è il sogno che Dio ha su di me. Nessuno è senza vocazione, nessuno è privato di Dio, nessuno è già arrivato nel suo cammino verso di Lui. Così come nessuno è senza bisogno, nessuno è escluso, nessuno è sazio. La Chiesa è costituita nella sua realtà più profonda, proprio dalla condivisione e dalla comunione delle diverse vocazioni; e la bellezza di tanti incontri è legata al fatto che non dobbiamo mai chiuderli con un giudizio o un verdetto, ma sempre con una prospettiva: perché l’Amore danza tra finito e infinito, fra ciò che arriviamo a comprendere e ciò che ci sfugge. Grazie, Karol...
IL CIELO AZZURRO... MI FARÀ PENSARE A TE
È sabato sera, si parte per Roma. Sali sul pullman con la mente completamente occupata da tutta l’organizzazione dovuta all’allontanamento da casa: famiglia, pranzo della domenica, sensazioni, preoccupazioni, pensieri... Inaspettatamente, però, i tuoi “tarli” mentali si bloccano per lasciare spazio alle riflessioni, alle preghiere e alla visione di un film sulla vita di Karol. Ti trovi immerso in un altro clima... Poi si sonnecchia un po’ e, proprio quando il sonno si fa più profondo, una voce ti comunica che siamo a Roma. Sono le tre. Scendi e, come uno zombie, segui frettolosamente il gruppo: le vie brulicano di gente di ogni età e nazionalità. Ben presto la nostra corsa si interrompe in fondo a via della Conciliazione. Davanti a noi: gente, tanta gente, tutta in fila per lo stesso motivo. Il nostro procedere è molto lento; si fa giorno e i metri percorsi sono pochissimi. Qualcuno non regge la fatica e perde i sensi, qualcun altro perde le staffe, altri ancora perdono l’educazione, ma nessuno rinuncia! Nonostante tutto, alle nove, siamo in piazza S. Pietro tra gente che è ancora sdraiata e dorme, riposa, aspetta, sogna, prega... Il cielo è nuvoloso e grigio, l’aria è impregnata di stanchezza e pure di insofferenza. Poi la celebrazione ha inizio, cominciano i primi applausi all’ingresso di Papa Ratzinger, si sentono i canti e le melodie sacre ti ritemprano e ti senti più sereno. Quando Benedetto XVI pronuncia la formula della Beatificazione e l’arazzo con l’immagine di Giovanni Paolo II appare in tutta la sua bellezza sulla facciata della basilica, il cuore ti sale in gola, le mani non si fermano più, le lacrime segnano i visi... vorresti parlargli, spiegargli, fargli delle richieste, ma non trovi le parole, resti abbagliato dal suo sorriso e da quello sguardo fiero e rassicurante. Ti senti diverso: più capace, più sicuro, più compreso e soprattutto sei felice di esser lì, in quella piazza, fra milioni di persone. E come, in noi, i sentimenti negativi hanno ceduto il passo alla gioia di quest’incontro così, in cielo, le nuvole hanno lasciato campo libero al sole e a un cielo azzurro nel quale lo sguardo si è perso alla ricerca del volto di quel nuovo Beato. Ogni giorno, dopo il primo maggio, il cielo azzurro.... mi farà pensare a te, caro papa Wojtyla.
SEMPLICI PENSIERI...
“Con la nostra autorità apostolica concediamo che il venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II, papa, d’ora in poi sia chiamato Beato e che si possa celebrare la sua festa nei luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto, ogni anno il 22 ottobre. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. E accompagnato dalle intense voci del coro, ecco il telo che svela l’immagine del papa: quel volto ancora giovane, quello sguardo sorridente, espressione di pace, di amore grande. Silenzio, commozione, desiderio di abbracciare quell’espressione calda d’affetto. Questo forse il momento più ricco, colmo di gioia, di partecipazione, di condiviso senso del compiuto, che ha dato significato all’esodo che ci ha condotti fino a Roma, lungo la via della Conciliazione, fino in Piazza San Pietro; memori del calvario che ha portato il papa alla morte, dello sconcerto e del vuoto che tale perdita ha suscitato negli animi di tanti, e della visita alle sue spoglie dopo un’infinita fila prima dei funerali, ecco che non potevamo non esserci per la sua Beatificazione, per il riconoscimento della santità della sua storia, delle sue parole, dei suoi viaggi, del suo essere vicino all’umanità. Adulti che hanno seguito passo passo la storia del suo pontificato, le sue parole d’amore, le sue scelte, e ne sono stati forse sfiorati, toccati, guidati e noi giovani che lo abbiamo seguito nelle sue ultime GMG, che abbiamo ammirato la sua fede e il suo attaccamento instancabile alla vita nei momenti più difficili della malattia, ci siamo messi in viaggio sabato sera 30 aprile, accompagnati dalla preghiera, da pagine che narravano della vita del papa e da film che ci han permesso di ripercorrere la sua storia, ancor prima del pontificato. Roma alle tre di notte era viva di fedeli italiani, polacchi, francesi, spagnoli, inglesi e di ogni etnia, scaldati da sacchi a peli adagiati sulle panchine o sui marciapiedi, appostati davanti ai maxischermi distribuiti per le piazze e in corsa verso la radunata principale, in attesa che i cancelli di via della conciliazione venissero finalmente aperti. Ecco che il panorama comincia a meravigliarci, ricordandoci la straordianarietà dell’evento che sta per accadere. Schiacciati in mezzo a fiumi di persone, trascinati qua e là come delle correnti, senza bisogno del sostegno dei piedi perché la pressione della calca ci sostiene, ci manca quasi l’aria, disorientati tra tanta gente. Con lo zaino colmo di felpe, coperte e kway che dovevano servirci per la notte, malediciamo il momento in cui l’avevamo preparato, dimenticandoci dell’essenzialità e del peso che avremmo dovuto portare sulle spalle per tante ore: niente pioggia, niente freddo e niente spazio per sedersi o sostare! Tante ore rubate al sonno fatte di attese, di stanchezza, di perplessità, di schiene piegate, di gambe che cedono, di vicini che svengono... ma il desiderio di arrivare più vicini, di concludere il percorso, di giungere fino alla piazza del Vaticano ci spronano a reggere ancora un po’, a farci forza... e all’alba delle otto e mezza, eccoci là, di fronte alla grande basilica, abbracciati dalle immagini della madonna appostate ai lati della piazza. Pausa, sonno, fame, sete... attesa. Il formicolio di gente continua intorno a noi, tutto si muove, le nuvole si spostano e lasciano il posto ad un sole che ci avvolge, che sembra sbucare per spiare quel che sta succedendo. E con il canto iniziale, l’arrivo di Benedetto ci smuove dal sonno: la messa ha inizio e poco dopo ecco quel volto là sulla Basilica, che ci accompagnerà per tutta la celebrazione, evidenziando così la presenza di Giovanni Paolo con noi. Applausi, cori, voglia di farsi sentire anche più in là. Le parole di Benedetto XVI ci hanno richiamato alla storia del Beato, alla sua vicinanza ai giovani, richiamandoci all’importanza di mostrare l’immagine di Cristo con la nostra vita; e mentre gli occhi si chiudono sotto il sole ormai cocente, cerchiamo di non perdere le parole, di rimanere vigilanti con la mente e con il cuore. E poi di nuovo in fila, tra un panino ingozzato e i commenti tra i compagni di viaggio, in direzione della Basilica, per un saluto a papa Wojtyla da vicino; la sua bara semplice, là al centro di quella chiesa maestosa e splendida, con qualche fiore... una preghiera, un po’ di silenzio, ancora un abbraccio.
Grazie Karol, a presto!
ANCHE DIO VOLLE UNA MADRE!
L’amore per la mamma è un sentimento così nobile, così bello e così dolce, che Dio stesso l’ha invidiato all’umanità e l’ha voluto avere!
Il consueto spettacolo canoro LA NOSTRA FESTA SIETE VOI, nasce da subito dedicato alle mamme: gioioso appuntamento frutto di due mesi di fatica e impegno, per ripagare almeno in parte la dedizione continua e concreta che le nostre mamme ci donano tutti i mesi dell’anno! Per questa edizione 2011, all’unanimità è stato scelto di dedicare il nostro “grazie!” più riconoscente ad alcune mamme in particolare, distintesi nel corso degli anni per essersi prodigate oltre che per la propria famiglia, per quella più grande e numerosa dell’oratorio e della comunità parrocchiale. Nelle immagini introduttive della serata, commentate da Don Samuele (generoso padrone di casa che concede sempre di buon grado l’uso del teatro ai nostri piccoli cantanti!) sono state ricordate, con emozionata riconoscenza, le mamme BIANCA, MIRELLA, LUCIA, MARIA, BARBARA, che già ci hanno lasciato. Mamme silenziose e umili che nell’ anonimato hanno fatto molto per i propri figli e perché l’ambiente cristiano di contorno alla loro crescita (l’oratorio) fosse sempre come un abbraccio, come uno sguardo indulgente ma fermo. Donne capaci di moltiplicare le proprie qualità al servizio dei tanti “figli” che l’oratorio ospita: nei gruppi di gioco, nelle squadre sportive, nelle classi di catechismo e di recupero compiti, nei vari allestimenti di spettacoli e recite e sfilate di carnevale, nelle gite, nelle cene e nei pranzi, nelle caldissime giornate del CRE, nelle sere di sagra estiva, negli incontri formativi ed educativi, nelle adorazioni e nei momenti di preghiera... Per mamma Maria, la dedizione assoluta e continua alla condivisione della scelta sacerdotale del figlio Don Angelo... Nel ricordo di Barbara, grazie al gruppo AVIS e AIDO sezione di Zogno di cui lei era attivo membro e presidente, e grazie al gruppo ALPINI di Zogno, in questa edizione si è pensato di segnalare una mamma generosa di tempo e di affettuosa presenza al bar, alla cucina e alla sala costumi dell’oratorio: ROSA! Nonna Rosa è stata insignita di una pergamena ricordo e di una medaglia d’oro. Per problemi di salute non è stata presente alla consegna, ma l’applauso scrosciante della sua comunità lo avrà sentito sicuramente anche stando a San Pellegrino! Perché è giusto e doveroso rendere omaggio in qualche modo a queste mamme operose? Sicuramente nulla da togliere anche a tutte le mamme che quotidianamente lavorano e agiscono in tutte le nostre case, (e spesso anche fuori casa) a contatto quotidiano con famigliari che pretendono e neanche ringraziano, che credono di avere solo diritti e nessun dovere, che sottovalutano le fatiche e l’impegno di chi ha scelto di stare “al servizio”, semplicemente per amore, per “deformazione professionale!”. L’educazione dei figli da parte della mamma, precede temporalmente quella del papà perché è rivolta principalmente all’iniziazione al mondo degli affetti e delle relazioni domestiche, tanto che essa inizia con il primo gesto d’amore e di accoglienza che è l’allattamento; non si vuole con questo sminuire il ruolo del padre vicino a lei, con lei, condividente le gioie e i dolori. Mentre il cuore materno protegge, comprende, evita dolori e fatiche, il cuore maschile dona la forza di accettare la delusione e incoraggia a superare i difetti. Tantissimi infatti in sala anche i papà, pronti ad applaudire e sostenere con il sorriso tutti i piccoli e grandi cantanti, i presentatori, le ballerine: a proposito, BRAVISSIMISSIMI a tutti, davvero una preparazione lodevole in tutti i sensi! Filmati, foto, commenti scambiati a caldo con i famigliari e gli occhi luccicanti di orgoglio nel vedere che comunque, questi figli, meritano la fatica di averli sognati e desiderati nei progetti da fidanzati, (qualcuno ha scritto che si cresce solo se sognati!) di averli portati dalla pediatra e dal dentista, agli allenamenti di calcio e pallavolo, di averli accompagnati a scuola, a catechismo, a messa... Il 15 maggio appena trascorso è stata anche la Giornata Internazionale della famiglia, oltre che quella delle Vocazioni; chissà se abbiamo ben chiara la consapevolezza che la famiglia è la risorsa più preziosa per ogni persona e per la società tutta. E che quindi, dove va la famiglia, va il mondo intero, se sta bene la famiglia sta bene il mondo intero. Tornando alle nostre mamme, a tutte le nostre mamme, le vogliamo stringere in un abbraccio affettuoso che... duri tutto l’anno, fino alla prossima edizione della NOSTRA FESTA!!! Grazie infinite a tutti quelli che si sono prodigati in mille modi per la buona riuscita della serata. Arrivederci a tutti!
Fulvia
Fulvia
ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO
BEATO GIOVANNI PAOLO II A ZOGNO
Carissimi lettori di ZOGNO NOTIZIE, vorremmo sottolineare l’incredibile novità di quest’anno inerente la sera di apertura della Sagra di SAN LORENZO 2011: un super-mega concerto proprio il 29 luglio, in oratorio, con ospiti importantissimi del calibro di Ivana Spagna, Francesco Renga, Gatto Panceri, Paolo Meneguzzi, Emma Marrone... Avete letto bene, proprio loro! E loro si sono mossi dietro nostro invito proprio perché hanno un affettuosa particolare devozione per il nostro Beato Giovanni Paolo II, che è il “fulcro ispiratore” del nostro progetto! Molti racconteranno, oltre che cantare, anche della propria esperienza di incontro personale con il Papa. Tutti conosciamo la propensione di Giovanni Paolo per i giovani e per la musica, che lui stesso ha definito binomio prezioso per ascoltare e far ascoltare al mondo i messaggi d’amore di Dio per l’uomo, attraverso il genio e la creatività di molti artisti e di molti strumenti, nonché della voce. Anche il canto è preghiera! Quindi un progetto ambizioso ma assolutamente non presuntuoso, illustrato a chi di dovere presso la Diocesi di Bergamo e la Curia prima, e in Vaticano poi ... Le risposte si sono fatte attendere un poco, però non hanno scalfito l’entusiasmo e la voglia di impegnarci in quella che è sembrata da subito un’occasione speciale per la nostra comunità intera. Vi abbiamo incuriosito? Volete conoscere i particolari? Il seme di questa idea viene gettato in “terra fertile” proprio il 1° maggio, proprio durante la visione della diretta televisiva: il viaggio a Roma, in occasione della giornata di beatificazione di Giovanni Paolo II; piano piano, questo seme ha allungato le proprie radici fino a raggiungere quei nutrienti vitali di cui aveva bisogno per germogliare e svilupparsi... e nel giro di qualche settimana, con forza di volontà e passione, tutte le ramificazioni hanno coinvolto entusiasmi e appoggi sufficienti per poter dire: CREDIAMOCI!
In concreto perché questo concerto in memoria di Giovanni Paolo II? Vari i motivi: perché è stato un Papa così vicino a noi giovani da farci innamorare di Gesù e capire quanto Lui, sia importante nella nostra vita; perché quest’anno in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, questo concerto, potrebbe essere una buona occasione per incontrarci fra giovani, per cantare e parlare di Giovanni Paolo II che per primo ha desiderato questi raduni, perché la serata del 29 luglio vuole raggiungere e toccare il cuore di tutti, grandi e piccoli, l’invito a partecipare è per i ragazzi, i giovani, i nonni e le famiglie… Giovanni Paolo II ha desiderato incontrare e parlare con tutto il mondo… anche noi a Zogno, vogliamo incontrare la nostra comunità e tutti coloro che desiderano ricordare il Papa dei giovani.
Dopo l’estate, l’eco di questa iniziativa, lascia una serie di proposte alle quali stiamo lavorando e delle quali vi daremo presto informazioni più dettagliate: perché tutti siate partecipi del messaggio di fratellanza e comunione che Giovanni Paolo II ha lasciato alle generazioni future!
In concreto perché questo concerto in memoria di Giovanni Paolo II? Vari i motivi: perché è stato un Papa così vicino a noi giovani da farci innamorare di Gesù e capire quanto Lui, sia importante nella nostra vita; perché quest’anno in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid, questo concerto, potrebbe essere una buona occasione per incontrarci fra giovani, per cantare e parlare di Giovanni Paolo II che per primo ha desiderato questi raduni, perché la serata del 29 luglio vuole raggiungere e toccare il cuore di tutti, grandi e piccoli, l’invito a partecipare è per i ragazzi, i giovani, i nonni e le famiglie… Giovanni Paolo II ha desiderato incontrare e parlare con tutto il mondo… anche noi a Zogno, vogliamo incontrare la nostra comunità e tutti coloro che desiderano ricordare il Papa dei giovani.
Dopo l’estate, l’eco di questa iniziativa, lascia una serie di proposte alle quali stiamo lavorando e delle quali vi daremo presto informazioni più dettagliate: perché tutti siate partecipi del messaggio di fratellanza e comunione che Giovanni Paolo II ha lasciato alle generazioni future!
ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO
Sagra di San Lorenzo dal 29 luglio al 10 agosto
LA PREGHIERA DEL NOSTRO PRIMO GIORNO DI CRE
Don: ciao ragazzi!! State tutti bene?!!... fantastico, allora siamo proprio tutti pronti per iniziare di nuovo insieme questo fantastico CRE 2mila11 dal titolo BATTIBALENO. Capito bene? Dal titolo BATTIBALENO! Regola 1 ed unica: SIAMO TUTTI QUA PER DIVERTIRCI E CRESCERE INSIEME!! In oratorio c’è posto per tutti!! Ma torniamo al titolo BATTIBALENO: quindi quest’anno il CRE ha a che fare con il tempo, perché vuole insegnarci ad usarlo bene e a non sprecarlo!! Direi... un ottima idea!!
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,4-5) “Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono”.
Sapete amici, per questo mese di CRE ho acquistato una forbice, una zappa e un rastrello... Cosa? Una forbice, un rastrello e una zappa? Ma guarda che al CRE servono i palloni da calcio, da pallavolo... non attrezzi per lavorare la terra!! O sei un contadino o non li usi!! Lo dici tu che dai tutto per scontato e che spesso ti siedi sugli allori a prendere il sole e basta!! Ma figurati se sono così “poltrone!!” Se non è così, allora accetta questa sfida... per tutto il CRE zappa, forbice e rastrello nello zaino! Sì, hai capito bene!!... Allora, al CRE ci sono tanti ragazzi di età e storie diverse e (detto tra noi) non tutti la pensano allo stesso modo... ma non per questo ognuno deve fare di testa propria altrimenti succede come il seme che è caduto sulla strada dura. Anche noi quando siamo cocciuti e testoni non possiamo raccogliere nessun frutto!! Ecco allora che serve la “zappa” per smuovere la nostra cocciutaggine e imparare ad ascoltare e accogliere bene chi ci sta attorno...
AL CRE IL TESTONE AVANZA!!
Gesù, Tu rendi bello questo tempo. Fa’ che, ascoltando Te nella nostra vita, impariamo ad ascoltare ogni altro ragazzo, anche se diverso da noi.
Lc 8,6-7 “Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un]altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono”.
E poi le forbici... a volte nelle amicizie c’è qualcuno che si permette di mettere qualche parola di più e finisce con il parlare male di una persona... oppure, qualche parola di troppo e si litiga perché non c’è stata la pazienza di ascoltarsi e confrontarsi... occorre tagliare queste parole inutili!!
AL CRE CHI PARLA A VANVERA AVANZA!!
Padre rendici capaci di saper ascoltare e seguire la Parola perché giorno dopo giorno riusciamo a costruire la nostra vita insieme a Te.
Lc 8,8 “Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!»”.
Infine il rastrello... serve per far drenare bene l’acqua nella terra, come insegua un buon contadino! Ecco... quando siamo capaci di ascoltare, accogliere, perdonare, collaborare con chi ci sta accanto... Sì, che siamo terra buona!!
AL CRE C’È POSTO PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO CRESCERE E PASSARE UN’ESTATE INDIMENTICABILE... TUTTI INSIEME!!
Grazie Gesù, perché il tempo donato ad altri fa’ crescere anche me. Grazie per i miei amici, per il don, per gli animatori e tutti i volontari che hanno tempo per me. Don: allora cosa ne dite se ci affidiamo al Signore e chiediamo a Lui di proteggerci in questo tempo di CRE di accompagnarci nelle gite e di far nascere nuove e sincere amicizie?
Preghiamo insieme: “Io non penso di avere qualità speciali, non pretendo niente per il lavoro che svolgo. È opera Sua. lo sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo essere usata.” Padre fa’ che troviamo il coraggio di condividere con gli altri le nostre capacità e la nostra creatività per rendere più ricco e gioioso questo CRE facendo nascere nuove amicizie. AMEN
Don: Insomma, questo tempo di CRE, non è certo il tempo degli egoisti, ma di quei bambini, ragazzi, animatori GENEROSISSIMI che non badano al tempo speso per gli altri, ma che fanno tutto per PASSIONE e perché ci CREDONO! Allora carissimi ragazzi, rimbocchiamoci le maniche, apriamo le porte di questo nuovo CRE e viviamo questo tempo, come tempo di gioco, di divertimento, di preghiera, di aggregazione, di collaborazione... E non dimentichiamoci che in oratorio si viene per giocare e pregare insieme non solo durante il CRE, ma anche durante tutto l’anno. Qui incontrerai altri ragazzi: e allora procurati una agenda e scrivi tutti i tuoi prossimi appuntamenti. Ciao!! E buona avventura a tutti!!...
don Samuele Novali
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 8,4-5) “Poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, disse con una parabola: «Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono”.
Sapete amici, per questo mese di CRE ho acquistato una forbice, una zappa e un rastrello... Cosa? Una forbice, un rastrello e una zappa? Ma guarda che al CRE servono i palloni da calcio, da pallavolo... non attrezzi per lavorare la terra!! O sei un contadino o non li usi!! Lo dici tu che dai tutto per scontato e che spesso ti siedi sugli allori a prendere il sole e basta!! Ma figurati se sono così “poltrone!!” Se non è così, allora accetta questa sfida... per tutto il CRE zappa, forbice e rastrello nello zaino! Sì, hai capito bene!!... Allora, al CRE ci sono tanti ragazzi di età e storie diverse e (detto tra noi) non tutti la pensano allo stesso modo... ma non per questo ognuno deve fare di testa propria altrimenti succede come il seme che è caduto sulla strada dura. Anche noi quando siamo cocciuti e testoni non possiamo raccogliere nessun frutto!! Ecco allora che serve la “zappa” per smuovere la nostra cocciutaggine e imparare ad ascoltare e accogliere bene chi ci sta attorno...
AL CRE IL TESTONE AVANZA!!
Gesù, Tu rendi bello questo tempo. Fa’ che, ascoltando Te nella nostra vita, impariamo ad ascoltare ogni altro ragazzo, anche se diverso da noi.
Lc 8,6-7 “Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un]altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono”.
E poi le forbici... a volte nelle amicizie c’è qualcuno che si permette di mettere qualche parola di più e finisce con il parlare male di una persona... oppure, qualche parola di troppo e si litiga perché non c’è stata la pazienza di ascoltarsi e confrontarsi... occorre tagliare queste parole inutili!!
AL CRE CHI PARLA A VANVERA AVANZA!!
Padre rendici capaci di saper ascoltare e seguire la Parola perché giorno dopo giorno riusciamo a costruire la nostra vita insieme a Te.
Lc 8,8 “Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per intendere, intenda!»”.
Infine il rastrello... serve per far drenare bene l’acqua nella terra, come insegua un buon contadino! Ecco... quando siamo capaci di ascoltare, accogliere, perdonare, collaborare con chi ci sta accanto... Sì, che siamo terra buona!!
AL CRE C’È POSTO PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO CRESCERE E PASSARE UN’ESTATE INDIMENTICABILE... TUTTI INSIEME!!
Grazie Gesù, perché il tempo donato ad altri fa’ crescere anche me. Grazie per i miei amici, per il don, per gli animatori e tutti i volontari che hanno tempo per me. Don: allora cosa ne dite se ci affidiamo al Signore e chiediamo a Lui di proteggerci in questo tempo di CRE di accompagnarci nelle gite e di far nascere nuove e sincere amicizie?
Preghiamo insieme: “Io non penso di avere qualità speciali, non pretendo niente per il lavoro che svolgo. È opera Sua. lo sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo essere usata.” Padre fa’ che troviamo il coraggio di condividere con gli altri le nostre capacità e la nostra creatività per rendere più ricco e gioioso questo CRE facendo nascere nuove amicizie. AMEN
Don: Insomma, questo tempo di CRE, non è certo il tempo degli egoisti, ma di quei bambini, ragazzi, animatori GENEROSISSIMI che non badano al tempo speso per gli altri, ma che fanno tutto per PASSIONE e perché ci CREDONO! Allora carissimi ragazzi, rimbocchiamoci le maniche, apriamo le porte di questo nuovo CRE e viviamo questo tempo, come tempo di gioco, di divertimento, di preghiera, di aggregazione, di collaborazione... E non dimentichiamoci che in oratorio si viene per giocare e pregare insieme non solo durante il CRE, ma anche durante tutto l’anno. Qui incontrerai altri ragazzi: e allora procurati una agenda e scrivi tutti i tuoi prossimi appuntamenti. Ciao!! E buona avventura a tutti!!...
don Samuele Novali
CRE... CRE...
Battibaleno: insegnaci a contare i nostri giorni”: questo è lo slogan del C.R.E. proposto dall’UPEE (Ufficio Pastorale Età Evolutiva), e dalla Diocesi per l’estate 2011. Tutto ruota intorno al grande tema del “tempo”, ed è per questo che Battibaleno è una parola che ben descrive il C.R.E.: questi infatti è un tempo che vola, le quattro settimane usuali sembra passino in un lampo e a un certo punto ci si accorge che il C.R.E. è già finito, proprio quel C.R.E. che pareva appena agli inizi. Partecipare al C.R.E. è importante perché ognuno impara qualcosa dagli altri, senza l’ostacolo dell’età. Noi animatori possiamo insegnare ai ragazzi a giocare, a comportarsi secondo un certo modo, ma loro ci insegnano qualcosa ogni giorno. I ragazzi infatti insegnano a noi animatori moltissime cose, spesso dimenticate, come la semplicità con cui si rapportano con le persone o l’innocenza con cui accolgono la vita in ogni suo aspetto, ed è fondamentale comprendere questo aspetto del CRE per renderlo importante e gradito non solo ai bambini ma anche ai nostri compagni di viaggio e ai genitori. Qui di seguito alcune animatrici esporranno a Voi lettori le proprie considerazioni terminato questo cammino. Lorena, animatrice bimbi asilo per la prima volta: «Il C.R.E. è stata un’esperienza fantastica e coinvolgente. Stando tra i bambini sono ritornata indietro con il tempo, rivivendo la mia infanzia; durante questo mese il tempo è trascorso velocemente tra gite, atelier e giochi, ma devo ammettere che con i bimbi così piccoli l’attenzione di noi animatrici doveva essere sempre alta. Il C.R.E. è un’esperienza che rifarei perché i bambini insegnano molto e si ha molto da imparare; io mi sono trovata a mio agio anche con le mamme, che anche se non conoscevo, mi hanno accompagnato in questo mese e se potessi ritornare indietro mi impegnerei ancora di più!» Agnese: «Che il C.R.E. asilo sia un’isola felice è cosa ormai detta e ridetta e di fatto lo è... quest’anno poi con la geniale idea dello scivolo tipo Acquasplash i bambini hanno trovato qualcosa di nuovo e si sono divertiti un sacco. Però... come animatrici “veterane” più volte ci siamo soffermate a constatare come negli anni l’atteggiamento di questi piccoli sia diventato più litigioso e “manesco” tra di loro e di arroganza e sfida verso chi proponeva delle regole per lo star bene insieme nel rispetto degli altri e delle cose. Spiace dirlo perché siamo certe che ogni giorno sia in famiglia che negli ambienti che frequentano questi bimbi sono invitati a dare il meglio di sé, però, di fatto di fronte a questi atteggiamenti non ci resta che confermare che questa “emergenza educativa” di cui tanto si parla è davvero una emergenza con la “E” maiuscola.» Cristina: «L’anno scorso, una volta finito il C.R.E. raccontavo dei miei bambini dell’asilo! Quest’anno racconto dei bambini di prima elementare. Non è cambiato molto, perché i bambini sono ancora piccoli, vanno seguiti e sono sempre molto coccoloni! Però abbiamo dovuto pensare un po’ di più a come intrattenerli! Andare in palestra per loro era sempre un divertimento, e ballavano volentieri!!! Nei laboratori ci siamo sbizzarriti, grazie a mamma Giulisa e Ylenia! Al momento della merenda erano sempre con noi, e al momento di giocare tutti erano felici! Anche io ed Eleonora ci siamo divertite molto, sia a pensarli sia a metterli in atto, a costo di tornare spesso a casa bagnate! Le gite in piscina erano sempre molto divertenti, mentre quelle in montagna erano faticose per le nostre ‘polpettine’! Stando con loro però si rideva molto, ci si divertiva, e penso che anche i bimbi si siano divertiti con noi. Anche se non ho dimenticato l’anno al C.R.E. Pinocchio, a cui resto affezionata sia ai bimbi sia alle animatrici, quest’anno con le Lancette e i Minuti mi è piaciuto molto!!!» Ringraziamo don Samu per averci preparati con la formazione a questa esperienza, per averci sostenuto e per aver pazientato nelle nostre difficoltà e per averci richiamato a “toni alti” quando c’era bisogno! Un grazie di vero cuore a don Angelo che ogni giorno veniva a trovarci... ci vuole proprio bene! Grazie a tutti voi bambini per la vostra spontaneità, la vostra allegria...i veri protagonisti di questa avventura! Infine grazie alle mamme per la preziosa collaborazione nei laboratori, alle bariste e alle segretarie del Cre. A tutti grazie e un caloroso abbraccio e un arrivederci all’anno prossimo!
Gli animatori |
CARE MAMME VI SCRIVO...
Da poche ore si è concluso il CRE, uscendo di casa mi sono sentito rapito da una strana sensazione. Il silenzio tanto desiderato si è presentato inaspettatamente intenso ma con uno sfondo di nostalgia. Mancava qualcosa... ed era la semplice gioia che il clima positivo del CRE sa creare. Silenzio e gioia, silenzio e gioia... due parole che continuavano a risuonare in me. E così mi sono lasciato trascinare dai pensieri e mi sono ritrovato in un’immagine, quella dell’esperienza di una famiglia in cui l’annuncio di una nascita ne condiziona le abitudini. Il silenzio all’interno del grembo e la gioia che si vive nel contesto familiare. Condividendo poi questi pensieri con una mamma, che liberamente mi ha descritto come ha vissuto il grande mistero della nascita, immaginando il mio desiderio di intraprendere comunitariamente un rinnovamento del progetto educativo e formativo all’interno dell’oratorio, ho scoperto delle analogie nelle due esperienze. Notando la numerosa e preziosa presenza delle mamme al CRE, ricordando l’esperienza vissuta in questi anni e memore delle osservazioni che le mamme mi hanno presentato, ho compreso che è anche e soprattutto da voi mamme che si può partire per ridefinire le modalità con cui tutti noi possiamo prenderci cura dei piccoli e meno piccoli che frequentano l’oratorio e non solo. Ho percepito che nella nostra comunità cristiana di Zogno vi è un potenziale umano molto forte ma purtroppo con pochissima forza e coraggio di proporsi e definirsi; non intendo ora fare un’analisi della situazione, desidero solo esprimere con semplicità un mio desiderio, condiviso anche da don Angelo: quello di rinnovare gradualmente l’oratorio a misura dei ragazzi e delle loro famiglie apprezzando ciò che di buono già ora si può assaporare. Tornando alla metafora del grembo immagino così l’oratorio: come una famiglia che si prepara ad accogliere la creatura tanto attesa (un progetto educativo oratoriale condiviso e vissuto da tutti). Quando il piccolissimo germe di vita prende spazio all’interno del corpo della donna, ella avverte già da subito i lievissimi cambiamenti che avvengono in lei; così anch’io ho percepito che all’interno della nostra comunità vi sono segni e desideri di cambiamento, di rinnovamento. Intorno alla futura mamma, il marito, i nonni, gli zii, gli amici si muovono per creare un ambiente il più sereno, solidale e accogliente possibile. Il marito, anche se non lo ammette, può a volte provare un po’ di sana invidia per la gioia della gravidanza che solo alla donna è permesso di vivere direttamente, ma si prepara comunque a proteggere entrambe le due creature a lui affidate con una presenza costante e assicurata. I genitori, insieme, pensano il nome, progettano, sognano, sperano. Se ci fossero già altri figli si premurano di prepararli all’evento assicurando che l’amore per loro non verrà diminuito. Anche i nonni e i familiari condividono l’attesa con una presenza preziosa e discreta... Ecco è questo ciò che mi immagino per la nostra comunità e soprattutto per i nostri ragazzi: un ambiente sì protetto ma soprattutto equilibrato e accogliente dove grandi e piccini vivono nella gioia (in fondo i ragazzi sono il riflesso di come siamo noi grandi). Le nostre famiglie, l’oratorio, la nostra parrocchia... devono essere comunità disposte ogni giorno a crescere e maturare mettendo il coraggio nella ricerca della pace e della passione nella concretezza della vita!!! Ciò che propongo alle mamme e ai papà è semplicemente la loro presenza in oratorio, non come vigilantes dei ragazzi, ma è importante per il momento iniziare semplicemente ad esserci, a volte come presenze silenziose, ma altre attivamente partecipi, osservando, pensando e... intervenendo se necessario! Proviamo a creare relazioni amicali tra famiglie, io e don Angelo potremmo calare dall’alto progetti oratoriali e parrocchiali predefiniti, ma poi ci riconosciamo? Conoscendovi meglio sento con certezza di invitarvi nella semplicità e nella sobrietà ad osare nell’incontrarvi come gruppi famiglia; non sperate nei grandi numeri, nelle grandi iniziative, semplicemente nella volontà di provare a stare insieme. Molti di voi mi confidano questa necessità, non negatevela! Idee nuove, proposte ed osservazioni positive ci sono, e colgo qui l’occasione di ringraziare chi con lucidità mi permette di prendere consapevolezza degli eventuali vuoti organizzativi ed educativi; permettetemi anche un confidenziale sfogo: provo sempre un po’ di amarezza quando sento che mi vengono fatte lamentele sterili e spesso senza fondamento, frutto di considerazioni a volte troppo affrettate e vuote nei contenuti. Non le accolgo con serenità perché le trovo mancanti di obiettività e di pars-costruens e tolgono quella serenità che aiuta e permette la serena convivenza. Vi assicuro che durante la definizione del CRE o di qualsiasi altra attività, la volontà di migliorare e perfezionare il progetto in base ai risultati più o meno positivi degli anni precedenti c’è sempre! Purtroppo ogni anno si presentano, in itinere, problemi nuovi, imprevisti non calcolati, defezioni, delusioni... Ma poi tutto sommato alla fine va sempre tutto bene, anche se l’obiettivo rimane pur sempre quello di migliorare... Io sono fermamente convinto che ogni persona: io, chi collabora in oratorio, le mamme, i papà, gli animatori, i ragazzi stessi siamo, ognuno, personalmente e direttamente responsabile del buon esito delle iniziative. Penso che le critiche indirette, l’osservare solo il negativo, la mancanza di accoglienza nei confronti di chi “non la pensa come me”... sbilanci le energie che potrebbero essere investite invece verso il meglio che si potrebbe fare. Sono consapevole della responsabilità che ho nei confronti dei vostri ragazzi, con sguardo paterno e materno e, per la maturità che per ora ho acquisito, ce la sto mettendo tutta!!! Sicuramente devo ancora migliorare molto, ma questi ragazzi sono innanzitutto figli vostri, anche loro con i propri pregi e difetti, ma bisognosi sempre di uno sguardo attento e fedele e da solo non ce la faccio e non ce la posso fare. Se durante il CRE notiamo che qualche ragazzo che si avventura a fare l’animatore è carente di attenzioni verso i ragazzi a lui affidati e a volte persino maleducato, siamo autorizzati, come adulti responsabili, pur non essendo figli nostri, a correggerli subito ma con discrezione e fermezza. Io non posso essere presente in tutte le situazioni e conto sulla responsabilità di ognuna di voi. Proviamo a pensare alle persone che hanno segnato la nostra crescita e la nostra educazione, pensiamo al meglio che vorremmo essere fatto per i nostri figli, e applichiamo tutto ciò verso qualsiasi ragazzo che incontriamo in oratorio (e nessuno è meglio di un altro!). Solidarietà e coerenza educativa!!! Come comunità cristiana siamo tutti chiamati ad essere “custodi della vita” di quelle persone in crescita che sono i nostri figli e quelli degli altri: dal desiderio di essere genitori, al concepimento, all’attesa, alla nascita... !! Voi mamme insieme ai vostri sposi, con la vostra sensibilità e creatività siete indispensabili. Grazie di cuore perché la vostra presenza è davvero preziosa.
don Samuele Novali
don Samuele Novali
TOSCANA 2mila11
Intervista ai genitori
Quest’anno, il “resoconto” della settimana estiva in Toscana con il gruppo adolescenti dalla terza media in su fino ai giovani della quinta superiore (incaricati di sorvegliare e accompagnare tutti i più giovani) abbiamo pensato di farlo raccontare in un’intervista dai genitori che hanno accompagnato questo gruppo numerosissimo: 76! Approfittiamo per ringraziarli pubblicamente della loro disponibilità, sottolineando che senza il loro sostegno fattivo, il nostro soggiorno sarebbe stato molto meno piacevole e gustoso! La nostra cuoca professionista Augusta, ha diretto magistralmente la spesa iniziale di tutti gli alimenti necessari al nostro menù quotidiano: dopo di che, destreggiandosi alla perfezione tra i fornelli e le padelle e la cella frigorifera, aiutata “fisicamente” dalle nostre mamme Annalisa, Elena, Selina e da papà Lucio, ha esaudito i gusti e le preferenze di tutti, prendendoci davvero per la gola! Un calorosissimo ringraziamento a Lucio, il papà di Marco (che quasi tutti inizialmente hanno creduto essere l’autista della ditta di trasporti), che ha scorazzato in giro per tutto il paese nelle quotidiane uscite, noi ragazzi, ed è stato un validissimo aiuto per le mamme! Di seguito leggerete le risposte ad alcune domande che abbiamo formulato loro: a tempo di record le abbiamo riportate per voi in questo numero, insieme alle tante bellissime foto che testimoniano la gioia e la partecipazione di tutti noi a questo bellissimo appuntamento estivo. Dovrebbe uscirne un quadro diverso dal solito, considerando il loro punto di vista e tenendo presente che loro, con questa scelta, sapevano di non fare una vera vacanza, ma di prodigarsi e affaticarsi per renderla più piacevole possibile a noi. Un piccolo contributo nell’apparecchiare e sparecchiare, nel riordinare e pulire camere e bagni lo abbiamo dato anche noi, giustamente! Però di nuovo riconosciamo che sono stati presenze molto preziose. Così come presenza preziosa e ineguagliabile è il nostro Don Samu! “Ma chi glielo fa fare di tirarsi matto e trascinare fino a mezza Italia una settantina di adolescenti disordinati e rumorosi?” Moltissimi sono reduci dalle settimane di CRE che quest’anno ha visto impegnati ragazzi e ragazze delle superiori affiancare gli adulti in qualità di aiuto-animatori: come se la sono cavata? Cosi, così,.... Ma questa è un’altra storia! Torniamo alle nostre domande e alle risposte date singolarmente e in separata sede:
• CHE IMPRESSIONI TI SUSCITA VISTA DALL’INTERNO QUESTA ESPERIENZA?
Iniziative simili saranno comunque fruttuose per i ragazzi che vi hanno preso parte; sono occasioni bellissime per tutti i ragazzi ma anche per noi genitori di approfondire amicizie e iniziarne di nuove, condividendo gioie, difficoltà, qualche amarezza...; le occasioni di crescita sperimentate ci sono anche nei momenti negativi, basta trovare la chiave di lettura e trarre sempre forza e coraggio dalla condivisione e dallo stare insieme; ciò che mi ha mosso è stata la possibilità di “essere utile”, con i miei limiti, all’iniziativa e la partecipazione di mio figlio ha creato l’opportunità e ha contribuito a farmi superare la titubanze iniziali: sono io a ringraziarlo per questo, perché mi ha dato la possibilità di conoscere gli altri genitori presenti, gli animatori, i ragazzi e le ragazze suoi amici... desidero ringraziare proprio loro, protagonisti dell’iniziativa, e Don Samuele; stare alcuni giorni a fianco a fianco con i ragazzi, respirando le loro attese, le loro speranze, le loro difficoltà nell’approccio con l’altro sesso che pure li attira naturalmente, camuffate da esibizionismo o vanterie, da gesti o frasi provocatorie alternate a piccole tenerezze, abbracci e lacrime, sguardi di complicità e sorrisi da aprire i cuori di chi li riceve... per me è stato impagabile! Mi è stata offerta l’occasione di avvicinarmi o ri-avvicinarmi a persone che credevo distanti e diverse dal mio modo di intendere, arrivando a capire che quando si fanno le cose per amore e con amore, tutti i piccoli gesti acquistano una preziosità enorme.
• COSA PENSI CHE “PORTERANNO A CASA” I RAGAZZI?
Il ricordo indelebile delle emozioni e delle amicizie condivise in una settimana credo inusuale, vissuta tra coetanei, lontani dalle proprie consuetudini e certezze, l’esperienza di una nuova e diversa autonomia, per quanto temporanea; una complicità tra di loro che non vedevo più da tempo, nel mondo degli adulti che spesso dimenticano certi valori; un bagaglio spirituale pieno di emozioni che li renderà capaci di porsi sempre degli obiettivi, delle domande, delle priorità, nel lungo e faticoso cammino della vita cristiana; una crescita personale e spirituale importante (che purtroppo rischia di svanire velocemente una volta tornati alla “normalità”) che però getta tanti semi buoni che insieme ad altri semi continueremo a coltivare con pazienza; beneficeranno di questo stacco salutare dalle abitudini quotidiane estive (l’ozio, la pigrizia, la televisione perennemente accesa...) per imparare a rivolgere il cuore e i pensieri alla riflessione, all’introspezione, alla preghiera, alla ricerca del dialogo con il Signore, che ci sostiene e sorregge nelle nostre debolezze, ci apre gli occhi sui nostri egoismi e sul nostro disimpegno, per dirigere energie e attenzioni verso il compagno che soffre, verso quello che viene deriso, verso quello che con certi atti di bullismo chiede aiuto e amicizia.
• PER QUALI MOTIVI PENSI CHE DON SAMUELE OGNI ANNO CI TENGA MOLTO AD ORGANIZZARE LA SETTIMANA IN TOSCANA?
Se mi sono sempre chiesta chi glielo faceva fare, ora capisco: ci sono ragazzi che mi hanno stupita, le emozioni e i sentimenti in questo contesto sono al massimo, amplificati oltre modo dalla atmosfera particolare che Don Samuele sa creare con il suo modo affabile e spontaneo di conquistarli, incuriosirli, coinvolgerli; è uno dei momenti forti che aiutano i ragazzi a mettersi in cammino o a continuare se già lo hanno fatto; credo lo faccia per tanti motivi, non ultimo quelli legati alla sua missione: secondo il mio punto di vista c’è il desiderio di dare continuità al percorso di conoscenza tra ragazzi e ragazze del gruppo; penso che il desiderio di Don Samu sia quello di far capire ai ragazzi, approfittando della cornice gioiosa e serena di un casolare gremito di amici e di musica e di buonumore, che serve l’impegno per trovare un senso alla vita, una ragione che non sia una delle tante che conosciamo bene, ma non ci prendono il cuore. Con i colloqui personali nella penombra del porticato, nella segretezza della cappelletta, in riva al lago sdraiati sotto l’ombrellone, nei quattro passi lungo il vialetto, in tante occasioni che si presentavano di volta in volta o che lui stesso creava, Don Samu ha saputo parlare e far parlare i ragazzi con il cuore in mano, con pacatezza e dolcezza dove c’era da consolare, con brio e vivacità dove c’era da correggere, con serietà e fermezza dove c’era da rimproverare. Nessuno è rimasto senza un suo suggerimento, senza una carezza, senza la sua attenzione vera.
• DOPO QUESTA ESPERIENZA, HAI CONSIGLI, SUGGERIMENTI, CRITICHE DA PORRE?
Mi sento di dire che i genitori, almeno una volta, dovrebbero vivere questa esperienza con i propri figli; sarebbe ottimo che ogni animatore avesse un “suo” gruppetto di adolescenti senza per questo dimenticare tutti gli altri che vanno seguiti da vicino e resi partecipi di ogni momento, dal gioco, alla preghiera, al servizio... ; vorrei dire un auspicio e un desiderio: l’auspicio che ci possano essere ancora momenti e iniziative simili per tanti ragazzi e ragazze; il desiderio di ringraziare tutti i ragazzi e le ragazze per l’emozione grande che mi hanno regalato in occasione dei saluti finali al termine della messa del sabato sera; mi piacerebbe che molti genitori comprendessero e non si lasciassero sfuggire un occasione così bella e alla portata per capire e avvicinare un po’ di più i propri figli, incontrandoli e interagendo sul loro “terreno di gioco”; i genitori vanno incontrati e stimolati alla partecipazione, con molto anticipo sui tempi di organizzazione dell’uscita estiva; mi sento di complimentarmi con Don Samu per aver avuto la delicatezza di tenere con noi genitori un paio d’ore di “revisione”, come si dice nel gergo degli animatori, per scambiare riflessioni, confronti, chiarimenti, desideri e aspettative, per renderci attivamente partecipi. Abbiamo riflettuto insieme su tanti aspetti magari sconosciuti inerenti le difficoltà e le esigenze di una famiglia, di un oratorio, di una parrocchia, di una comunità intera. Siamo ancora in tempo per educare i nostri figli al servizio, alla gratuità, ma siamo ancora in tempo per farlo pure noi!
• CHE IMPRESSIONI TI SUSCITA VISTA DALL’INTERNO QUESTA ESPERIENZA?
Iniziative simili saranno comunque fruttuose per i ragazzi che vi hanno preso parte; sono occasioni bellissime per tutti i ragazzi ma anche per noi genitori di approfondire amicizie e iniziarne di nuove, condividendo gioie, difficoltà, qualche amarezza...; le occasioni di crescita sperimentate ci sono anche nei momenti negativi, basta trovare la chiave di lettura e trarre sempre forza e coraggio dalla condivisione e dallo stare insieme; ciò che mi ha mosso è stata la possibilità di “essere utile”, con i miei limiti, all’iniziativa e la partecipazione di mio figlio ha creato l’opportunità e ha contribuito a farmi superare la titubanze iniziali: sono io a ringraziarlo per questo, perché mi ha dato la possibilità di conoscere gli altri genitori presenti, gli animatori, i ragazzi e le ragazze suoi amici... desidero ringraziare proprio loro, protagonisti dell’iniziativa, e Don Samuele; stare alcuni giorni a fianco a fianco con i ragazzi, respirando le loro attese, le loro speranze, le loro difficoltà nell’approccio con l’altro sesso che pure li attira naturalmente, camuffate da esibizionismo o vanterie, da gesti o frasi provocatorie alternate a piccole tenerezze, abbracci e lacrime, sguardi di complicità e sorrisi da aprire i cuori di chi li riceve... per me è stato impagabile! Mi è stata offerta l’occasione di avvicinarmi o ri-avvicinarmi a persone che credevo distanti e diverse dal mio modo di intendere, arrivando a capire che quando si fanno le cose per amore e con amore, tutti i piccoli gesti acquistano una preziosità enorme.
• COSA PENSI CHE “PORTERANNO A CASA” I RAGAZZI?
Il ricordo indelebile delle emozioni e delle amicizie condivise in una settimana credo inusuale, vissuta tra coetanei, lontani dalle proprie consuetudini e certezze, l’esperienza di una nuova e diversa autonomia, per quanto temporanea; una complicità tra di loro che non vedevo più da tempo, nel mondo degli adulti che spesso dimenticano certi valori; un bagaglio spirituale pieno di emozioni che li renderà capaci di porsi sempre degli obiettivi, delle domande, delle priorità, nel lungo e faticoso cammino della vita cristiana; una crescita personale e spirituale importante (che purtroppo rischia di svanire velocemente una volta tornati alla “normalità”) che però getta tanti semi buoni che insieme ad altri semi continueremo a coltivare con pazienza; beneficeranno di questo stacco salutare dalle abitudini quotidiane estive (l’ozio, la pigrizia, la televisione perennemente accesa...) per imparare a rivolgere il cuore e i pensieri alla riflessione, all’introspezione, alla preghiera, alla ricerca del dialogo con il Signore, che ci sostiene e sorregge nelle nostre debolezze, ci apre gli occhi sui nostri egoismi e sul nostro disimpegno, per dirigere energie e attenzioni verso il compagno che soffre, verso quello che viene deriso, verso quello che con certi atti di bullismo chiede aiuto e amicizia.
• PER QUALI MOTIVI PENSI CHE DON SAMUELE OGNI ANNO CI TENGA MOLTO AD ORGANIZZARE LA SETTIMANA IN TOSCANA?
Se mi sono sempre chiesta chi glielo faceva fare, ora capisco: ci sono ragazzi che mi hanno stupita, le emozioni e i sentimenti in questo contesto sono al massimo, amplificati oltre modo dalla atmosfera particolare che Don Samuele sa creare con il suo modo affabile e spontaneo di conquistarli, incuriosirli, coinvolgerli; è uno dei momenti forti che aiutano i ragazzi a mettersi in cammino o a continuare se già lo hanno fatto; credo lo faccia per tanti motivi, non ultimo quelli legati alla sua missione: secondo il mio punto di vista c’è il desiderio di dare continuità al percorso di conoscenza tra ragazzi e ragazze del gruppo; penso che il desiderio di Don Samu sia quello di far capire ai ragazzi, approfittando della cornice gioiosa e serena di un casolare gremito di amici e di musica e di buonumore, che serve l’impegno per trovare un senso alla vita, una ragione che non sia una delle tante che conosciamo bene, ma non ci prendono il cuore. Con i colloqui personali nella penombra del porticato, nella segretezza della cappelletta, in riva al lago sdraiati sotto l’ombrellone, nei quattro passi lungo il vialetto, in tante occasioni che si presentavano di volta in volta o che lui stesso creava, Don Samu ha saputo parlare e far parlare i ragazzi con il cuore in mano, con pacatezza e dolcezza dove c’era da consolare, con brio e vivacità dove c’era da correggere, con serietà e fermezza dove c’era da rimproverare. Nessuno è rimasto senza un suo suggerimento, senza una carezza, senza la sua attenzione vera.
• DOPO QUESTA ESPERIENZA, HAI CONSIGLI, SUGGERIMENTI, CRITICHE DA PORRE?
Mi sento di dire che i genitori, almeno una volta, dovrebbero vivere questa esperienza con i propri figli; sarebbe ottimo che ogni animatore avesse un “suo” gruppetto di adolescenti senza per questo dimenticare tutti gli altri che vanno seguiti da vicino e resi partecipi di ogni momento, dal gioco, alla preghiera, al servizio... ; vorrei dire un auspicio e un desiderio: l’auspicio che ci possano essere ancora momenti e iniziative simili per tanti ragazzi e ragazze; il desiderio di ringraziare tutti i ragazzi e le ragazze per l’emozione grande che mi hanno regalato in occasione dei saluti finali al termine della messa del sabato sera; mi piacerebbe che molti genitori comprendessero e non si lasciassero sfuggire un occasione così bella e alla portata per capire e avvicinare un po’ di più i propri figli, incontrandoli e interagendo sul loro “terreno di gioco”; i genitori vanno incontrati e stimolati alla partecipazione, con molto anticipo sui tempi di organizzazione dell’uscita estiva; mi sento di complimentarmi con Don Samu per aver avuto la delicatezza di tenere con noi genitori un paio d’ore di “revisione”, come si dice nel gergo degli animatori, per scambiare riflessioni, confronti, chiarimenti, desideri e aspettative, per renderci attivamente partecipi. Abbiamo riflettuto insieme su tanti aspetti magari sconosciuti inerenti le difficoltà e le esigenze di una famiglia, di un oratorio, di una parrocchia, di una comunità intera. Siamo ancora in tempo per educare i nostri figli al servizio, alla gratuità, ma siamo ancora in tempo per farlo pure noi!
NELLA 3ª EDIZIONE DEL TROFEO DELL’AMICIZIA
Trionfo prepotente di Bigio
La terza edizione del Trofeo dell’Amicizia (torneo di calcio a 5 giocatori) svoltosi presso l’Oratorio di Zogno dal 27 giugno al 16 luglio 2011 ha visto al via 9 squadre suddivise in 2 gironi, uno da 5 squadre ed uno da 4 squadre. Si sono poi qualificate per la fase finale ad eliminazione diretta le prime 2 di ciascun girone. Nella fase a gironi il Gruppo A composto da 5 squadre è stato molto combattuto ed in bilico fino all’ultima partita di qualificazione. Ad avere la meglio sono state le formazioni di Bigio e Casa Baggins, ma grande onore va riconosciuto a Flynet, una delle due squadre di casa capitanata dall’organizzatore Pelle, che ha perso la qualificazione nell’ultima decisiva gara contro Autotrasporti Pesenti, altra squadra che avrebbe meritato di proseguire il cammino. Infine una citazione per Duecento che ha però chiuso con 4 sconfitte in altrettante partite questo girone di ferro. Il gruppo B invece si è dimostrato un girone assai abbordabile condizionato da ben 3 gare decise a tavolino per la mancata presentazione a turno di una delle squadre facenti parte del girone. A prevalere sono state le squadre MM Mazzoleni e Mobili Novali guidata da Don Samuele. Le squadre invece che non hanno passato la fase eliminatoria sono state Da Carmelo e a Crapa Olta. Le semifinali hanno visto il successo di Bigio e MM Mazzoleni; soprattutto quest’ultima ha dovuto battagliare non poco per avere la meglio su Casa Baggins (7-5 il risultato finale) che per il 2° anno consecutivo si è fermata ad un passo dalla finale, dopo averla centrata e persa nel 2009. L’altra formazione eliminata è stata Mobili Novali di Don Samuele, battuta da Bigio per 9-4. Il 16 luglio, giornata delle finali, è stata una serata con poche emozioni, poiché le due partite non hanno avuto assolutamente storia. Nella finale per il 3°-4° posto Casa Baggins ha avuto la meglio nettamente su Mobili Novali per 11-2; stesso discorso per la finalissima che si preannunciava come un match abbastanza equilibrato, così è stato fin quasi alla fine del primo tempo in cui Bigio vinceva per 1-0 su MM Mazzoleni. Ma da quel momento fino al fischio finale la partita poi non ha avuto più storia, eloquente il punteggio di 11-2 per Bigio che si è così ripreso il trono dopo averlo vinto 2 anni fa sotto il nome di Boca ed averlo perso lo scorso anno come Zani Viaggi. I giocatori di Bigio hanno fatto incetta di trofei conquistando anche la palma di miglior portiere assegnata a Marco Calvi e miglior giocatore con Mattia Minelli. Il torneo è stato possibile grazie all’organizzazione dei factotum Edoardo Zanchi e Francesco Pellegrini ben coadiuvati da Luca Sciascia, Luca Castiglioni e Alessandro Tiraboschi. E ovviamente un grandissimo grazie a Don Samuele che ha dato la disponibilità dell’Oratorio per svolgere nuovamente il torneo di calcio a 5. Vi aspettiamo tutti quanti alla prossima edizione che si svolgerà presumibilmente a cavallo tra il mese di giugno e di luglio del 2012 e che come prima novità presenterà l’introduzione di buoni valori in denaro per le prime squadre classificate.
TORNEO DI PALLAVOLO
Anche quest’anno il torneo di pallavolo in memoria di Marika Rinaldi ha attirato in oratorio numerose squadre, giocatori e appassionati. Questo evento è ormai diventato un punto di riferimento per l’inizio della stagione estiva di volley per tutti coloro che cercano divertimento in compagnia e una buona dose di sana competizione sul campo. Infatti, per circa un mese a cavallo tra maggio e giugno, decine di partecipanti e spettatori si sono alternati tra il campo e la tribuna affrontandosi a viso aperto a suon di schiacciate, recuperi e testa a testa al cardiopalma con un tifo sempre presente. Il verdetto finale del campo ha portato sul gradino più alto del podio “I 4 chiodi” seguiti da “Mafio Team”, ed infine sul terzo gradino i “Chi Oter” di Serina che hanno dimostrato un grande affiatamento di gruppo. Un ringraziamento particolare va a tutti i componenti delle 13 squadre che hanno animato la manifestazione, agli organizzatori e a tutti coloro che hanno dato il proprio contributo. Non resta che rinnovare a tutti l’invito per il 2012!!! Vi aspettiamo sempre più numerosi…
CARI CATECHISTI, ANIMATORI E COLLABORATORI...
È iniziato il nuovo anno pastorale! Terminato il CRE ho sentito il bisogno di scrivere alcuni pensieri alle mamme, presenze fondamentali all’interno della comunità, e ora, dopo la pausa estiva, sento di scrivere a tutti noi che per vocazione o per altre ragioni ci troviamo impegnati in oratorio. Desidero esprimere e spero di riuscirci, un giudizio disincantato, anche critico, ma comunque costruttivo su quella che è la situazione reale del nostro oratorio, con l’intento di valorizzarne la funzione educativa ed aggregativa per i ragazzi della parrocchia e per gli adulti della comunità partendo da noi che ne siamo per scelta direttamente coinvolti. Vorrei invitarvi ad analizzare le difficoltà che si riscontrano e ad elaborare proposte nuove per poterlo rilanciare, cercando di valorizzare le risorse che attualmente collaborano alla vita educativa oratoriana; ma soprattutto produrre uno sforzo per individuare i modi per essere il più possibile propositivi e coinvolgenti nei confronti di chi in questo momento risulta un tantino “latitante”. Riconosco tutti gli aspetti positivi e la notevole capacità che abbiamo di organizzare belle e grandi opportunità di aggregazione e divertimento. Ma con questa lettera vorrei porre più attenzione sulla dimensione educativa e missionaria, sulla carità, sulla ospitalità e sull’accoglienza che siamo chiamati ad offrire. Cosa mi ha spinto a scrivervi? UN’AMAREZZA!!! Una coppia di genitori mi ha confidato che per loro l’oratorio non è un ambiente così aperto e accogliente come se lo aspettavano. Ho chiesto loro le motivazioni, li ho ascoltati, ho riflettuto e mi sento ora di ringraziarli per aver osato esprimere le loro ragioni. Ribadisco che sono consapevole di tutte le buone qualità che abbiamo, ma tutti insieme dovremmo provare a fare lo sforzo di “guardarci dentro” e porci in atteggiamento critico-costruttivo. Proviamo a porci delle semplici domande: È sufficiente ciò che facciamo? Lo facciamo con le giuste modalità? Si, lo so, è tempo gratuito che doniamo, ma...? Siamo consapevoli che alcune scelte potrebbero essere riviste e rinnovate? C’è carità e soprattutto particolare attenzione alla persona? Prestiamo più attenzione alle situazioni di fragilità, ai ragazzi più timidi, meno espansivi? Sappiamo essere ospitali e accoglienti verso chi non frequenta abitualmente l’oratorio o vi entra per la prima volta? Forse per noi è semplice “esserci” e ne siamo abituati al punto tale che rischiamo di dare per scontate alcune cose, ad esempio le fatiche che possono fare le persone nuove ad inserirsi... In questa fase del mio ministero ho cercato anch’io di fare una revisione del mio cammino come curato, ho preso consapevolezza dei miei sbagli e dei miei limiti, ringrazio chi mi è stato vicino e mi ha accompagnato in questa fase. Ho sperimentato gioie e dolori, felicità e amarezza, sbagli e successi ma la passione non è mai venuta meno. Chiedo perdono a tutti i ragazzi che si aspettavano qualcosa in più da me e che non ho saputo dare; a quei ragazzi dei quali a volte mi sono dimenticato il nome; a quelli ai quali non ho dato un sorriso. Ma sento la forza di continuare il mio percorso con lo stesso entusiasmo e gioia con cui l’ho iniziato. Cerchiamo allora insieme il coraggio di parlare di gioia e di andare a cercarla, non in paradisi artificiali ma nella concretezza del vivere di ogni giorno, nel nostro oratorio, nella nostra comunità giovanile, nella nostra parrocchia. Proviamo a partire dalla gioia cristiana nell’essere educatori che accolgono, annunciano, celebrano e animano la vita! “L’oratorio è una comunità che educa all’integrazione fede-vita, grazie al servizio di una comunità di educatori, un cammino di responsabilità e di collaborazione con tutti gli adulti. Il metodo dell’oratorio è quello dell’animazione, che consiste nel chiamare i ragazzi a partecipare a proposte educative che partano dai loro interessi e dai loro bisogni”. È questa la meta che il nostro oratorio si prefigge di raggiungere: gustare la gioia di vivere, con la volontà di fare “qualcosa di bello e di grande”, spendendo i propri tesori per la propria soddisfazione e per la ricchezza altrui. Non è solo centro ricreativo o laboratorio di danze, giochi, canti e teatro ma è: “strumento privilegiato e prioritario con cui si svolge l’impegno educativo della parrocchia nei confronti di tutta la popolazione giovanile”, e così viene espresso subito e in modo chiaro quali debbano essere gli obiettivi primari ai quali educare i ragazzi, gli adolescenti e i giovani all’alba del terzo millennio negli oratori delle nostre parrocchie: il Vangelo, la dimensione comunitaria, la preghiera, il divertimento, il servizio, la missionarietà. Quando un oratorio educa seriamente a una fede personale e convinta, di conseguenza educa alla missionarietà, riconoscendo che la sua prima funzione è quella di passare ai giovani la fede degli adulti, in modo che a loro volta sentano il bisogno di trasmetterla. Ogni oratorio ha i suoi modi per vivere l’accoglienza, ma tanto più si accoglie quanto più si possiede una forza educativa interna. L’oratorio deve assicurare anzitutto di avere lui stesso quella forza di testimonianza evangelica che gli permette di essere esemplare e attraente. Tutti voi siete una forte presenza di laici, che credono e spendono tempo e energie per i ragazzi e i giovani. L’invito che faccio a tutti voi e il richiamo che faccio a me stesso è quello di cercare di investire al meglio le risorse e le potenzialità che abbiamo, con la volontà di essere presenze discrete e coerenti con la missione che siamo chiamati a compiere. Riconosco il vostro impegno e il tempo prezioso che investite: accogliete se vi è possibile questi miei pensieri come un invito a crescere nella fede e nel servizio. Con affetto!
don Samuele Novali
don Samuele Novali
JORNADA MUNDIAL DE LA JOVENTUD: MADRID
Questo pellegrinaggio verso la capitale spagnola ha inizio il 15 agosto. Due pullman carichi di ragazzi, impazienti e desiderosi di vivere quella che poi sarebbe stata una bellissima esperienza, lasciano la Valle Brembana per raggiungere Sassello, una tra le mete più interessanti. Paese dai contorni antichi, Sassello è il luogo di nascita di beata Chiara Luce. Proprio qui ci ha accolti il padre di Chiara che ci ha parlato della vita di sua figlia, spesa fino all’ultimo per aiutare il prossimo (focolarina morta a 19 anni di leucemia). Dopo un bagno nel mare sulla costa azzurra con quaranta gradi all’ombra il nostro cammino fa tappa a Lourdes. Assistiamo alla fiaccolata serale e successivamente alla Messa in italiano davanti alla grotta, nell’aria si percepisce un’atmosfera di forte spiritualità. Il viaggio riprende e questa volta si raggiunge Madrid, la meta tanto attesa. Un clima di gioia, di voglia di condividere, di stare insieme ci ha accolti la sera di giovedì 18 agosto mentre percorrevamo le vie del centro. Bandiere ovunque, dai mille colori, bandiere da ogni parte del mondo. Prima del grande momento, passiamo due giorni a Coslada, un quartiere di Madrid, dove abbiamo l’occasione di assistere alla catechesi del vescovo Francesco insieme a tutti i bergamaschi presenti per questa occasione. Il vescovo si è concentrato sul discorso dell’essere testimoni, del lasciare trasparire la propria persona, raccontare le nostre esperienze, - non per esibirci - ma per dare una speranza, un messaggio di fede alle persone che ci ascoltano. Ed ecco finalmente è giunto il momento tanto atteso: la cosiddetta “spianata”. Un milione e mezzo di giovani è lì, nell’aeroporto di Cuatro Vientos. Siamo partiti all’alba, alle cinque la sveglia per iniziare quel lungo percorso, otto chilometri a piedi! Nonostante la stanchezza, il caldo c’era sempre una forza, una voglia di andare avanti, di raggiungere il prima possibile il luogo d’incontro della “juventud du mundo”! Sono stati due giorni molto intensi: abbiamo passato il pomeriggio di sabato sotto un sole cocente e proprio nel momento in cui doveva iniziare la veglia, poco dopo l’arrivo del Papa, si è messo a diluviare. È stato comunque davvero bello, l’atmosfera era spettacolare, c’era tutto il mondo in quell’aeroporto! Il ritorno è stato molto più rilassante, ci conoscevamo tutti, ci sentivamo una famiglia ricca di emozioni da condividere. Non sapevo cosa aspettarmi da questo viaggio. Alcune paure erano sorte prima di partire. Ma è grazie ai don, che ci hanno accompagnati, alla loro serenità e guida, a noi, giovani, alla nostra capacità di vivere appieno ogni singola emozione, di sentirci uniti, che questi dieci giorni sono stati indimenticabili.
Chiara C.
Chiara C.
PELLEGRINAGGIO PARROCCHIALE IN TERRASANTA
25 agosto - 1 settembre 2mila11
“Partire per un Pellegrinaggio così, per vivere “IL” VIAGGIO, (come lo ha definito don Vanni che ci accompagnerà nell’esperienza) ti fa sentire inadeguato, immeritevole di tanta fortuna; ti sembra di prendere il posto a persone più indicate, più appassionate e fedeli di te, più desiderose di conoscere da vicino i luoghi e i paesaggi che gli occhi di Gesù hanno accarezzato, amato e temuto, alla fine, senza per questo farlo desistere dal suo progetto d’amore per gli uomini. E quest’inadeguatezza che ti senti dentro, si scontra comunque con il desiderio che ti ha spinto a scegliere una meta simile. Una meta che non è certamente solo uno spostamento fisico verso luoghi sacri così intrisi del nostro credo, ma verso il centro della terra...”
Questa riflessione l’ho scritta due sere prima della partenza e queste parole mi tornavano alla mente, quando, una volta giunti in Terra Santa, mi rendevo via via conto della mia ignoranza, della mia superficialità, delle mie incoerenze. Stamattina, primo giorno dal rientro a Zogno, mi sono svegliata come al solito molto presto, sul far del giorno e non ho più dormito. Ho ripensato ai luoghi e alle persone della settimana appena trascorsa... credo che a lungo saranno nei miei pensieri... Quindi ho sentito i rintocchi delle nostre campane e ho scoperto che sono state l’unica cosa che mi è mancata laggiù! (a parte i miei figli!) Per il resto non posso che dirmi felicissima di aver goduto e gustato di una così splendida esperienza! Ognuno dei partecipanti al pellegrinaggio (eravamo in 24 compresi don Samuele e don Vanni) ha recepito emozioni diverse e personalissime in base al proprio grado di sensibilità, alle aspettative, alla preparazione e ad esperienze precedenti. Mi spiace di non essere in grado di esporre le sensazioni di tutti che sarebbero davvero infinite e particolarissime: posso solo dare un mio modesto e parziale contributo, anche in virtù del fatto che servirebbe un notiziario intero per raccontare la settimana. Inoltre, ci sono sensazioni ed emozioni che intendo mantenere racchiuse nel cuore... non tanto per nasconderle, ma perché non troverei mai le parole adatte per trasmettervene l’intensità con la quale le ho recepite! Ripeto, le parole e gli aggettivi che userò non saranno mai in grado di spiegarvi la sensazione tutta speciale di ritrovarsi a pensare che Gesù è nato lì, lì ha lavorato, pregato, gioito e sofferto, lì ha mangiato, ha conosciuto amici e nemici, è stato un essere umano come noi, preso dal quotidiano, dalla fatica fisica, dalla fame, dalla sete, dal sonno... A Nazareth e a Gerusalemme senti una vicinanza tale con Lui che persino il corpo, oltre che la mente, vibra e sussulta. Le lacrime agli occhi per me sono state una costante, ricacciarle indietro non serviva, scivolavano fuori anche da sotto gli occhiali da sole. Ma sono certa che nel cuore di tutti, proprio tutti, sono scese delle lacrime di commozione, quando ci s’immedesimava nel tempo e negli avvenimenti: nella Chiesa dell’Annunciazione a Nazareth, nella basilica della Natività a Bethlehem, nella Grotta dei pastori, nel Santo Sepolcro a Gerusalemme davanti alla roccia sul Golgota, squarciata dal Velo del Tempio, dentro la nicchia della pietra della deposizione del corpo di Gesù... Don Vanni ha saputo spiegare alla perfezione i diversi momenti della Sua vita terrena, compresi i miracoli e i segni della sua predicazione: il racconto “prendeva forma” davanti ai nostri occhi, proprio perché supportati dalla visione concreta di quei luoghi o di quello che è rimasto e che è stato storicamente attributo a quel periodo. Diverse volte ci ha sconvolti con rivelazioni che non corrispondono o addirittura negano alcune nostre convinzioni: ma ci ha sempre rincuorati dicendo -che va bene così-, che nessuno può dare, ricevere o esaurire conferme inconfutabili o negazioni totali, rispetto a quello che la nostra tradizione religiosa ci ha tramandato da 2000 anni! Anzi, assicurava che se alla fine del viaggio nel nostro cuore fossero rimaste domande irrisolte, ciò significava che la nostra fede era stata messa in discussione...nessuno infatti deve sentirsi arrivato nella conoscenza della nostra origine e tutti dobbiamo essere stimolati nella ricerca, non tanto storica quanto spirituale, del nostro esistere. Non mi dilungo raccontando gli spostamenti geografici nelle città o nei centri abitati che abbiamo raggiunto e visitato; sappiate solo che siamo arrivati a Tel Aviv, unico grande aeroporto della Palestina e da lì siamo partiti con il pullman alla volta di Nazareth per un soggiorno di quattro notti e poi alla volta di Gerusalemme per un soggiorno di altre quattro notti, con un trattamento alberghiero davvero ottimo, anche e soprattutto riguardo al cibo. Non mi ritengo all’altezza di illustrare la situazione socio-economico-culturale e politica di questa terra così inquieta e piena di contraddizioni, con un muro lungo ben 800 chilometri che si snoda attraverso terreni abitati dove sorgono, a fianco a fianco ma divisi: palazzi a più piani e baracche di legno e tessuto (quasi delle tende); cittadine operose e ricche di attività commerciali al piano terra e Kibbutz, (veri e propri ghetti) adornati spesso da splendidi alberelli di bouganville color fucsia, arancione, bianchi. Un capitolo a parte meritano le Eucaristie quotidiane celebrate da don Samuele insieme a don Vanni e alla novella chierichetta Maria, la nostra piccola compagna di viaggio. Piccole parentesi quotidiane di respiro, che hanno dato un’impronta speciale al Viaggio che resterà indelebile nei ricordi di tutti noi. Davvero lo Spirito Santo, se invocato, assiste i nostri giorni, consola le nostre pene, porta insieme a noi le fatiche e gli smarrimenti: non era un miraggio il mulinello leggero che ho visto avanzare verso di noi nel deserto di Mevo’ot Yeriho, alle spalle dei nostri Sacerdoti che stavano celebrando! Le ore dell’ultima notte, passate al Santo Sepolcro in preghiera, in adorazione, in silenzio, in confessione, a farci asciugare da Lui le lacrime di dolore, di compassione, di vergogna, sono quelle che più mi rimarranno nel cuore... Qualcuno ha detto che quel “privilegio” avrebbe richiesto qualcosa in cambio: allora, nel dichiararci pronti a seguire le Sue indicazioni, abbiamo pregato per avere sempre forza e coraggio, in tutte le occasioni della vita. Dio non ama la sofferenza, vuole la felicità di tutti gli uomini e desidera che la cerchiamo qui, nel nostro quotidiano, nel nostro ambiente, nel nostro oggi. Compiendo gesti che talora comportano rinuncia, pena, fatica, non sempre siamo in grado di comprendere che quella sofferenza diventa misura dell’amore. Ci sono stati anche incontri con persone italiane (frati, suore, volontari, preti) che ci hanno raccontato le loro testimonianze di vita in Palestina: al Convento dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld, presso l’ospedale di Betlemme, nel giardino del Getzemani, presso molte basiliche o chiese cristiane; qualcuno ha apprezzato in modo particolare queste testimonianze, le loro parole, le loro spiegazioni, il loro punto di vista rispetto a quello che invece si poteva dedurre dalla realtà. Per esempio, la sera del venerdì ha coinciso con la grande festa musulmana della fine del Ramadam e per le strade c’era una folla incredibile di persone e di auto con l’altoparlante, che inneggiavano al loro Dio, scoppiando botti e fuochi artificiali e continuando per tutta la notte a pregare a squarciagola. Nei medesimi istanti, Padre Nicola nel giardino dove ci ha accolti per parlarci della sua Congregazione, ha usato voce serena e tono sommesso per dire come loro agiscono e si confrontano con l’esterno, nel rispetto e nella ricerca di una convivenza che pare incredibile, ma invece c’è, anche se con fatica e tanti pericoli, rispetto alla superiorità numerica e all’integralismo delle altre religioni. Una suora italiana ci accolti nell’Ospedale Children’s Relief Bethlehem, accompagnandoci in una visita e illustrandoci la bellissima realtà della struttura e soprattutto quello che si prefigge, cioè assistere mamme e bambini con handicap gravi e bisognosi di interventi e assistenza medica, che non potrebbero mai avere nelle proprie case. Padre Diego, con la sua cadenza veneta, quando lo abbiamo disturbato stava tenendo un ritiro per preti bergamaschi, lì nella pace del Giardino degli Ulivi, a fianco della Chiesa dell’Agonia, proprio di fronte alle mura di Gerusalemme e alla distesa di cimiteri e camposanti adagiati davanti alla Porta Aurea. Nel riposo eterno siamo davvero tutti uguali e tutti in silenziosa e serena attesa della risurrezione! Rimango dell’idea di avervi detto solo una minima parte di quello che abbiamo provato a livello emozionale e poi, sinceramente, come credo ciascuno degli altri partecipanti, sono anche un po’ gelosa delle mie sensazioni che intendo custodire per sempre in fondo al cuore; con la speranza, certo, di ritrovarmi presto capace di “renderle” al mio prossimo con la stessa attenzione, tenerezza e misericordia con cui me le ha donate, in Terra Santa, nostro Signore.
Fulvia
Questa riflessione l’ho scritta due sere prima della partenza e queste parole mi tornavano alla mente, quando, una volta giunti in Terra Santa, mi rendevo via via conto della mia ignoranza, della mia superficialità, delle mie incoerenze. Stamattina, primo giorno dal rientro a Zogno, mi sono svegliata come al solito molto presto, sul far del giorno e non ho più dormito. Ho ripensato ai luoghi e alle persone della settimana appena trascorsa... credo che a lungo saranno nei miei pensieri... Quindi ho sentito i rintocchi delle nostre campane e ho scoperto che sono state l’unica cosa che mi è mancata laggiù! (a parte i miei figli!) Per il resto non posso che dirmi felicissima di aver goduto e gustato di una così splendida esperienza! Ognuno dei partecipanti al pellegrinaggio (eravamo in 24 compresi don Samuele e don Vanni) ha recepito emozioni diverse e personalissime in base al proprio grado di sensibilità, alle aspettative, alla preparazione e ad esperienze precedenti. Mi spiace di non essere in grado di esporre le sensazioni di tutti che sarebbero davvero infinite e particolarissime: posso solo dare un mio modesto e parziale contributo, anche in virtù del fatto che servirebbe un notiziario intero per raccontare la settimana. Inoltre, ci sono sensazioni ed emozioni che intendo mantenere racchiuse nel cuore... non tanto per nasconderle, ma perché non troverei mai le parole adatte per trasmettervene l’intensità con la quale le ho recepite! Ripeto, le parole e gli aggettivi che userò non saranno mai in grado di spiegarvi la sensazione tutta speciale di ritrovarsi a pensare che Gesù è nato lì, lì ha lavorato, pregato, gioito e sofferto, lì ha mangiato, ha conosciuto amici e nemici, è stato un essere umano come noi, preso dal quotidiano, dalla fatica fisica, dalla fame, dalla sete, dal sonno... A Nazareth e a Gerusalemme senti una vicinanza tale con Lui che persino il corpo, oltre che la mente, vibra e sussulta. Le lacrime agli occhi per me sono state una costante, ricacciarle indietro non serviva, scivolavano fuori anche da sotto gli occhiali da sole. Ma sono certa che nel cuore di tutti, proprio tutti, sono scese delle lacrime di commozione, quando ci s’immedesimava nel tempo e negli avvenimenti: nella Chiesa dell’Annunciazione a Nazareth, nella basilica della Natività a Bethlehem, nella Grotta dei pastori, nel Santo Sepolcro a Gerusalemme davanti alla roccia sul Golgota, squarciata dal Velo del Tempio, dentro la nicchia della pietra della deposizione del corpo di Gesù... Don Vanni ha saputo spiegare alla perfezione i diversi momenti della Sua vita terrena, compresi i miracoli e i segni della sua predicazione: il racconto “prendeva forma” davanti ai nostri occhi, proprio perché supportati dalla visione concreta di quei luoghi o di quello che è rimasto e che è stato storicamente attributo a quel periodo. Diverse volte ci ha sconvolti con rivelazioni che non corrispondono o addirittura negano alcune nostre convinzioni: ma ci ha sempre rincuorati dicendo -che va bene così-, che nessuno può dare, ricevere o esaurire conferme inconfutabili o negazioni totali, rispetto a quello che la nostra tradizione religiosa ci ha tramandato da 2000 anni! Anzi, assicurava che se alla fine del viaggio nel nostro cuore fossero rimaste domande irrisolte, ciò significava che la nostra fede era stata messa in discussione...nessuno infatti deve sentirsi arrivato nella conoscenza della nostra origine e tutti dobbiamo essere stimolati nella ricerca, non tanto storica quanto spirituale, del nostro esistere. Non mi dilungo raccontando gli spostamenti geografici nelle città o nei centri abitati che abbiamo raggiunto e visitato; sappiate solo che siamo arrivati a Tel Aviv, unico grande aeroporto della Palestina e da lì siamo partiti con il pullman alla volta di Nazareth per un soggiorno di quattro notti e poi alla volta di Gerusalemme per un soggiorno di altre quattro notti, con un trattamento alberghiero davvero ottimo, anche e soprattutto riguardo al cibo. Non mi ritengo all’altezza di illustrare la situazione socio-economico-culturale e politica di questa terra così inquieta e piena di contraddizioni, con un muro lungo ben 800 chilometri che si snoda attraverso terreni abitati dove sorgono, a fianco a fianco ma divisi: palazzi a più piani e baracche di legno e tessuto (quasi delle tende); cittadine operose e ricche di attività commerciali al piano terra e Kibbutz, (veri e propri ghetti) adornati spesso da splendidi alberelli di bouganville color fucsia, arancione, bianchi. Un capitolo a parte meritano le Eucaristie quotidiane celebrate da don Samuele insieme a don Vanni e alla novella chierichetta Maria, la nostra piccola compagna di viaggio. Piccole parentesi quotidiane di respiro, che hanno dato un’impronta speciale al Viaggio che resterà indelebile nei ricordi di tutti noi. Davvero lo Spirito Santo, se invocato, assiste i nostri giorni, consola le nostre pene, porta insieme a noi le fatiche e gli smarrimenti: non era un miraggio il mulinello leggero che ho visto avanzare verso di noi nel deserto di Mevo’ot Yeriho, alle spalle dei nostri Sacerdoti che stavano celebrando! Le ore dell’ultima notte, passate al Santo Sepolcro in preghiera, in adorazione, in silenzio, in confessione, a farci asciugare da Lui le lacrime di dolore, di compassione, di vergogna, sono quelle che più mi rimarranno nel cuore... Qualcuno ha detto che quel “privilegio” avrebbe richiesto qualcosa in cambio: allora, nel dichiararci pronti a seguire le Sue indicazioni, abbiamo pregato per avere sempre forza e coraggio, in tutte le occasioni della vita. Dio non ama la sofferenza, vuole la felicità di tutti gli uomini e desidera che la cerchiamo qui, nel nostro quotidiano, nel nostro ambiente, nel nostro oggi. Compiendo gesti che talora comportano rinuncia, pena, fatica, non sempre siamo in grado di comprendere che quella sofferenza diventa misura dell’amore. Ci sono stati anche incontri con persone italiane (frati, suore, volontari, preti) che ci hanno raccontato le loro testimonianze di vita in Palestina: al Convento dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld, presso l’ospedale di Betlemme, nel giardino del Getzemani, presso molte basiliche o chiese cristiane; qualcuno ha apprezzato in modo particolare queste testimonianze, le loro parole, le loro spiegazioni, il loro punto di vista rispetto a quello che invece si poteva dedurre dalla realtà. Per esempio, la sera del venerdì ha coinciso con la grande festa musulmana della fine del Ramadam e per le strade c’era una folla incredibile di persone e di auto con l’altoparlante, che inneggiavano al loro Dio, scoppiando botti e fuochi artificiali e continuando per tutta la notte a pregare a squarciagola. Nei medesimi istanti, Padre Nicola nel giardino dove ci ha accolti per parlarci della sua Congregazione, ha usato voce serena e tono sommesso per dire come loro agiscono e si confrontano con l’esterno, nel rispetto e nella ricerca di una convivenza che pare incredibile, ma invece c’è, anche se con fatica e tanti pericoli, rispetto alla superiorità numerica e all’integralismo delle altre religioni. Una suora italiana ci accolti nell’Ospedale Children’s Relief Bethlehem, accompagnandoci in una visita e illustrandoci la bellissima realtà della struttura e soprattutto quello che si prefigge, cioè assistere mamme e bambini con handicap gravi e bisognosi di interventi e assistenza medica, che non potrebbero mai avere nelle proprie case. Padre Diego, con la sua cadenza veneta, quando lo abbiamo disturbato stava tenendo un ritiro per preti bergamaschi, lì nella pace del Giardino degli Ulivi, a fianco della Chiesa dell’Agonia, proprio di fronte alle mura di Gerusalemme e alla distesa di cimiteri e camposanti adagiati davanti alla Porta Aurea. Nel riposo eterno siamo davvero tutti uguali e tutti in silenziosa e serena attesa della risurrezione! Rimango dell’idea di avervi detto solo una minima parte di quello che abbiamo provato a livello emozionale e poi, sinceramente, come credo ciascuno degli altri partecipanti, sono anche un po’ gelosa delle mie sensazioni che intendo custodire per sempre in fondo al cuore; con la speranza, certo, di ritrovarmi presto capace di “renderle” al mio prossimo con la stessa attenzione, tenerezza e misericordia con cui me le ha donate, in Terra Santa, nostro Signore.
Fulvia
ORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO – ZOGNO
Organizza
Corso base di introduzione alla lingua inglese con insegnante madrelingua
Durata del corso: 30 ore - 15 incontri di 2 ore ciascuno
martedì dalle 17.30 alle 19.30 / inizio il giorno 11 ottobre 2011
Le iscrizioni si ricevono tutti i giorni presso la sala stampa dell’Oratorio di Zogno dalle ore 14.30 alle ore 18.00.
Costo del corso: € 250,00 comprensivo del materiale didattico
Corso d’inglese di 2° livello con insegnante madrelingua destinato a chi ha già studiato la lingua inglese al livello base e intende approfondire la conoscenza delle regole grammaticali
Durata del corso: 30 ore - 15 incontri di 2 ore ciascuno
martedì dalle 20.00 alle 22.00 • inizio il giorno 11 ottobre 2011
Le iscrizioni si ricevono tutti i giorni presso la sala stampa dell’Oratorio di Zogno dalle ore 14.30 alle ore 18.00.
Le prime 6 lezioni consisteranno di un ripasso generale della grammatica base.
Il corso favorirà la capacità comunicativa e la pronuncia
Costo del corso: € 250,00 comprensivo del materiale didattico
Organizza
Corso base di introduzione alla lingua inglese con insegnante madrelingua
Durata del corso: 30 ore - 15 incontri di 2 ore ciascuno
martedì dalle 17.30 alle 19.30 / inizio il giorno 11 ottobre 2011
Le iscrizioni si ricevono tutti i giorni presso la sala stampa dell’Oratorio di Zogno dalle ore 14.30 alle ore 18.00.
Costo del corso: € 250,00 comprensivo del materiale didattico
Corso d’inglese di 2° livello con insegnante madrelingua destinato a chi ha già studiato la lingua inglese al livello base e intende approfondire la conoscenza delle regole grammaticali
Durata del corso: 30 ore - 15 incontri di 2 ore ciascuno
martedì dalle 20.00 alle 22.00 • inizio il giorno 11 ottobre 2011
Le iscrizioni si ricevono tutti i giorni presso la sala stampa dell’Oratorio di Zogno dalle ore 14.30 alle ore 18.00.
Le prime 6 lezioni consisteranno di un ripasso generale della grammatica base.
Il corso favorirà la capacità comunicativa e la pronuncia
Costo del corso: € 250,00 comprensivo del materiale didattico
ORATORIOLAND
Il 23 ottobre si è svolta “ORATORIOLAND”, una domenica diversa e divertente che i bambini delle elementari e noi genitori abbiamo trascorso insieme. La giornata è iniziata con la partecipazione alla Messa delle 11,00 ed è proseguita con una simpatica spaghettata in oratorio. Durante il pomeriggio poi, una serie di giochi all’aria aperta, che ha visto la partecipazione di tutti i bambini e anche delle mamme e dei papà! Il tutto si è concluso con una bella merenda a base di pane e nutella e dolci a volontà! Tirando le somme possiamo dire che è stata un’iniziativa azzeccata che è piaciuta molto, alla quale hanno preso parte una trentina di famiglie. Ma vediamo qual’è stata la ricetta per una giornata così speciale.. Molti sono gli ingredienti che mescolati insieme, proprio come per una torta squisita, hanno dato un così buon risultato. Il primo ingrediente è l’invito alla condivisione, intesa come vivere la comunità e farne parte nel vero senso della parola, alimentandola giorno dopo giorno tramite la partecipazione attiva, anche poco alla volta; se ci pensiamo bene, anche le serate che noi genitori abbiamo trascorso insieme creando il menù del pranzo, l’animazione e i giochi, rappresentano momenti di preziosa condivisione. Condivisione che, se nella famiglia è una dinamica assodata e regolarizzata dai legami di sangue e di affetto che la originano, all’esterno può e deve diventare ancora generatrice, facendo circolare i doni ricevuti, coinvolgendoci a vicenda senza scadere nella prevaricazione e nella invadenza, ma preservando la propria e altrui intimità; inoltre la nostra umanità è forgiata dentro la famiglia e quindi noi diventiamo ciò che abbiamo ricevuto: e il passo successivo è proprio quello di influire con il nostro stile di vita evangelico, anche dentro e poi oltre, la cerchia comunitaria. Secondo ingrediente la famiglia, indispensabile... Pensando al Piano Pastorale della diocesi di questo 2011/2012, si ricorda che... “la famiglia genera la vita, vive la prova, anima la società... scegliendo il bene, educando i figli alle virtù, aprendo la propria porta...” In una società individualista come la nostra, spesso anche il valore immenso della famiglia, che si può allargare ad un concetto più esteso di fraternità e aggregazione, non riesce a mantenere il suo reale significato. Da non dimenticare la semplicità, elemento indispensabile perché un’iniziativa come questa raggiunga davvero tutti! Organizzare una spaghettata tra amici o anche solo semplici conoscenti, è la dimostrazione di come basta poco, a volte, per divertirsi e trascorrere dei bei momenti insieme. Il tutto condito da una buona dose di divertimento, dei piccoli ma anche degli adulti... i bambini si sono rivelati entusiasti di giocare con noi genitori! Spesso ci sembra di avere tanto poco tempo a disposizione che lo utilizziamo prevalentemente per nutrirli, aiutarli nello studio, accompagnarli in palestra. Ma questa volta è stato diverso, perché quel nostro tempo “prezioso” lo abbiamo proprio fatto diventare un regalo speciale: per il semplice fatto di essere lì con loro, di fare il tifo, di sfidarci simpaticamente, li abbiamo resi felici senza il minimo sforzo! Condivisione, famiglia, semplicità, divertimento... sono solo alcuni degli elementi presenti in questa piacevole giornata: perché c’è un ingrediente che è fondamentale, un ingrediente che lega insieme e fa lievitare tutti gli altri, dà un sapore diverso, universale allo stare insieme: Gesù. Alcuni di noi sono abituati a portare il Suo messaggio dentro di se, per altri è stata un’occasione bella di riavvicinarsi a Lui. Lo abbiamo incontrato all’inizio, durante la Messa, ed è stato una presenza palpabile anche dentro i racconti di vita delle due missionarie intervenute. Anche il racconto di Don Samu ci ha parlato di Dio: donare una rosa, oltre che del denaro, ad una mendicante, cercando il suo sguardo e ricambiandolo come ha fatto il poeta, significa comprendere che spesso sono anche le necessità non prettamente economiche quelle che molti attendono e desiderano vedere esaudite! Esaudite da un sorriso, da un fiore appunto, da una parola di affetto e vicinanza, da quelle gratuite e piccole attenzioni che risollevano lo spirito ed il cuore anche per più giorni! Spesso non ci rendiamo conto che la felicità è racchiusa proprio nel constatare personalmente che l’altro ci ama, si è accorto di noi, ci custodisce nel cuore e nei pensieri; e che Dio ci usa come strumenti preziosi attraverso i quali rivelare a ciascuno le bellezze degli altri. Il don ha poi consegnato una rosa ad un bambino chiedendogli di portarla in dono ad una qualsiasi delle persone presenti all’eucarestia: Martino ha deciso di non dare quella rosa ad un altro bambino ma ad un adulto, a Dario. Secondo me quella scelta ha rappresentato la richiesta di amore reciproco, l’affidamento, la necessità di essere guardati negli occhi, di essere presi per mano ed accompagnati, la fiducia che i bambini ripongono in noi adulti incondizionatamente; e quindi la responsabilità enorme che tutti noi abbiamo nei confronti delle giovani generazioni. Un interessante spunto di riflessione per tutti. Oratorioland, è stata la prima di una serie di appuntamenti in programma, per promuovere appunto l’aggregazione di più famiglie in modo giocoso e impegnato insieme, e la partecipazione attiva agli spazi dell’oratorio e della chiesa, della cucina o della palestra, nella più spontanea e rispettosa delle partecipazioni; proprio come avviene in ciascuna delle nostre abitazioni dove si cerca e si pratica quel clima di serenità e protezione, di conoscenza e di rispetto, di servizio gratuito, necessari alla formazione armonica di corpo e mente. Grazie all’accoglienza, tutto ciò che istintivamente vuole dominare, è trasformato in un io che si fa ospitale, che fa spazio all’altro, che si autolimita. Delineando l’itinerario che, secondo il vangelo, decide la vita. Concludo, augurandoci che l’adesione sia sempre più folta nelle prossime domeniche che “ci dedicheremo”, per creare sempre più occasioni di così importante comunione.
Mamma Gina
Mamma Gina
14-15-16 OTTOBRE: - ESERCIZI SPIRITUALI CATECHISTI
È proprio vero che non conta a quale distanza si vada a fare un ritiro per i catechisti: quello che conta è l’atmosfera e il desiderio di stare uniti nel Signore, di stare lì ad ascoltarlo senza la preoccupazione di dire... E ci siamo anche rincuorati nel sentire parole d’affetto e di stima per la nostra fatica, per il nostro impegno, per quello che di buono desideriamo e possiamo fare per i nostri ragazzi: pur nelle nostre umane fragilità e debolezze! Presso la Casa Ritiri Spirituali della frazione Botta di Sedrina, due giorni pieni di riflessioni e silenzio, ci hanno ricaricato del “profumo di Cristo”. Profumo che speriamo di aver portato a casa, di poter donare a tutto il gruppo catechisti, alla comunità di bambini e ragazzi che c’è affidata e anche agli adulti che ci leggono da queste pagine e partecipano con noi alla cura e all’educazione religiosa dei giovanissimi. Come si concretizza questa modalità di trasmissione del profumo di Cristo? Semplicemente nei piccoli gesti di accoglienza, di pazienza, di perdono, di fiducia, di misericordia verso tutte le persone che ci stanno a fianco. Solo per il fatto di essere battezzati, tutti sono apostoli e ogni persona che ha aderito a Cristo, non deve sentirsi fuori o di fronte alla Chiesa, ma dentro. Ci hanno ricordato che il catechista è il collaboratore della gioia, e che prima di dire e di fare deve ESSERE, il buon profumo di Cristo. Per restare in tema, don Samuele ha regalato a tutti un sacchettino contenente un piccolo bulbo da fiore, con l’indicazione di piantarlo, curarlo, innaffiarlo e averne cura: insomma, se non saremo proprio maldestri lo vedremo fiorire a primavera e potremo godere dei suoi colori e del suo aroma! E sempre sulla falsariga del giardinaggio (scherziamo, sai don!?) la riflessione durante la messa serale del venerdì è stata sull’arte del potare: potare inteso come gesto sapiente del “togliere” al momento giusto; del saper vedere oltre; dell’eliminare il vecchio e ciò che soffoca per permettere al nuovo di nascere; del fare spazio anche fisicamente a quello che porterà prima il bocciolo, poi il fiore, poi il frutto e di nuovo il seme. Seme che, fecondato dalla pioggia e dalla neve, sarà come la Parola uscita dalla bocca di Dio: “non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata (Isaia 55,10-11). Quando Paolo VI parlava di dover rinnovare la Chiesa e che questa sarebbe stata la mèta del Concilio Vaticano II, esclamò molto bene: “rinnovare non vuol dire accomodarsi ai metodi moderni a volte anti-cristiani, del mondo; rinnovare vuol dire fare che la Chiesa sia coerente con il seme che piantò! Un albero, per quanto mai cresca, sempre rimane coerente con il seme... e questo seme è la Parola del giusto, del santo, di chi sa cosa voleva, quando ha creato l’uomo e la natura e si scontra con il peccato, contro coloro che non vogliono lasciar crescere il seme”. (omelia del 16.07.1978) Tornando alla potatura si diceva che è molto difficile effettuarla, perché abbiamo acquisito tante abitudini, la nostra natura resiste, non vuol cambiare la forma attuale. Il nuovo nasce dallo spezzare-potare le cose e i gesti, il tempo e le parole, per rigenerarsi, perché la vita matura solo quando accetta la potatura. In mezzo alle nostre riflessioni, alle messe, alle lodi e ai vespri, alle confessioni, all’ascolto di predicazioni sapienti, abbiamo recitato anche tante preghiere d’intercessione, quindi non per noi stessi ma per gli altri. Don Samuele ha suggerito che ogni nostra preghiera è come una carezza che facciamo giungere al volto di Dio ed è proprio attraverso la comunità in preghiera che la Sua consolazione alla fine arriva! Umanamente tendiamo a chiedere a Dio di allontanare da noi la sofferenza; ma nella vita cristiana ci sono sofferenze che non possono esserci evitate, non vanno evitate, ma dobbiamo entrarci dentro perché le dobbiamo saper portare, pensando sempre che Dio ci darà la forza di farlo perché nella sofferenza si realizza la VERA comunione con Lui. Sicuramente nella tribolazione egli ci dà la grazia di sperimentare la Sua consolazione, il suo “chiamare vicino” (dal latino paraclesis). Vivere la propria sofferenza nella propria comunità, al proprio posto, ci farà stare bene, ci farà imparare ad offrire il dolore come fosse quello di Dio sulla croce...ci farà apprezzare e sentire realizzata, la consolazione divina. Nella spiegazione biblica del primo capitolo della seconda Lettera di Paolo ai Corinzi, ci dice Don Alberto Maffeis che tutta la vita è un incrocio di tenebra e luce, è un misto di sofferenza e di gioia, proprio perché è pienezza di vita. E scopriamo che la consolazione vince sulla tribolazione per 10 a 7 ! (nel senso che compare scritta più volte). Perché l’uomo bene-dice, Dio bene-dà. La consolazione che viene da Dio non cessa, continua nel tempo, dà una sazietà che rimane, lascia il desiderio di Lui, la serenità, la pace, l’aumento della fede, della Speranza, della Carità. E nel misterioso intrecciarsi di ogni libera volontà degli uomini ogni creatura può, con lealtà e purezza di spirito, aderire e servire la volontà del Padre nostro. Il Sì definitivo, assoluto, di Dio all’uomo è stato suo figlio Gesù Cristo con il quale ci ha dimostrato il suo amen, il suo amore totale e infinito. Il nostro Sì di madre, di padre, di figlio, di genitore, di moglie, di marito, di prete, si concretizza nel nostro essere pienamente quello che in questo momento siamo. Domenica mattina, per finire il nostro ritiro, prima della messa abbiamo avuto la visita graditissima di Diego e Patrizia, i giovani “promessi sposi” della nostra comunità, che ci hanno raccontato della loro prossima “sfida”. Tutti avrete letto su L’Eco della loro bellissima adesione al Progetto Sperimentale Comunità Famigliare, che in breve è una comunità di servizio educativo, strutturato, rivolta ai minori in difficoltà, in cui vi sia la presenza stabile di una famiglia (la loro appunto, da luglio 2012 per nove anni) all’interno del comune di Berbenno. I loro volti sorridenti e le parole serene e fiduciose con le quali ci hanno motivato la loro scelta che questa è la loro risposta ad un lungo cammino di discernimento: alimentato dalla preghiera, dalla carità e da quell’umanità che si concretizza in questi giorni con un progetto ben definito. Insieme alle tante attese ed emozioni che custodiscono nel cuore, Diego e Patrizia porteranno con sè anche un po’ di paura per questa nuova esperienza... Vi confidiamo di non sentirvi soli, la nostra preghiera e il nostro aiuto non mancheranno; e voi non esitate a chiedere... Concludiamo questa nostra riflessione scritta, dedicando loro queste bellissime parole di Karol Wojtyla L’AMORE È UNA SFIDA CONTINUA. DIO STESSO FORSE CI SFIDA AFFINCHÈ NOI STESSI SFIDIAMO IL DESTINO.
I catechisti
I catechisti
CARISSIMI RAGAZZI E RAGAZZE DELLE MEDIE
Immagino che dopo un pomeriggio di studio, un po’di gioco (non al computer...), ma insieme ad altri amici in oratorio fa proprio per noi!!...
SENTI QUESTA PROPOSTA:
tutti i martedì pomeriggio dalle 15.00 alle 16.30
TORNEI DI CALCIOBALILLA, PING PONG E BRISCOLA...
tutti i giovedì pomeriggio dalle 16.30 alle 18.00
CALCETTO IN PALESTRA
Come sempre ti ricordo, che tutti i giorni l’oratorio apre dalle 14.00 alle 18.00.
È una semplice proposta per tutti, per trascorrere il pomeriggio in oratorio
insieme ad altri ragazzi che già tutti i giorni lo vivono!!
Ricorda: BASTA COMPUTER E PLAY!!
IMPARIAMO A STARE INSIEME CON SEMPLICITÀ,
SENZA TROPPE PRETESE, MA DIVERTENDOCI
ripeto INSIEME!!
Ciao a tutti!!
don Samuele Novali e adolescenti
Immagino che dopo un pomeriggio di studio, un po’di gioco (non al computer...), ma insieme ad altri amici in oratorio fa proprio per noi!!...
SENTI QUESTA PROPOSTA:
tutti i martedì pomeriggio dalle 15.00 alle 16.30
TORNEI DI CALCIOBALILLA, PING PONG E BRISCOLA...
tutti i giovedì pomeriggio dalle 16.30 alle 18.00
CALCETTO IN PALESTRA
Come sempre ti ricordo, che tutti i giorni l’oratorio apre dalle 14.00 alle 18.00.
È una semplice proposta per tutti, per trascorrere il pomeriggio in oratorio
insieme ad altri ragazzi che già tutti i giorni lo vivono!!
Ricorda: BASTA COMPUTER E PLAY!!
IMPARIAMO A STARE INSIEME CON SEMPLICITÀ,
SENZA TROPPE PRETESE, MA DIVERTENDOCI
ripeto INSIEME!!
Ciao a tutti!!
don Samuele Novali e adolescenti
LA MUSICA – ZOGNO 29 LUGLIO 2011
“… Provate ad immaginare di trovarvi in una sera d’estate particolarmente bella: un cielo stellato firmato da tante piccole e grandi stelle che lassù brillano… Questa sera, quelle stelle siete tutti voi, che siete qui a brillare, a cantare, a pregare per Giovanni Paolo II… tutto questo è un modo per fare comunità! Non è un semplice concerto, perché ora leggeremo anche dei testi e delle preghiere che Giovanni Paolo II ha scritto di suo pugno. Sono un don, sono un prete… e come dico sempre ai miei ragazzi:“Prima di andare a letto prendiamoci un impegno”… quindi, prima di andare a casa, promettiamoci di fare nostre queste tre parole: NON ABBIATE PAURA! Sappiate essere GIOVANI uomini di PREGHIERA, di CARITÀ e di AMORE…e ripeto: NON ABBIATE PAURA!”.
VIVERE CON SEMPLICITÀ UNA REALTÀ COMPLESSA
Carissimi genitori, perdonatemi l’immediatezza ma vorrei partire subito da questi numeri:
- ragazzi elementari e medie iscritti al catechismo 354;
- ragazzi adolescenti 80;
- numerose attività sportive alle quali la maggior parte di loro si dedica: calcio, pallavolo, rugby, atletica, danza, musica, karate, … con tutto quello che ne consegue!
Il catechismo corrisponde a incontri da pensare e preparare, a ragazzi e famiglie da conoscere, frequentare, accompagnare, ad appuntamenti di formazione e di preghiera rivolti a catechisti, genitori ed educatori, a incontri settimanali e celebrazioni; catechismo per voi genitori significa coordinare e far combaciare impegni di uno o spesso più figli, da accompagnare e seguire lungo il percorso di preparazione ai sacramenti, oltre al lavoro quotidiano, alle riunioni a scuola, alla gestione della casa, della salute, ecc. Insomma, appuntamenti che un po’ per tutti si sovrappongono e sono tanti!!! Tutto questo però non ci deve spaventare, è solamente una lettura della situazione nella quale viviamo e che non ci deve provocare ansia. Sì, è vero, dobbiamo imparare ad organizzarci, ad ottimizzare il tempo ma soprattutto dobbiamo rivedere le priorità della vita che la famiglia è chiamata a riformulare: a volte, anche a discapito di altre. Dobbiamo ricominciare a scegliere per il bene e la formazione integrale dei nostri figli, per la serenità e la pace della nostra esistenza. Priorità e necessità che una volta riconosciute come tali, richiedono a noi educatori e a voi genitori, di viverle in prima persona come annuncio e testimonianza concreti, nella logica della coerenza educativa per i nostri figli. A volte, i bisogni e le necessità della comunità, chiedono una forte collaborazione ai genitori; e nonostante gli impegni siano già tanti, questa è un’opportunità che ci porta a sentirci “corresponsabili” di un cammino di fede che comunitariamente siamo chiamati a vivere. Per meglio comprenderli vale la pena partire proprio dai numeri e da alcune semplici mie considerazioni: nella catechesi, il numero ideale è di 12-15 bambini per gruppo, per salvaguardare le esigenze oggettive e soggettive di ciascuno. È chiaro che più il gruppo si allarga, più difficile diventa intersecare la situazione dei singoli, il rapporto umano e personale tra catechista e ragazzo, il rispetto della qualità del messaggio cristiano che siamo chiamati ad annunciare. Se per assolvere egregiamente al risultato di una catechesi efficace, dovessi avvalermi di almeno due catechisti per gruppo (uno che spiega e uno che aiuta a mantenere un minimo di ordine) a quanti catechisti dovrei chiedere la collaborazione? Inoltre, gli impegni sportivi, i corsi di danza, di musica, di teatro, spesso si sovrappongono alle date fissate per le celebrazioni in parrocchia, ai ritiri programmati da tempo, ultimamente anche ai due pomeriggi dedicati da sempre al catechismo: e questo comporta cambi di orari imprevisti, ripieghi improvvisati e inconcludenti, proprio perché non pianificati e ragionati. Concordare le esigenze personali dei ragazzi, dei genitori, dei catechisti e mie, a volte è veramente difficile! Le giornate nostre e dei ragazzi, sono impostate “sull’entrare e uscire” da svariati impegni, senza nemmeno un momento di pausa, di stacco. E rendiamoci conto di quante figure educative diverse si alternano quotidianamente intorno ai nostri figli! Ho rilevato inoltre la discrepanza tra la massiccia presenza dei fanciulli al catechismo settimanale e la esigua presenza invece, delle famiglie, alla Eucaristia domenicale...Voi genitori, iscrivendo i ragazzi alla catechesi in maniera così numerosa, mi fate capire che il vostro senso religioso è alto, che ritenete importante l’impronta della iniziazione cristiana per noi credenti praticanti. Spero che non sia solo per “assolvere ai sacramenti”, perché i sacramenti non sono un obbligo, ma una scelta libera e responsabile! Se così non fosse, già il punto di partenza non sarebbe coerente con la vostra appartenenza alla Chiesa cattolica e alla scelta che avete fatto di chiedere il battesimo per i vostri figli... Se metto in evidenza questi due opposti, non è per fare banali constatazioni o affidarmi a puri calcoli numerici: parliamo di piccole preziose persone che voi genitori della comunità, primi responsabili della fede trasmessa ai ragazzi, mi/ci affidate. Affidate a me, in qualità di curato della comunità e ai catechisti e animatori che, per passione, per chiamata e per un’evidente necessità umana, gratuitamente e volontariamente svolgono un servizio utile ad edificare al meglio la nostra grande famiglia pastorale. L’oratorio non è un’istituzione che elargisce solo ed esclusivamente servizi: sono innanzitutto un sacerdote, pastore della Chiesa che deve condurre e accompagnare le persone ad incontrare Gesù nella propria vita e non solo. Sono il curato della nostra parrocchia, chiamato ad un servizio preciso ma, quando il Vescovo lo vorrà, sarò chiamato ad essere altrove...e quel giorno vorrei lasciare una comunità in grado di sostenere i cambiamenti senza forti ripercussioni sulla vita ordinaria dell’oratorio, sulla catechesi, sull’animazione e che sappia affrontare con armonia, serenità e solidarietà, il passaggio. Con piena obiettività, vorrei tentare di dare una lettura critica alla nostra attuale situazione, affrontando in termini pratici proprio il tema della CATECHESI, lasciando a parte per ora la formazione dei catechisti, la qualità della catechesi, il CRE e le iniziative di animazione, che mi riservo di affrontare in altra occasione. Vi confido che sto vivendo una sorta di scoraggiamento davanti alla complessità della situazione della catechesi, pur riconoscendo che di fronte agli innumerevoli vuoti, carenze e difficoltà iniziali, la Provvidenza interviene sempre! Ma il problema della precarietà e della gestione non sempre ottimale della catechesi, rimane. Io devo e posso contare, sulla preziosissima e gratuita disponibilità di persone, soprattutto mamme, che lavorano e hanno famiglia, di nonne appassionate di Gesù, di adolescenti desiderosi di provare un nuovo cammino, ma.... non siamo mai a sufficienza! Impegni lavorativi, problemi di salute, improvvise emergenze famigliari, sono motivi per i quali, a volte, si lascia il gruppo sguarnito di catechista. Unire i gruppi significa spesso non riuscire a concludere nulla durante l’ora, proprio perché l’esuberanza dei piccoli richiede energie che vengono disperse nel tentativo di gestire tutto al meglio. Anche nei gruppi che hanno la fortuna di essere sostenuti da due catechisti, quando uno dei due manca, risulta comunque difficile gestirne l’assenza. Con sincero realismo, cosa dire? Cosa fare? La catechesi è un problema che dev’essere condiviso da tutta la comunità, non è un servizio di cui usufruire in base al criterio della domanda-offerta. È un problema di coscienza cristiana e che dovrebbe suscitare un profondo senso di appartenenza alla Chiesa. L’oratorio “non è altro” dalla parrocchia! E “non può essere altro”, non può essere un vivaio distinto, separato da quella che è la comunità che lo sorregge! Tu puoi trasmettere la fede solo per quanto vivi, con coerenza; tu puoi insegnare solo quanto vivi, quanto la comunità cristiana del tuo paese vive. Più l’oratorio e la parrocchia sono integrati fra loro, più è efficace la trasmissione della fede; più scollegati sono, più questa diventa fittizia e problematica. Una parrocchia per essere missionaria deve esistere per Gesù; se la gente che abita il territorio non ha evidente la percezione che la parrocchia esiste per annunciare e far incontrare Gesù Cristo, allora la fatica di noi sacerdoti è stata vana. “Una parrocchia per reggere la complessità attuale della Chiesa ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente responsabile del Vangelo; preti più pronti alla collaborazione e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici e creando spazi di reale partecipazione; e soprattutto laici disponibili a mettersi in gioco...” Con spirito fraterno proviamo a chiederci: con quali modalità e con quale atteggiamento siamo chiamati ad “esserci” cristianamente, in una realtà così complessa ma non impossibile? Quali le strategie per migliorare? Lascio aperte queste domande a tutti voi, sperando di trovare comprensione e obiettività...
P.S. Inviterei alcune mamme, compatibilmente con i loro impegni e a turno, ad offrire la disponibilità della loro presenza come sostegno nell’ora di catechismo, per alcune classi particolarmente numerose e vivaci che si ritrovano ancora con un solo catechista. Con stima!
don Samuele Novali
- ragazzi elementari e medie iscritti al catechismo 354;
- ragazzi adolescenti 80;
- numerose attività sportive alle quali la maggior parte di loro si dedica: calcio, pallavolo, rugby, atletica, danza, musica, karate, … con tutto quello che ne consegue!
Il catechismo corrisponde a incontri da pensare e preparare, a ragazzi e famiglie da conoscere, frequentare, accompagnare, ad appuntamenti di formazione e di preghiera rivolti a catechisti, genitori ed educatori, a incontri settimanali e celebrazioni; catechismo per voi genitori significa coordinare e far combaciare impegni di uno o spesso più figli, da accompagnare e seguire lungo il percorso di preparazione ai sacramenti, oltre al lavoro quotidiano, alle riunioni a scuola, alla gestione della casa, della salute, ecc. Insomma, appuntamenti che un po’ per tutti si sovrappongono e sono tanti!!! Tutto questo però non ci deve spaventare, è solamente una lettura della situazione nella quale viviamo e che non ci deve provocare ansia. Sì, è vero, dobbiamo imparare ad organizzarci, ad ottimizzare il tempo ma soprattutto dobbiamo rivedere le priorità della vita che la famiglia è chiamata a riformulare: a volte, anche a discapito di altre. Dobbiamo ricominciare a scegliere per il bene e la formazione integrale dei nostri figli, per la serenità e la pace della nostra esistenza. Priorità e necessità che una volta riconosciute come tali, richiedono a noi educatori e a voi genitori, di viverle in prima persona come annuncio e testimonianza concreti, nella logica della coerenza educativa per i nostri figli. A volte, i bisogni e le necessità della comunità, chiedono una forte collaborazione ai genitori; e nonostante gli impegni siano già tanti, questa è un’opportunità che ci porta a sentirci “corresponsabili” di un cammino di fede che comunitariamente siamo chiamati a vivere. Per meglio comprenderli vale la pena partire proprio dai numeri e da alcune semplici mie considerazioni: nella catechesi, il numero ideale è di 12-15 bambini per gruppo, per salvaguardare le esigenze oggettive e soggettive di ciascuno. È chiaro che più il gruppo si allarga, più difficile diventa intersecare la situazione dei singoli, il rapporto umano e personale tra catechista e ragazzo, il rispetto della qualità del messaggio cristiano che siamo chiamati ad annunciare. Se per assolvere egregiamente al risultato di una catechesi efficace, dovessi avvalermi di almeno due catechisti per gruppo (uno che spiega e uno che aiuta a mantenere un minimo di ordine) a quanti catechisti dovrei chiedere la collaborazione? Inoltre, gli impegni sportivi, i corsi di danza, di musica, di teatro, spesso si sovrappongono alle date fissate per le celebrazioni in parrocchia, ai ritiri programmati da tempo, ultimamente anche ai due pomeriggi dedicati da sempre al catechismo: e questo comporta cambi di orari imprevisti, ripieghi improvvisati e inconcludenti, proprio perché non pianificati e ragionati. Concordare le esigenze personali dei ragazzi, dei genitori, dei catechisti e mie, a volte è veramente difficile! Le giornate nostre e dei ragazzi, sono impostate “sull’entrare e uscire” da svariati impegni, senza nemmeno un momento di pausa, di stacco. E rendiamoci conto di quante figure educative diverse si alternano quotidianamente intorno ai nostri figli! Ho rilevato inoltre la discrepanza tra la massiccia presenza dei fanciulli al catechismo settimanale e la esigua presenza invece, delle famiglie, alla Eucaristia domenicale...Voi genitori, iscrivendo i ragazzi alla catechesi in maniera così numerosa, mi fate capire che il vostro senso religioso è alto, che ritenete importante l’impronta della iniziazione cristiana per noi credenti praticanti. Spero che non sia solo per “assolvere ai sacramenti”, perché i sacramenti non sono un obbligo, ma una scelta libera e responsabile! Se così non fosse, già il punto di partenza non sarebbe coerente con la vostra appartenenza alla Chiesa cattolica e alla scelta che avete fatto di chiedere il battesimo per i vostri figli... Se metto in evidenza questi due opposti, non è per fare banali constatazioni o affidarmi a puri calcoli numerici: parliamo di piccole preziose persone che voi genitori della comunità, primi responsabili della fede trasmessa ai ragazzi, mi/ci affidate. Affidate a me, in qualità di curato della comunità e ai catechisti e animatori che, per passione, per chiamata e per un’evidente necessità umana, gratuitamente e volontariamente svolgono un servizio utile ad edificare al meglio la nostra grande famiglia pastorale. L’oratorio non è un’istituzione che elargisce solo ed esclusivamente servizi: sono innanzitutto un sacerdote, pastore della Chiesa che deve condurre e accompagnare le persone ad incontrare Gesù nella propria vita e non solo. Sono il curato della nostra parrocchia, chiamato ad un servizio preciso ma, quando il Vescovo lo vorrà, sarò chiamato ad essere altrove...e quel giorno vorrei lasciare una comunità in grado di sostenere i cambiamenti senza forti ripercussioni sulla vita ordinaria dell’oratorio, sulla catechesi, sull’animazione e che sappia affrontare con armonia, serenità e solidarietà, il passaggio. Con piena obiettività, vorrei tentare di dare una lettura critica alla nostra attuale situazione, affrontando in termini pratici proprio il tema della CATECHESI, lasciando a parte per ora la formazione dei catechisti, la qualità della catechesi, il CRE e le iniziative di animazione, che mi riservo di affrontare in altra occasione. Vi confido che sto vivendo una sorta di scoraggiamento davanti alla complessità della situazione della catechesi, pur riconoscendo che di fronte agli innumerevoli vuoti, carenze e difficoltà iniziali, la Provvidenza interviene sempre! Ma il problema della precarietà e della gestione non sempre ottimale della catechesi, rimane. Io devo e posso contare, sulla preziosissima e gratuita disponibilità di persone, soprattutto mamme, che lavorano e hanno famiglia, di nonne appassionate di Gesù, di adolescenti desiderosi di provare un nuovo cammino, ma.... non siamo mai a sufficienza! Impegni lavorativi, problemi di salute, improvvise emergenze famigliari, sono motivi per i quali, a volte, si lascia il gruppo sguarnito di catechista. Unire i gruppi significa spesso non riuscire a concludere nulla durante l’ora, proprio perché l’esuberanza dei piccoli richiede energie che vengono disperse nel tentativo di gestire tutto al meglio. Anche nei gruppi che hanno la fortuna di essere sostenuti da due catechisti, quando uno dei due manca, risulta comunque difficile gestirne l’assenza. Con sincero realismo, cosa dire? Cosa fare? La catechesi è un problema che dev’essere condiviso da tutta la comunità, non è un servizio di cui usufruire in base al criterio della domanda-offerta. È un problema di coscienza cristiana e che dovrebbe suscitare un profondo senso di appartenenza alla Chiesa. L’oratorio “non è altro” dalla parrocchia! E “non può essere altro”, non può essere un vivaio distinto, separato da quella che è la comunità che lo sorregge! Tu puoi trasmettere la fede solo per quanto vivi, con coerenza; tu puoi insegnare solo quanto vivi, quanto la comunità cristiana del tuo paese vive. Più l’oratorio e la parrocchia sono integrati fra loro, più è efficace la trasmissione della fede; più scollegati sono, più questa diventa fittizia e problematica. Una parrocchia per essere missionaria deve esistere per Gesù; se la gente che abita il territorio non ha evidente la percezione che la parrocchia esiste per annunciare e far incontrare Gesù Cristo, allora la fatica di noi sacerdoti è stata vana. “Una parrocchia per reggere la complessità attuale della Chiesa ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente responsabile del Vangelo; preti più pronti alla collaborazione e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici e creando spazi di reale partecipazione; e soprattutto laici disponibili a mettersi in gioco...” Con spirito fraterno proviamo a chiederci: con quali modalità e con quale atteggiamento siamo chiamati ad “esserci” cristianamente, in una realtà così complessa ma non impossibile? Quali le strategie per migliorare? Lascio aperte queste domande a tutti voi, sperando di trovare comprensione e obiettività...
P.S. Inviterei alcune mamme, compatibilmente con i loro impegni e a turno, ad offrire la disponibilità della loro presenza come sostegno nell’ora di catechismo, per alcune classi particolarmente numerose e vivaci che si ritrovano ancora con un solo catechista. Con stima!
don Samuele Novali
VITA COMUNE ADO
Dal 26 dicembre SERA al 30 dicembre
Dal 26 dicembre SERA al 30 dicembre